L’affidamento familiare, in seguito alla legge di riforma del 28.03.2001 n. 149

Da Diritto.it del 21/02/2008 

L’istituto dell’affidamento familiare ha subito un ulteriore impulso ad opera della legge 28 marzo 2001, n. 149 che ha apportato modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, recante «Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori», nonché al titolo VIII del libro primo del codice civile".

Il legislatore con la nuova legge ha inteso dettare misure tali da rendere pienamente operativo il diritto del minore ad una propria famiglia, da intendersi sia quella naturale d’origine sia quella cui sia eventualmente affidato a causa delle difficoltà della famiglia d’origine. Ciò emerge a chiare lettere dallo stesso titolo I della legge 149/01 che reca come titolo “Diritto del minore alla  propria famiglia”.  Infatti, con la legge in commento al minore è esplicitamente riconosciuto il diritto a “...crescere e ad essere educato nell’ambito della propria famiglia”[1], afavore della quale sono previsti interventi di sostegno e/o aiuti da parte dello stato, delle regioni e degli enti locali, al fine di superare eventuali difficoltà connesse a situazioni di indigenza dei genitori o del genitore che eserciti la potestà genitoriale in via esclusiva.[2] 

Presupposti per l’applicazione dell’istituto dell’affidamento familiare.

Allorché la famiglia d’origine, nonostante gli aiuti di cui sopra, non riesca a garantire il concreto diritto del minore ad essere cresciuto ed educato in maniera adeguata, sorge la necessità di offrire un valido aiuto al minore attraverso l’istituto dell’affidamento familiare il quale, da un lato, si pone come un diretto supporto al minore, attraverso il suo temporaneo affidamento ad altra famiglia o a anche ad una singola persona[3] , e dall’altro, rappresenta un aiuto indiretto alla famiglia d’origine allo scopo di superare il suo temporaneo stato di difficoltà che può dipendere da varie cause es. situazioni di difficoltà economiche o psicologiche etc.

Tipologie di affidamento familiare e competenza.

L’affidamento familiare si può distinguere in consensuale, che si realizza allorché vi è il consenso della famiglia d’origine, o giudiziale, disposto d’ufficio dall’autorità giudiziaria allorquando manchi il consenso dei genitori del minore. Nel primo caso, (cd. affido consensuale) la competenza all’emanazione del provvedimento di affido appartiene al servizio sociale locale[4] del comune in cui si trova il minore mentre nel secondo caso sarà il Tribunale per i minori territorialmente competente ad adottare d’ufficio il provvedimento, valutando in maniera rigorosa le ragioni della mancanza del consenso dei genitori esercenti la potestà genitoriale ai fini dell’adozione della misura de qua. Tuttavia, anche nel primo caso vi è l’intervento dell’autorità giudiziaria[5], anche se tale intervento, atteso l’intervenuto consenso della famiglia di origine, è piuttosto formale. Infatti, il giudice tutelare deve limitarsi a controllare la regolarità formale del provvedimento amministrativo emanato dal servizio sociale locale del comune, soprattutto in riferimento al rispetto del termine massimo di scadenza della misura, per cui, riscontrata l’esistenza dei presupposti previsti dalla legge, rende esecutivo con decreto il provvedimento di affido emesso dall’ente locale. Il decreto di esecutorietà dell’affido familiare emesso dal giudice tutelare, è, a sua volta, sottoposto al visto di controllo da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minori territorialmente competente[6]

Compiti del Giudice Tutelare

Il Giudice tutelare (cd. giudice unico del Tribunale) renderà esecutivo l’affidamento procedendo eventualmente a rendere esecutivi eventuali provvedimenti successivi di proroga dell’affidamento sempre che non si superi il termine complessivo di anni due, termine oltre il quale la competenza all’eventuale ulteriore proroga appartiene al Tribunale per i minori. Il Giudice tutelare verificherà, prima di rendere esecutivo, il provvedimento di affidamento, l’ esistenza di una serie di requisiti, ovvero 1) adeguata motivazione del provvedimento di affidamento; 2) indicazione delle modalità di esercizio dei poteri riconosciuti all’affidatario; 3) indicazione delle modalità attraverso le quali i genitori della famiglia di origine possano intrattenere rapporti con il minore affidato; 4) individuazione del servizio sociale locale cui è attribuita la responsabilità del programma di assistenza nonché la relativa vigilanza durante l’affidamento stesso; 5) indicazione del periodo di presumibile durata dell’affidamento da rapportarsi alla complessità degli interventi di recupero della famiglia d’origine (cfr. art. 4 comma 4° nuovo testo legge 184/83)

Per quanto concerne la documentazione relativa alla richiesta di esecutorietà del provvedimento di affido familiare l’accertamento del giudice tutelare è volto alla verifica dell’esistenza della seguente documentazione: 1) dichiarazione di consenso dei genitori della famiglia d’origine; 2) dichiarazione di disponibilità della famiglia affidataria (cd. atto d’impegno); 3) relazione socio – ambientale dei servizi sociali locali.

Il giudice tutelare sarà, inoltre, costantemente informato dal servizio sociale locale sull’evoluzione del programma di assistenza alla famiglia di origine oltre ad essere informato celermente in merito ad ogni evento di una certa rilevanza che possa influire sull’ affidamento stesso. Si ricorda, infine, che a carico del servizio sociale locale vi è anche l’obbligo di presentare al giudice tutelare o al tribunale per i minorenni, a seconda che si tratti di provvedimento emesso ai sensi dei commi 1 o 2 dell’art. 4, “...una relazione semestrale sull’andamento del programma di assistenza, sulla sua presumibile ulteriore durata e sull’evoluzione delle condizioni di difficoltà del nucleo familiare di provenienza” [7]

Il giudice tutelare ha, inoltre, anche poteri che si esplicano in sede di cessazione[8]. In riferimento ai suddetti provvedimenti il giudice tutelare potrà chiedere al Tribunale per i minori i provvedimenti previsti dagli artt. 330[10] e ss. del c.c. )es. eventuale decadenza della potestà genitoriale, allorquando il programma di assistenza e/o di recupero della famiglia di origine si sia dimostrato inefficace). della misura dell’affidamento che è un atto di competenza della stessa autorità che ha adottato il provvedimento, ovvero servizio sociale locale. Infatti, “ Il giudice tutelare, trascorso il periodo di durata previsto, ovvero intervenute le circostanze di cui al comma 5, sentiti il servizio sociale locale interessato ed il minore che ha compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento, richiede, se necessario, al competente tribunale per i minorenni l’adozione di ulteriori provvedimenti nell’interesse del minore”[9]

Diritti ed obblighi dell’affidatario.

L’ affidatario, che può essere sia una famiglia (con o senza figli) che una singola persona, ha il diritto ad essere informato sulle finalità dell’affidamento familiare nonché il diritto ad essere coinvolto nelle varie fasi del progetto di recupero e/o reinserimento del minore nella famiglia di origine. Inoltre; a livello economico ha diritto ad avere un contributo mensile svincolato dal reddito e ad avere facilitazioni per l’accesso ai servizi sanitari, educativi, sociali, anche se l’entità dei predetti diritti e/o contributi di natura economica varia in relazione al singolo ente locale[11]. Tra i principali obblighi a carico dell’affidatario vi è quello di provvedere al mantenimento, educazione ed istruzione del minore affidato. A carico dell’affidatario vi è anche l’obbligo di favorire i rapporti tra il minore affidato e la sua famiglia di origine allo scopo di favorire il suo reinserimento nella stessa, salvo il caso in cui il suddetto reinserimento sia pregiudizievole per il minore o nel caso in cui l’autorità giudiziaria abbia posto a carico della famiglia d’ origine vincoli di non frequentazione con il minore (ciò accade in concreto quando i genitori del minore abbiano tenuto una condotta pregiudizievole per lo stesso tale da sfociare in provvedimenti di dichiarazione di decadenza ex art. 330 c.c. dalla potestà genitoriale)

Diritti e obblighi della famiglia di origine

Anche la famiglia di origine, come l’affidatario (coppia con o senza figli o persona singola), ha il diritto ad essere informata sulle finalità dell’affidamento familiare nonché il diritto ad avere un sostegno individuale in merito al percorso di affido e ad essere coinvolta in un progetto di aiuto per superare le proprie difficoltà. A carico della famiglia di origine del minore vi è come principale obbligo quello di collaborare con gli organi socio – assistenziali locali in vista del reinserimento del minore nella suddetta famiglia nonché l’obbligo di osservare tutte le modalità stabilite dal tribunale per i minori per quanto concerne il diritto di visita e di frequentazione con il minore affidato.

Dr. Umberto Valboa

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[1] art. 1 legge 28 marzo 2001, n. 149

[2] La potestà è esercitata da entrambi i genitori, tuttavia a seguito di alcuni eventi di carattere naturale, es. morte, o di carattere giudiziario, es. dichiarazione di decadenza dall’esercizio della potestà genitoriale ex art. 330 c.c., incidono sull’esercizio della stessa per cui in tal caso la potestà sarà esercitata in via esclusiva da uno dei coniugi..

[3] L’articolo 2 della legge n.184 è sostituito dal seguente:

“Art. 2. – Il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo, nonostante gli interventi di sostegno e aiuto disposti ai sensi dell’articolo 1, è affidato ad una famiglia, preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola, in grado di assicurargli il mantenimento, l’educazione, l’istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno”.

[4] Nuovo testo dell’art. 4 della legge 184/83 «L’affidamento familiare è disposto dal servizio sociale locale, previo consenso manifestato dai genitori o dal genitore esercente la potestà, ovvero dal tutore, sentito il minore che ha compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento. Il giudice tutelare del luogo ove si trova il minore rende esecutivo il provvedimento con decreto”.

[5] Giudice tutelare del luogo di residenza del minore

[6] Tecnicamente la richiesta di esecutorietà dell’affido familiare disposto dal servizio sociale locale del comune è iscritta nel registro degli affari civili non contenziosi o da trattarsi in camera di consiglio (cd. Mod. 18), ed il relativo decreto di esecutorietà del giudice tutelare verrà comunicato all’organo che lo ha emesso ed inviato, altresì, al visto di controllo della procura minorile

[7] Art. 4 comma 3° legge 184/83 nuovo testo.

[8] La cessazione dell’affidamento può avvenire: 1) venir meno delle condizioni di difficoltà della famiglia di origine del minore; ) pregiudizio dell’affidamento per il minore; 3) avvenuto decorso del termine di durata del provvedimento di affidamento temporaneo;

[9] Art. 4 comma 6°, nuovo testo della legge 184/83;

[10] I provvedimenti adottati dal tribunale per i minori ex artt. 330 e ss. rientrano tra la tipologia di provvedimenti da iscriversi nella parte II del registro delle tutele dei minori e degli interdetti, così come il provvedimento di affidamento disposto dal Tribunale per i minori nel caso di mancanza del consenso all’affidamento familiare da parte dei genitori esercenti la potestà genitoriale

[11] Art. 5 comma 4°, nuovo testo della legge 184/83;

 

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