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  1.  

    IL DISEGNO DELLA VITA

    Miguel era un bambino poverissimo. La sua casa era una vecchia stalla, senza finestre, dove le pareti ed il soffitto davano l’impressione di voler cadere da un momento all’altro. Vivevano con lui i suoi genitori, tre fratelli e due sorelle. Per dormire sopra uno dei due letti erano stati stabiliti dei turni, e quindi il più delle volte era il pavimento ad accarezzare le stanche ossicina di Miguel.

    Nonostante questa grande miseria, Miguel era contento. Due genitori che gli volevano bene, ed un tetto sotto cui riposare erano un lusso che pochi dei suoi amici potevano permettersi.

    Suor Domitilla aveva un faccione simpatico, un gran bel sorriso, un po’ ingobbita sotto il peso della fatica per il gran lavorare. Il seno enorme, che tentava in ogni modo di nascondere, le aveva dato non pochi problemi fino a qualche anno prima quando, ancora abbastanza giovane e piacente, era oggetto di pressanti attenzioni da parte dei miliziani, che ogni tanto facevano incursioni tra le baracche, ufficialmente alla caccia di qualche terrorista, forse anche loro in cerca di un po’ di pace. Non avevano però mai osato mancarle di rispetto per paura dei “suoi angeli”, come chiamava la gente in mezzo alla quale abitava, pronti a dare la vita per Suor Tillà. Vivere in mezzo a loro, capirli, entrare nei loro cuori, conoscerli ad uno ad uno … ascoltarli, faceva parte della quotidianità. Anche lei dormiva in un piccolo buco che chiamava casa, ma non gli mancava nulla: un giaciglio di paglia per sdraiarsi tre o quattro ore per notte, un tavolo per insegnare a leggere ai bambini, due sedie, un crocifisso scolpito in un pezzo di legno da alcuni dei suoi ragazzi. Vicino all’unica finestra, il punto più importante della casa, c’era un piccolo leggio con un grande libro … il Vangelo. Era Quella la sua forza. Era Quello che le dava la forza di reagire alle angherie e ai soprusi che i miliziani ed il governo le facevano. Era Quello che la faceva restare … ed i “suoi Angeli” lo sapevano e Gli portavano un gran rispetto. Non passava giorno che qualche bambino non donasse un filo d’erba a Colui che aveva mandato Suor Tillà in mezzo a loro.

    Miguel era fra i più assidui frequentatori di “Casa Provvidenza”. Aveva già imparato a leggere e a scrivere, mosso dalla curiosità di poter capire l’importanza del Sacro Libro. Ogni giorno, alle prime ore dell’alba, il bambino andava dalla suora ed insieme leggevano un brano del Vangelo. Era, per entrambi, il momento più importante della giornata. Spesso Miguel faceva domande sul significato di certe letture e Domitilla era felice di potergli spiegare il Mistero Divino, la Fede, la Provvidenza. Quando Suor Tillà parlava il piccolo rimaneva estasiato dal suo modo buffo ma profondo di parlare, e pian piano aveva preso a pregare per la sua gente … senza accorgersene canticchiava l’Ave Maria mentre giocava o recitava il Padre Nostro andando verso casa.

    Quella mattina non era diversa dalle altre. Un gran caldo sin dall’alba, i soliti odori malsani, l’abituale vocio della gente che si alzava dai propri giacigli nella speranza di riuscire a sopravvivere ancora un giorno. Non era diversa … o forse si, ma Miguel non se ne rendeva conto.

    Arrivò da Suor Domitilla e come di consuetudine lessero il Vangelo. La vita delle persone, gli spiegò la suora, è sempre bella perché c’è Dio e bisogna imparare a sorridergli sempre, qualunque cosa ci accada perché è Lui che la vuole. Il motivo non lo sappiamo e forse non lo sapremo mai: noi dobbiamo solo accettare la Sua Volontà e ringraziarlo, vivendo la nostra vita con gioia, perché è solo sorridendo alla Vita che possiamo sperare che la Vita ci sia benevola.

    Miguel non capiva il significato di quelle parole: Come può un Dio buono permettere che ci sia tanta miseria, tanto abbandono? La suora non aggiunse altro perché fu chiamata d’urgenza ad aiutare una ragazza di 15 anni a partorire.

    Miguel rimase lì con le sue perplessità. Non capiva. Quel giorno proprio non capiva.
    Si girò e sul tavolo vide un disegno raffigurante una città. Era appena abbozzato. Pensò che la sua amica lo avesse messo sul tavolo per lui, per farglielo finire. Prese allora i pastelli, dallo scrigno della suora, si mise a sedere e cominciò a colorare.
    Nel mentre entrò un vecchio e si mise sull’altra sedia accanto a lui ad osservare quello che il bambino stava facendo. Miguel non ci fece molto caso perché Casa Provvidenza era un porto di mare … c’era sempre qualcuno che aveva bisogno di Suor Tillà.

    Il piccolo mise un grande impegno a colorare la città e non si distrasse nemmeno per un minuto.
    Quando ebbe finito chiese al vecchio se gli piaceva. Questi non disse nulla: si alzò dalla sedia, gli fece un grande sorriso dandogli una carezza con Amore e … scomparve dalla vista di Miguel.
    Il bambino rimase impietrito. Non si capacitava di quanto gli era successo. Come aveva fatto quel vecchio a sparire così all’improvviso? Quando qualche minuto dopo fece ritorno nella sua dimora, Suor Domitilla lo trovò ancora così, inebetito. Chiese allora cosa fosse successo, ed il bambino le narrò quanto accaduto. Le mostrò il disegno, le disse del Vecchio, del Suo silenzio, della Sua carezza … di come era scomparso davanti ai suoi occhi.
    Suor Domitilla allora capì.

    Si mise a sedere, prese il bambino in braccio e gli disse:
    <<Il Signore è entrato in questa casa, è venuto per te. Il disegno non era opera mia, ma del Signore. E’ Lui che abbozza i disegni e li lascia volutamente incompiuti.
    Quando il Signore ti mostra un disegno, l’unica cosa da fare è quella di colorarlo. La tonalità di colore la scegliamo noi. Spetta a noi dare colore alla vita, nostra e di chi ci circonda.
    Se vedi un povero … quello è il disegno scarno fatto da Dio per te e tu puoi colorarlo, fermandoti con lui, o puoi decidere di non colorarlo passando oltre. La scelta di come aiutarlo sarà il colore che darai alla sua vita, e alla tua vita, il grado di Amore che metterai nell’aiutare Dio a terminare il Suo Disegno. Maggiore sarà il Calore e la Passione che avrai, più colorato e più bello sarà il Disegno.>>

    Potrei dirvi che Miguel diventò un missionario e fece grandi cose, ma non è questo il senso della storia. Sta a voi adesso andare per il mondo, armati di pastelli, a colorare i disegni che Dio ha abbozzato. Questo è il Disegno della Vita.

    Orentano, 2 Ottobre 2003

    •  
      CommentAuthoremilia
    • CommentTime17 Mar 2008
     

    Bello.

    •  
      CommentAuthorire.let
    • CommentTime17 Mar 2008
     

    bellissima:face-smile:

    •  
      CommentAuthordebora
    • CommentTime17 Mar 2008
     

    BELLO VERAMENTE!!!!:face-smile:

    •  
      CommentAuthorpiripilla
    • CommentTime17 Mar 2008
     

    :face-monkey:

  2.  

    Grazie ... è la mia preferita ... questo vuol dire che non ve ne mando altre perchè sono tutte in discesa :face-monkey:

  3.  

    ... magari se insistete :face-devil-grin:

  4.  

    Questo inno al senso della vita mi dà ancora più la carica, forse il compito mio e della mia famigli è quello di colrare la metà
    del foglio su cui è disegnata la vita di Gulli!!? O anche di qualche altro bambino..perchè no...

    •  
      CommentAuthorire.let
    • CommentTime17 Mar 2008
     

    [/icolor]INSISTOOOOOOOOO

    •  
      CommentAuthorire.let
    • CommentTime17 Mar 2008
     

    WOW SONO RIUSCITA A SCRIVERE COLORATO ....GRANDE

    •  
      CommentAuthorMemole71
    • CommentTime17 Mar 2008
     

    Riccardo come al solito scrivi cose bellissime e piene di emozioni continua pure a inviarcele le stamperò tutte e ne farò fare un libro per il mio piccolo per i cuccioli che spero arriveranno e per le me bimbe :face-smile:
    Insisto e insisto anche io per ricevere altre favole :face-smile:

  5.  

    Questa storia l'avevo già letta ma mi emoziona sempre in modo diverso, asseconda del momento, della situazione, del mio stato d'animo...

    W i pastelli, w i colori e w chi ci insegna a colorare e ci dona la possibilità e la volontà di farlo!!!

    •  
      CommentAuthorJamin
    • CommentTime17 Mar 2008
     

    :face-smile: proprio ben scritta :face-smile:

    •  
      CommentAuthoralissa
    • CommentTime17 Mar 2008
     

    Complimenti

    •  
      CommentAuthorMemole71
    • CommentTime28 Mar 2008
     

    ma le altre favole dove sono??? :face-crying:
    Riccardo ce ne vuole almeno una a settimana :face-devil-grin:
    ciaoooooooooo:face-monkey:

  6.  

    LA CAVALLERIZZA ED IL CAVALLO SAMUELE

    Immaginate un bellissimo cavallo bianco, come quelli che si vedono nei circhi tutti addobbati con pennacchi coloratissimi.
    Il manto lucido, la criniera folta e spazzolata, la coda ben curata.
    Immaginate adesso una bellissima ragazza: capelli biondi sciolti sulle spalle morbide e vellutate, lasciate scoperte da un top color nero attillatissimo; due occhioni azzurri in cui perdersi per l’eternità, un corpo snello e sinuoso degno di una dea.

    Il cavallo si chiamava Samuele ed era bellissimo. Non aveva mai fatto gare di dressage, né di salto, né di galoppo … tutto ciò che sapeva gli era stato trasmesso dal suo istruttore con infinito amore. Samuele ricambiava l’affetto del padrone facendolo divertire quando con piccole impennate salutava i suoi amici, o quando nitriva da vero stallone per richiamare l’attenzione. Al galoppo poi era imbattibile e nel salto pareva volare. In quanto a bellezza toglieva il respiro. Vederlo nel bosco correre felice, schivando i vari ostacoli, era un vero spettacolo della natura.

    Laura conobbe Ruggero per caso … entrambi stavano facendo una passeggiata. Lei con il suo canino, un bellissimo bichon bolognese dai riccioli bianchi e marroni, che tutto festoso camminava quando davanti e quando dietro alla sua padroncina, mai appagato delle sue carezze ed attenzioni. Lui a cavallo del suo maestoso Samuele.
    La ragazza scorse da lontano il bellissimo cavallo e rimase colpita dal suo portamento. Ruggero rallentò il suo passo fino a quasi a fermarsi accennando un fugace saluto alla ragazza. La sua timidezza gli impediva qualsiasi altro gesto o parola. Fu Laura a salutare soavemente il cavaliere per prodigarsi immediatamente in elogi alla bellezza di quel bellissimo esemplare.
    Ruggero contraccambiò il saluto e ringraziò per i complimenti rivolti al suo amico, aggiungendo:
    <<“Ti piacerebbe provare a cavalcarlo?>>
    <<Si>> rispose la ragazza <<grazie, sei molto gentile, ma adesso non posso perché ho con me Brandy ed ho paura che si ingelosisca e possa combinare qualche danno o farsi male finendo tra le zampe del cavallo>>
    <<Non c’e’ problema>> rispose affabilmente Ruggero <<puoi venire a casa mia quando vuoi, in modo da poter andare a fare una cavalcata nel bosco>>
    <<Meraviglioso, grazie>>

    Era stata una giornata calda, ma verso sera l’aria settembrina faceva sentire gli aromi di un tempo che fu. Castagne, muschio, funghi … l’odore della pioggia che sta per arrivare.
    Uscire a cavallo in quel momento sembrava la cosa migliore da farsi. Niente sarebbe stato così meraviglioso che intraprendere una lunga e dolce cavalcata in mezzo a castagni, querce e profumatissime acacie. Sentire gli zoccoli del cavallo fendere il terreno, reso morbido dalla sottile erba spuntata dopo l’ultimo piovasco estivo, era una sensazione che Laura accarezzava da tanto tempo. E si avverò.
    Montare a cavallo era stato da sempre il suo sogno e adesso si stava per realizzare.

    Galoppare senza mai fermarsi, libera da ogni pensiero, con l’aria che accarezzava il suo bel viso … una sensazione indescrivibile.
    Samuele era talmente docile e paziente che faceva apparire Laura come un’amazzone di lunga esperienza. Accanto a lei c’era Ruggero in sella ad una sontuosa e regale cavalla. Nera come il carbone, fiera ed imponente.

    Per più di due ore i ragazzi, in sella ai loro magnifici destrieri, percorsero sentieri, attraversarono ruscelli, si inerpicarono su dolci declivi. Quando al passo, quando al trotto, quando al galoppo per poi tornare al passo ed assaporarsi intensamente quei momenti così gioiosi.

    Vi furono altri momenti, altri incontri, altre cavalcate.

    Un giorno Laura arrivò alla casa di Ruggero e non vide Samuele nel recinto con gli altri cavalli. Pensò che forse era uscito in passeggiata con Ruggero, ma la cosa le apparve subito strana perché il ragazzo le aveva detto che lo avrebbe aspettato.
    Provò a chiamarlo, ma questi non rispondeva. Bussò più volte alla porta, ma nessuno apriva.
    Che cosa strana pensò.

    Stava per andarsene quando sentì nitrire in lontananza. Era Samuele. Era inconfondibile il suo suono. Entro pochi minuti sentì anche il rumore degli zoccoli sul terreno ed in lontananza sul sentiero vide apparire la sagoma del bellissimo cavallo.
    Aveva la sella e tutta la bardatura … quella che usava Ruggero, ma lui non c’era. Il cavallo si avvicinò ancora per poi fermarsi a qualche decina di metri. Era ansimante, sudato. Si impennò e nitrì a più non posso. Si rigirava su sé stesso per richiamare l’attenzione della ragazza che alla fine capì e decise di seguirlo nel bosco con la sua macchina.
    Fecero un sentiero che lei non conosceva e dove la macchina a stento riusciva ad avanzare. Aveva il cuore in gola. Ormai aveva capito che qualcosa era capitato a Ruggero, qualcosa di brutto: non era da lui lasciare il suo cavallo e se ciò era successo non poteva dipendere dalla sua volontà.

    Tremava, sudava quando dovette lasciare la macchina per seguire Samuele in un piccolo sentiero nel bosco. In fondo ad lieve pendio vide il ragazzo disteso, sanguinante con un taglio molto profondo nella tempia destra. Corse, si chinò su di lui e lo chiamò.
    Ruggero non rispondeva, non apriva gli occhi, non muoveva un solo muscolo. Ma era vivo. Il cuore batteva ed il respiro, seppur flebile, non gli mancava.
    Che fare? Laura era disperata, stravolta. Continuò a chiamarlo. In quel momento Ruggero aprì gli occhi, ma non riuscì a parlare sebbene lo volesse.
    Sentiva che per lui il cammino della vita era giunto al termine e che tutto ciò che gli restava era un sorriso da donare a quell’amica, compagna di tante cavalcate.

    Il pianto di Laura quando si accorse che il suo amico era ormai morto, scosse gli abitanti del bosco. Samuele, come se avesse avvertito che non c’era più nulla da fare per il suo padrone, si impennò, nitrì come in un lamento e cadde al suolo. Anche lui morto, morto per il gran dolore di aver perso il suo più grande amico.

    Laura oggi racconta alle sue nipotine di quel ragazzo. Di quel cavallo. Di come ancora oggi le paia di sentire il suo nitrire e di vederli cavalcare.

    Quello che però Laura serberà per sempre nel suo cuore è ciò che vide subito dopo in cielo. Qualcosa che non potrà mai dimenticare e che resterà per sempre nel suo cuore.

    Livorno, 29 Settembre 2003

    •  
      CommentAuthorSara B.
    • CommentTime28 Mar 2008
     

    Beh Riccardo, che dire? Amore, amicizia, libertà, questa favola fa suoi tutti questi temi... davvero bella!
    Io concordo: l'appuntamento con le favole deve diventare fisso!

    •  
      CommentAuthorJamin
    • CommentTime28 Mar 2008
     

    :face-crying:

  7.  

    Anche noi come i bambini abbiamo bisogno di sentirci raccontare le favole.
    E' una storia che fa sognare, che per un attimo conduce in una dimensione diversa in cui si respira l'amore e l'amicizia in maniera autentica. Il sentirsi liberi e il tramandare il ricordo di quei giorni ad altre persone quasi annulla il dolore della morte.
    Che dire? Ascoltare la voce del suo autore mentre la racconta potrebbe renderla ancora più bella.
    Grazie! :face-smile:

    •  
      CommentAuthorMemole71
    • CommentTime28 Mar 2008
     

    grazie di cuore Riccardo sono senza parole è meravigliosa grazie grazie grazie
    buona notte a tutti

  8.  

    IL PICCOLO CASUR

    Buongiorno Dolcissima Principessa, ieri sera effettivamente una bella nuotata me la sono fatta ... l'acqua non era niente male ... freschina, frizzantina ed anche un po’ salata ... ma proprio niente male.

    Appena in acqua ho incontrato un bellissimo Delfino ... si é presentato, il suo nome era Arela ... eh si, proprio una delfinotta. Gli occhi dolcissimi, ma traspariva dal suo sguardo una tristezza, un luccichio che lasciava intendere che qualcosa non andava. Ci siamo messi a parlare del più e del meno, sai, come si fa con un delfino. Abbiamo parlato di triglie, saraghi, orate, ma anche di reti e pescatori. Non volevo essere invadente, d'altra parte capirai, ci eravamo appena conosciuti, ma sembrava che girasse intorno al discorso, in attesa di trovare il momento giusto per dirmi qualcosa di particolare. Ma questo momento non arrivava e l'alba si stava avvicinando a grandi passi ... pericoloso per lei stare così vicino a riva alla luce del sole. Decisi allora di avventurarmi nei meandri di quanto, pur non conoscendone l'entità, avevo intuito essere una situazione che reputava di pericolo.
    "Posso esserti utile? C'é qualcosa che ti preoccupa, e te lo leggo negli occhi"
    Fu un attimo di silenzio, gli occhi le si gonfiarono di lacrime, poi il rumore delle onde che si infrangevano sugli scogli fu sovrastato da un grido, unico, forte, lacerante ... mi prese il cuore e sentii tutta la sua pena. In quel momento, non so descrivertelo, ero dentro di lei era come se facessi parte del suo corpo, della sua pelle, dei suoi sentimenti.
    Arela deve averlo capito, sensibilità straordinaria che, dopo aver conosciuto tantissimi delfini, ancora mi meraviglia. Si mise infatti a nuotarmi intorno, sempre più lentamente, sempre più vicina, finanche a strusciarmi con infinita delicatezza.
    Era contenta, forse, di aver trovato qualcuno disposto ad ascoltarla, qualcuno che nel suo cuore aveva capito essere chi poteva aiutarla.
    E come sottrarsi da questo suo abbraccio senza tempo ... si, senza tempo. Non so dirti quanto sono rimasto in mare con lei, forse un minuto, o forse un ora, oppure un'intera giornata ... sembrava che il tempo non esistesse, sembrava di essere stati proiettati in un'altra dimensione, in un altro mondo ... in un mondo dove c'eravamo soltanto io e lei. Una sensazione fantastica.
    Smise repentinamente di nuotarmi intorno, come obbedisse ad un richiamo ancestrale, un richiamo proveniente da molto, molto lontano ... si mise in verticale con la testa che le spuntava dai marosi ... e stette assolutamente immobile per captare quello che solo lei poteva udire.
    "Dobbiamo fare presto" mi disse. Con lo sguardo acconsentii e Arela lo sapeva. Aveva capito che poteva fidarsi di me. Forse non se lo spiegava, ma sono tante le cose che in natura non si possono spiegare. Se si sentono, si fanno e basta. Ed Arela questo lo sapeva bene.
    Mi fece montare sul suo dorso e iniziò per me un viaggio senza limiti. Il mare mi gettava addosso onde di tutte le dimensioni, i vento mi sferzava il volto, ma non sentivo nessun disagio, ero parte integrante di quel mondo in cui Arela mi stava portando.
    D'un tratto non sentii più le onde, non più il vento ... la mia nuova amica si era immersa, ed io con lei. Sorprendente, potevo vivere sott'acqua, come un pesce, come un delfino ... non ero più sul dorso di Arela, ma accanto a lei, e come lei nuotavo, muovendomi sinuosamente come in una danza in onore a Dio. Che emozione. Io, inutile essere, avevo ricevuto questo magnifico dono. Non mi domandavo come fosse potuto accadere, né quanto sarebbe durato ... ma sapevo che ero lì, che era tutta realtà e niente e nessuno avrebbe mai potuto portarmi via questa fantastica sensazione ...
    Ogni tanto si saltava fuori per respirare ... stava albeggiando, e la costa non si vedeva più ... eravamo in mare aperto.
    Ad un tratto Arela si fermò ... lei sapeva esattamente dove ci trovassimo ... in quel mare ancora scuro, privo di punti di riferimento. Mi guardò intensamente e mi disse "siamo arrivati" La guardai, ed il mio sguardo tradì un momento di perplessità. Come a rispondere ad un mio represso interrogativo, replicò "questo è il punto, è adesso che puoi aiutarmi" ... e si immerse.
    L'attesa fu lunga, spasmodica, non capivo e pensavo a tutto e a niente... sapevo solo che la mia amica aveva chiesto il mio aiuto ed avrei fatto qualunque cosa per poterla accontentare e vederla felice ... così come lei aveva fatto felice me fidandosi e trasportandomi nel suo mondo.
    Tornò a galla dopo diversi, interminabili minuti.
    Era triste, preoccupata, ma non rassegnata: suo figlio, il piccolo Casùr, era rimasto intrappolato in una rete ... laggiù sul fondo. Sopravviveva grazie al fiato che decine di delfini, a rischio di morte, gli portavano dalla superficie.
    Si, c'erano proprio tanti delfini lì attorno a noi ... ma non ne avevo visto nessuno ... ero talmente preso da Arela che non mi accorsi che tanti occhi erano puntati su di me.
    Avevano tutti provato a districare il piccolo dalla morsa di quello strumento di morte, ma inutilmente ... occorreva un uomo, con le mani che potessero lavorare senza strozzare il cucciolo di delfino.
    Presi tanto, tantissimo fiato e mi immersi ... accanto a me c'era Arela e Sansur, il padre.
    Quando arrivammo alla rete Casùr era stremato, quasi non si muoveva più ... ma era ancora vivo. Dovevamo fare presto, prestissimo.
    Iniziai a dipanare la rete, un pezzo alla volta, con pazienza ... ah avessi avuto un coltello! Ma io un coltello lo avevo ... potevo usare la fibbia della cintola dei pantaloni ... e così feci ... la rete cominciò ad aprirsi. Ma sentii la mancanza d'aria ed avvertii Arela con dei gesti. Immediatamente arrivarono quattro giovani delfini ... due di loro mi trasmisero parte della loro aria ed altri due fecero altrettanto con il piccolo.
    Ripresi il mio lavoro ... bastò poco e Casùr era libero. I genitori lo presero dai due lati e dolcemente lo portarono a galla. Era stremato, stanco, spaventato ... ma era vivo. La gioia più grande fu vederlo, dopo pochi minuti, saltare tra un'onda e l'altra, guizzare con gli altri suoi amici, mentre la gioia dei delfini si faceva sempre più forte con richiami e grida. Fu festa grande quel giorno ed io ne fui l'ospite d'onore.
    Non dimenticherò mai quella notte. Quella notte senza tempo. La gioia di vivere un'esperienza tanto forte, la gioia di aver aiutato una piccola vita a sfuggire dalle grinfie di una morte precoce e piena di agonia.
    Mi vollero riaccompagnare tutti verso la costa, e mi lasciarono quando fummo in vista di essa ... troppo pericoloso per loro avvicinarsi ulteriormente.
    Il saluto fu bellissimo, non triste ... sapevo che non era un addio, ma un arrivederci.
    Sapevo che mi sarei presto nuovamente incontrato con Arela, Sansur ed il piccolo Casùr ...

    Nuotai fino alla riva, era buio, uscii dall'acqua ed ero asciutto. Era esattamente l'ora ed il giorno in cui mi ero immerso nei marosi ... sogno o realtà? Certamente è stata realtà ... non è possibile immaginare, senza viverle, certe emozioni così grandi ... ed il mio cuore straboccava di amore.
    Mi voltai un'ultima volta verso il mare prima di risalire in macchina ... sentii il grido di decine di delfini, intesi il loro saluto ed alzai la mano per contraccambiare.

    Il mio pensiero era a quella mamma che aveva sfidato il tempo e aveva messo a repentaglio la propria vita per salvare il suo piccolo.

    Era questo il mistero più bello di Dio ... questa forza che prende dentro quando si ama veramente. Quella forza che per amore fa cambiare la realtà. Quella forza che ti avvicina a Dio e che ti fa sentire parte integrante di Lui.

    Livorno, 15 Gennaio 2004

  9.  

    E noi..Mamme "comuni" non togliamo forse le reti che stringono alcuni bambini sfortunati, non lottiamo con e per loro per aiutarli a
    .....respirare ....?? non c"è una bella analogia con l"affido in questa bellissima storia?
    Dobbiamo essere di più però tanti piccoli "delfini" hanno bisogno di aiuto.
    Grazie Riccardo

    •  
      CommentAuthorMemole71
    • CommentTime9 Apr 2008
     

    Grazie Riccardo di condividere con noi qst splendide fiabe le sto raccogliendo tutte e quando il mio piccolo sarà più grande per capirle prometto che gliele leggerò ogni sera prima di addormentarsi :face-smile:

    •  
      CommentAuthoremilia
    • CommentTime9 Apr 2008
     

    ...io mi immedesimo di più nel gruppo di delfini "ossigenatori"......

  10.  

    LA CAVALLERIZZA ED IL CAVALLO SAMUELE

    Immaginate un bellissimo cavallo bianco, come quelli che si vedono nei circhi tutti addobbati con pennacchi coloratissimi.
    Il manto lucido, la criniera folta e spazzolata, la coda ben curata.
    Immaginate adesso una bellissima ragazza: capelli biondi sciolti sulle spalle morbide e vellutate, lasciate scoperte da un top color nero attillatissimo; due occhioni azzurri in cui perdersi per l’eternità, un corpo snello e sinuoso degno di una dea.

    Il cavallo si chiamava Samuele ed era bellissimo. Non aveva mai fatto gare di dressage, né di salto, né di galoppo … tutto ciò che sapeva gli era stato trasmesso dal suo istruttore con infinito amore. Samuele ricambiava l’affetto del padrone facendolo divertire quando con piccole impennate salutava i suoi amici, o quando nitriva da vero stallone per richiamare l’attenzione. Al galoppo poi era imbattibile e nel salto pareva volare. In quanto a bellezza toglieva il respiro. Vederlo nel bosco correre felice, schivando i vari ostacoli, era un vero spettacolo della natura.

    Laura conobbe Ruggero per caso … entrambi stavano facendo una passeggiata. Lei con il suo canino, un bellissimo bichon bolognese dai riccioli bianchi e marroni, che tutto festoso camminava quando davanti e quando dietro alla sua padroncina, mai appagato delle sue carezze ed attenzioni. Lui a cavallo del suo maestoso Samuele.
    La ragazza scorse da lontano il bellissimo cavallo e rimase colpita dal suo portamento. Ruggero rallentò il suo passo fino a quasi a fermarsi accennando un fugace saluto alla ragazza. La sua timidezza gli impediva qualsiasi altro gesto o parola. Fu Laura a salutare soavemente il cavaliere per prodigarsi immediatamente in elogi alla bellezza di quel bellissimo esemplare.
    Ruggero contraccambiò il saluto e ringraziò per i complimenti rivolti al suo amico, aggiungendo:
    <<“Ti piacerebbe provare a cavalcarlo?>>
    <<Si>> rispose la ragazza <<grazie, sei molto gentile, ma adesso non posso perché ho con me Brandy ed ho paura che si ingelosisca e possa combinare qualche danno o farsi male finendo tra le zampe del cavallo>>
    <<Non c’e’ problema>> rispose affabilmente Ruggero <<puoi venire a casa mia quando vuoi, in modo da poter andare a fare una cavalcata nel bosco>>
    <<Meraviglioso, grazie>>

    Era stata una giornata calda, ma verso sera l’aria settembrina faceva sentire gli aromi di un tempo che fu. Castagne, muschio, funghi … l’odore della pioggia che sta per arrivare.
    Uscire a cavallo in quel momento sembrava la cosa migliore da farsi. Niente sarebbe stato così meraviglioso che intraprendere una lunga e dolce cavalcata in mezzo a castagni, querce e profumatissime acacie. Sentire gli zoccoli del cavallo fendere il terreno, reso morbido dalla sottile erba spuntata dopo l’ultimo piovasco estivo, era una sensazione che Laura accarezzava da tanto tempo. E si avverò.
    Montare a cavallo era stato da sempre il suo sogno e adesso si stava per realizzare.

    Galoppare senza mai fermarsi, libera da ogni pensiero, con l’aria che accarezzava il suo bel viso … una sensazione indescrivibile.
    Samuele era talmente docile e paziente che faceva apparire Laura come un’amazzone di lunga esperienza. Accanto a lei c’era Ruggero in sella ad una sontuosa e regale cavalla. Nera come il carbone, fiera ed imponente.

    Per più di due ore i ragazzi, in sella ai loro magnifici destrieri, percorsero sentieri, attraversarono ruscelli, si inerpicarono su dolci declivi. Quando al passo, quando al trotto, quando al galoppo per poi tornare al passo ed assaporarsi intensamente quei momenti così gioiosi.

    Vi furono altri momenti, altri incontri, altre cavalcate.

    Un giorno Laura arrivò alla casa di Ruggero e non vide Samuele nel recinto con gli altri cavalli. Pensò che forse era uscito in passeggiata con Ruggero, ma la cosa le apparve subito strana perché il ragazzo le aveva detto che lo avrebbe aspettato.
    Provò a chiamarlo, ma questi non rispondeva. Bussò più volte alla porta, ma nessuno apriva.
    Che cosa strana pensò.

    Stava per andarsene quando sentì nitrire in lontananza. Era Samuele. Era inconfondibile il suo suono. Entro pochi minuti sentì anche il rumore degli zoccoli sul terreno ed in lontananza sul sentiero vide apparire la sagoma del bellissimo cavallo.
    Aveva la sella e tutta la bardatura … quella che usava Ruggero, ma lui non c’era. Il cavallo si avvicinò ancora per poi fermarsi a qualche decina di metri. Era ansimante, sudato. Si impennò e nitrì a più non posso. Si rigirava su sé stesso per richiamare l’attenzione della ragazza che alla fine capì e decise di seguirlo nel bosco con la sua macchina.
    Fecero un sentiero che lei non conosceva e dove la macchina a stento riusciva ad avanzare. Aveva il cuore in gola. Ormai aveva capito che qualcosa era capitato a Ruggero, qualcosa di brutto: non era da lui lasciare il suo cavallo e se ciò era successo non poteva dipendere dalla sua volontà.

    Tremava, sudava quando dovette lasciare la macchina per seguire Samuele in un piccolo sentiero nel bosco. In fondo ad lieve pendio vide il ragazzo disteso, sanguinante con un taglio molto profondo nella tempia destra. Corse, si chinò su di lui e lo chiamò.
    Ruggero non rispondeva, non apriva gli occhi, non muoveva un solo muscolo. Ma era vivo. Il cuore batteva ed il respiro, seppur flebile, non gli mancava.
    Che fare? Laura era disperata, stravolta. Continuò a chiamarlo. In quel momento Ruggero aprì gli occhi, ma non riuscì a parlare sebbene lo volesse.
    Sentiva che per lui il cammino della vita era giunto al termine e che tutto ciò che gli restava era un sorriso da donare a quell’amica, compagna di tante cavalcate.

    Il pianto di Laura quando si accorse che il suo amico era ormai morto, scosse gli abitanti del bosco. Samuele, come se avesse avvertito che non c’era più nulla da fare per il suo padrone, si impennò, nitrì come in un lamento e cadde al suolo. Anche lui morto, morto per il gran dolore di aver perso il suo più grande amico.

    Laura oggi racconta alle sue nipotine di quel ragazzo. Di quel cavallo. Di come ancora oggi le paia di sentire il suo nitrire e di vederli cavalcare.

    Quello che però Laura serberà per sempre nel suo cuore è ciò che vide subito dopo in cielo. Qualcosa che non potrà mai dimenticare e che resterà per sempre nel suo cuore.

    Livorno, 29 Settembre 2003

  11.  

    Ric....

  12.  

    Grazie Riccardo.

    •  
      CommentAuthorMemole71
    • CommentTime7 May 2008
     

    Ciao Riccardo sò che ora sei presissimo per la festa ma volevo ricordarti lo stesso di qst "ns.ppuntamento" Ti aspettiamo
    Un abbraccio e buon lavoro

  13.  

    DUE STATUE

    Due Statue. Due Statue di gesso. Due statue di gesso colorato.
    Immobili. Eppure lì sul mobile con una loro espressione, con una loro vita, con una loro storia.
    Non tristi, non allegri … presi dalla loro parte di genitori. Vegliano, pregano, pensano al futuro di loro Figlio. Sanno e non sanno. Tutto ciò che è stato detto loro gli passa davanti … mille e mille volte come se quello che deve avvenire fosse già stato vissuto … ogni volta con la stessa pena. La pena di una Mamma che si sente dire che Suo Figlio dovrà morire per il bene degli uomini. Umilmente china il capo ed accetta quella che non è la sua volontà … per Amore, per Ubbidienza, per Fede..

    Nell’espressione dipinta sui volti di quelle due statue, quanto dolore e quanto amore.

    Ogni giorno mi guardano. Vedono le mie tristezze, i miei errori, le mie gioie, i miei successi e non dicono nulla, ma con il loro silenzio parlano e la stanza si riempie dei loro pensieri, dei loro sguardi. Non inquisitori, ma compassionevoli, amorosi.
    Ogni volta che esco dalla stanza, ogni volta che vado a casa spengo la luce e li lascio nella loro intimità, nell’intimità di Sacra Famiglia e li immagino che si animano, che si muovono, che parlano, che accudiscono il loro Figlio posato nella mangiatoia ai loro piedi. E’ una magia sempre nuova, sempre bella, sempre misteriosa. Una magia che illumina il cuore di ognuno di noi, che ci rende felici, che ci fa dimenticare i mali che ci affliggono facendoli apparire come piccole noie di una vita meravigliosa.

    Sono la nostra luce, il faro che illumina la strada che percorriamo quotidianamente.

    Livorno, 29 Gennaio 2004

    •  
      CommentAuthorMemole71
    • CommentTime20 May 2008
     

    Grazie mille Riccardo bella come sempre
    Un abbraccio
    Silvia

  14.  

    Grazie Riccardo!

    Un abbraccio,
    Cristina