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      CommentAuthorJamin
    • CommentTime4 Mar 2008 modificato
     

    Ho appena finito di scrivere un mio intervento e un sacco di pensieri mi si son aperti come un ventaglio nella mia mente. E prima che rimangano latenti e malcompresi preferisco qui metterli nero su bianco e condividerli con voi. Siete degli ottimi interlocutori.

    Poco fa, ero proprio impegnata a pensare ai fallimenti degli affidi, intendendo qui, tutti quegli affidamenti che non vanno a buon fine, siano essi causati per una cessazione di volontà della famiglia, siano essi causati per volontà del ragazzo. Ciò che accomuna i due differenti esiti, è che c'è sempre un bambino che non ha dei riferimenti stabili nella propria vita, non ha delle persone in cui riporre effettivamente un'elevata fiducia. E, nella peggiore delle ipotesi, saranno loro stessi degli adulti sbandati, vittime di un sistema che non ha saputo inserirli correttamente nella società.

    Ed è proprio qualche riflessione sul "sistema" che mi ha portata a scrivere questo post. Già, perché se proviamo a moltiplicare i passaggi, è quasi certo che l'affidamento è scaturito da genitori che non riescono a prendersi cura del figlio che hanno messo al mondo. Genitori magari vittime di un sistema che invece di integrarli nella società, li ha resi "scarti" non offrendo loro una seconda opportunità di vita.
    Mi riferisco, ad esempio, ai tossicodipendenti ovvero a tutti quei genitori che son ri-caduti nel loro male perché nessuno ha provveduto a fornire loro le giuste cure ed il giusto supporto per poter metter fine definitivamente agli errori compiuti.

    Tutto ciò per dire che l'affidamento in alcuni casi scaturisce da un fallimento della società, dello Stato, che non riesce ad offrire ad ognuno dei suoi "figli" un avvenire sicuro, una seconda possibilità per riprendersi e andare avanti a testa alta dopo una caduta, senza che nessuno mai punti il dito contro i passati errori. E lo Stato deve attrezzarsi per permettere che un tossicodipendente si "trasformi" in un ex-tossicodipendete che possa trovare un lavoro e ricostruirsi la propria vita mettendo al mondo dei figli che potrà amare senza alcuna vergogna per un passato per incombe e che diventa causa di emarginazione.

    E poiché penso che ognuno di noi è lo Stato, se non altro è la sua coscienza, ecco che lo spirito dell'affidamento viene fuori in tutta la sua forza come un vero atto di amore concreto che risponde ad un bisogno creato dalla società in cui viviamo, perché sia possibile allontanare sempre più bambini da un destino che appartiene loro fin dalla nascita, se vengono al mondo in una famiglia i cui componenti non hanno ricevuto a loro volta un aiuto per inserirsi nella società.

    Non credo allora che sia giusto parlare di egoismo, ma quanto di sensibilità, o meglio di responsabilità civica, sociale nei confronti dei figli dei figli di cui nessuno si è preso cura, lo Stato in primis. E' l'azione che segue all'esclamazione "ma in che mondo siamo!" poiché siamo noi a costruire la società in cui viviamo e non dobbiamo mai dimenticare che siamo sempre noi a poterla cambiare.

    L'abbandono di un affidamento è quindi un ennesimo fallimento della società e non la colpa di una sola famiglia, di un insegnante, di un assistente sociale, di un ragazzo troppo irruento. Ma proprio per questo, da evitare con tutta la nostra forza di volontà.

    Ed ecco che tutto assume nella mia mente una dimensione politico-sociale. Certo forse un po' estrema. Ma quanto valore hanno in questa ottica le scelte compiute ogni giorno ? E se fossimo tutti più responsabili, oltre che altruisti ?

    Ed ancora, può essere "responsabilità" l'esatto contrario di "egoismo" ?