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      CommentAuthorStaff
    • CommentTime17 Dec 2002 modificato
     

    Argomento: Trattati come evasori per il figlio in affido

    Inviato da: Eco di Bergamo del 31 Gennaio 2002

    Data/ora: 01/02/02 17.40.28

    Egregio direttore, la mia famiglia è una famiglia affidataria: accogliamo, cioè, una minore di 17 anni che, per problemi oggettivi, non ha potuto continuare a vivere nel suo nucleo familiare. L'Asl di riferimento, tramite una Cooperativa sociale di Bergamo, ci ha chiesto di accoglierla oltre quattro anni fa.

    Una famiglia affidataria sceglie di vivere una vita «meno tranquilla» facendosi carico di alcuni problemi non suoi per uno spirito di impegno sociale, ed essere utile a un minore in difficoltà. Ma quando i problemi vengono dall'amministrazione dello Stato, mi creda, la delusione è grande.

    La mia famiglia percepisce un rimborso delle spese sostenute per la presenza della minore; un importo certo non sufficiente a coprire tutti i costi ma utile a sostenerne il carico.

    Data la natura di contributo per le spese sostenute, questi rimborsi percepiti dalla Cooperativa non sono stati mai da me inseriti nella dichiarazione dei redditi. Penso, infatti, che siano una forma di contributo alla minore stessa che «passa», per forza di cose, attraverso di noi.

    Ma l'Ufficio delle Entrate di Bergamo non la pensa così: ritiene invece che questi rimborsi siano dei veri e propri compensi – tra l'altro ricevuti «in nero», mentre la Cooperativa emette delle regolari note di rimborso – che costituiscono dei redditi da dichiarare e che quindi, nel mio caso, causano un'evasione di imposta.

    Secondo l'Ufficio che ha emesso l'avviso di accertamento, e secondo la Guardia di Finanza che ha fatto la segnalazione, l'accoglienza di un minore in una famiglia costituisce quindi un lavoro che viene remunerato con un compenso.

    Mi chiedo, quindi, e mi permetto di chiedere a lei e ai lettori:

    1) Le famiglie affidatarie bergamasche sono quindi famiglie che non si impegnano socialmente, ma «arrotondano» i propri compensi con un «secondo lavoro»?

    2) Per quale motivo l'Ufficio di Bergamo fornisce questa «benevola» versione, quando la Direzione regionale delle Entrate la pensa in modo opposto, cioè ritiene che i contributi spese non siano compensi da denunciare?

    3) Davvero una famiglia affidataria è un evasore fiscale, e l'Ufficio non ha altri evasori sui quali concentrarsi?

    4) Si pensa al risparmio anche economico che una famiglia affidataria arreca alle casse pubbliche, anche percependo un contributo spese, in quanto quest'ultimo è inferiore di almeno cinque volte alle rette praticate da qualsiasi struttura protetta per minori?

    5) L'Ufficio si occupa anche delle reazioni di sfiducia e scoramento che potrebbero avere molte famiglie affidatarie, tradite ancora dall'Amministrazione finanziaria, o questi problemi li lascia ai servizi sociali e, in ultima analisi, ai minori in difficoltà, che sono sempre quelli che «pagano» davvero?

    Io credo che sarebbe molto interessante, tramite il suo giornale, sapere cosa ne pensano le tante famiglie affidatarie di Bergamo e della provincia.

    Da ultimo, signor direttore, mi dia la possibilità di esprimere tutta la mia amarezza per come viene trattato l'affido familiare – ci sono soldi da recuperare anche qui, per il Fisco – e la vergogna per come vengono considerati i cittadini che, nel loro piccolo, cercano di rendersi utili alla collettività.

    Qui il messaggio dell'Ufficio delle Entrate di Bergamo è chiaro: ognuno si faccia gli affari suoi – meglio, per lui, se sono davvero redditizi – e non avrà grane.

    Raffaele Casamenti

    Treviolo



    Risposta: Evasori? Un figlio in affido non è un lavoro

    Inviato da: Eco di Bergamo - 1 Febbraio 2002

    Data/ora: 01/02/02 17.41.52


    L'affido non è un lavoro, è inconcepibile ritenerlo tale. Di sicuro non è un motivo economico a spingere una famiglia a prendersi a carico un minore, ma è il desiderio di rendersi utile, di rispondere ai bisogni di chi è in difficoltà». Raffaele Casamenti non nasconde l'amarezza per «un provvedimento che rischia di penalizzare tante altre famiglie affidatarie».

    In una lettera al nostro giornale (pubblicata ieri in prima pagina) ha raccontato la sua storia: tramite la Cooperativa Aeper, dal '97 accoglie nella sua famiglia una minore, percependo mensilmente un rimborso per le spese sostenute. Ma a dicembre ha ricevuto un avviso di accertamento – relativo al '98 – dall'Agenzia delle Entrate di Bergamo, in cui si contesta la mancata dichiarazione dei contributi spese per la ragazza e si invita al pagamento di quanto non versato. «La Guardia di Finanza e l'Agenzia delle Entrate di Bergamo hanno ritenuto – prosegue – che questi rimborsi siano da considerare veri e propri compensi, come se l'accoglienza di un minore in una famiglia costituisse un lavoro. Il problema non riguarda solo noi, ma tante altre famiglie che non hanno mai dichiarato i rimborsi percepiti dalla Cooperativa. Faremo ricorso alla commissione tributaria, abbiamo già interpellato la Direzione regionale delle Entrate, che ci ha dato ragione».

    La risposta della Direzione regionale della Lombardia è datata 22 novembre 2001: «L'istante – scrive il direttore regionale Massimo Orsi – ha chiesto se, con riferimento alla minore affidatagli, debba evidenziare nella dichiarazione dei redditi per l'anno 2001, le somme percepite a titolo di "rimborso forfettario delle spese". In merito alla rilevanza fiscale delle somme percepite a titolo di rimborso forfettario, si è dell'avviso che lo stesso costituisca un modo per sostenere gli affidatari su determinazione delle Regioni. Al riguardo si evidenzia come questi importi non risultino derivare "dall'assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere". Pertanto, in occasione della presentazione della dichiarazione, non si dovrà indicare l'ammontare dei rimborsi». Burocratese a parte, la risposta è chiara: i rimborsi, data la loro natura di contributi spese, non devono essere inseriti nella dichiarazione. «Il fatto curioso – prosegue Casamenti – è che la risposta è stata indirizzata per conoscenza anche agli uffici di Bergamo e che l'avviso di accertamento è arrivato un mese dopo».

    La questione sta tutta in una diversa interpretazione dei rimborsi che la famiglia riceve dalla Cooperativa: contributi alle spese o, come ritiene la Guardia di Finanza, redditi da lavoro? «Non conosco il caso nello specifico – spiega Nicola Maratia, direttore dell'Agenzia delle Entrate di Bergamo – e probabilmente ci siamo mossi su segnalazione della Guardia di Finanza. Ma se si tratta di contributi spese non vanno dichiarati, se sono redditi da lavoro sì. Casi simili succedono spesso, se la parte in causa ci documenta che sono somme erogate a titolo di rimborsi spese, la cartella viene annullata». Semplice a dirsi, più difficile a farsi: «Già, perché tutte le spese sono difficilmente documentabili – spiega Giuseppina Poma, presidente dell'Aeper – Va bene per visite mediche o libri da acquistare, ma come si fa a documentare quanto spende nello specifico una famiglia per il figlio in affido, per esempio per il cibo, la luce o il telefono?». Non è solo una questione di norme e di leggi, ma anche di sensibilità: «C'è una carenza legislativa sull'argomento. – prosegue Giuseppina Poma – Nel caso dell'affido lo Stato riconosce il diritto al mantenimento, ma il contributo non può essere dato direttamente al minore. Se il Comune lo elargisce direttamente alla famiglia non va messo nella dichiarazione». Insomma non c'è bisogno di documentazioni aggiuntive. «Diverso il caso – continua – se si passa attraverso il privato sociale. È questo che la Guardia di Finanza ci ha contestato, secondo loro questi contributi sono redditi da lavoro. Non c'è una regolamentazione chiara, ma c'è anche poca volontà di capire il problema, di considerare il valore sociale dell'affido».

    Da vent'anni l'Aeper opera nel campo degli affidi: «Da vent'anni accompagniamo le famiglie in questo percorso, abbiamo sempre operato così, con i rimborsi, come fanno in tutte le realtà simile alle nostre. Diamo alla famiglia una cifra fissa proprio perché le spese sono difficilmente documentabili. È un problema che potrebbe quindi riguardare anche altre famiglie, ci siamo rivolti a diversi commercialisti, che ci dicono che ci sono vizi di fondo, ma resta il problema di come documentare tutte le spese». E ora? «Nessuno è in grado di dirci come dovremo muoverci, – conclude Casamenti – resta l'amarezza per come viene trattato l'affido familiare.

    Vanessa Santinelli



    Risposta: Evasori no, ma forse il torto c'è, seppur in buona fede

    Inviato da: Riccardo Ripoli

    Data/ora: 01/02/02 18.25.38


    Se si guarda al lato puramente morale, non c'e' ombra di dubbio che la famiglia affidataria abbia perfettamente ragione.

    Da un punto di vista tecnico è vero che i rimborsi spese erogati da Regioni, Enti Pubblici o Stato siano da considerarsi rimborsi spese forfettarie, ma il caso in questione è diverso. Parlando con la giornalista dell'Eco di Bergamo ho saputo che l'affido viene dato all'ASL e questa a sua volta si avvale della collaborazione (probabilmente in regime di convenzione) della Cooperativa, alla quale versa il rimborso mensile delle spese previste per l'affido (il quantum dovrebbe essere regolato nella convenzione stipulta tra ASL e Cooperativa).

    La Cooperativa, per svolgere il proprio lavoro nei confronti dei bambini in affidamento, si avvale di alcune famiglie.

    La Cooperativa versa alle famiglie in questione una cifra che è minore del contributo ad essa versato per l'affido.

    La differenza tra quanto versato dall'ASL alla Cooperativa e quanto da quest'ultima erogato alle famiglie è trattenuta dalla coop per le spese di gestione della stessa: una sorta di guadagno. Per realizzare tale guadagno la coop si è avvalsa dell'opera delle famiglie che sono state da essa stessa remunerate.

    Credo che in torto sia la cooperativa ed il suo modus operandi, ma purtroppo in questo errore sono ricomprese le famiglie che materialmente tengono i bambini nelle proprie case e che figurano come "dipendenti" della cooperativa.

    La soluzione per il futuro potrebbe essere quella che l'ASL dia i bambini in affido direttamente alle famiglie e ad esse il contributo previsto ex articolo 5 comma legge 149/2001 e stipuli nel contempo con la cooperativa una convenzione per alcuni servizi nei confronti dei bambini.