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    Sulla Tribun di Treviso di oggi, si legge un articolo di Elisa Vendemmia.

    Un'odissea che vale la pena vivere». Parola di un padre adottivo, che racconta la sua travagliata storia per poter ottenere l'adozione di un bambino russo. Tre anni di pratiche, colloqui, viaggi, spese e forti pressioni psicologiche che, però, «ben valgono il sorriso di mio figlio» (naturale o acquisto non importa, l'amore cancella queste differenze). Un sorriso che dà un senso diverso alla vita sua e di sua moglie, ogni giorno che passa, ogni giorno accanto a questo bimbo.

    La storia di questo padre adottivo (a cui, per ragioni di privacy, daremo il nome di fantasia Francesco) comincia nel 1996. Con sua moglie, Francesco decide di intraprendere la strada dell'adozione. «All'inizio - spiega - avevamo pensato di adottare un bambino colombiano ma, consultandoci con un'associazione di genitori di bambini adottati, abbiamo saputo che i tempi sarebbero stati troppo lunghi. Così abbiamo optato per i paesi russi, dove la procedura è più celere». Dopo aver affrontato tre-quattro colloqui con lo psicologo e l'assistente sociale del Consultorio familiare, Francesco e consorte ottengono l'idoneità. Nel frattempo, tra la richiesta d'adozione e l'idoneità, sono già passati due anni. «Il problema è che questi colloqui sono indispensabili per verificare le qualità della famiglia, ma si dilatano nel tempo, perché hanno scadenza mensile». Comunque, dopo il nulla osta del tribunale dei minori di Venezia, i coniugi contattano l'Associazione Arcobaleno. L'organizzazione padovana ha messo in contatto Francesco con un'operatrice, che nei suoi numerosi viaggi nei Paesi dell'Est ha trovato nella città di Pern (Russia) il figlio di Francesco. «Non abbiamo mai avanzato precise richieste - precisa il padre adottivo - assolutamente non avevamo pregiudizi di alcun genere». Intanto la donna aveva avviato le pratiche burocratiche-amministravive per poter ottenere l'adozione. «Queste procedure sono lunghe», spiega Francesco. Forse forzatamente lunghe, visto che alcuni ricorrono a degli escamotage, per accelerare le pratiche, pagando anche 2 mila dollari per sbloccare le carte pendenti. Ma Francesco ha scelto la legalità ed è stato ripagato, poiché gli è bastata una settimana di permanenza a Pern per tornare a casa con suo figlio. «Siamo stati fortunati, ci è bastato solo un viaggio. In altri Paesi dell'Est sono necessari più incontri». Francesco racconta poi di essere venuto a conoscenza di un altro escamotage usato per ovviare ai tempi lunghi della legge. «Alcuni genitori affermano che il bambino da adottare ha bisogno di cure mediche e che necessita di cure urgenti in Italia, così i tempi si riducono». Insomma non tutto è sempre così limpido; seguendo l'iter occorre attendere più di tre anni per un abbinamento. Come è successo a Francesco, che però non è pentito di tutta la strada faticosamente percorsa e dei soldi spesi (più di 20 milioni di lire).

    Ora il suo bambino di quasi sei anni (quando è stato adottato aveva un anno e mezzo) sta bene, non ha subito shock e anzi ha ripreso il peso forma, che all'epoca era sotto la media. Francesco che consiglia di «rivolgersi sempre ad una associazione di genitori, per essere agevolati dalle loro esperienze in merito». E conclude affermando, che l'adozione rimane comunque un lusso, che non tutti si possono permettere. Attualmente, infatti, per adottare un bambino straniero occorre una disponibilità di più di 20 mila euro.a