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      CommentAuthorbite
    • CommentTime13 Jan 2003 modificato
     

    La provincia di Milano sta attuando un progetto che riguarda gli affidi professionali fatti da famiglie selezionate e formate. Se non ho capito male, le famiglie, dopo un periodo necessario di formazione, accolgono un minore in difficoltà e per questo servizio ricevono una retribuzione.

    A noi, che siamo in attesa da più di un anno di un bambino in affidamento, sono nate spontanee alcune riflessioni e vorremmo capirne di più:

    - ci hanno detto che questo servizio nasce dall'esigenza di trovare famiglie disponibili all'affidamento. So però che non sono poche le famiglie in attesa di un bambino. Si tratta forse di bambini che trovano difficilmente una collocazione in famiglia?

    - capiamo che fare la mamma o il papà a tempo pieno, rinunciando al proprio posto di lavoro (credo infatti che la prerogativa sia che uno dei due coniugi affidatari non abbia un lavoro o abbia un lavoro part-time) sia una scelta coraggiosa e difficile. La faccenda però ci lascia un certo turbamento. Non abbiamo mai pensato di ricevere un compenso per il nostro "lavoro" di genitori, sia verso i nostri figli che verso un futuro bambino affidatoci. Ci sembra che "gratuità" sia la parola chiave di questa esperienza, certamente sostenuti dai servizi, sia in senso materiale che psicologico.

    -un augurio: spero che le famiglie affidatarie e le famiglie affidatarie professionali non entrino in competizione ( a livello dei servizi sociali), ma servano a rendere completo un servizio che sicuramente nasce dall'amore che tutta una famiglia è in grado di dare.

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      CommentAuthoraurora
    • CommentTime14 Jan 2003 modificato
     

    forse,c'è bisogno di famiglie affidatarie proprio per quei bambini che nessuno vuole?

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      CommentAuthorpiripilla
    • CommentTime16 Jan 2003 modificato
     

    Ciao. Ho trovato questo articolo sul progetto milanese...



    Genitori «part time» per minori in crisi

    mercoledi, 24 aprile 2002

    FAMIGLIA FIGLI











    Genitori «part time» per minori in crisi



    Con il progetto «bed and breakfast» gli adolescenti saranno ospitati dalle

    famiglie lombarde. Contributi mensili a chi offre alloggio

    Ghezzi Marta



    Camera con cena e prima colazione, in un ambiente accogliente: è

    la formula del «Bed & Breakfast Protetto», il nuovo servizio di ospitalità

    familiare, retribuito, studiato per gli adolescenti in difficoltà. Ha tutte le

    caratteristiche della forma di accoglienza da cui prende il nome, il bed &

    breakfast tanto diffuso e apprezzato all' estero, ma ha anche, come si può

    intuire dalla parola «protetto», una marcia in più, perché l' ospitalità ha

    funzione di tutela nei confronti del ra gazzo o della ragazza che ne usufruisce.

    L' idea è nata nel Nord Europa e da tempo Francia, Germania e Inghilterra l'

    hanno inserita nei loro programmi sociali per i minorenni. Milano l' ha

    «conosciuta» due anni fa durante un convegno internazionale sull' affido

    familiare, l' ha fatta sua, e con una veste riveduta e corretta la lancia ora,

    prima città italiana, in forma sperimentale. A farsene promotrice è il Cam,

    Centro Ausiliario per i Problemi Minorili, un' associazione di volontariato nata

    n el ' 75 in seno al Tribunale per i Minorenni, che si occupa di affidi, attiva

    programmi di prevenzione nelle scuole, istituisce borse di avviamento al lavoro

    per minori in difficoltà e segue la formazione e la ricerca. Sono stati i suoi

    operatori, av vocati, assistenti sociali, psicologi e sociologi, ad intuire le

    enormi potenzialità di questa forma innovativa di ospitalità familiare, a

    presentarla agli organi istituzionali e a creare il panel di esperti del Comune,

    assessorati, Università e Trib unale, che ha messo a punto il progetto poi

    sottoposto e approvato dal ministero delle Politiche assistenziali. «Il B&B

    Protetto - spiega il professor Fabio Sbattella, docente di Psicologia dell'

    Università Cattolica e direttore scientifico del proge tto - si colloca a metà

    strada tra due forme di ospitalità. Da una parte c' è il tradizionale bed &

    breakfast, la forma di ospitalità turistica realizzata da famiglie comuni,

    associate in una rete certificata e controllata, che permette ai viaggiator i di

    conoscere dall' interno abitudini e valori della cultura che stanno visitando.

    La formula è particolarmente apprezzata dai giovani, anche perché le famiglie

    ospitanti sono addestrate a mantenere, pur nella familiarità, distanze cortesi e

    rispett ose delle autonomie giovanili. Dall' altra, invece, c' è l' affido

    familiare: in questo caso non si tratta di offrire un semplice luogo "dove

    approdare la sera", ma di gestire una presa in carico globale che comporta anche

    l' assunzione di funzioni g enitoriali da parte degli ospitanti». «Con il B&B

    protetto - prosegue - si offre al giovane la possibilità di osservare ed entrare

    nella quotidianità di una famiglia normale, alla quale non è però richiesto un

    coinvolgimento genitoriale: ogni ragazzo risponde a un tutore e a un operatore

    che ne seguono la crescita». Un fatto importantissimo, questo, perché molti dei

    ragazzi a cui è rivolta l' iniziativa non hanno mai vissuto l' esperienza della

    dimensione familiare, perché provengono da famiglie con situazioni sofferte, o

    da comunità. «È una risposta concreta e realistica ai bisogni di una fascia di

    età - commenta lo psicoterapeuta Fulvio Scaparro - fino ad oggi quasi del tutto

    abbandonata nella terra di nessuno "dei non più bambini e non ancora adulti"». A

    usufruire del «B&B Protetto» saranno infatti proprio gli adolescenti tra i 16 e

    i 18 anni, con un' attività di studio o lavoro diurno continuativo, che non

    possono rimanere con la famiglia d' origine a causa di gravi conflitt ualità, ma

    non possono neanche essere dati in affido o restare, se già lo sono, in un

    istituto per l' età avanzata. Troppo grandi quindi per le comunità, ma ancora

    troppo piccoli per vivere da soli in un appartamento e troppo bisognosi di

    riferimenti sicuri per andare in un pensionato anonimo. Chi sarà, invece, la

    famiglia ospitante? Chiunque se la senta di provare questa insolita opportunità

    di lavoro, che deve però essere sostenuta, come evidenziano gli operatori del

    Cam, da forti motivazioni sociali. Chi ospita deve mettere a disposizione una

    stanza della propria abitazione, condividere il clima familiare della sera, e

    dare cena e prima colazione. Il «B&B Protetto» viene retribuito (vedi box), per

    far sì che l' iniziativa non incida sul bilancio economico di chi offre l'

    ospitalità. Il progetto, che Scaparro vede come grande occasione di

    arricchimento, «perché la collettività, attraverso l' opera delle famiglie

    ospitanti, cresce nella consapevolezza che ai problemi reali occorre dar e

    risposte concrete e non reagire con moralismo e indifferenza», partirà in forma

    sperimentale subito dopo l' estate. In questa prima fase, il Cam prevede quindi

    la ricerca e la formazione delle famiglie. È il momento di parlarne a casa e di

    chiedere eventualmente un colloquio. Marta Ghezzi Contributi mensili a chi offre

    alloggio Il «Bed & Breakfast Protetto» è un mezzo per dare un contributo

    personale alla crescita di adolescenti in difficoltà. Si tratta di mettere a

    disposizione di un giovane una stanza della propria abitazione (non si può farlo

    dormire, ad esempio, con i propri figli), condividere il clima familiare della

    sera, offrire cena e prima colazione, senza impegnarsi in un rapporto di tipo

    genitoriale. Non sono richieste partico lari attitudini, solo una buona dose di

    sensibilità e capacità di relazione. Possono aderirvi sia coppie, coniugate o

    conviventi da più di cinque anni, che single, di età superiore ai 30 anni,

    residenti in Lombardia o zone limitrofe. La famiglia ospi tante riceve un

    contributo mensile lordo di 1000 euro. L' attivazione del servizio è subordinata

    a un' intervista conoscitiva e prevede un primo ciclo di sei incontri di

    formazione. La famiglia dev' essere anche disponibile a collaborare con i serviz

    i sociali. Per informazioni: Cam, via Leopardi 21, tel. 02.48.00.22.56. (m.gh.)



    articolo tratto dal Corriere della Sera

    ciao


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      CommentAuthorpiripilla
    • CommentTime19 Jan 2003 modificato
     

    Ciao.

    Non conosco la realtà di Milano, però io non boccerei su due piedi il progetto.

    Intanto si rivolge a ragazzi " che non possono rimanere con la famiglia d' origine a causa di gravi conflittualità, ma non possono neanche essere dati in affido o restare, se già lo sono, in un istituto per l' età avanzata. Troppo grandi quindi per le comunità, ma ancora troppo piccoli per vivere da soli in un appartamento e troppo bisognosi di riferimenti sicuri per andare in un pensionato anonimo."

    Provo a pensare dal punto di vista delle famiglie "accoglienti"; l'amministrazione propone loro un impegno a parole non totalmente coinvolgente: il ragazzo è sì da voi, ma lo seguiamo noi: voi con lui condividerete una piccola parte della giornata. Questo secondo me può avvicinare molta gente al mondo dell'affido: intanto così una famiglia viene a conoscenza delle problematiche dei minori, senza il fortissimo impatto della forma affidataria "classica". Accogliere comunque un ragazzo con problemi familiari o istituzionalizzato non è una cosa da niente: è sempre accogliere un estraneo, tra il resto grande: non sottovaluterei la decisione della famiglia accogliente. Comunque può essere un primo passo verso altri impegni, altre collaborazioni...

    Logico che il progetto sul ragazzo deve essere bello chiaro e i servizi hanno comunque un gran lavoro.

    Del resto il promotore è il CAM, del quale non so nulla, ma che viene presentato come un'Associazione di volontariato, che cercherà e formerà le famiglie...

    I soldi...1000 euro lordi? Quanti sono netti? Vediamo il lato postivo...quante sono le famiglie in cui uno dei due genitori lascerebbe il lavoro se potesse permetterselo? E se lasciando il lavoro ti rendi più disponibile ad altre attività, come queste, che impegno ne richiedono, eccome? Insomma, forse se lavori tutto il giorno poi, magari ti becchi non so quanti km per andare e venire e poi tutto il resto a casa, forse non ti viene in mente di accogliere neppure i tuoi amici; ma se ti danno l'opportunità di stare a casa...IO conosco molte persone che non "fanno" il secondo figlio, perchè non "possono"; potendo lo farebbero sicuramente; allo stesso modo molti pensano all'accoglienza, ma semplicemente non posssono permetterselo. Se il fatto di avere una retribuzione può far decidere le famiglie senza dover mettere sul piatto della bilancia l'economia familiare, beh non lo vedo proprio così negativo...

    L'amministrazione potrebbe raggiungere alcuni obiettivi, tra i quali l'avvicinamento di parecchie famiglie al problema dei minori e non è da sottovalutare...

    Inutile credo discutere sulle motivazioni di ogni famiglia in questa scelta: l'amministrazione deve farsi carico della "selezione" delle famiglie e del loro controllo.

    I ragazzi, vero nodo della questione? Non ho idea di come possano vivere questa esperienza, ma riprendo nuovamente le parole dell'articolo, si tratta di ragazzi che

    1- non possono rimanere in famiglia

    2- non possono essere dati in affido

    3- non possono andare o rimanere in istituto

    4- non possono andare ad abitare da soli

    una nuova forma di "affido" quindi andava cercata.



    Mi piacerebbe sapere se il progetto sia partito e se ci siano già analisi...

    Buona domenica a tutti!

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      CommentAuthoraurora
    • CommentTime21 Jan 2003 modificato
     

    non sono molto sicura di essere favorevole a questo nuovo esperimento....mah.... è giusto fare un pò di pubblicità sull'affido,è altrettanto giusto avvicinare i bambini alle famiglie(son pur sempre bambini"mancati")ma mi sembra che si rischi di sottovalutare e di prendere troppo"allegramente"i problemi di cui queste famiglie si dovranno far carico e non credo si possa tenere un ragazzo in casa senza esserne coinvolti emotivamente,insomma :l'amore dove lo mettiamo!si può farne senza?