Non sei collegato (collegati)

Vanilla 1.1.2 is a product of Lussumo. More Information: Documentation, Community Support.

  1.  

    Addì 3 gennaio 2016

    In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.
    Egli era in principio presso Dio:
    tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste.
    In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini;
    la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta.
    Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni.
    Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui.
    Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce.
    Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo.
    Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe.
    Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto.
    A quanti però l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome,
    i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.
    E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità.
    Giovanni gli rende testimonianza e grida: «Ecco l'uomo di cui io dissi: Colui che viene dopo di me mi è passato avanti, perché era prima di me».
    Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia.
    Perché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
    Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato.

    Giovanni 1,1-18

  2.  

    Eppure il mondo non lo riconobbe

    Un istante

    Oggi mi ha colpito l'immagine di una pancia all'ottavo mese con il disegno dei fratellini di un omino stilizzato e la scritta buon Natale con tanti colori. Mi ha colpito il viso dolce e gioioso di questa ragazza, di questa mamma alla sua terza gravidanza. Mentre passava la foto la ferale notizia che questa donna e la bambina che stava attendendo sono morte. Mi ha colpito la disperazione composta del Papa, del marito virgola di quell'uomo che in un secondo ho visto tramutare la sua vita, un uomo che vedeva dinanzi a sè un futuro con la gioia e la terza nata virgola con una famiglia con la quale crescere. Un uomo che in un secondo perso la moglie e dovrà allevare i suoi piccoli figli raccontando loro quanto amore avesse la loro mamma e quale donna grande che fosse. La disperazione di essere solo unità al grande dolore che questi bambini non potranno apprezzare fino in fondo la loro mamma e probabilmente non avranno nemmeno di lei un ricordo nitido. Forse fra un po' di tempo quest'uomo solo dovrà riconquistare il cuore di un'altra ragazza per non essere più solo e donare una mamma ai suoi due figli. Quest'uomo che ha visto in un secondo la sua vita cambiare ed il suo futuro immaginato completamente diverso tingersi di un altro colore. Godiamo oggi di ciò che abbiamo, ringraziamo Dio per le gioie che ci ha donato, ma non dimentichiamoci in un secondo la nostra vita potrebbe cambiare, assaporiamo ogni istante come se fosse l'ultimo perché un giorno quell'istante potrebbe essere davvero

  3.  

    Addì 4 gennaio 2016

    In quel tempo, Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l'agnello di Dio!».
    E i due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù.
    Gesù allora si voltò e, vedendo che lo seguivano, disse: «Che cercate?». Gli risposero: «Rabbì (che significa maestro), dove abiti?».
    Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui; erano circa le quattro del pomeriggio.
    Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro.
    Egli incontrò per primo suo fratello Simone, e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia (che significa il Cristo)» e lo condusse da Gesù. Gesù, fissando lo sguardo su di lui, disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; ti chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro)»

    Giovanni 1,35-42

  4.  

    Sentendolo parlare così, seguirono Gesù

    Parole di rugiada

    Quando un pulcino esce dall'uovo inizia a seguire la prima cosa che vede, la chioccia che lo ha covato. Quando un cucciolo d'uomo esce dal grembo materno viene attaccato al seno della mamma che lo ha generato e tra loro è subito amore. Ognuno di noi crescendo decide chi sia il caso di seguire, quali persone, i genitori prima, gli amici poi, il fidanzato o la fidanzata, un leader politico, un sacerdote, un uomo o una donna carismatici, un idolo del calcio, della musica o del pallone. Chi seguire dipende dalla propria maturità, cultura, sensibilità, intelligenza ed ognuno farà le sue scelte, ma la prima persona che ciascuno di noi ha seguito nei primi anni della sua vita è la mamma. E' lei, più di ogni altro, che ci dona parole che sono come gocce di quel nettare di cui ci nutriamo, di cui abbiamo un estremo bisogno per crescere. Grande tristezza nel sentire di un figlio che ha accoltellato la madre, di una mamma che ha maltrattato il figlio, di un bambino rimasto senza la mamma, di una madre che ha perso un figlio. Sono legame che si spezzano violentemente, senza preavviso, dinanzi all'incredulità di coloro che li subiscono. Legami che tengono insieme la nostra società, un po' come si vedono in montagna le grandi reti sulle pareti scoscese dei monti per evitare il formarsi di valanghe di sassi, oppure quelle catene che si osservano nelle vecchie case sistemate per evitare lo sgretolamento delle mura in caso di terremoti. Si creano falle nel sistema, nella testa di ognuno si rompe un equilibrio ed è come un domino, dove la caduta di una tessera danneggia le altre distruggendo l'equilibrio. Non siamo però massi caduti già dalla montagna, non siamo alberi che si schiantano nella foresta, siamo uomini e donne e facciamo tesoro delle gocce di saggezza instillate dentro noi, manteniamo vivi gli insegnamenti grazie alla memoria e riviviamo all'infinito gli attimi più belli trascorsi insieme. Un minuto che si trasforma in eternità, una parola che diventa un poema. Grazie Mamma per avermi donato parole di amore e non avermi urlato contro parole cattive. Le tue dolci parole oggi sono dentro di me, custodite nel mio cuore, elaborate e donate a coloro che incontro, ai bambini che grazie a te e al tuo sacrificio oggi sono con me in questa difficile ma bellissima avventura che si chiama vita.

  5.  

    Addì 5 gennaio 2016

    In quel tempo, Gesù aveva stabilito di partire per la Galilea; incontrò Filippo e gli disse: «Seguimi».
    Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro.
    Filippo incontrò Natanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazaret».
    Natanaèle esclamò: «Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi».
    Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c'è falsità».
    Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto il fico».
    Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d'Israele!».
    Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto il fico, credi? Vedrai cose maggiori di queste!».
    Poi gli disse: «In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell'uomo»

    Giovanni 1,43-51

  6.  

    Incontrò Filippo e gli disse: «Seguimi»

    Un nome, un programma

    Quando un ragazzo varca la soglia di casa nostra, per restare una vita o solo una settimana, affidato a noi o con i suoi genitori mi viene spontaneo cambiargli il nome. I ragazzi in un primo momento si sdubbiano e insistono per essere chiamati con il proprio, ma io scherzosamente insisto facendo finta di non capire come si chiamino, e alla fine tutto diventa un bel gioco. La scorsa estate venne da noi una ragazzina con la sua mamma, come volontarie ed io la chiamai Giovanni, mentre il suo vero nome era Michela. Dopo un certo periodo venne tra noi anche il padre. Un giorno, mentre eravamo in piscina, questo nostro nuovo e grande amico chiamò la figlia "Michela, Michela" e lei non rispondeva. Insisteva, quasi urlando. Alla fine, quasi sottovoce, la chiamò "Alessia" e lei prontamente si girò sorridente. E' vero che è un po' un gioco, ma ha delle basi più forti. Innanzitutto è per qualcuno l'abbandonare una vita passata fatta di abusi, violenze spesso subite anche da parte dei propri genitori. Un nome anch'esso abusato, letto ormai troppe volte nelle aule di tribunale. E' poi per tutti, il cambio del nome, come a dire "qui siete protetti, qui siete in un'altra dimensione, qui siete in un periodo che può essere vacanza o parte della vostra vita". Un nome è soltanto un nome, non diamogli troppa importanza, ma la cosa che dobbiamo sottolineare nella nostra vita è che arriva un giorno in cui dobbiamo voltare pagina, dobbiamo ricominciare, dobbiamo seguire un ideale, una persona, un principio, una guida. Ciò non significa rinnegare il passato o una parte di noi. Figuriamoci se Papa Francesco rinnega la sua vita in Argentina, ma anche lui ha cambiato nome, anche lui ha voluto far vedere la sua buona volontà nel cambiare per mettersi al servizio della comunità che è stato chiamato a guidare. Gli scout hanno nomi che usano nei campi e questo non significa rinnegare la vita quotidiana, né che in classe pretendano di essere chiamati "colibrì permaloso", "orso stanco" o "macho man", ma è bello per loro passare da una dimensione all'altra, un po' come se con la divisa indossassero anche il nome, ma non come attori che si calano in una parte, ma come uno sdoppiamento di personalità dove una parte insegni all'altra, perché è innegabile che ogni ragazzo che fa scoutismo è un po' scout anche a scuola, con gli amici e in famiglia, ed ha la sua personalità acquisita dai propri genitori e nella quotidianità ogni volta che entra nella sede scout.
    Il cambio del nome ha anche un effetto terapeutico. Una nostra carissima amica sta tenendo un corso di recitazione, canto e dizione a due delle nostre bimbe. Una di esse è notoriamente timida e strapparle una parola di bocca era difficilissimo. Oggi, dopo sole tre o quattro volte che si incontra con Martina, parla alle riunioni ed è essa stessa che spesso le prepara. La prima cosa che Martina ha fatto con lei e darle un nome nuovo, in aggiunta al suo: Eva. Quando diventa Eva si trasforma perché la parte che le è stata assegnata è quella di una ragazza con delle caratteristiche particolari.
    Qualche giorno fa sono andato con i bimbi a giocare nel bosco e ad ognuno ho dato un "nome di battaglia", è stata la cosa che più è piaciuta loro e che a distanza di giorni ancora raccontano. Ve li presento così, dal più grande al più piccolo: Libellula della Papuasia, Paguro delle Maldive, Criceto di Comòdo, Elefante della Savana, Aquila del Paraguay, Foca dell'Uganda, Coniglio da giardino, Lince del Marocco, Cinghiale del Guatemala, Furetto di bosco, Micio di casa, Pinguino da cortile.

  7.  

    Addì 6 gennaio 2016

    Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano:
    «Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo».
    All'udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme.
    Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s'informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia.
    Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:
    E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio popolo, Israele.
    Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella
    e li inviò a Betlemme esortandoli: «Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo».
    Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino.
    Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia.
    Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra.
    Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese

    Matteo 2,1-12

  8.  

    Essi provarono una grandissima gioia

    Gioire per la morte di un bambino

    Una delle immagini più tristi di questi ultimi giorni è l'aver visto un gruppo di ebrei che in Israele ballavano con la foto in mano del piccolo Alì, il bambino palestinese di diciotto mesi ucciso da estremisti israeliani nel rogo della sua casa, trafiggendola ripetutamente con i coltelli gioendo per l'accaduto. Come si può uccidere un bambino, come si può gioire per la sua morte? Ed in Italia quanti esultano, più o meno sommessamente, se un bambino perisce tra le onde nel tentativo di salvarsi con la sua famiglia da guerre e carestia, come avvenuto all'inizio dell'anno per un bimbo siriano di due anni che si è sfracellato sugli scogli.
    Possiamo trovare tutte le colpe possibili e immaginabili nei genitori, sempre che spetti a noi un giudizio, ma un bambino che colpe può avere? E' giusto che muoia per prevenzione, in modo che un domani non commetta gli stessi errori dei genitori, o semplicemente perché godiamo che ci sia un palestinese, un siriano, un africano in meno su questa terra?
    All'inizio della mia vita a favore dei bimbi un signore che conoscevo bene, un vicino di casa, mi si avvicinò per chiedermi cosa stessimo facendo nel giardino della vecchia scuola abbandonata messaci a disposizione dal Comune. Con gioia e trasporto gli parlai del nostro progetto, del desiderio di recuperare i bambini di famiglie con problematiche sociali. In tutta risposta mi disse che non dovevamo, che avremmo dovuto lasciarli perdere, che erano solo spazzatura e non dovevamo perdere tempo e gettare denaro per tentare di salvarli, a suo dire cosa impossibile. Ne nacque un'accesa discussione, al punto che quest'uomo trabalcò la recinzione per picchiarmi e così sarebbe stato se non fossero intervenute delle persone.
    Il mondo cambia dai bambini, è un bambino che ha cambiato il mondo.
    Cambiamo anche noi avvicinandosi ai bambini, proteggendo i bambini, amando i bambini, sostenendo i bambini

  9.  

    Addì 7 gennaio 2016

    In quel tempo, avendo saputo che Giovanni era stato arrestato, Gesù si ritirò nella Galilea e, lasciata Nazaret, venne ad abitare a Cafarnao, presso il mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si adempisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: Il paese di Zàbulon e il paese di Nèftali, sulla via del mare, al di là del Giordano, Galilea delle genti; il popolo immerso nelle tenebre ha visto una grande luce; su quelli che dimoravano in terra e ombra di morte una luce si è levata.
    Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».
    Gesù andava attorno per tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe e predicando la buona novella del regno e curando ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.
    La sua fama si sparse per tutta la Siria e così condussero a lui tutti i malati, tormentati da varie malattie e dolori, indemoniati, epilettici e paralitici; ed egli li guariva.
    E grandi folle cominciarono a seguirlo dalla Galilea, dalla Decàpoli, da Gerusalemme, dalla Giudea e da oltre il Giordano.

    Matteo 4,12-17.23-25

  10.  

    Gesù andava attorno per tutta la Galilea

    Una carezza

    Due manine afferrano le mie, le appoggiano sulle tenere guanciotte, cominciano ad accarezzarle con estrema dolcezza. Poi Pica si gira verso di me e con le manine tese e gli occhi da cerbiatto indifeso chiede di essere preso in braccio. Mentre ascoltavo la Messa questo frugoletto di tre anni mi corteggiava come solo un cuore puro può fare. Mi toccava il naso, mi accarezzava le orecchie, giocava con i miei capelli, mi guardava dritto negli occhi fino a penetrarmi l'anima. Sono stati giorni un po' così, fatti di alti e bassi e un po' di tristezza si era accumulata nel mio cuore. Sono entrato in chiesa imbronciato, ne sono uscito con il cuore gonfio di gioia. Ero mancato per qualche giorno e quel cucciolino mi ha fatto rinascere, mi ha detto con i fatti quanto gli fossi mancato, mi ha riempito di amore al punto da farmi dimenticare preoccupazioni e tristezze. Mi ha fatto capire che la vita è oggi, e oggi merita di essere vissuta. Vissuta per lui, vissuta per loro.
    Tante volte vediamo qualcuno triste, preoccupato, cupo in viso e scorbutico nei modi e ce ne stiamo alla larga, non interagiamo con lui pensando che voglia essere lasciato in pace, pensando di fare la cosa giusta nel non domandare, nel non essere presenti, pensando che prima o poi gli passerà. Ma i bambini ci insegnano ad essere sensibili, a stare vicino a chi soffre, magari anche con una semplice carezza, un passaggio della mano sulle spalle, un sorriso più profondo di quello di circostanza. Se si vuole bene ad una persona si ha sempre paura di farle del male, di essere invadenti, ma a volte un messaggio, un sorriso fanno la differenza tra il vivere ed il morire, tra il chiudersi ed il risorgere, tra il volersi fermare e il riprendere un cammino dopo una pausa per la stanchezza e le ferite provocate dai rovi della vita.
    Anche voi figli, anche voi che siete di carattere più mite e riservato, anche voi timidi non pensate che coloro che vi sono vicini, sempre forti e pronti a risolvere ogni problema non possano stare male, non abbiano dubbi, non abbiano bisogno di aiuto o di un consiglio. Avvicinatevi, non abbiate paura del viso nero e la testa reclinata verso il basso. Avvicinatevi e dite, con un gesto o con le parole "io ci sono, ti voglio bene". Anche se non vedete reazioni, anche se possa sembrare che quella persona sia infastidita dalle vostre attenzioni, sappiate che ne gioisce ed in cuor suo si apre una strada per liberarsi dalle nuvole che minacciano piogge e temporali

  11.  

    Addì 8 gennaio 2015

    In quel tempo, Gesù vide molta folla e si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.
    Essendosi ormai fatto tardi, gli si avvicinarono i discepoli dicendo: «Questo luogo è solitario ed è ormai tardi; congedali perciò, in modo che, andando per le campagne e i villaggi vicini, possano comprarsi da mangiare».
    Ma egli rispose: «Voi stessi date loro da mangiare». Gli dissero: «Dobbiamo andar noi a comprare duecento denari di pane e dare loro da mangiare?».
    Ma egli replicò loro: «Quanti pani avete? Andate a vedere». E accertatisi, riferirono: «Cinque pani e due pesci».
    Allora ordinò loro di farli mettere tutti a sedere, a gruppi, sull'erba verde.
    E sedettero tutti a gruppi e gruppetti di cento e di cinquanta.
    Presi i cinque pani e i due pesci, levò gli occhi al cielo, pronunziò la benedizione, spezzò i pani e li dava ai discepoli perché li distribuissero; e divise i due pesci fra tutti.
    Tutti mangiarono e si sfamarono, e portarono via dodici ceste piene di pezzi di pane e anche dei pesci.
    Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini.

    Marco 6,34-44

  12.  

    Si commosse per loro

    Barack Obama piange e si commuove

    L'uomo più potente della terra piange in diretta durante una conferenza stampa per la morte di tanti bambini. Ed è subito notizia.
    Non era mai successo che un presidente degli Stati Uniti si mettesse contro il congresso e andasse anche contro il suo stesso partito, di fatto rischiando di essere messo da parte alla fine del suo mandato. Ma ha avuto coraggio e ha detto la sua, ha avuto coraggio e si è imbarcato in una battaglia contro le potenti lobby delle armi, contro il comune pensiero - in Texas hanno da poco varato una legge che consente a chiunque di portare le armi in bella vista.
    "Troppe sparatorie, nostri bimbi da proteggere" dice Barack Obama
    "Oltre trentamila vite vengono spezzate ogni anno dalle armi in Usa: dobbiamo agire con urgenza per salvare vite"
    Una notizia che davvero ha del sensazionale, quanto meno per il tentativo, il primo di così alto rango nella storia degli Usa. Eppure cosa ha fatto più notizia? Quali immagini hanno fatto il giro del mondo? Quelle delle lacrime in diretta. Qualcuno ha detto che erano false e calcolate, altre hanno definito il Presidente un debole, altri ancora hanno pensato che sia stato un rafforzativo per un'iniziativa che parte già in salita.
    Le lacrime. Come se piangere fosse proibito, come se fosse un peccato, come se fosse un atto da stigmatizzare tale da mettere alla porta chiunque si azzardi a manifestare dolore e commozione, specie se nei confronti di persone che non siano parenti.
    Eppure quando il nostro stomaco borbotta e ci viene fame, mangiamo. Quando la calura si fa sentire o siamo sudati per una bella corsa e ci viene sete, beviamo. Quando siamo stanchi non ci vergogniamo a dirlo e ci fermiamo per risposarci. Eppure davanti all'emozione, davanti al dispiacere di vedere bambini affogare, bambini uccisi dalle armi facili da comprare, bambini denutriti nei paesi del terzo mondo e non solo, bambini maltrattati dai loro stessi genitori è proibito commuoversi, è proibito dalla nostra società, dai nostri cliché versare lacrime. Mica sono figli nostri, mica hanno ucciso mio figlio, mica lo hanno picchiato, mica sta morendo di fame. Insensibilità o rispetto di una regola non scritta? Forse entrambe le cose, forse una alimenta l'altra, forse si diventa insensibili perché ci viene insegnato a non piangere. Eppure quando un sentimento ci colpisce, quando entro sentiamo un tramestio e la commozione sale sentiamo l'esigenza di piangere, di tirare fuori il dolore, il disappunto, ma anche la rabbia e la gioia.
    Quando morì la mia mamma non versai una lacrima, o meglio non lo feci davanti a tutti. Perché? Perché si è così stupidi? Perché non dar libero sfogo alle proprie emozioni e lasciare che gli altri possano vedere dentro di voi? paura di essere feriti? Paura di essere considerati deboli? Ma non c'è più debole di colui che nasconde ciò che prova per paura di un giudizio.

  13.  

    Addì 9 gennaio 2016

    Dopo che furono saziati i cinquemila uomini, Gesù ordinò ai discepoli di salire sulla barca e precederlo sull'altra riva, verso Betsàida, mentre egli avrebbe licenziato la folla.
    Appena li ebbe congedati, salì sul monte a pregare.
    Venuta la sera, la barca era in mezzo al mare ed egli solo a terra.
    Vedendoli però tutti affaticati nel remare, poiché avevano il vento contrario, gia verso l'ultima parte della notte andò verso di loro camminando sul mare, e voleva oltrepassarli.
    Essi, vedendolo camminare sul mare, pensarono: «E' un fantasma», e cominciarono a gridare, perché tutti lo avevano visto ed erano rimasti turbati. Ma egli subito rivolse loro la parola e disse: «Coraggio, sono io, non temete!».
    Quindi salì con loro sulla barca e il vento cessò. Ed erano enormemente stupiti in se stessi, perché non avevano capito il fatto dei pani, essendo il loro cuore indurito.

    Marco 6,45-52

  14.  

    Coraggio, sono io, non temete!»

    Credere o non credere

    Quando si è bambini ci sentiamo protetti dai nostri genitori e qualunque problema possiamo avere essi ci dicono "coraggio non temere, ci siamo noi" e così ci tranquillizziamo. Quando si è adulti si cerca qualcuno che prenda il posto dei genitori il fidanzato, la fidanzata, un sacerdote, una guida, un allenatore, ma ben presto ci rendiamo conto che non c'è nessuno che possa proteggerci quanto i nostri genitori abbiano fatto. Questo perché da un lato i problemi sono più grossi e di più difficile soluzione ed anche la persona a noi più affezionata non sempre è in grado di evitare l'inciampo. Dall'altro lato c'è anche tanto egoismo ed è difficile trovare che si faccia carico totalmente dei nostri problemi. È pertanto difficile trovare qualcuno che ci sia totalmente vicino, e quando lo si trova dobbiamo tenercelo molto stretto, ma questo non basta per vivere tranquillamente. In molti trovano sicurezza nei gruppi, siano essi positivi come vari club, oppure facinorosi come certe tifoserie, ma alla lunga anche questa soluzione non dà le soddisfazioni sperate. Ed allora? Allora si cerca nella religione, nel soprannaturale, nell' esoterico un appiglio per non affogare ed in molti prendono strade sbagliate che anziché aiutarli ad uscire dalla sofferenza contribuiscono a creare nuovi problemi. La fede non è una questione di cervello, non ci si deve rivolgere a Dio perché è l'ultima spiaggia cui ricorrere, oppure perché è uno dei tanti tentativi da provare prima di precipitare nel baratro. Dio però non è il nostro burattino che possiamo muovere a nostro piacimento e quando ci fa più comodo. Dio è presente sempre nella nostra vita, in ogni gesto che facciamo, solo che spesso non ce n'è vediamo. Egli va incontro a chi è in difficoltà, ma si propone facendosi vedere e si ferma ad aiutarci solo se noi siamo disposti a credere in lui. Non è un fantasma che cammina sull'acqua, bensì una presenza costante che troppo spesso facciamo finta di non vedere, accorgendosi della sua esistenza solo quando abbiamo bisogno. E comunque già un buon risultato se nel momento del bisogno chiediamo aiuto a lui purché, finito il momento di difficoltà, abbiamo la sensibilità di ringraziarlo e di cominciare a camminare con lui seguendo le sue regole. Quando arriva da noi un bambino in affidamento non ci conosce e pertanto ci identifica come tutti gli adulti che fino a quel momento ha incontrato, ovvero capaci di fargli male o comunque di non riuscire ad aiutarlo nelle sue difficoltà. Ecco pertanto che al momento in cui vediamo un suo problema ci proponiamo e lo proteggiamo. Da quel momento spetta a lui, è soltanto a lui, la scelta se avere fiducia in noi oppure no. Ovviamente se deciderà di non farsi aiutare o di non seguirci successivamente, proporremo la nostra presenza anche nel futuro, ma la scelta spetterà sempre a lui, così come a ciascuno di noi è proposto, e non imposto, di seguire Dio.

  15.  

    Addì 10 giugno 2016

    Poiché il popolo era in attesa e tutti si domandavano in cuor loro, riguardo a Giovanni, se non fosse lui il Cristo,
    Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene uno che è più forte di me, al quale io non son degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali: costui vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco.
    Quando tutto il popolo fu battezzato e mentre Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì
    e scese su di lui lo Spirito Santo in apparenza corporea, come di colomba, e vi fu una voce dal cielo: «Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto»

    Luca 3,15-16.21-22

  16.  

    Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto

    La gioia di un padre

    Ogni genitore è fiero dei propri figli. Mio padre esagerava le mie lodi quando parlava con gli amici, non perché fosse bugiardo o non fosse orgoglioso dei risultati ottenuti nei vari campi in cui mi cimentavo, ma piuttosto perché realmente mi vedeva come un essere perfetto, il suo essere perfetto. Crescendo l’ho purtroppo deluso perché mi voleva commercialista al suo fianco e non eterno volontario al servizio dei bambini. Gli ci vollero parecchi anni prima di accettare le mie scelte riconoscendone la bontà. Ogni padre, più che le mamme, consentitemelo, vedono una trasposizione di sé nei propri figli, specie se maschi. Vorrebbero che avessero gli stessi gusti, gli stessi ideali, gli stessi hobby, che frequentassero amici e ragazze ben accetti dai genitori, che frequentassero la stessa scuola oppure quella che il papà avrebbe voluto fare e non ha fatto. E così via. C’è qualcosa di male? Non credo perché ognuno insegna al figlio ciò che reputa essere per lui la cosa migliore, e cosa c’è di meglio se non le scelte giuste ed evitare quelle sbagliate dal padre stesso fatte in gioventù? Ma l’errore è sempre in agguato e si chiama “esagerazione”, “imposizione”, “obbligo”. Vieni a correre in bicicletta con me figlio mio, no papà grazie non ne ho voglia preferisco dormire, no ma dai vieni ci divertiamo insieme, no grazie, dai alzati dal letto e vieni. Papà ti piace la ragazza che ti ho presentato ieri al mare, insomma si però non si presenta bene, cosa vuoi dire, ecco lo vedi come si veste, ma papà è una brava ragazza, sarà ma non sembra meglio se non la frequenti, ma è la mia ragazza ci vogliamo bene, dubito che una così possa volerti bene. Qualche volta i figli danno retta ai “consigli” paterni, altre volte prendono comunque la loro strada. A prescindere che la via di mezzo è sempre la migliore, almeno in teoria, e si dovrebbero ascoltare e valutare i consigli dei genitori decidendo poi per conto proprio, è importante che al di là di un sano spirito motivazionale, i genitori, in particolare noi papà, non si obblighino i figli a fare ciò che a loro non piace, accettandoli per quello che sono con i propri sogni, idealizzazioni ed errori. Anche i figli però devono ricordarsi di coloro che li hanno nutriti, fatti diventare uomini e donne, spianato la strada evitando loro ogni possibile inciampo, proteggendoli, e non dovrebbero allontanarsi del tutto da chi li ha amati, anche magari facendo qualche errore per il troppo amore. Però la vita è questa, padri che idealizzano e figli che si ribellano, dispiace solo quando queste sane e giuste ribellioni riescono a trasformare l’amore in odio spingendo molti a costruire barriere e muri insormontabili che, dividendo, fanno soffrire chi ha avuto la sola colpa di accogliere e voler bene dando tutto sé stesso.

  17.  

    Addì 11 gennaio 2016

    Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo».
    Passando lungo il mare della Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori.
    Gesù disse loro: «Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini».
    E subito, lasciate le reti, lo seguirono.
    Andando un poco oltre, vide sulla barca anche Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello mentre riassettavano le reti.
    Li chiamò. Ed essi, lasciato il loro padre Zebedèo sulla barca con i garzoni, lo seguirono.

    Marco 1,14-20

  18.  

    Il regno di Dio è vicino

    Una bella domenica

    Ci sono periodi in cui le cose da fare sono tantissime, momenti di grande lavoro, vacanze per alcuni ma frenesia per altri. A volte riposarsi, uscire un paio d'ore in barca, restare a dormire fino alle sette sembrano lussi ed un insano egoismo. ma ogni parte di noi grida sempre più forte, ogni parte di noi necessita di un attimo di tregua dalla routine, certamente nel fisico, ma sopratutto nella mente. Ieri, per una serie di fortuite coincidenze, ci siamo ritrovati nella casa di campagna con soli cinque bimbi, cosa rarissima, complice il lungo periodo natalizio appena passato. Al mattino abbiamo lavorato andando a fare legna nel bosco, riassettando la casa, togliendo gli addobbi natalizi ed il presepe, cucinando. Siamo andati a tavola alle due, ma una volta seduti, abbiamo cominciato a ridere e scherzare come da tanto tempo non accadeva perché c'è sempre qualche bimbo da correggere, imboccare, controllare, pulire. Alle quattro poi ci siamo messi a giocare a Mercante in fiera fino alle sette, ed è stata tutta una risata. Proprio una bella domenica.
    Si pensa sempre che per riposarsi si debba fare chissà cosa e si finisce spesso nello stancarci o nell'annoiarci. A volte basta molto poco per ritemprare lo spirito e prendere nuovo slancio per andare avanti con una carica maggiore. Il Paradiso in molti lo cercano oltre le nuvole, ma il Paradiso è in mezzo a noi, a volte basta solo saperlo e volerlo vedere.

  19.  

    Addì 12 gennaio 2016

    Andarono a Cafarnao e, entrato proprio di sabato nella sinagoga, Gesù si mise ad insegnare.
    Ed erano stupiti del suo insegnamento, perché insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi.
    Allora un uomo che era nella sinagoga, posseduto da uno spirito immondo, si mise a gridare:
    «Che c'entri con noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci! Io so chi tu sei: il santo di Dio».
    E Gesù lo sgridò: «Taci! Esci da quell'uomo».
    E lo spirito immondo, straziandolo e gridando forte, uscì da lui.
    Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Una dottrina nuova insegnata con autorità. Comanda persino agli spiriti immondi e gli obbediscono!».
    La sua fama si diffuse subito dovunque nei dintorni della Galilea.

    Marco 1,21-28

  20.  

    Taci! Esci da quell'uomo

    Non abbassare mai la guardia

    Ognuno di noi ha al suo interno una parte buona e una parte cattiva.
    Spesso siamo convinti di essere arrivati, di essere diventati bravi, di essere riusciti ad uscire da una certa situazione, per poi accorgersi un giorno di esserci cascati di nuovo. Pensate a chi ha una dipendenza da alcol, droga, sigarette e riesca a smettere, ma purtroppo capita spesso che ricomincia a drogarsi, a bere, a fumare. La nostra parte buona è continuamente in battaglia con la parte cattiva. Non dobbiamo mai arrenderci, ma nemmeno issare il vessillo della vittoria perché purtroppo questa guerra non finirà mai, almeno sino alla fine della nostra vita terrena.
    Nel cercare di educare i ragazzi mi accorgo che, quando una situazione sembra essersi risolta, è quello il momento in cui purtroppo ci accorgiamo che ciò che avevamo spazzato via dai loro cuori si e purtroppo ripresentato con più forza di prima. Non dobbiamo allora mai smettere di insegnare, sottolineare, imprimere i principi positivi nei nostri ragazzi. È un po' come se una volta scaldata una casa spegnessimo la caldaia permettendo al freddo, in men che non si dica, di riprendere il sopravvento. Dopo aver dato una bella scaldata alla casa dopo giorni, mesi o anni in cui era chiusa non è necessario mandare la caldaia a tutta forza, è sufficiente tenerla al minimo per mantenere un buon calore nell'appartamento che ci permetta di vivere bene. Ma questo non è solo sufficiente, ma anche necessario. Rapportando la cosa all'uomo è necessario un continuo dialogo, un continuo confronto sui vari temi della vita quotidiana sia nel confronto con i bambini e con le persone che dobbiamo educare, sia per noi stessi. Ci sono tanti modi per tenere accesa la caldaia del bene: leggere libri e parlare con più persone possibili, e quindi vedere esperienze e punti di vista altrui, così come confrontarsi con coloro di cui abbiamo fiducia e, per quanti hanno fede, pregare affinché Dio ci tenga lontani dalle tentazioni.

  21.  

    Addì 13 gennaio 2016

    In quel tempo, Gesù uscito dalla sinagoga, si recò subito in casa di Simone e di Andrea, in compagnia di Giacomo e di Giovanni.
    La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei.
    Egli, accostatosi, la sollevò prendendola per mano; la febbre la lasciò ed essa si mise a servirli.
    Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati.
    Tutta la città era riunita davanti alla porta.
    Guarì molti che erano afflitti da varie malattie e scacciò molti demoni; ma non permetteva ai demoni di parlare, perché lo conoscevano.
    Al mattino si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava.
    Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce e, trovatolo, gli dissero: «Tutti ti cercano!».
    Egli disse loro: «Andiamocene altrove per i villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!».
    E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demoni

    Marco 1,29-39

  22.  

    Al mattino si alzò quando ancora era buio

    Un sorriso al mattino presto

    Quante volte mi sono svegliato alle quattro per andare a pescare o alle cinque per andare a funghi. Quanti di voi sono disposti a fare una levataccia per partire per una gita o andare in vacanza. ma quanta fatica facciamo a svegliarsi per andare a scuola o al lavoro. Dobbiamo imparare a gioire con la stessa passione sia che si tratti di qualcosa che ci piace, così come per qualcosa che serve più agli altri che a noi. Se mettiamo passione e forza nel fare volontariato, nel dare un mano al prossimo, nel sostenere l'attività di qualcuno senza averne un tornaconto personale potremo migliorare, se non il mondo, almeno la vita di chi incontriamo.
    Pensate ad un genitore che al mattino si debba svegliare, quando potrebbe dormire, per portare il figlio a scuola. Se si alza nervoso e contrariato, mostrando di essere stufo di svegliarsi presto, certamente donerà al figlio altrettanto malumore. Ma se un papà o una mamma svegliassero il figlio con coccole e solletico, preparassero una colazione profumata e allettante, se fosse tutto un sorriso, il bimbo andrebbe a scuola più volentieri e renderebbe di più. Forse l'immagine è da "Mulino Bianco", ma la via di mezzo è sempre possibile e dovremmo cercare di tendere al miglioramento di qualsivoglia situazione che ci veda coinvolti.
    Pensate ancora se aiutaste un povero gettandogli la vostra carità in faccia. I poveri spesso non hanno nessuno, hanno bisogno di un po' di sostegno morale, di sentore che qualcuno li ama e li apprezza per quello che sono anche se sudici, puzzolenti, noiosi perché il povero, prima di essere un povero è una persona, il bambino maltrattato è un essere umano, l'anziano che sta morendo è uno che ha sulle spalle il bagaglio di una vita e tutti meritano lo stesso rispetto e lo stesso amore che vorremo ricevere.
    Madre Teresa diceva "meglio donare un sorriso senza pane, che pane senza un sorriso".
    Cerchiamo allora di svegliarci presto, di farlo con il sorriso sulle labbra e di donare a chi incontriamo un saluto gioioso pieno di amore

  23.  

    Addì 14 gennaio 2016

    In quel tempo, venne a Gesù un lebbroso: lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi guarirmi!».
    Mosso a compassione, stese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, guarisci!».
    Subito la lebbra scomparve ed egli guarì.
    E, ammonendolo severamente, lo rimandò e gli disse:
    «Guarda di non dir niente a nessuno, ma và, presentati al sacerdote, e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha ordinato, a testimonianza per loro».
    Ma quegli, allontanatosi, cominciò a proclamare e a divulgare il fatto, al punto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma se ne stava fuori, in luoghi deserti, e venivano a lui da ogni parte

    Marco 1,40-45

  24.  

    Lo voglio, guarisci!

    Cade, si rialza e ricomincia a camminare

    Ognuno di noi, specie nel periodo per la conquista della maturità, fa tantissimi errori. E ognuno cade.

    "Volli, sempre volli, fortissimamente volli" scriveva Vittorio Alfieri al poeta livornese Ranieri de’ Calzabigi per esprimere il fermo impegno che aveva assunto con sé stesso di compiere ogni sforzo per diventare autore tragico.
    E' una frase che da sempre mi accompagna in ogni mia azione. Ci sono momenti difficili, momenti in cui tutto ciò che avevi pianificato si liquefa come neve al sole perché magari qualcuno che doveva essere al tuo fianco si tira indietro per paura di assumersi una responsabilità già concordata lasciando tutti a dover risolvere un grosso problema.
    Da ragazzino non avevo molta voglia di studiare, almeno le materie che meno mi piacevano. Adoravo la matematica e la filosofia, ma odiavo il latino e la mia mamma mi raccontava sempre la storia di Alfieri che si fece legare ad una sedia per non avere la tentazione di alzarsi prima di aver completato il lavoro.
    In quarta superiore, per una lite con una professoressa sul metodo di insegnamento, ero rappresentante di classe, venni bocciato. Non mi arresi e, contro il parere dei miei genitori, volli andare a rinchiudermi in un collegio per recuperare l'anno studiando non solo per la quarta, ma anche per la quinta e quindi per l'esame di maturità scientifica. Chiesi a mio padre di trovarmi un collegio che fosse il più lontano possibile da Livorno, e così fu. Iniziai l'anno scolastico presso l'istituto Filippin di Paderno del Grappa, ad un'ora da Padova. I primi tempi furono difficili. C'era tanto razzismo per chi provenisse da città al di sotto del Po, girava droga e il nonnismo di alcuni ragazzi facinorosi era insopportabile, ero a diciassette anni in un ambiente nuovo. Abituato a stare con gli amici mi ritrovai a dove convivere in una stanzetta di pochi metri quadri con un ragazzo pieno di boria che alle spalle mi prendeva in giro con i suoi amici. Dovevo dare dimostrazione nel primo mese di avere buoni voti n quarta per poter essere ammesso alla quinta. Non è stato facile, ma la prima cosa che feci appena arrivato fu quella di scrivere un grande cartello con la scritta "Volli, Sempre volli, Fortissimamente volli" a caratteri cubitali. Uno sprone per non mollare. E non mollai. Recuperai l'anno andando al mattino a scuola regolare in quarta e nel pomeriggio frequentavo la quinta, studiando alla sera e di notte. La voglia di far capire a quei professori di Livorno che si erano sbagliati era talmente grande che ogni sacrificio era accettabile. Passai in quarta con buoni voti e superai lo scoglio della maturità dando tutte le materie perché mi presentai come privatista. In dodici ci presentammo all'esame di maturità come privati, passammo in sei.
    Questo insegno ai miei ragazzi, a non mollare mai. A rialzarsi ogni volta che cadono, a non vergognarsi delle prese di giro, a trascurare quanti alle spalle possano tramare divulgando cattiverie sul loro conto. Il più forte non è chi ha più muscoli, non è chi ha più soldi o è più bello, non è chi ha maggior fama o vanta le amicizie dei potenti, non è chi ha fatto carriera. Il più forte è colui che con le sue forze non molla mai. Puoi venir atterrato mille volte da malattie, lutti, nemici, ma devi rialzarti mille e uno volte. Sei tu il più forte, non chi ti butta a terra.

  25.  

    Addì 15 gennaio 2016

    Dopo alcuni giorni, Gesù entrò di nuovo a Cafarnao. Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone, da non esserci più posto neanche davanti alla porta, ed egli annunziava loro la parola.
    Si recarono da lui con un paralitico portato da quattro persone.
    Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un'apertura, calarono il lettuccio su cui giaceva il paralitico.
    Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: «Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati».
    Seduti là erano alcuni scribi che pensavano in cuor loro:
    «Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?».
    Ma Gesù, avendo subito conosciuto nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate così nei vostri cuori?
    Che cosa è più facile dire al paralitico: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina?
    Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, ti ordino - disse al paralitico - alzati, prendi il tuo lettuccio e va a casa tua».
    Quegli si alzò, prese il suo lettuccio e se ne andò in presenza di tutti, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!»

    Marco 2,1-12

  26.  

    Alzati, prendi il tuo lettuccio e va a casa tua

    Ho conosciuto un paralitico

    Sono entrato tanti anni fa in un bosco. Mi guardavo intorno con sospetto e timore, attorniato da alberi secolari, rovi pieni di spine, sentieri appena tracciati. Era il bosco della vita. Una vita diversa da quella che avevo sperimentato, una vita dove ogni albero è una creatura pronta a chinare i propri rami per chiedere aiuto. Alberi inchiodati al terreno, alberi con il desiderio di divenire uomini e donne, liberi di percorrere i sentieri che hanno solo potuto vedere. Chiedono aiuto, chiedono un sorriso, chiedono ciò che possiamo dare loro. All'inizio portavo loro acqua e concime e lasciavo che crescessero nel loro ambiente. Non capivo però ciò che mi chiedevano, non capivo quanto fosse grande il loro desiderio di potersi muovere liberamente. Portavo loro acqua e concime ogni giorno, sempre di più, ad un numero sempre maggiore di alberi. Ma non bastava mai. Non era mai sufficiente. Più acqua portavo, più ne volevano e la assorbivano con avidità. Ma fuori dal bosco, nei momenti di riflessione, in quei momenti in cui ti isoli dal mondo e dalla vita, pensavo sempre più spesso che non stavo facendo nulla per loro, che ciò che stavo donando era quasi inutile. Di cosa avevano bisogno?
    Un giorno cominciai a capire: avevano bisogno di camminare. Dopo una vita trascorsa da parlatici volevano correre, saltare, passeggiare, ma sopratutto volevano gioire, essere felici, assaporare la vita come tutte quelle persone che avevano visto negli anni percorrere quei sentieri.
    Cosa potevo fare? Molto poco, ma quel poco andava fatto. Presi a scavare con le mani per raggiungere le radici per formare attorno ad esse un pane per sollevarli. E poi? Li avrei dovuti trapiantare in un altro vaso, in un altro bosco. Sempre immobili. Sempre paralitici. E la cosa non sarebbe cambiata. Che aiuto sarebbe mai stato questo?
    Ho capito allora che l'essere paralitico non dipendeva dalle radici, dipendeva dalla propria natura di essere albero, fatto di legno e segatura. Scomposto nella sua crescita, con fronde disordinate e intrecciate.
    Ognuno di noi è paralitico, legato ai propri difetti, ai propri peccati, alle proprie mancanze. Ognuno di noi ha bisogno di potersi alzare dal proprio lettuccio ed essere libero. Ma per divenirlo occorre spogliarsi della parte più intricata del nostro essere, abbandonare alcuni rami a favore di altri, lasciare che qualche giardiniere esperto curi la nostra anima e ci dia l'indicazione per liberarci delle nostre debolezze. Solo allora saremo liberi di volare, liberi di camminare, liberi di essere felici nel bosco della vita.

  27.  

    Addì 16 gennaio 2016

    In quel tempo, Gesù uscì di nuovo lungo il mare; tutta la folla veniva a lui ed egli li ammaestrava.
    Nel passare, vide Levi, il figlio di Alfeo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Egli, alzatosi, lo seguì.
    Mentre Gesù stava a mensa in casa di lui, molti pubblicani e peccatori si misero a mensa insieme con Gesù e i suoi discepoli; erano molti infatti quelli che lo seguivano.
    Allora gli scribi della setta dei farisei, vedendolo mangiare con i peccatori e i pubblicani, dicevano ai suoi discepoli: «Come mai egli mangia e beve in compagnia dei pubblicani e dei peccatori?».
    Avendo udito questo, Gesù disse loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori»

    Marco 2,13-17

  28.  

    Come mai egli mangia e beve in compagnia dei pubblicani e dei peccatori?

    Come giudicate una persona che uccide?

    Vi siete mai domandati cosa pensino i quattro vecchietti seduti fuori dal bar nella piazza del paese? Forse le stesse cose che molti di noi pensano aprendo internet al mattino e andando a sbirciare nei profili degli amici.
    "Guarda questa come si veste, è ridicola", "Senti cosa dice lui, è proprio un idiota", "Mamma mia cosa ha fatto quest'altro, Dio lo punirà" e così via. Tutta la nostra giornata è costellata di giudizi verso le persone guardando un semplice atto o sentendone semplicemente parlare.
    Come si può giudicare una persona da come si veste, da cosa mangia oppure da dove va o con chi ci va? Cosa ne sa il tizio della strada su di me? Come può dirmi che sono pazza vedendomi urlare per la strada? Donna di facili costumi perché ho una gonna cortissima? Pedofilo perché faccio una carezza ad un bimbo regalandogli una caramella? Pessimo soggetto perché uccido una persona?
    Si, non si può giudicare un uomo neppure se ammazza un altro uomo. Potrebbe avere un problema nel cervello e non capire cosa stia facendo, potrebbe essere stato indottrinato ed essere convinto di essere nel giusto uccidendo.
    Non vi farebbe piacere essere giudicati buoni o cattivi da una vostra azione. E allora non fatelo voi per primi. Non fermatevi dinanzi all'evidenza o al pensiero comune. Andate oltre, cercate di darvi altre spiegazioni sul perché uno si comporta in un certo modo, e se non ci riuscite, lasciategli almeno il beneficio del dubbio.
    Giudicate il peccato, ma non il peccatore

  29.  

    Addì 17 gennaio 2016

    Tre giorni dopo, ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù.
    Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.
    Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno più vino».
    E Gesù rispose: «Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora».
    La madre dice ai servi: «Fate quello che vi dirà».
    Vi erano là sei giare di pietra per la purificazione dei Giudei, contenenti ciascuna due o tre barili.
    E Gesù disse loro: «Riempite d'acqua le giare»; e le riempirono fino all'orlo.
    Disse loro di nuovo: «Ora attingete e portatene al maestro di tavola». Ed essi gliene portarono.
    E come ebbe assaggiato l'acqua diventata vino, il maestro di tavola, che non sapeva di dove venisse (ma lo sapevano i servi che avevano attinto l'acqua), chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti servono da principio il vino buono e, quando sono un po' brilli, quello meno buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono».
    Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui

    Giovanni 2,1-11

  30.  

    Fate quello che vi dirà

    Papà o Mamma?

    Nella vostra esperienza di figli vi sarà capitato più volte di chiedere a papà qualcosa che sapevate già che mamma non mi avrebbe permesso, oppure viceversa.
    Lo stesso da genitori avrete avuto la stessa esperienza con i figli che vengono da voi a chiedere qualcosa che sanno già di non poter ottenere dall'altro.
    Non sono "salti a leva" ma giusti e legittimi tentativi per ammorbidire le posizioni di un genitore, un tentativo di dialogo per far capire, chiedendo aiuto al papà o alla mamma, le proprie ragioni.
    Don Luigi dal pulpito ogni tanto raccontava questa storiella.
    C'era un uomo che cercava di arrivare a Dio salendo una scala che portava direttamente a lui, ma immancabilmente scivolava giù. E così facevano tanti altri uomini. Poco distante c'era un'altra scala che saliva dritta fino al Paradiso, ed in alto, alla sommità della scala, c'era la Madonna che faceva cenno agli uomini di salire da quella parte, ma nessuno andava perché tutti volevano arrivare direttamente a Dio. Un uomo però seguì il consiglio di Maria e salì dalla parte da lei indicata, riuscendo a raggiungere il Paradiso e da lì arrivare a Dio attraverso la strada che la Madonna indicava. Fu così che da allora tanti uomini salgono dalla scala che porta a Maria per arrivare a Dio.
    Le nozze di Cana sono un esempio della bontà dell'intercessione di Maria presso Gesù, il quale non voleva ancora fare alcun miracolo, ma alla richiesta di sua madre non ha voluto opporsi ed ha fatto in modo di aiutare chi in quel momento aveva un problema da risolvere.
    Con la mia mamma avevo un rapporto migliore che non com mio padre. Non che lui non mi volesse bene, ma era troppo rigido. Una cosa era bianca o nera, mai grigia e sempre del colore che lui vedeva attraverso la sua esperienza, mai si metteva gli occhiali per vedere il mondo con i miei occhi. Quando però volevo qualcosa era la mia mamma ad intercedere per me, era lei a fare da trade union tra me e lui. Forse ero troppo diretto con lui, o pretenzioso, o anche io rigido, ma la mia mamma sapeva appianare quelle colline che io e mio padre ergevamo tra noi spinandole prima che divenissero montagne invalicabili. Figli, chiedete a papà o mamma di parlare per voi con l'altro genitore. Genitori, non vi sentiate scavalcati se vostro figlio si rivolge all'altro per ottenere qualcosa da voi, è solo una forma di dialogo bellissima basata sull'amore, una forma che è lo stesso Vangelo con l'episodio delle nozze di Cana ad insegnarci.

  31.  

    Addì 18 gennaio 2016

    In quel tempo, i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Si recarono allora da Gesù e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?».
    Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare.
    Ma verranno i giorni in cui sarà loro tolto lo sposo e allora digiuneranno.
    Nessuno cuce una toppa di panno grezzo su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo squarcia il vecchio e si forma uno strappo peggiore.
    E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri e si perdono vino e otri, ma vino nuovo in otri nuovi»

    Marco 2,18-22

  32.  

    Vino nuovo in otri nuovi

    Buoni Propositi

    Ogni volta che iniziamo un quaderno nuovo, ogni volta che inizia un nuovo anno, ogni volta che iniziamo un nuovo lavoro cerchiamo di dimenticare il passato e ci proponiamo di fare le cose meglio di prima.
    Purtroppo spesso ci accorgiamo che anche questo nuovo quaderno ha pagine sgualcite e segni di cancellature, che il nuovo anno è solo una data del calendario, che il nuovo lavoro si ripropone con difficoltà per noi antiche.
    Perché ogni buon proposito finisce spesso per fallire? I miei bimbi a volte vengono da me per dirmi "io vorrei non fare più questa cosa, ma poi mi ritrovo sempre a ripeterla" e, talvolta anche in lacrime, mi chiedono il perché. Non si spiegano come mai, nonostante le più buone intenzioni si ritrovano ancora a dire bugie, a rispondere male, a rubare.
    Spiego loro che per cambiare ci vuole pazienza, ci vuole qualcuno che con amore e senza giudicarci ci dica ogni volta che abbiamo sbagliato. Bisogna accettare ogni volta il rimprovero senza abbattersi e senza ribellarsi troppo affinché il nostro amico, genitore, consigliere, moglie o marito non si stufi di "brontolarci con amore", cosa che avverrebbe se ogni volta si accendesse una forte discussione o un litigio. Quando si sbaglia, la cosa migliore da fare, quando ce lo fanno notare, è chinare il capo e ammettere il proprio errore andando avanti e continuando con i buoni propositi.
    E noi adulti, come mai continuiamo a sbagliare? Perché anche noi, che dovremmo avere una certa maturità e capacità di discernimento, insistiamo nell'errore anche se questo ci è palese, magari mostrato anche con amore da persone che ci vogliono bene?
    Ritengo che uno dei motivi sia il fatto di voler mescere "vino nuovo in otri vecchi". Il vino nuovo sono i buoni propositi che ogni volta che sbagliamo ripetiamo a noi stessi, gli otri vecchi sono le nostre convinzioni provenienti dal passato, cresciute con noi, attaccate a noi come cozze allo scoglio. Per poter cambiare dobbiamo liberarci dai nostri preconcetti, pregiudizi, credenze, convinzioni errate. Per poter cambiare non basta dire "da domani cambio", ma bisogna fare un esame di coscienza e, con grande fatica, raschiare dal nostro cuore quelle idee che fanno a pugni con i nuovi principi che sappiamo dover seguire.
    Quanti genitori hanno imparato da piccoli certi comportamenti, ma sono tutti giusti? E' giusto riproporli tutti ai nostri figli con estrema rigidità? Alcuni evidentemente si, altri probabilmente no. Come fare? Come fare per capire quali siano giusti e quali no? Noi ci siamo cresciuti, ce li hanno insegnati, come è possibile oggi rinnegarli? Ovviamente c'è da fare un distinguo. Certi comportamenti sono palesemente errati. Se i nostri genitori ci picchiavano, o ci lasciavano soli in casa da piccoli per andare a bere è chiaro che non dobbiamo imitarli. Ma altri insegnamenti, magari giusti in altra epoca, oggi ostacolano un buon rapporto con i figli. Pensate, ad esempio, al modo di vestire così diverso anche solo vent'anni fa. E' necessario un continuo confronto aperto a capire con chiunque possa darci indicazioni, con l'umiltà di prendere in considerazione seriamente ogni suggerimento. Non basta rinnovare il quaderno, per tenerlo intonso, occorre anche rinnovare anche lo zaino. Così per portare avanti i buoni propositi occorre rinnovare noi stessi.

  33.  

    Addì 19 gennaio 2016

    Avvenne che, in giorno di sabato, Gesù passava per i campi di grano, e i discepoli, camminando, cominciarono a strappare le spighe.
    I farisei gli dissero: «Vedi, perché essi fanno di sabato quel che non è permesso?».
    Ma egli rispose loro: «Non avete mai letto che cosa fece Davide quando si trovò nel bisogno ed ebbe fame, lui e i suoi compagni?
    Come entrò nella casa di Dio, sotto il sommo sacerdote Abiatàr, e mangiò i pani dell'offerta, che soltanto ai sacerdoti è lecito mangiare, e ne diede anche ai suoi compagni?».
    E diceva loro: «Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato!
    Perciò il Figlio dell'uomo è signore anche del sabato»

    Marco 2,23-28

  34.  

    Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato!

    Lavorate tanto, lavorate sempre di più!

    Ha un lavoro ne cerca un secondo, ha un lavoro vuole fare gli straordinari, ha un lavoro cerca sempre più clienti.
    Cosa ci spinge a lavorare sempre più, a lavorare di notte, a lavorare di domenica?
    Spesso lo facciamo perché non riusciamo ad arrivare a fine mese con il pagare le bollette, ma il più delle volte il motivo è per avere sempre più soldi. Se abbiamo dei bei vestiti, ne vogliamo di più belli. Se abbiamo una casa confortevole, ne cerchiamo una più grande. Se abbiamo una piccola barchetta per andare a pescare, vogliamo un cabinato e magari puntiamo allo yacht. Vacanze in paesi sempre più esotici, macchine di lusso, gioielli e hobby costosi.
    Si esce sempre prima al mattino, si rientra sempre più tardi alla sera, si passano sempre più giorni a dormire fuori casa, sempre più domeniche le trascorriamo in ufficio o con i clienti. Ogni volta una scusa diversa, una scadenza, un'urgenza, un bilancio, una riunione, un'apertura per un'iniziativa. Ma il motivo è sempre lo stesso: vogliamo avere più soldi, e non ci bastano mai.
    Immaginiamo di avere un sacchetto magico dal quale poter estrarre tutto il denaro che vogliamo per comprarci qualsiasi cosa. Andremmo ancora a lavorare? Evidentemente no. Che grande errore, perché chi vi ha dato il sacchetto potrebbe richiedervelo indietro e voi come vivreste? Il sacchetto potrebbe logorarsi per il troppo uso, o potrebbero rubarvelo, o potreste smarrirlo.
    Oggi noi pensiamo di avere un sacchetto magico che dispensi amore, crediamo che una volta sposati, una volta trovato l'amore, una volta avuti dei figli tutto l'affetto ci sia dovuto e smettiamo di "lavorare" per guadagnare amore. Che grande errore. Se ci guardiamo intorno vediamo quanti matrimoni falliscono, quanti rapporti si incrinano, quanti figli scappano di casa o si ribellano in maniera pesante. Eppure continuiamo ad andare a lavorare anche di domenica e non stiamo con la famiglia, lavoriamo più del necessario e trascuriamo i figli, siamo stanchi per andare a vedere una recita ma non per andare ad una riunione.
    Non smettete di lavorare, non sarebbe giusto, ma non smettete nemmeno di lavorare per mantenere vivo il fuoco dell'amore nella vostra casa.

  35.  

    Addì 20 gennaio 2016

    In quel tempo, Gesù entrò di nuovo nella sinagoga. C'era un uomo che aveva una mano inaridita, e lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato per poi accusarlo.
    Egli disse all'uomo che aveva la mano inaridita: «Mettiti nel mezzo!».
    Poi domandò loro: «E' lecito in giorno di sabato fare il bene o il male, salvare una vita o toglierla?».
    Ma essi tacevano. E guardandoli tutt'intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse a quell'uomo: «Stendi la mano!». La stese e la sua mano fu risanata.
    E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire.

    Marco 3,1-6

  36.  

    Una mano inaridita

    Siete voi quelli nel corridoio?

    Vi è mai capitato di sentire un torpore fortissimo ad una mano?
    Può succedere per una posizione scomoda tenuta troppo a lungo, oppure per la puntura di un animale velenoso o per aver toccato una pianta urticante.
    Sapete che passerà, ma in quel momento il fastidio di non poter usare la mano è forte.
    Pensate adesso se quella situazione di inabilità durasse nel tempo, diciamo per sempre. La vita avrebbe una qualità peggiore, rendendoci impediti nelle cose che potremmo fare.
    Cosa non dareste per riavere la disponibilità dell'arto, o per riavere la vista, per potervi alzare dalla sedia a rotelle e poter camminare. Dareste tutto quello che avete a disposizione.
    Ora immaginatevi che nell'ospedale dove siete ricoverati arrivi da lontano un medico che fa miracoli nel campo in cui siete malati. E' lì quel giorno, passa vicino alla vostra stanza, ma poniamo che un dirigente dell'ospedale gli impedisse l'accesso perché è stato deciso che in quel giorno nessuno deve lavorare. Se il medico non si ferma adesso non tornerà mai più perché la sua missione è fare il giro del mondo per aiutare chi incontra e chi vuole il suo aiuto.
    Secondo me vi prenderebbe male.
    Secondo me sareste pronti a lanciare tutto ciò che avete a portata di mano contro quel dirigente idiota, senza cuore, politicizzato, e chi più ne ha, più ne metta.
    Vi sembra tanto stupida questa favoletta?
    Eppure è ciò che accade ogni giorno. Accade sotto i vostri occhi. Voi siete i visitatori che si trovano a passare nel corridoio mentre accade tutto questo. Solo che non vi tocca, non siete voi quelli con la mano inaridita, non siete voi i ciechi che quel medico può risanare, non siete voi assisi sulla sedia a rotelle da anni.
    Dal faceto passiamo al serio.
    Una bimba viene maltrattata e picchiata dal suo papà. Non passa giorno che non subisca traumi fisici e psicologici. Cresce con la convinzione che tutto questo sia giusto e lo ripete. Qualcuno vede, qualcuno sa, qualcuno ha il potere di fare qualcosa, ha la possibilità di salvare questa bambina, di toglierla da quella casa. Fa per entrare, ma qualcuno gli dice "no, aspetta, bisogna fare una relazione, bisogna valutare, bisogna chiedere, bisogna vedere dove metterla, bisogna fare un contratto o un accordo, deve riunirsi la commissione, deve riunirsi la giunta, deve riunirsi il collegio dei giudici. Poi si vedrà". E quella bimba impassibile osserva. Vede uno che la vuole aiutare, ma vede qualcun'altro che lo impedisce, sia esso l'assistente sociale, il giudice o la burocrazia.
    Ci sono delle leggi e vanno rispettate, ma quando queste leggi impediscono a tante famiglie di accogliere un bambino che in quel momento può essere aiutato, può essere tolto dai guai, può ricevere un'educazione che lo porti ad essere un adulto bravo ed un genitore amorevole, allora non sono leggi giuste.
    Le leggi, gli accordi, le convenzioni devono servire per tutelare le persone, i bambini in primo luogo, ma quando queste leggi contribuiscono a creare dolore, spesso non accettando soluzioni che, seppur chiare e positive, non corrispondono ai parametri di legge, allora c'è qualcosa che non va. Allora non dobbiamo andare avanti nei corridoi dell'ospedale osservando quelle scene senza dire nulla. Occorre fermarsi, domandare, brontolare, farsi sentire affinché quella bambina riceva un aiuto, qualunque esso sia. I controlli ci devono essere, si devono fare, ma intanto la bambina deve essere messa in protezione. L'assurda alternativa è che si preferisca lasciare una bimba a prendere le botte, piuttosto che inserirla in una famiglia che ha una casa dove la camera, destinata alla bambina, è troppo piccola rispetto agli standard imposti. Imposti da chi? Da un legislatore che mai ha visto una cicca di sigaretta spenta addosso ad un bimbo, o non ha mai dovuto abbracciare con forza e con amore chi tirava pugni e calci nel tentativo di farsi amare.

  37.  

    Addì 21 gennaio 2016

    In quel tempo, Gesù si ritirò presso il mare con i suoi discepoli e lo seguì molta folla dalla Galilea.
    Dalla Giudea e da Gerusalemme e dall'Idumea e dalla Transgiordania e dalle parti di Tiro e Sidone una gran folla, sentendo ciò che faceva, si recò da lui.
    Allora egli pregò i suoi discepoli che gli mettessero a disposizione una barca, a causa della folla, perché non lo schiacciassero.
    Infatti ne aveva guariti molti, così che quanti avevano qualche male gli si gettavano addosso per toccarlo.
    Gli spiriti immondi, quando lo vedevano, gli si gettavano ai piedi gridando: «Tu sei il Figlio di Dio!».
    Ma egli li sgridava severamente perché non lo manifestassero

    Marco 3,7-12

  38.  

    A disposizione una barca, a causa della folla, perché non lo schiacciassero

    Barriere a protezione

    Il Papa si muove e ha sempre un cordone di transenne o poliziotti che lo proteggono dalla folla.
    E' un vero peccato che Papa Francesco non possa essere libero di circolare in mezzo alla gente, ma è il prezzo da pagare per essere una brava persona amata da tanti. Tutti vorrebbero stringergli la mano, parlargli, toccarlo, ascoltarlo a distanza ravvicinata, ricevere un consiglio o una carezza, magari anche nella speranza di guarire da qualche brutta malattia.
    Anche noi, nel nostro piccolo, necessitiamo di mettere delle barriere, abbiamo bisogno di difenderci da chi per troppo amore a volte rischia di soffocarci.
    Molti di voi avranno avuto il piacere di vedere una cucciolata di un cane o di un gatto, di quelle nidiate con dieci e anche dodici piccoli. Quando cominciano a zampettare vorrebbero stare sempre con la mamma, si spingono, si mordicchiano e la assaltano, chi per avere il latte, chi per dormire, chi per essere protetto. La mamma per un po' acconsente, poi comincia a ritrarsi, e certe volte emette un verso che vorrebbe essere un piccolo ringhio per tenere a distanza i propri bebè, che non si lasciano impressionare più di tanto. Ecco allora che tira fuori la sua ultima arma, quella di sguainare un sorriso pieno di supplica in direzione del proprio padrone che capisce e mette una barriera fra i cuccioli e la povera bestiola ormai allo stremo delle forze.
    Chi ha dei figli sa benissimo quanto amore ci danno, ma anche quanto siano richiedenti, ed in certi momenti è difficile riuscire ad ascoltare ogni loro richiesta di attenzione. Capita che in certi momenti ci si possa rivolgere loro in maniera un po' brusca per poter riprendere fiato e raccogliere le forze, o magari si senta la necessità di una breve vacanza, ma questo non cambia l'amore che si ha per loro. Non si va in ferie dai figli, ma a volte prendersi degli spazi per sé, sacrificandosi a dover stare lontano da loro, serve ad essere meno nervosi e maggiormente pronti ad ascoltarli con amore e pazienza.

  39.  

    Addì 22 gennaio 2016

    In quel tempo, Gesù salì sul monte, chiamò a sé quelli che egli volle ed essi andarono da lui.
    Ne costituì Dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare e perché avessero il potere di scacciare i demoni.
    Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro; poi Giacomo di Zebedèo e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè figli del tuono; e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo e Giuda Iscariota, quello che poi lo tradì.

    Marco 3,13-19

  40.  

    Diede il nome di Boanèrghes, cioè figli del tuono

    Figli del tuono

    Ettore Scola amava ripetere "Se non si fanno le battaglie per i propri ideali, è inutile avere ideali"
    Spesso hanno detto di noi che siamo scomodi, in molti ci considerano una spina nel fianco, tanti ci detestano.
    Bene, ne sono veramente felice, significa che le nostre battaglie si fanno sentire, arrivano al segno. Non è facile vivere una vita combattendo in prima linea, ma è stata una scelta e siamo contenti di averla fatta. Probabilmente la nostra Associazione non crescerà a livelli nazionali, probabilmente non avremo un attimo di respiro e arrancheremo per tutta la nostra esistenza, ma se questo è il prezzo che dobbiamo pagare per far valere quei principi e quegli ideali atti a salvare tanti bambini, ben venga.
    Chi ci odia sono i servizi sociali deviati, coloro che per scelta o per codardia decidono di seguire le indicazioni di qualche comune nel fare meno affidi possibili. Chi ci detesta sono quei politici il cui interesse non è il bene della gente, ma il mantenimento della poltrona e la scalata verso più alte vette, e con i quali non abbiamo mai voluto allearci. Chi ci disprezza sono quelli che senza conoscerci vogliono trovare in noi il marcio a tutti i costi, limitandosi peraltro a parlar male, senza prendersi la briga di fare una formale denuncia, perché saprebbero che in tribunale soccomberebbero e verrebbero condannati per diffamazione.
    Chi ci ama sono gli assistenti sociali e i giudici con i quali collaboriamo per salvare un bimbo e la sua famiglia. Chi ci apprezza sono quei politici che vedono il nostro operato e quello che abbiamo fatto. Chi ci vuole bene dal profondo del cuore sono coloro che hanno toccato con mano la nostra realtà ed hanno potuto constatare il frutto del nostro lavoro.
    Nel Vangelo Gesù chiama i primi discepoli "Boanèrghes, cioè figli del tuono". Questo vogliamo essere "Figli del tuono". Vogliamo fare rumore, vogliamo far conoscere la realtà dell'affido con i tanti bimbi maltrattati dai propri genitori, con servizi sociali e comuni che non fanno il loro dovere. Aiutateci, date forza alle nostre battaglie, dateci una mano a far conoscere la nostra Associazione e gli ideali a cui si ispira.
    Siate anche voi "Figli del Tuono", anche voi in prima linea per difendere i più deboli, siano essi bambini, immigrati, poveri, anziani. Non abbiate paura di chi voglia osteggiarvi. Voi siete "Tuono" e chi potrà mai esserci più forte di voi, più forte del boato di un tuono?

  41.  

    Addì 23 gennaio 2016

    In quel tempo, Gesù entrò in una casa e si radunò di nuovo attorno a lui molta folla, al punto che non potevano neppure prendere cibo.
    Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; poiché dicevano: «E' fuori di sé»

    Marco 3,20-21

  42.  

    E' fuori di sé

    Ma sei di fuori?

    Quante volte vi è stata rivolta questa frase? A me è stata detta un sacco di volte
    Spesso mi prendono per matto. La mia mamma soleva ripetere "chi non è matto non lo vogliamo" ed io mi sono adeguato.
    La pazzia, la sana pazzia non va confusa con l'idiozia. La sana pazzia ti fa svegliare alle quattro del mattino per cogliere l'uva dalla vigna alla luce dei fari delle macchine. La sana pazzia ti fa vestire da papero in piena estate e buttarsi con tutti i vestiti in piscina per far ridere i bimbi. La sana pazzia ti fa sciare vestito da babbo Natale in mezzo a centinaia di turisti che ti chiedono un regalo. La sana pazzia ti porta a fare battaglie per le quali tutti ti dicono "lascia perdere" e alla fine vinci. La sana pazzia ti porta a rifiutare una carriera spianata e una vita agiata per abbracciare tanti bimbi bisognosi di affetto. La sana pazzia ti fa vedere sempre il sole oltre le nuvole.
    Vi auguro di essere pazzi. Vi auguro di vivere la vita sempre con la marcia ingranata. Vi auguro di trascorrere la vostra esistenza con il viso incollato al finestrino curiosi di vedere il paesaggio e bramosi di farne parte. Vi auguro di incontrare tante persone, di amare tutti, di gioire di ogni piccolo successo o per una semplice carezza, di non abbattersi nemmeno dinanzi alle più cocenti sconfitte. Delusioni, disperazioni, lutti, tradimenti fanno parte della vita, ma basta un raggio di sole per donarci il calore per andare avanti.

  43.  

    Addì 24 gennaio 2016

    Poiché molti han posto mano a stendere un racconto degli avvenimenti successi tra di noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni fin da principio e divennero ministri della parola, così ho deciso anch'io di fare ricerche accurate su ogni circostanza fin dagli inizi e di scriverne per te un resoconto ordinato, illustre Teòfilo, perché ti possa rendere conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.
    Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito Santo e la sua fama si diffuse in tutta la regione.
    Insegnava nelle loro sinagoghe e tutti ne facevano grandi lodi.
    Si recò a Nazaret, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere.
    Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto: Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore.
    Poi arrotolò il volume, lo consegnò all'inserviente e sedette. Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui.
    Allora cominciò a dire: «Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi»

    Luca 1,1-4.4,14-21

  44.  

    Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi

    Attila, il terrore della terza B

    Michele, tredici anni, corporatura da rugbista, era arrabbiato. Viso cupo, braccia conserte, testa bassa, sguardo assassino.
    Accompagnato da Maya ed Eugenia, rispettivamente assistente sociale e psicologa di uno dei tanti comuni dell'interland torinese.
    "Michele" ci aveva detto la sua assistente sociale in un precedente colloquio "ha vissuto fino ad otto anni con la sua famiglia. Il padre tossicodipendente, la madre assente. Salvato dai nonni quando lo hanno portato al servizio sociale chiedendo di aiutarlo. In cinque anni due tentativi di adozione, uno durato due anni, nel quale hanno preso la sorella e mandato via lui, e l'altro dieci mesi, e nove affidamenti falliti tra famiglie affidatarie, comunità e case famiglia. E' un picchiatore, alza le mani di continuo. Prende degli psicofarmaci per il controllo degli impulsi"
    La prima cosa che gli dicemmo è che qui aveva trovato una famiglia, che nessuno lo avrebbe mai mandato via. Non ci credeva, fece una smorfia come a dire "tutti mi hanno detto così, ma poi ... ".
    Mirko, più grande di lui di qualche anno, nel mostrargli la casa gli ha detto "questa è veramente una famiglia, anche io sono stato in cinque comunità e due affidamenti falliti, ma qui è diverso".
    E come poteva crederci Michele? Come poteva dare fiducia all'ennesimo adulto dopo che in tanti lo avevano deluso e cacciato fuori di casa.
    Qualche mese dopo deve aver pensato dentro la propria testa "ora ti metto alla prova, ora voglio vedere se non mi mandate via". E fu così che alzò le mani, prima contro di me, ma fu un attimo e tutto finì in una bolla di sapone, poi verso Roberta e quasi la strangolava dopo averla presa a botte. Mirko li divise e lui sfogò la sua rabbia contro i mobili di camera sua distruggendoli completamente.
    Io ero fuori città e quando tornai trovai Michele seduto su ciò che rimaneva del suo letto, ben vestito e la valigia pronta.
    "Che succede, cosa stai facendo, perché sei vestito così, e perché hai la valigia in mano?"
    "Dovunque mi sono comportato in questo modo mi hanno mandato via"
    "Io te lo avevo detto, noi non ti mandiamo via. Sei tu che preferisci andartene?"
    "No"
    Il primo anno fu tremendo, bravo con noi ma Attila il distruttore a scuola e a sport.
    Poi si calmò. Poi capì finalmente che il giorno in cui era arrivato da noi i suoi sogni di trovare una casa si erano avverati.
    Trascorse con noi otto anni, fino al giorno in cui decise di tornare dalla nonna che nel frattempo era rimasta vedova.
    Non furono anni facili, ma ogni convivenza ha le sue criticità. Siamo però contenti di essere riusciti a mantenere la parola data, di aver dimostrato a quel ragazzo tanto arrabbiato, a giusta ragione, con il mondo che il giorno in cui aveva messo piede in casa nostra le sue preghiere erano state esaudite.

  45.  

    Addì 25 gennaio 2016

    In quel tempo Gesù apparve agli Undici e disse loro: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura.»
    Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato.
    E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno»

    Marco 16,15-18

  46.  

    Predicate il vangelo ad ogni creatura

    Morire per amore

    Durante la tormenta di neve è corso in aiuto del conducente di un’auto finita fuori strada, ma è stato freddato a colpi di pistola proprio dalla persona che voleva aiutare.
    Succede anche questo nel nostro mondo. Un papà di 26 anni viene ucciso perché aveva la passione di aiutare chi aveva problemi. La reazione di molti è stata quella di dire "non aiutiamo più nessuno perché si rischia di morire".
    Ma non è forse vero che i medici rischiano di prendersi una brutta malattia quando curano i malati, specie in situazioni precarie come quelle del terzo mondo?
    Non è forse vero che i poliziotti e i carabinieri rischiano la vita per dare a noi una vita più sicura?
    Pensate se tutti i medici e tutti i poliziotti decidessero che aiutare gli altri è troppo rischioso, cosa ne sarebbe di noi?
    Cosa ne sarebbe di tutti i poveri se smettessimo di dar loro da mangiare?
    Cosa ne sarebbe dei bambini maltrattati se smettessimo di ospitarli?
    Cosa ne sarebbe degli immigrati se smettessimo di accoglierli?
    Non smettete mai di aiutare il prossimo perché se è vero che una persona per far questo ci ha rimesso la vita, è anche vero che ogni giorno ci sono migliaia di persone che aiutano il prossimo ricevendo sorrisi, carezze, amore, gratitudine.
    Tropo facile smettere perché uno di noi ha incontrato un pazzo squilibrato.
    Continuiamo nella nostra missione perché la maggior parte di noi sa quanto sia importante amare chi ha bisogno.

  47.  

    Addì 26 gennaio 2016

    In quel tempo, il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.
    Diceva loro: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe.
    Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né bisaccia, né sandali e non salutate nessuno lungo la strada.
    In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa.
    Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi.
    Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l'operaio è degno della sua mercede. Non passate di casa in casa.
    Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo dinanzi, curate i malati che vi si trovano, e dite loro: Si è avvicinato a voi il regno di Dio».

    Luca 10,1-9

  48.  

    La messe è molta, ma gli operai sono pochi

    Quante stelle

    Una gran mareggiata ha portato milioni di stelle marine a morire sulla spiaggia.
    Era un giorno pieno di sole. Un raro giorno caldo d'estate quando gli abitanti della città di Bode, a sud delle isole Lofoten in Norvegia, hanno visto uno spettacolo che aveva dell'incredibile: milioni e milioni di stelle marine riverse sulla spiaggia. Sempre più persone si radunavano sul ciglio della strada. Chi scuoteva la testa, chi piangeva, chi aveva le mani tra i capelli e tutti si domandavano come sarebbe stato possibile salvare quella miriade di poveri esserini destinati a morte certa. Erano milioni e nessuno avrebbe potuto compiere l'epica impresa di gettarle in mare. Erano troppe.
    Fu allora che una piccola bambina, con le sue treccine bionde, andò in riva al mare e raccolse una stella, fece qualche passo e la gettò in mare. Tornò indietro e ne raccolse un'altra, si voltò con calma e si diresse nuovamente verso l'acqua dove gettò la seconda stellina.
    La gente continuava a guardare.
    Dall'ormai nutrito gruppo di persone si staccò una signora e andò ad aiutare la bambina. Poi un altro signore scese anch'egli sulla spiaggia, ed un altro, ed un altro ancora. Alla fine tutti i cittadini di Bode erano intenti a portare le stelle marine in mare verso la libertà, verso la vita.
    A volte basta poco, basta solo iniziare.
    E sono sempre i più piccoli a darci il buon esempio

  49.  

    Addì 27 gennaio 2016

    In quel tempo, Gesù si mise di nuovo a insegnare lungo il mare. E si riunì attorno a lui una folla enorme, tanto che egli salì su una barca e là restò seduto, stando in mare, mentre la folla era a terra lungo la riva.
    Insegnava loro molte cose in parabole e diceva loro nel suo insegnamento:
    «Ascoltate. Ecco, uscì il seminatore a seminare.
    Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada e vennero gli uccelli e la divorarono.
    Un'altra cadde fra i sassi, dove non c'era molta terra, e subito spuntò perché non c'era un terreno profondo; ma quando si levò il sole, restò bruciata e, non avendo radice, si seccò.
    Un'altra cadde tra le spine; le spine crebbero, la soffocarono e non diede frutto.
    E un'altra cadde sulla terra buona, diede frutto che venne su e crebbe, e rese ora il trenta, ora il sessanta e ora il cento per uno».
    E diceva: «Chi ha orecchi per intendere intenda!».
    Quando poi fu solo, i suoi insieme ai Dodici lo interrogavano sulle parabole. Ed egli disse loro:
    «A voi è stato confidato il mistero del regno di Dio; a quelli di fuori invece tutto viene esposto in parabole, perché: guardino, ma non vedano, ascoltino, ma non intendano, perché non si convertano e venga loro perdonato».
    Continuò dicendo loro: «Se non comprendete questa parabola, come potrete capire tutte le altre parabole?
    Il seminatore semina la parola.
    Quelli lungo la strada sono coloro nei quali viene seminata la parola; ma quando l'ascoltano, subito viene satana, e porta via la parola seminata in loro.
    Similmente quelli che ricevono il seme sulle pietre sono coloro che, quando ascoltano la parola, subito l'accolgono con gioia, ma non hanno radice in se stessi, sono incostanti e quindi, al sopraggiungere di qualche tribolazione o persecuzione a causa della parola, subito si abbattono.
    Altri sono quelli che ricevono il seme tra le spine: sono coloro che hanno ascoltato la parola, ma sopraggiungono le preoccupazioni del mondo e l'inganno della ricchezza e tutte le altre bramosie, soffocano la parola e questa rimane senza frutto.
    Quelli poi che ricevono il seme su un terreno buono, sono coloro che ascoltano la parola, l'accolgono e portano frutto nella misura chi del trenta, chi del sessanta, chi del cento per uno».

    Marco 4,1-20

  50.  

    Una parte cadde lungo la strada

    Sasso, carta o forbice?

    Luigi e Karoline giocavano a morra e ognuno gridava quando faceva il punto. Forbice. Carta. Sasso.
    Nella vita ognuno di noi sceglie cosa essere. Il sasso duro e forte. Le forbici appuntite e taglienti. Oppure la carta su cui scrivere pagine di vita. Se a morra si perde è perché abbiamo fatto una scelta sbagliata. Vince chi capisce l'altro, chi immagina la sua psicologia cosa gli suggerisce di buttare. Riteniamo che il mondo sia dei furbi, di coloro che intuiscono, di quanti riescono a fregare il prossimo. Per un po' i furbetti vanno avanti, ma poi la vita presenta il conto e smettono di vincere per cominciare a leccarsi le ferite recriminando sulle scelte sbagliate fatte in passato.
    Dobbiamo cercare di essere carta e lasciarsi andare tra le braccia di Dio o tra quelle delle persone di cui ci fidiamo. Carta su cui si possano scrivere capitoli d'amore con tanti insegnamenti e sani principi. Sta a noi accettarli, sta a noi essere terreno fertile ove questi semi possano attecchire.
    Quanta sofferenza nel vedere bambini che da subito accolgono valori quali la solidarietà, l'altruismo, l'accoglienza, la ferma opposizione agli abusi, il perdono, ma poi si perdono dando retta agli insegnamenti distorti dei coetanei, alla televisione, alla pubblicità menzognera e si trasformano in perfetti egoisti, razzisti, alcolizzati, spacciatori, vendicatori per ogni torto subito.
    Siate terreno fertile. Permettete alle persone di cui vi fidate di tracciare il solco su cui erigere insieme le fondamenta della vostra vita per costruire una casa che né la tempesta né la mareggiata potranno distruggere.