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  1.  

    Addì 20 ottobre 2015

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
    «Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese; siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito, appena arriva e bussa.
    Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità vi dico, si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli.
    E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell'alba, li troverà così, beati loro!»

    Luca 12,35-38

  2.  

    Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli

    Uccidi mio padre

    Il telegiornale è un bollettino di guerra dove difficilmente narrano belle notizie. Un figlio che incarica un amico di ammazzare il padre per appropriarsi dell’eredità è una cosa alla quale siamo tristemente abituati perché ogni giorno c’è chi uccide per denaro, ma in questa notizia sono rimasto affascinato da quest’uomo anziano di ottant’anni che con grande lucidità e dovizia di particolari raccontava la sua brutta avventura, benedicendo il figlio che entrando in casa lo aveva salvato da quel balordo. Ancora non sapeva che quest’ultimo aveva confessato le sue vere intenzioni, ma quando gli è stato detto dalla polizia ha dichiarato di non crederci fin tanto che non fosse stato il figlio a dirgli la verità. Mi ha fatto una gran tenerezza ed ho provato un sentimento di dolore misto a gioia. Dolore perché posso ben immaginarmi quanto faccia male sapere che per il sangue del tuo sangue è più importante il denaro della tua vita, ma gioia perché questo padre, anche dinanzi all’evidenza di una confessione rilasciata alla polizia, ha voluto mantenere viva la speranza che in qualche modo questo figlio potesse ancora amarlo. Non so come si evolverà questa vicenda, ma sono pronto a scommettere sull’amore del padre pronto a perdonare l’errore del figlio. Questo è lo stato d’animo che dovremmo avere tutti, essere svegli e non accecati dalla rabbia o dal dolore, con la lampada sempre accesa verso la speranza perché amare significa soprattutto questo: andare oltre l’evidenza e saper perdonare anche il gesto più inconsulto e disperato. E’ in questi momenti che ripenso con grande affetto al padre di Erika De Nardo, Francesco, che ha perdonato la figlia che da sedicenne uccise la propria madre Susanna ed il fratellino undicenne Gianluca con premeditazione, pensando ad uccidere anche il padre. Non è facile perdonare e nessuno deve sentirsi obbligato a farlo, ma questi testimoni rappresentano l’amore di Dio fatto uomo, l’esempio da cercare di seguire.

  3.  

    Addì 21 ottobre 2015

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Sappiate bene questo: se il padrone di casa sapesse a che ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa.
    Anche voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell'uomo verrà nell'ora che non pensate».
    Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?».
    Il Signore rispose: «Qual è dunque l'amministratore fedele e saggio, che il Signore porrà a capo della sua servitù, per distribuire a tempo debito la razione di cibo?
    Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà al suo lavoro.
    In verità vi dico, lo metterà a capo di tutti i suoi averi.
    Ma se quel servo dicesse in cuor suo: Il padrone tarda a venire, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà nel giorno in cui meno se l'aspetta e in un'ora che non sa, e lo punirà con rigore assegnandogli il posto fra gli infedeli.
    Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più»

    Luca 12,39-48

  4.  

    Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà al suo lavoro

    Usate i vostri doni?

    Spesso compiamo un grandissimo errore, quello di guardare il nostro prossimo per regolare le lancette della nostra vita. Se qualche collega di lavoro non fa il suo dovere ci sentiamo autorizzati a fare altrettanto, se il compagno di classe non studia perché dovrei aprire il libro, se in classe tutti fanno confusione chi sono io per starmene buono e tranquillo, se in tanti gridano contro gli immigrati o contro l’affido perché dovrei acconsentire all’accoglienza dei profughi o dei bambini maltrattati? Non ci rendiamo conto che ognuno di noi è unico e ciascuno ha ricevuto da Dio, o dalla natura se preferite, una serie di doni che non sono per tutti uguali. Chi ha maggior capacità o sensibilità per capire certe problematiche si adoperi per spiegare al mondo la cosa giusta da fare. Chi ha ricevuto un dono non può e non deve lasciarlo inutilizzato, sarebbe veramente un peccato. E’ come se uno sapesse costruire le case e dormisse in una caverna perché così fan tutti anziché insegnare a edificare un’abitazione dove poter vivere più comodamente. Insegnare non è facile perché si ricevono tanti insulti da coloro che non capiscono, ma è necessario per far crescere l’umanità, ognuno nel suo campo. Il dono è un po’ come il denaro che diamo alla banca affinché lo investa, come ci rimarreste se dopo un certo numero di anni allo sportello vi dicessero che quel denaro non ha fruttato nulla, forse non vi arrabbiereste? E se alla fine del mondo ci fosse qualcuno, per me c’è ed è Dio, che ci chiedesse conto delle capacità che ci ha donato e volesse sapere come le abbiamo impiegate per migliorare la vita del nostro prossimo, non pensate che si arrabbierebbe se non aveste usato le doti che vi ha dato? Non credete in Dio? Ma potete essere così certi che non ci sia qualcuno alla fine della vostra vita pronto a smistarvi tra buoni e cattivi? Vale la pena rischiare?

  5.  

    Addì 22 ottobre 2015

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse gia acceso!
    C'è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto!
    Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione.
    D'ora innanzi in una casa di cinque persone si divideranno tre contro due e due contro tre; padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera»

    Luca 12,49-53

  6.  

    Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione

    Il ladro ucciso dal pensionato

    Il dialogo, la comprensione, il cercare di capire le posizioni altrui è alla base del vivere civile, ma oggi capisco cosa significhi la frase del Vangelo “Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione”. Su certi principi divento intransigente, assolutamente chiuso al dialogo perché non posso ammettere certe dichiarazioni. Dopo l’ennesima uccisione di un ladro tornano i venti di guerra, l’inneggiare all’odio, la giustificazione del farsi giustizia da sé in modo sommario. In tanti, con salvini in testa, plaudono al pensionato che ha sparato ed ammazzato il ladro che si era introdotto in casa sua. Possiamo parlare per ore, ma su una cosa non potrò mai essere d’accordo che per qualunque motivo si possa giustificare l’uccisione di una persona. Come si fa a parlare di legittima difesa se non c’è minaccia fisica? Se il pensionato avesse sparato contro il soffitto, o si fosse limitato ad urlare sono certo che quel ladro sarebbe scappato a gambe levate. Chi pensa a questo omicidio come giusto forse vuole vedere il ladro come uno stupratore, un rapitore di bambini ma non si possono fare i processi alle intenzioni, specie con una pistola emettendo anche sentenza e condanna. Per un momento immaginate che possa essere stato un padre di famiglia che, sicuramente sbagliando, andava a rubare per dare da mangiare ai suoi figli. L’atto è da condannare, non si ruba, ma quel colpo di pistola, quella difesa esagerata ha privato della vita una persona e dei bambini del loro padre. Non si può fare di tutta un’erba un fascio ed ogni uomo va giudicato per quello che fa e non per quello che potrebbe fare, altrimenti l’odio sarà talmente elevato da portarci a sparare l’uno contro l’altro per sempre più futili motivi.

  7.  

    Addì 23 ottobre 2015

    In quel tempo, Gesù diceva alle folle:
    «Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: Viene la pioggia, e così accade.
    E quando soffia lo scirocco, dite: Ci sarà caldo, e così accade.
    Ipocriti! Sapete giudicare l'aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo?
    E perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?
    Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada procura di accordarti con lui, perché non ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all'esecutore e questi ti getti in prigione.
    Ti assicuro, non ne uscirai finché non avrai pagato fino all'ultimo spicciolo».

    Luca 12,54-59

  8.  

    Ti assicuro, non ne uscirai finché non avrai pagato fino all'ultimo spicciolo

    Certezza della pena

    Si fa un gran parlare della giustizia, non c'è certezza della pena, chi ruba spesso la passa liscia, chi patteggia di solito resta in casa per un po' ai domiciliari. A volte qualcuno asserisce che sarebbe meglio farsi furbi e rubare visto che quai tutti alla fine non pagano. Per fortuna sono solo sfoghi e chi è onesto resta saldo nei suoi principi. Ritengo che a coloro che vogliono delinquere nulla importi della pena stabilita se lo catturano, sia essa la pena di morte come la galera a vita. C'è però una certezza, ed è quella del giudizio divino, almeno per chi crede in Dio. La cosa buffa però è che tale giudizio si applicherà anche a coloro che non ci credono. A chi non ha fede domando se vale la pena di rischiare, se davvero pensano che la vita duri solo una manciata di anni o, meglio, potete essere così sicuri che dopo la morte non esista nulla e nessuno? Siamo in tanti a credere nella vita eterna, siamo tutti stupidi e creduloni?
    La pena certa esiste ed è quella idicata da Dio. Se non avete paura della polizia, dei giudici, delle prigioni, abbiate timore di Dio.

  9.  

    Addì 24 ottobre 2015

    In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù circa quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici.
    Prendendo la parola, Gesù rispose: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte?
    No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.
    O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Sìloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme?
    No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
    Disse anche questa parabola: «Un tale aveva un fico piantato nella vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò.
    Allora disse al vignaiolo: Ecco, son tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico, ma non ne trovo. Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno?
    Ma quegli rispose: Padrone, lascialo ancora quest'anno finché io gli zappi attorno e vi metta il concime
    e vedremo se porterà frutto per l'avvenire; se no, lo taglierai»

    Luca 13,1-9

  10.  

    Vedremo se porterà frutto per l'avvenire; se no, lo taglierai

    Corruzione e assenteismo

    Corruzione, concussione, assenteismo, malaffare. In questi giorni non si fa altro che parlare di questo, sembra quasi di essere in un paese del terzo mondo dove tutto il sistema si regge sul denaro e sui favoritismi, chi paga di più ottiene, chi non paga è costretto a rimanere ai margini. Ma noi italiani siamo tutti così? Verrebbe quasi da pensarlo ed è qui che nasce la sfiducia generalizzata verso tutto e tutti. Ognuno ha il suo punto di osservazione ed il mio è quello dell’Associazione che ho fondato e dirigo. Dopo quasi trent’anni di duro lavoro, ogni giorno dedicato ai bambini senza prendere un euro e mettendoci del proprio, dopo un controllo della finanza durato un anno e mezzo, ancora non si ha fiducia. L’altro giorno un tipo su facebook ha detto che le case famiglia sono tutte dedite a rubare soldi allo stato, ho replicato che abbiamo circa quindici bambini nel doposcuola e cinque ragazzi in affido per i quali non percepiamo niente, salva eccezione per uno per il quale ci danno mille euro al mese e che i fondi li reperiamo con grande fatica con iniziative e stendendo la mano, riuscendo a ottenere spesso beni e servizi gratuitamente. Uno potrebbe essere libero di non crederci, ma visto che diamo a tutti la possibilità di consultare il nostro bilancio e soprattutto di venire a conoscerci, sarebbe bastato, pur dubitando, richiedere maggiori informazioni. Invece no, è subito partita l’invettiva dichiarando pubblicamente che non è possibile un sistema del genere e che se per ogni ragazzo in affido si prendono quattrocento euro al giorno e duecento per quelli in diurno il conto è presto fatto: cinquemila euro al giorno, centocinquantamila euro al mese, un milioneottocentoventicinquemila euro l’anno. E’ talmente idiota l’asserzione che non vale nemmeno la pena rispondere, anche perché basta vedere il bilancio, e se qualcuno dicesse che il bilancio è falso mi dovrebbe spiegare dove sono questi soldi che dalla pubblica amministrazione arriverebbero sino a noi senza lasciare traccia. Non faccio una colpa a questo signore, come ad altri, che fa dell’ignoranza un vessillo, c‘è gente che ragiona ed altri che parlano a vanvera, ma il motivo di tanta sfiducia nel prossimo, specie per chi fa qualcosa volontariamente per gli altri nasce proprio nel vedere che se il pubblico, colui che dovrebbe tutelare il cittadino e fare il suo interesse, pur pagato, ruba, corrompe, scavalca, si nasconde per non lavorare, figuriamoci cosa possa fare il privato che ha di norma a cuore solo il proprio tornaconto e fa qualcosa solo se ci guadagna. Purtroppo il cattivo esempio induce da un lato a comportarsi male, dall’altro a fare di tutta un’erba un fascio. Se nello stato, nei politici, come da sempre vediamo, c’è chi si comporta male, è logico che anche gli amministratori tenderanno ad adeguarsi, ed il cittadino si trova da un lato a dire “rubano tutti, perché io no?” e dall’altro a dover per forza entrare in questo giro perverso per poter stare a galla. Chi conosce la nostra storia sa quante battaglie abbiamo fatto e facciamo per ottenere ciò che è giusto per i bimbi e trovare spazio nel sistema, ma è dura perché se non ti allinei, se non appartieni ad una forza politica, se non hai la protezione di qualche potente o ricco signore, in Italia non vai avanti e sei guardato con sospetto, sempre che non ti mettano i bastoni fra le ruote. Non solo non esiste la meritocrazia, ma è in uso la “demeritocrazia”, quella formula per la quale si guarda ai meriti, ma secondo cui più vali più ti affondano perché sei la dimostrazione che si può andare avanti anche senza bisogno di rubare o corrompere, sei un attentato a questo sistema marcio e involutivo, un pericolo per l’incolumità di tutti coloro che in questo sistema sguazzano e trovano linfa, sia essa denaro o potere.
    Povera Italia fatta di esempi disonesti, ma non scoraggiamoci e andiamo avanti a testa alta perché come diceva la mia mamma “la sera quando vai a letto devi vedere nello specchio una persona onesta”. Dobbiamo metterci il massimo impegno per aiutare il prossimo e se qualcuno dice che rubiamo, lasciamolo dire e quando questi signori ipocriti e sleali avranno il coraggio di fare una denuncia alle autorità sarà facile dimostrare la purezza del nostro cuore.
    Noi siamo l’ultimo filtro per i nostri figli, almeno noi siamo di buon esempio per creare una nuova ed onesta generazione

  11.  

    Domenica 25 ottobre 2015

    In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gerico insieme ai discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, cieco, sedeva lungo la strada a mendicare.
    Costui, al sentire che c'era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!».
    Molti lo sgridavano per farlo tacere, ma egli gridava più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
    Allora Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». E chiamarono il cieco dicendogli: «Coraggio! Alzati, ti chiama!».
    Egli, gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.
    Allora Gesù gli disse: «Che vuoi che io ti faccia?». E il cieco a lui: «Rabbunì, che io riabbia la vista!».
    E Gesù gli disse: «Và, la tua fede ti ha salvato». E subito riacquistò la vista e prese a seguirlo per la strada.

    Marco 10,46-52

  12.  

    Và, la tua fede ti ha salvato

    Spersi nel bosco in mezzo ai rovi

    Capita spesso di non riuscire a capire quale sia la cosa giusta da fare. Fin tanto che si è bambini ci si affida ai genitori, da adolescenti chiediamo consiglio ai nostri coetanei ma in questo caso ci accorgiamo ben presto che non sono infallibili nell’indicarci quale direzione seguire,ecco che allora perdiamo tutti i nostri punti di riferimento e rischiamo di crollare perché ci sentiamo soli,impauriti, spersi in un bosco che non conosciamo senza una guida. E’ allora che guardiamo verso il cielo, l’unico punto libero e chiediamo che una luce possa indicarci quale sentiero imboccare, una luce magica cui affidarsi, una luce che arrivata chi dall’alto può seguire la nostra vita e sa esattamente dove siamo e dove dobbiamo andare per metterci in sicurezza e salvarci. Non è ancora una grande fede, ma piuttosto la forza della disperazione, quella che ti fa guardare nell’unico punto possibile. Il difficile nel credere, la vera fede si ha quando decidiamo di seguire la luce anche se ci indica passaggi tortuosi, sentieri pieni di rovi dove camminare a testa bassa e talvolta strusciare il viso per terra mangiando polvere e fango. Se si decide di seguire quella luce dobbiamo essere pronti a seguirla sempre e ovunque ci mandi, anche se vicino notiamo un sentiero comodo e pieno di attrattive. La strada indicata da quella luce è l’unica possibile per potersi salvare e qualunque altro percorso ci porterà forse a gioire per un istante, ma a piangere lacrime amare quando saremo cascati in un precipizio. Davanti alle avversità non dobbiamo avere paura di affrontarle a testa alta e con la forza di un alleato di prim’ordine che ci vuole bene e non ci farà cadere in alcun burrone.

  13.  

    Addì 26 ottobre 2015

    In quel tempo, Gesù stava insegnando in una sinagoga il giorno di sabato.
    C'era là una donna che aveva da diciotto anni uno spirito che la teneva inferma; era curva e non poteva drizzarsi in nessun modo.
    Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: «Donna, sei libera dalla tua infermità»,
    e le impose le mani. Subito quella si raddrizzò e glorificava Dio.
    Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, rivolgendosi alla folla disse: «Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi curare e non in giorno di sabato».
    Il Signore replicò: «Ipocriti, non scioglie forse, di sabato, ciascuno di voi il bue o l'asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi?
    E questa figlia di Abramo, che satana ha tenuto legata diciott'anni, non doveva essere sciolta da questo legame in giorno di sabato?».
    Quando egli diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, mentre la folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute.

    Luca 13,10-17

  14.  

    Sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato

    Troppe regole

    Facciamo tutti parte di uno Stato e per questo giustamente soggetti a regole altrimenti ci sarebbe anarchia. Ma le norme dovrebbero esistere per tutelare l’uomo ed aiutarlo ad avere una vita migliore, purtroppo però moltissime leggi non solo non aiutano, ma spesso danneggiano le persone. Credo che ognuno potrebbe portare il proprio esempio personale e vi invito a farlo in modo almeno da condividere quello che secondo me è un fallimento del nostro stato,l’aver creato leggi che mettono in difficoltà l’uomo anziché aiutarlo o proteggerlo. Dal mio osservatorio porto due esempi. Il primo è relativa alle scadenze alimentari. La scadenza apposta su ogni prodotto segue regole che saranno certamente state studiate al tavolino, ma chiunque sa bene che quasi ogni merce ha una vita assai più lunga di quella indicata sulla confezione se ben conservata e potrebbe essere tranquillamente consumata senza alcun rischio anche dopo la data di scadenza. Ma quel numerino comporta che il supermercato non possa né venderla, né regalarla e debba buttarla. Quando uno stato obbliga a buttare merce ancora commestibile secondo me ha fallito il suo scopo. Il secondo riguarda le regole di una comunità. Una casa di duecentoventi metri quadri può ospitare in Toscana soltanto sei ragazzi perché è previsto che un bambino non possa stare in una camera di meno di dodici metri quadri, due bambini in una con almeno diciotto metri quadri, e non si possano mettere più di due bimbi nella stessa stanza, anche fosse di cinquanta metri quadri. Praticamente la regione Toscana dice che è preferibile che un bambino viva in una situazione di disagio, in cinque o sei persone in una casa da venti metri quadri, con maltrattamenti annessi, piuttosto che in una Casa Famiglia con due persone che si prendono cura di lui solo perché non può stare in una stanza da diciotto metri quadri con altri due bimbi. Se a qualcuno potrebbe parere giusta la norma dovrebbe pensare alla civile abitazione che prevede metrature minori come spazi abitativi, e dovrebbe anche riflettere sul fatto che in altre regioni, in Lombardia ad esempio, tre minorenni possono convivere in una stanza da diciotto metri quadri. Questa diversità di regole crea non soltanto una grandissima confusione, ma comporta che un bambino nato in una situazione di disagio abbia più possibilità di essere tutelato in una regione piuttosto che in un’altra, creando una disparità di trattamento condannata dalla nostra stessa costituzione. Lo stesso Stato dovrebbe intervenire affinché ci sia una regola valida per tutti senza creare disparità di trattamento, una regola valida non solo per i bambini vittime di abusi, ma per ogni bambino di qualsivoglia famiglia.
    Già il fatto che in Italia ci siano in vigore centocinquantamila leggi, mentre in Germania ce ne sono solamente cinquemila ed in Francia settemila dovrebbe farci riflettere, eppure non è che i tedeschi o i francesi siano meno tutelati di noi, anzi, forse lo sono di più, e sicuramente lo sono in maniera migliore.
    Le regole dovrebbero servire ad aiutare, invece spesso aiutano si, ma ad affogare.

  15.  

    Addì 27 ottobre 2015

    Diceva dunque: «A che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo rassomiglierò?
    E' simile a un granellino di senapa, che un uomo ha preso e gettato nell'orto; poi è cresciuto e diventato un arbusto, e gli uccelli del cielo si sono posati tra i suoi rami».
    E ancora: «A che cosa rassomiglierò il regno di Dio?
    E' simile al lievito che una donna ha preso e nascosto in tre staia di farina, finché sia tutta fermentata»

    Luca 13,18-21

  16.  

    E' simile a un granellino di senapa

    Rimbocchiamoci le maniche

    Raccolgo spesso la tristezza di molti, che purtroppo condivido, di un mondo, di un'Italia pervasa dal malaffare. E' giusto criticare ciò che non va, ma non per scuotere la testa e guardare da un'altra parte senza la speranza di un cambiamento di un mondo migliore.
    Ci sono tante persone in Italia che lavorano nel silenzio per migliorare la vita di qualcuno, ma spetta anche a noi iniziare a fare qualcosa di utile e positivo.
    Quando c'è un terremoto, morte e distruzione ovunque, sono tante le persone che si rimboccano le maniche e anche a mani nude aiutano a togliere i detriti, estrarre i feriti dalle macerie, dar loro cure e conforto, ricostruire case e palazzi per far rinascere quelle città distrutte e dare una nuova vita alle persone disperate.
    Guardate in Belice o in Irpinia, dopo decenni dall'ultimo grande evento sismico la ricostruzione è sempre in atto ed in molti vivono nelle baracche, guardate invece in Friuli dove il terremoto ha squarciato la terra come la vita delle persone sia tornata alla normalità, migliore di come era prima.
    Se vogliamo cambiare le cose dobbiamo darci da fare.
    Difendete gli immigrati anziché scuotere la testa quando vedete manifestazioni che inneggiano ed esultano quando qualcuno di loro affoga durante la traversata della speranza.
    Battetevi, anche al limite solo con il dialogo, ed instillerete almeno il tarlo nel dubbio in coloro che si comportano male.
    Avete visto il film "La storia infinita"?
    Il mondo dei sogni pian piano scompariva, il nulla divorava tutte quelle belle favole, il buio ingoiava la luce e sembrava non esserci più niente da fare.
    Ma è bastato che un bambino credesse nel sogno affinché tutto tornasse alla luce.
    Il male si sconfigge con il bene e se saremo in tanti a sognare la luce arriverà prima.
    Madre Teresa diceva "uno alla volta" e guardate cosa ha fatto, quanti bambini ha aiutato
    Io faccio così, uno alla volta, o pochi alla volta e pian piano il mio dito scaverà un buco sempre più grosso nella stoffa lacera del malaffare. Se qualcuno mi segue facciamo prima, se non mi segue nessuno farò da solo anche perché dove non arriverò io arriverà Dio .

  17.  

    Addì 28 ottobre 2015

    Avvenne che in quei giorni, Gesù se ne andò sulla montagna a pregare e passò la notte in orazione.
    Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede il nome di apostoli:
    Simone, che chiamò anche Pietro, Andrea suo fratello, Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo,
    Matteo, Tommaso, Giacomo d'Alfeo, Simone soprannominato Zelota, Giuda di Giacomo e Giuda Iscariota, che fu il traditore.
    Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C'era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone, che erano venuti per ascoltarlo ed esser guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti immondi, venivano guariti.
    Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che sanava tutti

    Luca 6,12-19

  18.  

    Da lui usciva una forza che sanava tutti

    La forza di un sorriso

    Prendete per mano la persona che amate, vostro figlio, vostro marito, vostra moglie, il papà o la mamma. Chiudete gli occhi e fate riposare la mente lasciando al cuore la possibilità di esprimersi e guidare le emozioni. Quella stretta di mano vi porterà un sussulto, sentirete calore e forza provenire dall'altra persona. E' questo ciò che si prova quando si ama e si è amati oltre ogni limite. Quando incontro qualcuno che ha bisogno, quando mi viene donato un sorriso di riconoscenza, quando un papà che ha avuto un po' di problemi ripone fiducia in me nell'educare sua figlia, quando .... quando incontro Dio tutti i miei problemi svaniscono per miracolo e da lui arriva una gran forza che sana ogni mia debolezza dandomi il coraggio di lottare, la gioia di donare, la bramosia di un altro sorriso

  19.  

    Addì 29 ottobre 2015

    In quel giorno si avvicinarono a Gesù alcuni farisei a dirgli: «Parti e vattene via di qui, perché Erode ti vuole uccidere».
    Egli rispose: «Andate a dire a quella volpe: Ecco, io scaccio i demoni e compio guarigioni oggi e domani; e il terzo giorno avrò finito.
    Però è necessario che oggi, domani e il giorno seguente io vada per la mia strada, perché non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme.
    Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che sono mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una gallina la sua covata sotto le ali e voi non avete voluto!
    Ecco, la vostra casa vi viene lasciata deserta! Vi dico infatti che non mi vedrete più fino al tempo in cui direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore!»

    Luca 13,31-35

  20.  

    E' necessario che io vada per la mia strada

    Figli che prendono altre strade

    Quale padre con una buona attività avviata non vorrebbe che il suo unico figlio proseguisse nell'azienda, ufficio legale, studio di commercialista, negozio? E quale delusione quando il figlio decidesse di prendere un'altra strada.
    I motivi sono tanti: incompatibilità di carattere, opposizione a quel tipo di lavoro, gusto verso altra attività, compagni della vita che portano verso altri lidi, questioni morali, non voler sentir più parlare di certi argomenti che hanno riempito la loro vita di ragazzi, difficoltà nello studiare certe materie o altro ancora.
    La delusione nel vedere un figlio che va per la propria strada è grande e un padre prende certe scelte come alto tradimento. Ma non è così. Ogni ragazzo vuole giustamente sentirsi autonomo nelle proprie scelte e non vuole che altri decidano per lui. Noi genitori sbagliamo spesso in questo aspetto e decidiamo cosa sia meglio per lui: quale compagnia frequentare, come vestire, cosa studiare e infine quale lavoro fare.
    Quando decisi che la mia strada sarebbe stata quella di dedicare la mia vita ai bambini ebbi una forte opposizione in mio padre che aveva uno studio di commercialista ben avviato e tante conoscenze tali da poter prevedere un futuro roseo. Non capiva perché avessi deciso di buttare via la mia vita, ma non riuscivo a spiegargli quanto mi sentissi appagato nell'occuparmi di bambini e ragazzi piuttosto che di compilazione di 740 e contabilità. Non era la mia strada.
    Seppur caduto nel tranello di voler decidere per i miei ragazzi pensando di fare la cosa giusta, ho lentamente capito che è necessario lasciarli andare per la loro strada, anche quando vanno di corsa verso un burrone. Saranno loro a fermarsi per tempo, oppure a farsi male e ad imparare dai loro errori.
    Per un padre non è certo facile però vedere un figlio che ha delle opportunità gettarle al vento. Oggi capisco mio padre, la sua pena, il suo grande dispiacere perché convinto stessi prendendo la strada sbagliata.
    Sono almeno contento che poco prima della fine della sua vita avesse capito, visti i risultati, che il percorso da me intrapreso non fosse poi così sbagliato.

  21.  

    Addì 30 ottobre 2015

    Un sabato Gesù era entrato in casa di uno dei capi dei farisei per pranzare e la gente stava ad osservarlo.
    Davanti a lui stava un idropico.
    Rivolgendosi ai dottori della legge e ai farisei, Gesù disse: «E' lecito o no curare di sabato?».
    Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò.
    Poi disse: «Chi di voi, se un asino o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà subito fuori in giorno di sabato?».
    E non potevano rispondere nulla a queste parole.

    Luca 14,1-6

  22.  

    E non potevano rispondere nulla a queste parole

    Arroganza del servizio pubblico

    Non mi piace fare di tutta un'erba un fascio, e non sarà questa la prima volta, ma le esperienze negative con i servizi sociali si ripetono e trovare un dipendente del servizio pubblico che si comporti in modo franco e corretto è sempre più difficile. Eppure basterebbe poco, basterebbe utilizzare la buona educazione, il rispetto del prossimo chiunque esso sia.
    Un esempio. Un'assistente sociale che debba fare una visita domiciliare in casa di un utente o di una famiglia affidataria ha due modi di porsi: telefonare e dire "vengo il tal giorno alla tal ora", oppure dire "dovrei venire a fare una visita domiciliare, quando la trovo in casa, possiamo fissare un appuntamento quando va bene ad entrambi?". E' ovvio che se poi la cosa debba essere fatta comunque e l'utente non trovi, o non voglia trovare, il tempo per farla, l'assistente sociale possa irrigidirsi e pretendere di venire all'ora che indicherà. ma partire già con un diktat indispone l'altra parte e dimostra solo arroganza e cattiva educazione complicando i rapporti. E' risaputo che con la gentilezza si ottiene di più che con la maleducazione e l'arroganza. Se qualcuno pensasse che l'assistente sociale ha a che fare anche con famiglie poco raccomandabili e debba usare un piglio duro, sarebbe da rispondere che la stessa metodologia viene usata spesso anche con le famiglie affidatarie e con coloro che devono essere valutati, ed i forum sono pieni di esperienze siffatte, io per primo ho avuto più volte tali esperienze.
    Altro esempio. Nell'affido le persone che maggiormente stanno a contatto con i bambini, ovviamente, sono gli affidatari. Sono loro a capire il bimbo, a sapere se e quando soffre, a vedere le sue reazioni quando è a contatto con la famiglia affidataria. Sono un metro importante per valutare la crescita del bimbo, l'eventuale miglioramento dei rapporti con i suoi genitori e con gli altri, sono quindi importanti per capire come e quando l'affido possa finire. Purtroppo, e questa è una lamentela generalizzata fra molti affidatari, capita spesso che i servizi decidano autonomamente sulla vita del bimbo pensando di avere la verità in tasca e che qualunque loro pensiero sia quello giusto. Non hanno spesso nemmeno l'idea di ascoltare gli affidatari cercando di capire da loro come potersi muovere insieme per il bene del bambino.
    E poi ci si lamenta se tanti affidi falliscono, se mancano le famiglie affidatarie, se i bambini vengono dati alle comunità.
    Ripeto che non tutti gli assistenti sociali sono così, ma pur avendone trovati alcuni con i quali abbiamo instaurato un ottimo rapporto nell'interesse del bimbo, con tristezza, ed in trent'anni di affidi ne ho avuti più di cinquanta, devo dire che la maggior parte dei servizi sociali si sono comportati con grande arroganza non ascoltando le nostre ragioni. Più volte mi sono dovuto rivolgere ai tribunali affinché valutassero con maggior obiettività un caso, ed ogni volta, carte alla mano, ci è stata data ragione. Non dico che l'assistente sociale possa avere un altro interesse, ma certamente gli manca una parte importante per poter decidere: il parere di chi ogni giorno vive il quotidiano di quel bambino

  23.  

    Addì 31 ottobre 2015

    Un sabato Gesù era entrato in casa di uno dei capi dei farisei per pranzare e la gente stava ad osservarlo.
    Osservando poi come gli invitati sceglievano i primi posti, disse loro una parabola:
    «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più ragguardevole di te e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: Cedigli il posto! Allora dovrai con vergogna occupare l'ultimo posto.
    Invece quando sei invitato, va a metterti all'ultimo posto, perché venendo colui che ti ha invitato ti dica: Amico, passa più avanti. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali.
    Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato»

    Luca 14,1.7-11

  24.  

    Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato

    Il coraggio e l'amore di una mamma

    Durante le riunioni serali capita sovente che i ragazzi, ai quali abbiamo insegnato a fare autocritica, parlino dei loro difetti, delle cose sbagliate che fanno, dei loro genitori con una serie infinita di problemi. Questo è bellissimo perché tirano fuori quello che dentro hanno di negativo per migliorarsi e guardare la realtà senza troppi veli, preparandosi così ad affrontare la vita a testa alta, con forza e coraggio. Capita però che esagerino e sfocino non tanto nell'autocommiserazione, quanto nel considerarsi veramente negativi al pari delle loro famiglie. Il dialogo in famiglia serve proprio ad evitare eccessi da una parte o dall'altra e se un ragazzo s esalta troppo pensando di essere già uomo o donna fatti cerchiamo di farlo tornare con i piedi per terra, ma se si abbatte troppo tentiamo di risollevarlo dandogli fiducia e coraggio e sopratutto facendogli vedere la realtà da un'altra angolazione.
    Una delle nostre bimbe parlava con tristezza della mamma dicendo che ha tanti problemi, si accorge di averli e non fa nulla per migliorare, per cambiare. Dietro a tutto questo c'è la triste consapevolezza che la madre starà sempre peggio e che sia quasi impossibile un rientro in famiglia. E' stato bellissimo in questo frangente il dialogo che si è sviluppato, giunto fino alle lacrime, lacrime di gioia. Le ho detto che era vero che la sua mamma aveva fatto cose sbagliate, le ho confermato che non riesce e forse non vuole uscire da una brutta situazione, ma le ho anche detto che se ad un adulto mancano valori e principi non è colpa sua, ma di chi poteva aiutarlo quando era bambino. Se un bimbo è abbandonato a sé stesso come potrà crescere? Quindi siamo partiti dal non colpevolizzare la mamma per arrivare a dirle che se non esce dall'alcolismo è perché non ha le risorse per farcela, non ha le capacità per attivare la volontà ferrea, che in questi frangenti è necessaria, indispensabile per risalire la china. Ma se la sua mamma ha una marea di difetti, se sbaglia tanto, se non riesce o non vuole uscire da una certa situazione, è anche vero che ha compiuto un atto di estremo coraggio e amore chiedendo a noi di accogliere sua figlia in casa. Quale mamma, anche la più negativa, mette in salvo prima sua figlia che sé stessa? Forse in certi ambienti è quasi scontato, ma in altri, per così dire poco buoni, non è proprio così. I figli sono spesso usati per avere dei vantaggi dalle istituzioni e lasciarli andare è già cosa rara, ma chiedere aiuto per metterli in sicurezza è cosa che non capita quasi mai. Ma ha fatto di più, insieme al papà della bambina, ha lottato per lei, ha chiesto a gran voce in tutte le sedi che questo affido potesse continuare. si è trovata più volte a raccontare ai giudici delle sue problematiche. E credetemi, non è facile. Questa mamma e questo papà che hanno avuto il coraggio di dire "siamo contenti che questa nostra figlia finalmente abbia trovato in voi una famiglia che non ha mai avuto" per me hanno già un posto in paradiso.

  25.  

    Addì 1 novembre 2015

    In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli.
    Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo:
    «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
    Beati gli afflitti, perché saranno consolati.
    Beati i miti, perché erediteranno la terra.
    Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
    Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
    Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
    Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
    Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
    Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.
    Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

    Matteo 5,1-12a

  26.  

    Beati voi

    Beati noi se ...

    Per molti è tanto difficile perdonare qualcuno che abbia fatto loro del male. Tutti avrete studiato la matematica e non è mai stato semplice capirla alla prima, ma se qualcuno ci faceva notare che il nostro ragionamento partiva da basi sbagliate e ci faceva ricominciare da un'altra parte, compiendo un percorso diverso, riuscivamo finalmente a capire come affrontare e risolvere quel problema. L'esempio più lampante e quando insegniamo ad un bambino che tre più due fa cinque. Egli non capisce fintanto che non prendete tre mele da una parte e due mele dall'altra, le unite, e poi gli dite di contarle. Una volta capito gli sembrerà talmente logico e razionale al punto da seguire per sempre quella strada logica.
    Nel perdono è la stessa identica cosa. Noi non perdoniamo perché ragioniamo in termini di dolore, mi hai fatto male a me allora io voglio che tu soffra così io poi sto meglio. Ma è così davvero? Se mi rubano mille euro ed il ladro va in prigione per un anno, rientro in qualche modo in possesso di mille euro Non sarà forse vero che vivrò con la paura che quell'altro uscendo possa venire da me per vendicarsi della denuncia che gli ho fatto? Se invece non lo denunciassi, ma cercassi di capire, magari se possibile insieme a lui, le ragioni del suo gesto, cosa che non significa giustificarlo, e riuscissi a perdonarlo raggiungere i sicuramente una condizione di pace assai superiore che non con la vendetta. È facile odiare quando ci fanno del male, uccidono una persona a noi cara, sbagliano un'operazione amputando un arto anziché un altro, ma al di là della giustizia civile che può anche fare il suo corso, nel nostro animo dobbiamo essere in grado di perdonare perché il perdono ci farà liberi e farà sì che il nostro animo si purifichi e si possa vivere meglio con noi stessi. A Gesù hanno fatto del male, lo hanno torturato, gli hanno sputato addosso, lo hanno umiliato in tutti i modi, lo hanno crocifisso e ucciso, ma la sua ultima frase per il mondo è stata perdona loro". Siete liberi di credere o di non credere che Gesù sia figlio di Dio, ma non potete negare la sua esistenza storica incentrata tutta sul perdono, sull'amore verso il prossimo e questo, soprattutto questo, fatto sì che miliardi di persone seguissero questa filosofia di vita, questa religione. Se Gesù avesse avuto dalla croce parole di odio verso i persecutori, se durante la vita avesse cercato vendetta incontro con loro che ti volevano far del male, non ci sarebbe stata differenza con nessun pensatore, con nessun rivoluzionario osteggiato, catturato e ucciso. La grande forza che da questo deriva è quella di sentirsi beati non quando riusciamo a sopraffare l'altro, ma quando siamo sopraffatti dall'altro.
    «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
    Beati gli afflitti, perché saranno consolati.
    Beati i miti, perché erediteranno la terra.
    Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
    Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
    Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
    Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
    Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
    Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.
    Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

  27.  

    Addì 2 novembre 2015

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria.
    E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra.
    Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo.
    Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi.
    Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere?
    Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito?
    E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti?
    Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me.
    Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli.
    Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato.
    Anch'essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito?
    Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me.
    E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna»

    Matteo 25,31-46

  28.  

    Quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti?

    Avete bisogno di aiuto?

    Le persone soffrono, nessuno è escluso dal dolore, sia esso fisico, morale, psicologico o altro. Abbiamo solo l'imbarazzo della scelta per trovare chi possa aver bisogno di noi. Molti si domandano perché aiutare il prossimo, perché non lasciare che se la cavi da solo? Perché visitare un carcerato che ha fatto danni alla collettività, perché dare da mangiare a chi non ne ha, perché stare vicino ad un ammalato, perché accogliere un bambino maltrattato nella propria famiglia, perché rinunciare a parte di ciò che ho per altri che sono stati meno fortunati, più stupidi, più imbroglioni, più iracondi? Pongo allora un'altra domanda a chi si interroga in questo modo. Se capitasse a voi qualcosa del genere, se vi trovaste a dover dormire in macchina perché uscite da un matrimonio disastroso, se vi trovaste ammalato in ospedale senza nessuno che venga a trovarvi, se per uno scatto d'ira vi capitasse di fare un errore colossale e finire in prigione, non vorreste che qualcuno venisse a trovarvi? E se foste così tanto sicuri che niente di tutto questo possa capitare a voi, potreste dire la stessa cosa di vostro figlio? Potete mettere la mano sul fuoco che ai vostri pargoli non possa capitare nulla per cui possano aver bisogno dell'aiuto di qualcuno? Se vorreste che al momento del bisogno qualcuno fosse vicino a voi, dovreste cominciare voi per primi ad insegnarlo, e quale miglior insegnamento può esserci se non l'esempio?
    Ale persone che ognuno di noi in vari modi aiuta forse non diamo tutto quello di cui possano aver bisogno, forse non insegniamo tutti i principi utili per emergere nella vita, forse, anzi certamente, sbagliamo tantissimo, ma una cosa è certa che l'aiuto che diamo loro accogliendoli, sfamandoli, vestendoli, ascoltandoli è un esempio di cui possano far tesoro e donarlo a loro volta ad altri aprendo le porte del loro cuore. Se oggi stanno facendo il loro cammino di uomini e donne è perché qualcuno li ha amati.

  29.  

    Addì 3 novembre 2015

    In quel tempo, uno dei commensali disse a Gesù: «Beato chi mangerà il pane nel regno di Dio!».
    Gesù rispose: «Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti.
    All'ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: Venite, è pronto.
    Ma tutti, all'unanimità, cominciarono a scusarsi. Il primo disse: Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego, considerami giustificato.
    Un altro disse: Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego, considerami giustificato.
    Un altro disse: Ho preso moglie e perciò non posso venire.
    Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al padrone. Allora il padrone di casa, irritato, disse al servo: Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui poveri, storpi, ciechi e zoppi.
    Il servo disse: Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c'è ancora posto.
    Il padrone allora disse al servo: Esci per le strade e lungo le siepi, spingili a entrare, perché la mia casa si riempia.
    Perché vi dico: Nessuno di quegli uomini che erano stati invitati assaggerà la mia cena»

    Luca 14,15-24

  30.  

    Ma tutti, all'unanimità, cominciarono a scusarsi

    Andiamo in guerra?

    Immaginiamo di essere parte di un regno molto vasto ed immaginiamo che ai confini di esso i nemici abbiano attaccato le popolazioni di frontiera.
    Il re chiama a raccolta la popolazione per spiegare che l'esercito regolare mandato a contrastare questa pericolosa invasione non ce la fa a resistere ed è quindi necessario inviare volontari per combattere questa guerra prima avere i nemici alle porte di casa.
    Molti fanno finta di nulla pensando che il nemico è lontano, o le popolazioni di frontiera sono diverse da loro, o rinverdendo antichi rancori razziali mai sopiti, o pensando che è all'esercito che spetta il compito di combattere. Altri vorrebbero andare ma vengono convinti a lasciar perdere dai primi. Altri ancora partono ma trovano nei soldati dell'esercito regolare un muro dettato dalla gelosia di essere loro, gli addetti ai lavori, gli unici in grado di opporsi a quell'orda di invasori. Così alla fine sono veramente pochi quelli che, decidendo di andare, effettivamente combattono una guerra per la salvezza del popolo.
    Il regno è il mondo, o se preferite la nostra Italia, oppure la nostra città o il nostro quartiere.
    Il nemico sono i mali di questa società: la povertà, il maltrattamento, la prostituzione, le malattie, i soprusi, le guerre.
    Il re è chiunque ci apra gli occhi sulla realtà e ci esorti a rimboccarci le maniche.
    E noi ... noi siamo quelli che non rispondono, che fanno i vaghi, che inventano una scusa, che ritengono non sia affar loro, che pensano sia compito di altri combattere.
    Dobbiamo aver coraggio e rispondere alla chiamata per aiutare con le armi della pace, i sorrisi, l'affidamento, l'accoglienza degli immigrati, la visita a carcerati, anziani e malati. Se non partiamo, se non combattiamo dovremo aspettarci che nelle nostre città ci sia sempre più violenza, degrado, emarginazione, maltrattamenti di bambini.
    Fuori dalle nostre belle case, fuori dal tepore di una famiglia c'è tanta gente che batte i denti dalla paura, dal freddo, dalla fame. Se non vogliamo andare verso di loro, almeno apriamo le porte del nostro cuore, a volte basta un sorriso per donare speranza e forza di lottare a chi è nella sofferenza.

  31.  

    Addì 4 novembre 2015

    In quel tempo, siccome molta gente andava con lui, Gesù si voltò e disse:
    «Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo.
    Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo.
    Chi di voi, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolarne la spesa, se ha i mezzi per portarla a compimento?
    Per evitare che, se getta le fondamenta e non può finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo:
    Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro.
    Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila?
    Se no, mentre l'altro è ancora lontano, gli manda un'ambasceria per la pace.
    Così chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».

    Luca 14,25-33

  32.  

    Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo

    Bambini con la croce sulle spalle

    Ho visto bimbi con cicche di sigarette spente addosso, graffi alla schiena, denutriti.
    Ho guardato negli occhi la sofferenza di chi è stato accolto e poi abbandonato perché non ritenuto all'altezza di quella famiglia.
    Vedo il dolore dei ragazzi che scoprono la vera natura dei propri genitori, l'egoismo, l'opportunismo.
    Tocco con mano la loro incertezza per i futuro, la paura di incontrare un giudice o un assistente sociale.

    Sono bambini che portano sulle proprie spalle una grossa croce.
    Sono bambini forti capaci di affrontare la vita se qualcuno li incita ad avere coraggio.
    Sono bambini coraggiosi che non scappano davanti alla realtà
    Sono bambini che hanno fiducia in coloro che li accolgono e li amano

    L'affido non è certo una passeggiata, a volte è complesso, a volte si soffre perché questi bimbi tornano in seno alla propria famiglia che nel frattempo ha fatto un percorso migliorando.
    Ma vi assicuro che ciò che questi ragazzi potranno donarvi con il loro esempio e con il loro amore merita tutte le fatiche di questo mondo

  33.  

    Addì 5 novembre 2015

    In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo.
    I farisei e gli scribi mormoravano: «Costui riceve i peccatori e mangia con loro».
    Allora egli disse loro questa parabola:
    «Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova?
    Ritrovatala, se la mette in spalla tutto contento, va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta.
    Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione.
    O quale donna, se ha dieci dramme e ne perde una, non accende la lucerna e spazza la casa e cerca attentamente finché non la ritrova?
    E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, dicendo: Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la dramma che avevo perduta.
    Così, vi dico, c'è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».

    Luca 15,1-10

  34.  

    Ritrovatala, se la mette in spalla tutto contento

    La seconda occasione

    Vi sarà certamente capitato di vedere tantissime volte, specie nei paesini o nei quartieri più periferici delle città alcuni anziani spiare ogni persona che passa vicino alle proprie finestre. Li ho sempre guardati con una certa tristezza, simbolo di solitudine, quasi ad aspettare qualcuno che tarda ad arrivare.
    Anche noi talvolta ci mettiamo alla finestra in maniera quasi nascosta nella speranza che coloro che sono andati via possano un giorno tornare. Un figlio che ha fatto le valigie per perdersi nel mondo, una moglie scappata con il nostro migliore amico, il marito fuggito con la segretaria, il lavoro che non c’è più, i consigli dei genitori ormai lontani nel tempo.
    La speranza deve restare accesa, ma è importante provare tutte le strade possibili per ricondurre sulla buona strada colui che si è smarrito.
    A volte occorre il dialogo, altre volte il silenzio, in certi casi basta un messaggio come a dire “ti lascio la porta aperta, quando vuoi sappi che questa è ancora casa tua”
    Ma quanta gioia dentro noi quando riusciamo a recuperare un rapporto, quando un figlio che ci ha lasciato ti chiama per sapere come stai, quando la figlia ti telefona disperata perché ha bisogno di te dopo aver toccato il sedere per terra.
    La seconda occasione per ricreare un bel rapporto

  35.  

    Addì 6 novembre 2015

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «C'era un uomo ricco che aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi.
    Lo chiamò e gli disse: Che è questo che sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non puoi più essere amministratore.
    L'amministratore disse tra sé: Che farò ora che il mio padrone mi toglie l'amministrazione? Zappare, non ho forza, mendicare, mi vergogno.
    So io che cosa fare perché, quando sarò stato allontanato dall'amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua.
    Chiamò uno per uno i debitori del padrone e disse al primo:
    Tu quanto devi al mio padrone? Quello rispose: Cento barili d'olio. Gli disse: Prendi la tua ricevuta, siediti e scrivi subito cinquanta.
    Poi disse a un altro: Tu quanto devi? Rispose: Cento misure di grano. Gli disse: Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta.
    Il padrone lodò quell'amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce».

    Luca 16,1-8

  36.  

    Rendi conto della tua amministrazione, perché non puoi più essere amministratore

    Per fortuna che c’è Francesco

    Vi ricordate la canzone di Giorgio Gaber “Per fortuna che c’è Riccardo”. Oggi ascoltando il telegiornale che enunciava lo sporco che sta emergendo dal Vaticano mi è venuto da parafrasare la canzone e dire “Per fortuna che c’è Francesco”
    Oggi, che in molti non hanno più fede e si allontanano da Dio, sentire certe notizie è sconfortante. Venire a sapere che anche in Vaticano c’è un comportamento amorale fa cascare le braccia.
    Papa Francesco è un grande riformatore, ma dall’esterno pare essere solo davanti ad una montagna gigantesca. Ha con sé un’arma potentissima, la Fede in Dio, ma ha bisogno di noi, di coloro che hanno fede ed anche di chi non credendo in Dio creda nella buona morale promossa dal Vangelo e in questo Papa.
    Molti si scandalizzeranno e qualcuno si allontanerà dalla Chiesa al sentire tante brutte storie, ma Papa Francesco ci invita a combattere con lui, a stargli vicino con la preghiera affinché possa riportare un po’ di santità nella Chiesa e nei palazzi che la governano.
    In molte famiglie c’è qualcuno che si comporta male, questo non significa che la famiglia sia marcia o che tutti i suoi membri si comportino male. Si deve dare una bella ripulita alla casa affinché possa ospitare tutti coloro che di essa hanno bisogno.

  37.  

    Addì 7 novembre 2015

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Procuratevi amici con la disonesta ricchezza, perché, quand'essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne.
    Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto; e chi è disonesto nel poco, è disonesto anche nel molto.
    Se dunque non siete stati fedeli nella disonesta ricchezza, chi vi affiderà quella vera?
    E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
    Nessun servo può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire a Dio e a mammona».
    I farisei, che erano attaccati al denaro, ascoltavano tutte queste cose e si beffavano di lui.
    Egli disse: «Voi vi ritenete giusti davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori: ciò che è esaltato fra gli uomini è cosa detestabile davanti a Dio».

    Luca 16,9-15

  38.  

    Ascoltavano tutte queste cose e si beffavano di lui

    Buonisti, moralisti e perbenisti

    Quante volte vi sarà capitato di dire ai vostri amici che andavate in ospedale a fare volontariato, in ospizio a portare un po’ di biscotti a persone sole, in qualche associazione a dare lezioni scolastiche a bambini di famiglie disagiate. Oppure quante avrete parlato di problemi di attualità difendendo gli immigrati da parole di razzismo, cercando di capire il genitore che mal si comporta con il figlio, sostenendo le ragioni di chi si dedica agli ultimi. Quante volte avrete difeso la vostra fede, i principi in cui credete, i valori che con fatica ogni giorno cercate di seguire.
    Quale è stata la loro reazione? Qualcuno vi avrà elogiati, altri saranno stati in silenzio, ma alcuni si sono beffati di voi, vi hanno detto che siete anacronistici, moralisti, buonisti, perbenisti.
    Sin da ragazzo non riuscivo a stare zitto dinanzi ad un’ingiustizia, davanti a chi calpestasse gli ideali in cui credevo, ed oggi non sono da meno. Parlo e scrivo ciò che penso, che piaccia oppure no. Ci sono persone che si trovano d’accordo con me, altre che sono in disaccordo e con esse si instaura un dialogo per capire le ragioni dell’altro. Purtroppo poi ci sono altri che sono in disaccordo ma non conoscono il dialogo e per cercare di sovrastarmi e ridurmi al silenzio non mancano di essere meschine, compiere attacchi personali, parlare male alle spalle affinché altri non ascoltino, finanche a farmi uscire da un gruppo perché la mia idea non è quella comune in quel contesto. E’ capitato in più occasioni quando ho parlato di Valentino Rossi che dovrebbe scusarsi per ciò che ha fatto, per le due ragazze italiane in Siria che era giusto salvarle, per le assistenti sociali che dovrebbero avere più coraggio e più umanità quando devono decidere sul futuro dei bambini, per l’affido in difesa delle Case Famiglie necessarie all’accoglienza di tanti bambini visto che le famiglie affidatarie scarseggiano e che molti ragazzi sono troppo difficili da gestire da parte di una coppia da sola. Tutte idee che possono essere discusse e sulle quali ci si può trovare d’accordo o meno, ma i toni devono restare di apertura verso l’altro, di dialogo. Coloro che chiudono le porte con prese di giro o accuse infondate non fanno il bene di nessuno. Quando mi dicono buonista, moralista, perbenista pensano di offendermi ma in pratica dicono che sono esagerato nell’essere buono, nell’avere principi morali, nell’essere persona onesta. Grazie. Preferisco che pensino di me che sono troppo buono piuttosto che mi additino come troppo cattivo. Oggi gli eccessi sono apprezzati solo quando sono negativi. Ciò che dico è anche ciò che penso, ma non sempre è ciò che riesco a fare, ma dicendolo e scrivendolo è un po’ come se mi ripetessi ogni giorno quale debba essere il comportamento che sarebbe giusto tenere.
    Spero solo che alla fine della mia vita ci sia qualcuno che si ricordi del mio amore per i ragazzi e possa fare altrettanto accogliendo tanti ragazzi.

  39.  

    Addì 8 novembre 2015

    In quel tempo, Gesù diceva alla folla mentre insegnava: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze,
    avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti.
    Divorano le case delle vedove e ostentano di fare lunghe preghiere; essi riceveranno una condanna più grave».
    E sedutosi di fronte al tesoro, osservava come la folla gettava monete nel tesoro. E tanti ricchi ne gettavano molte.
    Ma venuta una povera vedova vi gettò due spiccioli, cioè un quattrino.
    Allora, chiamati a sé i discepoli, disse loro: «In verità vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri.
    Poiché tutti hanno dato del loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».

    Marco 12,38-44

  40.  

    Questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri.

    Educare, educare, educare

    Mi capita sempre più spesso di sentire o di leggere che i ragazzi non debbano essere educati. Secondo alcuni dovrebbero essere lasciati liberi di fare ciò che desiderano seguendo la loro naturale inclinazione.
    Una signora un giorno, mentre ero nel nostro bosco, sentì il rumore della motosega e del trattore e venne a chiedermi cosa stessi facendo. Fermai il trattore, scesi e pensavo di trovarmi dinanzi una vecchietta dolce e carina, interessata al nostro lavoro, di quelle che ti invitano a venire a riposare in casa offrendoti una tisana fatta con le loro mani secondo le antiche e segrete ricette dei suoi avi. Invece no. Cominciò ad urlare agitando un bastone. Era talmente arrabbiata che non riuscivo nemmeno a capire perché lo fosse. Meno male che c’era una sua amica che la strattonava per un braccio riuscendo pian piano a portarla via. Nel suo delirio non voleva che tagliassi le piante, ripulissi il sottobosco da felci e rovi, potassi gli alberi più belli perché è sua convinzione che il bosco debba crescere in maniera naturale al punto che se una pianta casca sulla strada si deve cercare una via alternativa perché la natura deve fare il suo corso e quella pianta ha diritto a marcire in santa pace. Se a voi suona assurda e paradossale una situazione simile, a me richiama, con lo stesso stupore, quella di coloro che lasciano crescere i figli senza regole imposte pensando di fare il proprio bene.
    Da che mondo è mondo si impara a fare il pittore facendo il garzone dell’artista famoso, si apprendono le tecniche dello sport lasciando che i campioni di un tempo possano allenarti, si fanno propri i principi ed i valori che i genitori ci mostrano con il loro esempio esortandoci a seguirli. Premi e punizioni, dialogo e correzione fraterna, stimoli a far meglio sono tutte metodologie che, sapientemente usate, servono a far crescere bene una pianta, a educare al meglio un bambino. Essere genitori, educatori, è un’arte e come tale basta una pennellata data male per fare di un bel quadro una crosta, ma non usare il pennello significa appendere al museo una tela bianca e aspettare che qualcuno ci disegni sopra delle oscenità.
    Gesù educava facendo vedere ai suoi discepoli il giusto modo di comportarsi, come quando sottolineò che la vedova aveva gettato nel tesoro, con la sua monetina, più di tutti gli altri perché aveva dato non il suo superfluo, ma quanto aveva a disposizione per vivere.
    Insegniamo questo ai nostri ragazzi, insegniamo ad amare il prossimo, ad essere generosi, a perdonare i torti subiti, a dialogare contrastando il malaffare, l’egoismo, l’opportunismo, l’odio, la chiusura verso il prossimo

  41.  

    Addì 9 novembre 2015

    Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.
    Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe, e i cambiavalute seduti al banco.
    Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato».
    I discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divora.
    Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?».
    Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere».
    Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?».
    Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
    Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù

    Giovanni 2,13-22

  42.  

    Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere

    L’affido, una strada piena di buche

    Da lontano il rombo di una moto di grossa cilindrata che si avvicina saltando su buche e dossi della strada sterrata e dissestata di campagna. Non ci faccio caso più di tanto, saranno i soliti ragazzi che fanno motocross nei sentieri. Chino la testa e continuo a cercare funghi. Quando sbuco dal bosco vedo in lontananza una moto, appoggiata al muro di cinta che sostiene il cancello in ferro battuto a protezione della sicurezza dei bimbi. Solo allora mi rendo conto che tra le voci festanti dei bimbi intenti a giocare c’era una tonalità insolita. Il padrone della moto era Marco, venuto a trovarci per passare la domenica insieme a noi. Il nostro primo affido, ventisei anni compiuti. Marco, dimostrazione che l’amore quando è seminato produce i suoi frutti. Un ragazzo bravissimo che a quattordici anni era uscito da casa nostra per andare in una casa famiglia dove gli davano maggiore libertà, forse troppa libertà, e si era perso. Ha fatto dei grossi errori ed è finito su una strada dalla quale in pochi riescono ad uscire, ma ne è venuto fuori a testa alta grazie alla sua forza di volontà, e come lui stesso ha detto, grazie ai principi che in dodici anni di vita con noi ha appreso.
    Oggi è un bravo ragazzo, con un lavoro ben pagato e contratto a tempo indeterminato perché chi lo ha assunto ha visto in lui delle buone potenzialità dandogli fiducia.
    Mi piace pensare che il nostro corpo, fatto di cuore, cervello, fisicità è come una casa in affitto e dobbiamo trattarlo bene, non possiamo rompere ciò che vi abbiamo trovato onde evitare di dover poi ripagare il danno fatto. Sono contento di poter constatare che la casa che il Signore ha donato a Marco, chiedendo a noi di arredarla con valori e principi, oggi sia una casa confortevole dove possano trovare rifugio quegli insegnamenti scaturiti dal nostro grande amore per lui. Abbiamo sofferto nel periodo della preadolescenza per i suoi atteggiamenti, abbiamo sofferto quando ha deciso di andare via, abbiamo sofferto quando ci veniva a raccontare le stupidaggini che faceva, abbiamo sofferto quando abbiamo saputo in quale brutta strada si era messo, abbiamo sofferto quando lo osservavamo buttar via la sua vita e tutte le sue doti. Oggi abbiamo gioito nel vedere il bravo ragazzo che è diventato. Ci sono voluti dodici anni per ricostruire il tempio distrutto, ma oggi è più bello di prima. Questo ci da coraggio ad andare avanti. Nell’affido si soffre, e non poco, ma quando arriva la gioia, ed arriva, è gioia grande. Se mi chiedessero se ne sia valsa la pena non esiterei a rispondere si con tutto me stesso e tornerei indietro. Anzi no, sono già tornato indietro. Tante volte. Ogni inizio di un affido è tornare indietro, è ricominciare, è ritornare a soffrire, a piangere lacrime amare. Ma che bello pensare a quel giorno in cui potremo riabbracciarci con la gioia nel cuore per aver potuto vedere un così gran bel risultato. Bravo Marco. Forza e Coraggio Maria, adesso tocca a te.

  43.  

    Addì 10 novembre 2015

    In quel tempo, Gesù disse: «Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà quando rientra dal campo: Vieni subito e mettiti a tavola?
    Non gli dirà piuttosto: Preparami da mangiare, rimboccati la veste e servimi, finché io abbia mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai anche tu?
    Si riterrà obbligato verso il suo servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?
    Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare»

    Luca 17,7-10

  44.  

    Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare

    Foresta tropicale o deserto?

    La vita ci propone due strade: amare senza limiti oppure restare impermeabili alle emozioni.
    Una vita senza amore non posso nemmeno immaginare come possa essere e la strada di essere insensibile ai sentimenti altrui è arida, priva di fonti ove rinfrescarsi, senza un'oasi ove potersi riposare.
    Di contro un percorso durante il quale interagiamo con il prossimo porterà inevitabilmente nel nostro cuore sentimenti contrastanti. Un po' come essere in una foresta pluviale dove adesso piove e tra un attimo c'è un sole da far seccare la pelle, dove si trovano alberi capaci di proteggerti, ma anche una natura che sbarra il cammino e attraverso la quale ci si deve far strada a colpi di macete. Bellissima, meravigliosa, ma persino pericolosa e talvolta ingannatrice, con i suoi frutti e le belve feroci pronte a divorarti.
    Personalmente non mi piace camminare nel deserto, una strada senza fine, un luogo inospitale nel quale le persone si incrociano camminando a testa bassa e nemmeno si salutano. Amo la foresta con i suoi eccessi, adoro amare ed essere amato anche se questo significa essere esposto al rischio di essere ferito. Chi cammina nella giungla da qualche anno sa benissimo che se ci apriamo al prossimo riceviamo tutto quello che ci elargisce. Non possiamo accettare l'amore di una persona ed evitare che ci odi una volta che gelosia, invidia, rancore entrano nel suo cuore. Magari fossimo così bravi a lasciar entrare il bene e tenere fuori della porta il male. E purtroppo, per questo molti preferiscono viaggiare nel deserto, il dolore provocato da molti supera di gran lunga l'amore vero che in pochi sono capaci di donare. E' più facile chiudere la porta davanti a tutti, piuttosto che aprirla e soffrire. Siete mai andati a far more? Con i miei ragazzi ci sono andato spessissimo e torniamo sempre con le braccia e le gambe graffiate e sanguinanti, ma lingua è viola, la pancia piena, il gusto di dolce in bocca, la gioia di essere stati insieme e la riserva di marmellata per l'inverno. E' vero che nella vita i dolori sono tantissimi, ma l'amore ha un'intensità ed un sapore che non potremmo vivere senza. Le ferite si rimarginano, il ricordo di chi abbiamo amato e ci ha amato resta per sempre indelebile nei nostri cuori.
    Amare Dio è la stessa cosa. Tante di più sono le sofferenze che dobbiamo subire nel suo nome, ma grande e intensa è la gioia di averlo servito ricevendo il suo grande amore. Dio infatti è nel prossimo, nel tossicodipendente da far uscire dal tunnel della droga, nei ragazzi maltrattati e abbandonati da accogliere in casa, nel malato da assistere nella sofferenza. Quanti tossici hanno rubato in casa di chi li aiutava, si sono ributtati nella dipendenza dopo un cammino faticoso fatto insieme, quanti ragazzi accolti se ne vanno sbattendo la porta vedendo soltanto i problemi e non le opportunità che hanno ricevuto, quanti malati non ce la fanno e urlano la loro disperazione lasciandoci impotenti dinanzi all'inevitabile. Ma per cento che proviamo ad aiutare senza riuscirci o riuscendoci in parte tracciando profondi solchi dentro noi, basta il sorriso di uno di loro felice per l'amore ricevuto che tutto si colora di rosa e si riprende forza per accogliere ed amare ancora senza limiti.

  45.  

    Addì 11 novembre 2015

    Durante il viaggio verso Gerusalemme, Gesù attraversò la Samaria e la Galilea.
    Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi i quali, fermatisi a distanza, alzarono la voce, dicendo: «Gesù maestro, abbi pietà di noi!».
    Appena li vide, Gesù disse: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono sanati.
    Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce; e si gettò ai piedi di Gesù per ringraziarlo. Era un Samaritano.
    Ma Gesù osservò: «Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono?
    Non si è trovato chi tornasse a render gloria a Dio, all'infuori di questo straniero?». E gli disse:
    «Alzati e va; la tua fede ti ha salvato!»

    Luca 17,11-19

  46.  

    Non si è trovato chi tornasse a render gloria a Dio, all'infuori di questo straniero?

    Grazie

    Siamo troppo abituati a pretendere che tutto ciò che chiediamo ci sembra dovuto. Se guardate anche nella vita di tutti i giorni è raro ci siano manifestazioni pacifiche in cui una categoria di persone richiede venga loro riconosciuto un diritto. Ormai la forma è sempre quella di urlare e pretendere. Anche per noi è così. Se un figlio vuole qualcosa dai genitori non chiede pronto ad ascoltare le eventuali motivazioni di un no e rifletterci, ma chiede pretendendo che gli si dica subito si e nasce una guerra se il genitore prova ad esprimere un dubbio o una perplessità. Lo stesso vale per noi genitori quando pretendiamo dai ragazzi un certo modo di comportarsi, di vestirsi e persino di pensare, non ammettiamo ci disubbidiscano. Così facciamo con Dio. Se gli chiediamo di far guarire una persona a noi cara, di far tornare un figlio perduto, di farci trovare lavoro ci adiriamo con lui, finanche a perdere la fede, se non otteniamo tutto e subito. Le nostre richieste a Dio, ai genitori, ai figli spesso trovano però risposta positiva, ed in questo caso qual'è il nostro atteggiamento? Riteniamo sia giusto aver ottenuto, prendiamo atto del risultato e andiamo per la nostra strada. Tutto ci è dovuto per il semplice fatto di averlo richiesto e perché per noi era giusto averlo. Difficile che si ringrazi specie quando otteniamo un no, difficile accettare che la persona nella quale riponiamo fiducia possa averci risposto negativamente per il nostro bene, difficile ringraziare per quello che abbiamo, mai contenti, sempre alla ricerca di qualcosa di più.
    Ringraziamo quando otteniamo, ringraziamo quando non otteniamo continuando a chiedere con pacatezza, amore, fiducia.

  47.  

    Addì 12 novembre 2015

    In quel tempo, interrogato dai farisei: «Quando verrà il regno di Dio?», Gesù rispose:
    «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l'attenzione, e nessuno dirà: Eccolo qui, o: eccolo là. Perché il regno di Dio è in mezzo a voi!».
    Disse ancora ai discepoli: «Verrà un tempo in cui desidererete vedere anche uno solo dei giorni del Figlio dell'uomo, ma non lo vedrete.
    Vi diranno: Eccolo là, o: eccolo qua; non andateci, non seguiteli.
    Perché come il lampo, guizzando, brilla da un capo all'altro del cielo, così sarà il Figlio dell'uomo nel suo giorno.
    Ma prima è necessario che egli soffra molto e venga ripudiato da questa generazione»

    Luca 17,20-25

  48.  

    Il regno di Dio non viene in modo da attirare l'attenzione

    Avete un figlio preferito?

    Se una persona deve fare un'offerta, aiutare qualcuno attraverso un'ente, fare un lascito per beneficenza, donare il cinque per mille si rivolge a quelle associazioni più conosciute pensando siano le migliori rispetto alle altre. Non sono le migliori, sono solo le più conosciute perché hanno a disposizioni più mezzi per accedere a pubblicità e promozioni costose. Eppure nelle liste delle organizzazioni autorizzate dallo stato attraverso l'ufficio delle entrate se ne contano oltre quarantamila. Perché questo comportamento? Perché non andare oltre le belle pubblicità e cercare fra le meno note quelle che fanno un buon lavoro nel silenzio della quotidianità arrancando giorno dopo giorno, dispiaciuti per non riuscire a portare avanti un progetto per mancanza di soldi?
    Non sto facendo promozione all'Associazione Amici della Zizzi di cui sono responsabile perché tanta gente crede in noi e ci aiuta, siamo al 1.064° posto per donazioni del cinque per mille, ed in tanti ci conoscono per la pubblicità di cui sopra alla quale ci siamo dovuti adeguare per restare a galla, ma sarebbe bello se le persone non guardassero a tanti luccichii ed aiutassero chi più merita, non solo chi risplende maggiormente perché ha avuto la fortuna ed il merito di arrivare in prima fila, spesso non senza l'aiuto di qualche politico.
    Questo delle associazioni è solo un esempio per riflettere sul fatto che siamo tutti, chi più chi meno, a dare credito a coloro che riescono più degli altri ad attrarre l'attenzione. Non solo non è giusto verso gli altri, ma è senz'altro sbagliato perché in questo modo si tende a portare verso gli allori qualcuno a scapito di altri che lasciamo affogare.
    Quante volte ho sentito gelosie e invidie tra fratelli, spesso sfociate in furibonde liti durate una vita che talvolta hanno portato anche a fatti di sangue. In questi casi una buona parte di responsabilità è propria dei genitori che esaltano uno, il più bravo a scuola, il più diligente in casa, quello che ha più amici bravi ed educati, asso nello sport, a scapito dell'altro con meno capacità di socializzazione, minor propensione allo studio. E' una costante che il secondo, per emergere rispetto al fratello agli occhi dei genitori, proverà a fare di tutto, anche comportandosi male, pur di attirare la loro attenzione e dire "esisto anche io".
    E' difficile essere obiettivi quando un figlio ti riempie di attenzioni mentre un altro è già un miracolo se ti saluta, quando uno ti porta a casa tutti bei voti e gli insegnanti tessono le sue lodi mentre l'altro non fa altro che bocciare e a scuola colleziona note e rapporti. Non è facile certamente, ma è indispensabile che un genitore dia considerazione e amore in egual misura. C'è chi riesce, io spesso in questo ho fallito perché ogni persona ha bisogno di essere gratificato nei compiti che svolge, ma mi rendo conto che avere delle preferenze fa del male ai ragazzi messi maggiormente da parte e impedisce loro di crescere sereni alimentando il fuoco della gelosia e dell'invidia.
    Quando do un consiglio ad un genitore metto sempre in chiaro che la mia è teoria che provo a mettere in pratica, non sempre riuscendoci, ma già capire quale debba essere la strada da seguire è un primo passo per migliorare noi stessi e sopratutto dare un futuro migliore ai nostri figli.
    Scusatemi ragazzi per il male che posso avervi fatto, grazie per avermi voluto bene lo stesso.

  49.  

    Addì 13 novembre 2015

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come avvenne al tempo di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell'uomo:
    mangiavano, bevevano, si ammogliavano e si maritavano, fino al giorno in cui Noè entrò nell'arca e venne il diluvio e li fece perire tutti.
    Come avvenne anche al tempo di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano;
    ma nel giorno in cui Lot uscì da Sòdoma piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece perire tutti.
    Così sarà nel giorno in cui il Figlio dell'uomo si rivelerà.
    In quel giorno, chi si troverà sulla terrazza, se le sue cose sono in casa, non scenda a prenderle; così chi si troverà nel campo, non torni indietro.
    Ricordatevi della moglie di Lot.
    Chi cercherà di salvare la propria vita la perderà, chi invece la perde la salverà.
    Vi dico: in quella notte due si troveranno in un letto: l'uno verrà preso e l'altro lasciato;
    due donne staranno a macinare nello stesso luogo: l'una verrà presa e l'altra lasciata».
    Allora i discepoli gli chiesero: «Dove, Signore?». Ed egli disse loro: «Dove sarà il cadavere, là si raduneranno anche gli avvoltoi»

    Luca 17,26-37

  50.  

    Chi cercherà di salvare la propria vita la perderà, chi invece la perde la salverà

    Chi cerca non trova e chi non cerca trova

    Vi è mai capitato di cercare di ottenere qualcosa, l'attenzione di una persona, il lavoro, il dialogo con i propri cari, provandoci in tutti i modi possibili e immaginabili? Quante lotte, delusioni, pianti nella notte per non ottenere nulla. Poi un giorno quasi per miracolo vi svegliate e trovate un messaggio di quella persona tanto desiderata che vi vuole vedere, aprite la mail e un datore di lavoro vi chiede un colloquio, uscite di casa e vostro figlio baciandovi vi dice di volervi tanto bene. Non è la risoluzione al problema, ma è la speranza che si fa strada attraverso il buio. Quelle stesse tenebre che avvolgevano la vostra vita fino a qualche attimo prima adesso sono rischiarate da una luce bellissima che vi fa ritrovare il sorriso e la serenità.
    Questa è la Fede. Cercare un senso alla nostra vita, pensare e riflettere su chi siamo e dove andremo, capire se dopo la nostra morte ci sia un futuro o se tutto finisce, sopratutto interrogarsi se esista Dio. Il nostro cervello può arrivare molto in alto, ed è giusto usarlo per porsi delle domande. Ma un giorno provate ad abbandonarvi al non cercare di capire tutto e la realtà si manifesterà in maniera totalmente diversa portando luce e gioia nelle vostre vite.