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  1.  

    Addì 6 agosto 2015

    In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li portò sopra un monte alto, in un luogo appartato, loro soli. Si trasfigurò davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche.
    E apparve loro Elia con Mosè e discorrevano con Gesù.
    Prendendo allora la parola, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi stare qui; facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia!».
    Non sapeva infatti che cosa dire, poiché erano stati presi dallo spavento.
    Poi si formò una nube che li avvolse nell'ombra e uscì una voce dalla nube: «Questi è il Figlio mio prediletto; ascoltatelo!».
    E subito guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo con loro.
    Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare a nessuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell'uomo fosse risuscitato dai morti.
    Ed essi tennero per sé la cosa, domandandosi però che cosa volesse dire risuscitare dai morti.

    Marco 9,2-10

  2.  

    E' bello per noi stare qui

    E' bello per noi stare qui

    Quando porto i bimbi in qualche posto i loro occhi, sempre pieni di luce, si illuminano ancor di più e gioiscono in maniera straordinaria per l'eccitazione tanto di un viaggio, così come per una semplice gita. Ieri è stata una giornata stancante per tutti noi adulti, tra preparativi, valige, panini, organizzazione anche nelle piccole cose e la stanchezza era tanta, ma vedere la gioia dei ragazzi ha riempito il nostro serbatoio, ci ha dato la forza di camminare, correre, guidare pr centinaia di chilometri. Quando hanno visto il bellissimo albergo che ci ospita erano al settimo cielo. Molti di loro non si rendono conto di dove siamo, né perché siamo venuti qui, né tantomeno delle implicazioni che questi nostri giorni all'Expo per fare il calendario possono portare di beneficio all'Associazione e a tutti loro, ma sono felici. Felici di essere qui, felici di essere in vacanza con noi, felici per qualcosa che riempie i loro cuori e ieri sera i "grazie" si sprecavano, ed è stato bellissimo quando alcuni di loro hanno ringraziato Dio per le meraviglie che ci offre ogni giorno. Alle 6:20 li ho svegliati dal telefono dellamia stanza ... ed erano tutti già svegli e prontissimi, potere dell'adrenalina a contatto con un cuore puro che si esalta anche per le piccole cose.
    Impariamo da loro, impariamo a gioire, a ringraziare, ad eccitarci per ogni istante della nostra vita

  3.  

    Addì 7 agosto 2015

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.
    Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.
    Qual vantaggio infatti avrà l'uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima? O che cosa l'uomo potrà dare in cambio della propria anima?
    Poiché il Figlio dell'uomo verrà nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e renderà a ciascuno secondo le sue azioni.
    In verità vi dico: vi sono alcuni tra i presenti che non morranno finché non vedranno il Figlio dell'uomo venire nel suo regno»

    Matteo 16,24-28

  4.  

    Rinneghi sé stesso

    Siamo tutti come serpenti

    Un bambino si svegli al mattino e vuole restare a letto, poi giocare, guardare i cartoni animati e se fosse per lui mai si sognerebbe di andare all'asilo o a scuola. Arriva poi un giorno in cui si rende conto delle sue piccole responsabilità e, pur non avendone voglia, capisce che è doveroso andare a scuola, dove poi magari sta bene perché impara e si diverte con i suoi compagni di classe. In un secondo momento arriva l'adolescenza con le sue intemperanze e le aspettative cambiano, si pensa ad avere una ragazza o un ragazzo, si guarda con maggior consapevolezza alla scuola da fare, si comincia a pensare al futuro anche se tutto è ancora un po' annebbiato perché non abbiamo molto la percezione del mondo fuori dalla nostra campana di vetro. Arriva infine un giorno in cui ci si spoglia della veste di adolescenti e si diventa uomini e donne con interessi ben specifici, una scelta sentimentale più forte e più consapevole, uno sguardo al futuro tenendo ben saldi i piedi nel presente per mantenere le sicurezze conquistate e fornirne a chi abbiamo vicino.
    Vista l'alternanza di questi cambiamenti non vi viene mai da pensare che forse le fasi della vita non siano ancora finite? Avere una famiglia, un marito, una moglie, dei figli, un lavoro, una casetta tutta per noi, un lavoro più o meno sicuro che ci dia sussistenza, amici e passatempi non sia l'ultima spiaggia? Non pensate che possa esserci da fare un ulteriore mutamento di abito? Quando un bambino passa allo stato adolescenziale, oppure un ragazzo diventa uomo o donna, non lo fa perché c'è scritto in un libro, ma perché gli interessi si spostano dai giochini dentro la cesta in camera alla musica e al dialogo con gli amici, per poi arrivare alla maturità di adulti e tutto si compie non senza una certa fatica, non senza passare attraverso dubbi e perplessità, non senza cercare di restare ancorati in qualche modo alla nostra vita passata, ed è giusto "rinnegare sé stessi" e lasciare che i giochini facciano parte del passato, così come l'ascolto continuo della musica o lo stare sempre a scherzare cercando di piacere a tutti i costi. Come è bello restare un po' bambini quando si è grandi e avere l'entusiasmo dell'adolescenza quando si cresce. E' mio pensiero che a queste nostre mutazioni se ne debba ancora aggiungere una. Non c'è una data o un periodo, ma c'è una crescita, un capire che di quella pelle dobbiamo spogliarci ancora una volta per indossarne una nuova. Dobbiamo nuovamente "rinnegare" noi stessi, nuovamente passare ad un'altra fase, quella in cui, pur mantenendo gli impegni presi secondo le nostre scelte, marito, moglie, figli, dobbiamo fare qualcosa di più, maturare ancora una volta, lasciare nella cesta dei giochi tante, non tutte, le cose che più ci piacciono per fare l'ultimo sforzo, quello più importante, quello di capire che è giusto abbandonare il proprio egoismo, vedere noi stessi al centro dell'universo, pensare il mondo come al nostro servizio e cominciare a capire che esiste il prossimo, che fuori casa nostra c'è un mondo che soffre e siamo chiamati a crescere e rimboccarci le maniche. Non basta dare una monetina ogni tanto al ragazzo di colore che ci viene incontro con un sorriso a trentaquattro denti, non basta fare un'offerta all'associazione di turno o apporre la firma per donare il proprio cinque per mille, si deve entrare in campo, si deve smettere di guardare la partita ed è necessario cominciare a giocare. Basta fare i bambini certi che mamma e papà penseranno a tutte le loro necessità per mandare avanti la casa, o basta essere adolescenti per i quali la politica è solo una parolaccia e non interessarsi ai cambiamenti delle leggi e della vita sociale, così basta pensare da adulti al proprio orticello e che gli altri si arrangino. L'ultima fase, la più importante, è quella in cui rinneghiamo noi stessi e seguiamo, certamente con tanta fatica iniziale, ma poi con gioia, quei valori e principi che spostano l'attenzione da noi, dalla nostra stretta cerchia di affetti, agli altri, a coloro che soffrono per i quali non possiamo pensare siano altri a doversene occupare. Dobbiamo fare la nostra parte. Rinnegate voi stessi, spogliatevi della vostra pelle intrisa di una buona parte di egoismo e fate quel cambiamento che è necessario per arrivare alla piena maturità per la quale siamo venuti al mondo

  5.  

    Addì 8 agosto 2015

    In quel tempo, si avvicinò a Gesù un uomo che, gettatosi in ginocchio, gli disse: «Signore, abbi pietà di mio figlio. Egli è epilettico e soffre molto; cade spesso nel fuoco e spesso anche nell'acqua; l'ho gia portato dai tuoi discepoli, ma non hanno potuto guarirlo».
    E Gesù rispose: «O generazione incredula e perversa! Fino a quando starò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatemelo qui».
    E Gesù gli parlò minacciosamente, e il demonio uscì da lui e da quel momento il ragazzo fu guarito.
    Allora i discepoli, accostatisi a Gesù in disparte, gli chiesero: «Perché noi non abbiamo potuto scacciarlo?».
    Ed egli rispose: «Per la vostra poca fede. In verità vi dico: se avrete fede pari a un granellino di senapa, potrete dire a questo monte: spostati da qui a là, ed esso si sposterà, e niente vi sarà impossibile»

    Matteo 17,14-20

  6.  

    Abbi pietà di mio figlio

    Principessa o Sirena

    Per una bambina dover scegliere cosa diventare da grande è cosa assai difficile e la scelta se essere principessa o sirena è certamente ardua, tanto da far intenerire i cuori di ogni adulto dinanzi a tanta semplicità. Quale bambina non ha mai sognato di essere principessa? Ma la storia di JJ di sei anni è di quelle che fanno commuovere perché è affetta da una rara malattia per la quale diventerà cieca e sorda entro cinque anni. Tra breve non potrà più sentire il rumore del mare, il soffio del vento, la dolce voce della mamma, le confidenze delle amiche; non potrà più vedere il sorgere del sole, il viso del suo cantante preferito, il sorriso di un figlio. Immedesimatevi in quei genitori che portano nel cuore questa realtà e domandatevi come agireste voi? Disperazione e angoscia? Certamente, ma probabilmente ognuno di voi darebbe a questa sua bambina la gioia di poter vedere ed ascoltare tutto ciò che fra breve le sarà precluso, e così stanno facendo il suo papà e la sua mamma: aurora boreale, osservazione delle stelle, tramonto in riva al mare, tanti suoni e tante immagini da conservare nel proprio cuore e da ricordare quando all’età di undici, dodici anni rimarrà sorda e cieca. Tutto giusto, tutto bellissimo e come non poterlo condividere, ma io aggiungerei la preghiera, la lode verso Dio, il ringraziarlo per tutto ciò che ci dona, ed anche per chiedergli aiuto. Più di una volta nel Vangelo si parla di guarigioni “impossibili” di veri e propri miracoli che solo Dio può fare. Dobbiamo avere fede dinanzi a simili tragedie umane e chiedere aiuto al Signore anche quando la scienza getta la spugna e ci dice di accettare un destino doloroso. Per fede lo accetteremmo se dovremo farlo, ma non dobbiamo mai smettere di sperare, di pregare, di credere. Questo, anche questo, donerei a mia figlia, la speranza di una guarigione, la speranza di un miracolo

  7.  

    Addì 9 agosto 2015

    In quel tempo, i Giudei mormoravano di lui perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo».
    E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui conosciamo il padre e la madre. Come può dunque dire: Sono disceso dal cielo?».
    Gesù rispose: «Non mormorate tra di voi.
    Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno.
    Sta scritto nei profeti: E tutti saranno ammaestrati da Dio. Chiunque ha udito il Padre e ha imparato da lui, viene a me.
    Non che alcuno abbia visto il Padre, ma solo colui che viene da Dio ha visto il Padre.
    In verità, in verità vi dico: chi crede ha la vita eterna.
    Io sono il pane della vita.
    I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia.
    Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

    Giovanni 6,41-51

  8.  

    Io sono il pane della vita

    Un momento di sconforto

    Tutti noi, prima o poi, attraversiamo un momento di sconforto, sentiamo il peso della solitudine, siamo attanagliati dai debiti, la moglie o il marito ci hanno lasciato, i figli ci han girato le spalle, siamo vessati da ogni parte, provati, amareggiati dalla vita ed è facile arrivare ad un certo punto e cedere le armi, sdraiarsi sotto un albero e lasciarsi morire di fame, lasciarsi andare al bere, alla droga lasciandosi morire se non fisicamente almeno dentro smettendo di lottare, di camminare vero la fine naturale della vita compiendo tutte le tappe che Dio, o il destino se preferite, vorrà proporci. Davanti a tanta desolazione non riesco a capire come facciano gli amici atei a ritrovare la forza per alzarsi, per camminare, per darsi coraggio dinanzi alle avversità quando tutto rema contro di loro, quando su questa terra non c’è più nessuno disposto a dar loro una mano. Non a caso è in questi momenti che anche coloro che non hanno fede alzano gli occhi al cielo, quasi in un grido muto di speranza, come fosse l’ultima spiaggia che per tutta la vita hanno rifiutato e spesso offeso prendendo in giro chi invece avesse avuto fede. Ma in questi momenti di grande difficoltà ogni uomo è accomunato agli altri perché chi sia in difficoltà lo è comunque e a qualunque credo appartenga, sia esso cattolico, musulmano, ebreo, ateo ed in questi momenti ciascun uomo può essere preso da un momento di dolore al punto da desiderare la morte più di ogni altra cosa, al punto da mettersi all’ombra di un sicomoro ed attendere che tutto si compia. Ma in questi casi il Signore è comunque presente ed anche se non è chiamato manda i suoi angeli a donarci quel cibo che è il pane della vita, quel nutrimento che ci possa dare la forza di rialzarci e ricominciare a lottare. Quando è morta la mia mamma il mio unico desiderio per i primi nove mesi era quello di morire, non reagivo alla tragedia che mi aveva colpito e, pur non essendo apatico ma cercando di impegnarmi in mille situazioni, non provavo né piacere né gioia in nessuna delle cose che facevo. Ero a terra e stavo morendo dentro, ma ecco che un giorno c’è stato l’incontro con un angelo mandato da Dio, nei panni di Don Luigi, un angelo che mi ha consegnato la pergamena con le istruzioni per uscire dalla crisi “ci sono qui tante persone da aiutare”. Una verità sotto gli occhi di tutti, ma una realtà a me sconosciuta e impensabile, un cibo che non mi ha fatto morire allora e da quel giorno mi alimenta e mi sostiene donandomi quella forza necessaria a camminare sulla strada di accoglienza a bambini e ragazzi.
    Quando siete in crisi chiedete a Dio il pane della vita e state certi che vi manderà i suoi angeli a sostenervi ma, mi raccomando, non abbiate fretta, sarà il Signore a decidere quando sarete pronti per mangiare il cibo che vorrà inviarvi

  9.  

    Addì 10 agosto 2015

    In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.
    Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna.
    Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà.

    Giovanni 12,24-26

  10.  

    Se uno mi serve, il padre lo onorerà

    Il mestiere di genitori

    Un genitore vuole sempre bene ai suoi figli e non smetterà mai di volergliene anche se questi gli gira le spalle e decide di non vederlo più, e così è nei confronti di Dio, infatti se rifiutiamo di ringraziarlo, se smettiamo di credere, se rinunciamo a seguire i suoi principi egli ci amerà lo stesso e se fossimo in difficoltà e avessimo l’umiltà comunque di chiedergli aiuto, egli ce lo donerà a piene mani.
    Ma per un figlio che se ne va, un altro figlio resta. Per un figlio che non ha voglia di ascoltare gli insegnamenti di un padre, un altro lo segue e lo ascolta. Per un figlio che decide di andare alla ventura per le strade del mondo, un altro coinvolge il padre nella pianificazione del suo futuro. Il padre vorrà bene ad entrambi, sarà disponibile per ambedue in ogni momento, ma per colui che resta avrà un occhio di riguardo, un’attenzione in più perché avrà avuto il coraggio di affrontarlo, di dialogare, di ascoltare pur facendo le proprie scelte.
    E’ duro il mestiere di un padre, di un genitore, ma è il più bel mestiere del mondo.
    Quanti genitori si sono ritrovati a dover sopportare il periodo dell’adolescenza, gli scatti di nervoso dei propri figli, le decisioni prese per orgoglio e senza pensarci troppo. Quanto dolore, quanta tristezza nel vedere i propri ragazzi partire, uscire da quella casa che li ha visti protagonisti indiscussi e, dalla sera alla mattina, non ritrovarli più nella loro camera, non poter condividere con loro il pranzo o la cena, non essere partecipi dei loro sogni, gioie e delusioni, ma questa è una delle fatiche di essere genitori, ripagati dalla vita con cassetti pieni di ricordi, foto scolorite dagli anni che riportano alla mente attimi di felicità, ma soprattutto dalla certezza di averli cresciuti mettendo il massimo dell’impegno, quell’impegno che troverà riscontro quando li rivedremo uomini e donne, con un lavoro, una famiglia, onesti, stimati dagli amici. Poco importa se torneranno da noi per salutarci o condividere un altro pezzo di strada, il nostro mestiere trova compimento nella loro crescita, e se indegnamente avremo dato loro qualcosa di meritevole da essere portato in valigia per il resto degli anni e trasmesso ai propri figli, sarà già un successo, qualsiasi strada dovesse prendere nostro figlio, persino la via che dovesse portarlo alla legione straniera.

  11.  

    Addì 11 agosto 2015

    In quel tempo, i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli?».
    Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse:
    «In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli.
    Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli.
    E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me.
    Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli».
    Che ve ne pare? Se un uomo ha cento pecore e ne smarrisce una, non lascerà forse le novantanove sui monti, per andare in cerca di quella perduta?
    Se gli riesce di trovarla, in verità vi dico, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite.
    Così il Padre vostro celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli».

    Matteo 18,1-5.10.12-14

  12.  

    Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me

    Siamo uomini e donne oppure marionette?

    Quante famiglie oggigiorno sono divise al loro interno da continui litigi, quante persone non hanno una sistemazione stabile, quanti non hanno un lavoro o una casa dove abitare, quanti hanno una salute precaria. Ma quanti invece sono uniti, hanno un lavoro ed una casa e stanno bene in salute? Tantissimi, eppure su ventiquattro milioni e mezzo di famiglie italiane solo dodicimila accolgono un bambino in affido. Perché? Eppure un bambino da gioia; un bambino tolto dalla strada avrà maggiori probabilità di essere un adulto onesto, un bravo genitore migliorando così la nostra società. Anche il Vangelo, da duemila anni, incita all'accoglienza di un bambino "Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me", eppure sono così poche le persone che decidono di aprire la porta ad un bimbo in affidamento.
    Certo l'affido non è facile, non è semplice affrontare le difficoltà legate al rapporto con la famiglia di origine e talvolta non è neppure facile l'avere a che fare con i servizi sociali, ma fermatevi un istante a riflettere e pensate quanto sia difficile per un bambino vivere in una situazione familiare di degrado, maltrattamento, continui abusi e soprusi, ineducato ad affrontare la vita, vittima sin dalla nascita pur senza colpe con un destino già scritto nel dna della famiglia e del quartiere dove vive. Certo, non si possono e non si devono nascondere le difficoltà di un affido, ma siete uomini e donne o marionette in balia degli elementi? Le difficoltà si affrontano e si superano, voi avete gli strumenti per farlo, i bambini invece no. Rimboccatevi le maniche e accogliete un bambino, vi assicuro che la gioia di accudire un bimbo facendolo rinascere a nuova vita vi ripagherà di ogni sofferenza o fatica che dovrete subire e sopportare.
    Ieri è partito da casa nostra, all'età di ventun anni un ragazzo che era con noi da dodici anni, un tesoro di figliolo che ha scelto la sua strada, come era giusto che fosse. Un legame che non si scioglierà mai perché creato giorno per giorno con il dialogo e l'amore, un legame forte sentito da entrambe le parti, felici di averlo accolto, fatto crescere con un buon rapporto con la famiglia di origine, un figlio che abbiamo amato ed amiamo. Non c'è figlio che prima o poi non esca dal nido per trovare la sua strada, la sua dimensione, ed anche per i ragazzi in affido è ovviamente la stessa cosa, ma come per ogni genitore la cosa importante è avergli donato gli strumenti per camminare a testa alta in questo mondo. Buon viaggio Liyone, buon cammino e che il Signore ti possa essere sempre vicino

  13.  

    Addì 12 agosto 2015

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se il tuo fratello commette una colpa, và e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni.
    Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all'assemblea; e se non ascolterà neanche l'assemblea, sia per te come un pagano e un pubblicano.
    In verità vi dico: tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo.
    In verità vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà.
    Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro»

    Matteo 18,15-20

  14.  

    Se il tuo fratello commette una colpa, và e ammoniscilo

    Accoglienza e Perdono

    Don Luigi mi diceva sempre "giudica il peccato e non giudicare il peccatore". Da allora mi è stato sempre più facile accettare il prossimo, pur criticando le azioni a mio parere errate. Non c'è persona che abbia commesso un crimine, un drogato, un pedofilo, colui che maltratta un bambino o mi abbia fatto qualche torto che non sia capace di accogliere e perdonare, cosa facile per me perché sono il primo ed il più grande dei peccatori, ho fatto mille errori e non tutti in buona fede, ma il Signore mi ha sempre perdonato facendomi andare avanti, facendo in modo che con le sue dolci critiche arrivate dal suo cuore attraverso la bocca del mio prossimo potessi riflettere e cercare di cambiare, e qualche passo in avanti credo di averlo fatto. E' questo il modo migliore per cambiare il mondo: non puntare il dito, non giudicare, ma dialogare con coloro che riteniamo stiano sbagliando per mostrare che lo stesso problema lo si può affrontare e risolvere in vari modi, che il loro punto di vista di una situazione non è l'unico, ma sopratutto per dimostrare che è con il perdono e l'accoglienza che si cambia il mondo, che si cambiano le vite di coloro che sbagliano, che si cambia la nostra vita.
    Non giudicate, non parlate alle spalle, non escludete le persone, ma opponete loro la vostra critica in maniera costruttiva, dosando bene amore e decisione, al pari di come dovrebbe fare un genitore che non deve rinunciare a dire al figlio dove stia sbagliando, ma senza fargli mancare il suo appoggio ed il suo amore, come fa Dio con ognuno di noi.

  15.  

    Addì 13 agosto 2015

    In quel tempo Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?».
    E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette.
    A proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi.
    Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti.
    Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito.
    Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa.
    Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito.
    Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi!
    Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito.
    Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito.
    Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto.
    Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato.
    Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?
    E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto.
    Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello».
    Terminati questi discorsi, Gesù partì dalla Galilea e andò nel territorio della Giudea, al di là del Giordano.

    Matteo 18,21-35.19,1

  16.  

    Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me?

    Quanti muri avete eretto?

    Da sempre mi capita di sentire persone che hanno messo un muro al figlio, ai genitori, alle sorelle o fratelli. Un muro basato sul desiderio di rivalsa o vendetta, sull'orgoglio, sull'accidia. Ogni muro però ha due facciate entrambe dure e robuste, se abbiamo eretto una parete affinché una persona sbatta la testa se volesse venire da noi, anche noi ci troviamo di fronte un qualcosa che ci limita e, a forza di ergere muri, ci troveremo rinchiusi in un recinto molto stretto, con poca aria e nessun amico. Perdonare chi ci ha fatto del male non è solo un atto di clemenza, ma anche un egoismo perché il perdono rende liberi, abbatte quei muri che impediscono i nostri movimenti.
    Perdonare è un qualcosa di interno a noi e poco ha a che fare con le nostre azioni. Perdonare significa pregare per coloro che ci hanno fato del male, augurargli gioia e serenità non godendo delle loro disgrazie, giustificare le loro azioni cercando di capire ciò che hanno passato e sopratutto valutando quello che eventualmente abbiamo sbagliato noi. E' troppo facile e troppo comodo chiedere perdono delle nostre mancanze e pretendere di essere capiti se abbiamo alzato la voce in un momento di crisi, oppure non siamo stati vicini ad un amico che soffriva per non rivivere un passato triste e doloroso, se poi non siamo in grado di perdonare, capire, giustificare il nostro prossimo.
    Se il perdono nasce dal cuore, anche le azioni seguono quella strada in maniera naturale, ma se non abbiamo dentro di noi un senso di accoglienza verso chi sbaglia anche una rappacificazione sarà un qualcosa di forzato e prima o poi scoppierà nuovamente la lite tirando fuori il livore del passato.
    Tanti ragazzi sono andati via da casa nostra, non tutti in maniera esemplare, chi è partito rubando quanto ha potuto, chi dalla sera alla mattina con grande astio nei nostri confronti, chi legandosi a individui altamente problematici, ma per nessuno di loro provo inimicizia, li amo tutti come figli e li perdono per il mare che possano averci fatto, sperando che anche loro possano fare lo stesso nei nostri confronti. Il contatto non è comunque facile sia perché sono ragazzi che hanno preso la loro strada e non vogliono più guardarsi indietro, sia perché si è papà per sempre e se un figlio si allontana deve trovare un giorno la forza ed il coraggio di tornare a bussare alla porta di casa e solo allora il padre gli aprirà accogliendolo a braccia aperte. Andare a cercare un figlio che non vuole essere trovato, che non vuole vederti dopo essersene andato non è educativo e sarebbe persino deleterio perché potrebbe creare solchi ancora più grossi tra i cuori. Ricordo una lite molto forte con mio padre poco dopo la morte della mia mamma, discussione culminata con la mia uscita di casa. Convinto di avere ragione, e tutt'oggi ho questa idea, andai a dormire in una baracca per due mesi, ma poi capii che dovevo perdonare mio padre e fari perdonare da lui la mia intemperanza, così sotterrai il mio orgoglio di adolescente e tornai da lui. Non fu facile, ma fu una grande lezione di vita che mi è servita decine di volte. Devo dire che se fosse venuto lui da me probabilmente mi sarei corazzato ancora più contro di lui e non so dove sarebbe potuto andare il nostro rapporto.

  17.  

    Addì 14 agosto 2015

    Allora gli si avvicinarono alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: «E' lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?».
    Ed egli rispose: «Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse:
    Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola?
    Così che non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi».
    Gli obiettarono: «Perché allora Mosè ha ordinato di darle l'atto di ripudio e mandarla via?».
    Rispose loro Gesù: «Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così.
    Perciò io vi dico: Chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato, e ne sposa un'altra commette adulterio».
    Gli dissero i discepoli: «Se questa è la condizione dell'uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi».
    Egli rispose loro: «Non tutti possono capirlo, ma solo coloro ai quali è stato concesso.
    Vi sono infatti eunuchi che sono nati così dal ventre della madre; ve ne sono alcuni che sono stati resi eunuchi dagli uomini, e vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca»

    Matteo 19,3-12

  18.  

    Gli si avvicinarono alcuni farisei per metterlo alla prova

    Divorzio e messa alla prova

    La nostra natura umana ci impone di cercare continue sicurezze, e per questo mettiamo alla prova il nostro prossimo continuamente. Talvolta in maniera scherzosa, altre volte in tono più serio come fosse un interrogatorio, altre ancora usando il nostro ruolo, come nel caso di un professore in classe, ma siamo sempre alla ricerca di conferme, vogliamo la prova dell'amore, della considerazione, della lealtà di coloro che ci circondano. Ritengo questo comportamento come una mancanza di fiducia che in alcuni casi è giustificata dai fatti o dall'età, come nel caso di un figlio che sta crescendo, oppure in una coppia dove uno dei due abbia tradito e l'altro pur avendolo perdonato è maggiormente attento ad ogni piccolo sospiro. Ma questo continuo desiderio di controllo sul nostro prossimo, a volte morboso e fastidioso, porta ad un'insofferenza nei rapporti umani, al desiderio di sentirsi liberi ed ottiene, in molti casi, l'effetto contrario a quello desiderato e perseguito. La gelosia in particolar modo offusca la ragione ed una persona vede fantasmi ovunque portando un rapporto all'esasperazione. Ed ecco che per questo o per altri motivi le coppie, anche quelle sposate dinanzi a Dio, si separano, uno dei due lascia la casa costruita insieme e va a cercare i suoi spazi altrove. Penso che oggigiorno ci si sposi con troppa semplicità complice la sempre maggior elasticità nel divorziare, ma ogni cosa, specialmente il matrimonio, andrebbe ponderata bene e qualora ci fossero dei dissidi, liti o contrasti si dovrebbe fare di tutto per mantenere saldo il rapporto, in special modo da parte di chi ha fede e abbia fatto davanti a Dio una promessa così grande ed importante. Sul tema del divorzio ho sempre avuto nel cuore colui o colei che lo subisce. Se il marito o la moglie se ne vanno ed abbandonano la propria metà, quale colpa ne ha colui o colei che resta con il cerino in mano? Eppure una coppia di divorziati, per fortuna con Papa Francesco le cose stanno cambiando, è esclusa dai sacramenti e ciascuno dei due coniugi considerato un peccatore, anche nel caso che uno non ne abbia colpa ed abbia dovuto subire il volere dell'altro.
    Sul tema del perdono ancora grandi passi dobbiamo fare perché se Gesù ci insegna a non giudica e a non condannare un peccatore, tanto più non dovremmo mettere da parte almeno chi sia stato abbandonato dalla moglie o dal marito.

  19.  

    Addì 15 agosto 2015

    In quei giorni, Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda.
    Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta.
    Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo
    ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!
    A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?
    Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo.
    E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore».
    Allora Maria disse: «L'anima mia magnifica il Signore
    e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
    perché ha guardato l'umiltà della sua serva.
    D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
    Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente
    e Santo è il suo nome:
    di generazione in generazione
    la sua misericordia si stende su quelli che lo temono.
    Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
    ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili;
    Ha ricolmato di beni gli affamati,
    ha rimandato a mani vuote i ricchi.
    Ha soccorso Israele, suo servo,
    ricordandosi della sua misericordia,
    come aveva promesso ai nostri padri,
    ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre».
    Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua

    Luca 1,39-56

  20.  

    A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?

    Mamme, dove trovate la forza?
    L'esempio di una mamma

    Quando vogliamo raggiungere uno scopo pensiamo a chi incarni la perfezione in qull'ambito e facciamo di tutto per imitarlo. Così ad esempio è nello sport, si guarda a uno che ha raggiunto la cima e diventa un idolo da seguire, lo stesso dicasi per la musica e in qualsiasi altro campo. Nella vita seguiamo le impronte di quelle persone che ci hanno donato amore e principi e quale miglior esempio se non quello di una mamma? E' vero che non tutte le mamme si comportano bene con i propri figli, ma quelle che non li amano o li maltrattano sono un numero esiguo rispetto a tutte quelle disposte a dare la vita per il proprio bambino. Don Luigi nelle sue prediche amava ricordare la sua mamma quando con infinita tenerezza lo chiamava "saporito mio". Quante mamme combattono per i propri figli contro gli spacciatori o chiunque voglia far loro del male, quante mamme sopportano angherie e soprusi anche da parte dei propri ragazzi, quante mamme sono disposte a perdonare e non perdere la speranza nei confronti di un figlio considerato ormai perso da tutti, quante mamme sono disposte a portare nel proprio animo pene inenarrabili. Per noi l'esempio da seguire è la mamma, ma ci siamo mai domandati dove queste super donne riescano a trovare la forza per sopportare, amare oltre ogni limite, piangere di nascosto per mostrare ai figli sempre un volto sorridente? Sicuramente nell'amore e nel legame smisurati per il proprio bambino, ma quando le cose vanno male, quando un figlio si ribella o si va a cacciare nei guai, dove attingono il coraggio? Ogni mamma darà la sua risposta e spero lo facciano per condividere con tutti noi queste loro grandi capacità, ma penso che molte guardino al loro idolo, alla Mamma per eccellenza, a colei che ha saputo accettare pienamente e totalmente il volere di Dio: Maria, la mamma di Gesù che ha accettato, come farebbe ciascuna mamma, di soffrire accogliendo nel proprio grembo questo bambino, aprendo le porte del cuore alla volontà di Dio, facendoi madre di tutti noi

  21.  

    Addì 16 agosto 2015

    In quel tempo, Gesù disse alla folla dei Giudei: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
    Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».
    Gesù disse: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita.
    Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno.
    Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
    Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui.
    Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me.
    Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno»

    Giovanni 6,51-58

  22.  

    Io sono il pane vivo, disceso dal cielo

    Cosa date da mangiare ai vostri figli?

    Ogni giorno in casa nostra è festa, e come potrebbe essere altrimenti con tanti bambini pieni di gioia che giocano felici, e pochi sono i momenti di stasi con mille cose da fare. Ognuno di noi, compresi i volontari provenienti da ogni parte d'Italia, si prodiga per loro nel modo migliore che conosce giocando, facendoli studiare, parlandoci, pulendo casa. Un momento fondamentale è la preparazione dei pasti. Si inventano sughi, si infornano le pizze, si preparano le frittelle di Paperino, si dosano gli ingredienti per il Gazpacho e la Paella. Tutto per loro, tutto per i nostri bimbi ai quali diamo da mangiare pietanze succulente cercando di renderli felici stuzzicando il loro palato e la loro golosità. Ma tutto questo sarebbe inutile se non ci fosse il dono di noi stessi, se non ci fosse da parte di ciascuno la gioia di stare con loro. Il volontario che arriva da noi può essere in visita per capire chi siamo o per semplice curiosità, ed è un bene perché ci fa piacere che la nostra realtà venga conosciuta e le persone possano avvicinarsi in qualche modo all'affido e all'accoglienza verso i bambini, ma può essere anche chi sia venuto per fare un'esperienza diversa e restarne talmente invischiato da sentirsene coinvolto, un po' come se rappresentassimo una seconda famiglia dove tornare quando possibile. Arnold, Nikita, Ylenia, Francesco, Heidi, Pica Chu e tutti gli altri rappresentano per molti i fratellini più piccoli, i nipotini, i cuginetti da amare e sostenere diventando loro amici, bagnando i loro cuori di lacrime di gioia nel momento del saluto certi dell'affetto reciproco. Diamo tanto a questi ragazzi, ma la cosa più importante è dare loro noi stessi, lasciare che ogni giorno mangino un pezzetto di noi perché questo cibo per loro è linfa vitale necessaria per crescere, capire il mondo, allenarsi per il futuro. Il cibo che diamo loro non è un alimento eterno: avranno sempre bisogno di essere amati, accuditi, supportati, consigliati e se un giorno non ci saremo più noi a farlo qualcun'altro dovrà prendere il nostro posto affinché questi ragazzi non muoiano di fame. Ecco che per ogni genitore diventa fondamentale indicare ai propri figli dove potersi procurare quelle pietanze in grado di sfamarli per sempre. Ognuno ha le sue ricette, personalmente vedo in Dio e nei valori che egli ci insegna attraverso il Vangelo, quel nutrimento per l'anima, per crescere non solo nel corpo ma anche nello spirito ed avere un domani non solo la forza fisica, ma anche la forza morale per camminare per le strade del mondo con sani principi.

  23.  

    Addì 17 agosto 2015

    Ed ecco un tale gli si avvicinò e gli disse: «Maestro, che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?».
    Egli rispose: «Perché mi interroghi su ciò che è buono? Uno solo è buono. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti».
    Ed egli chiese: «Quali?». Gesù rispose: «Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso,
    onora il padre e la madre, ama il prossimo tuo come te stesso».
    Il giovane gli disse: «Ho sempre osservato tutte queste cose; che mi manca ancora?».
    Gli disse Gesù: «Se vuoi essere perfetto, và, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi».
    Udito questo, il giovane se ne andò triste; poiché aveva molte ricchezze.

    Matteo 19,16-22

  24.  

    Vendi quello che possiedi e dallo ai poveri

    Siamo tutti estremamente ricchi

    Non c’è persona che non abbia una grandissima ricchezza, ognuno di noi ha infatti un proprio bagaglio culturale, di esperienze, saggezza, capacità manuali, intellettive, organizzative. A tal proposito possiamo tenere per noi questi valori e avvantaggiarcene per i propri scopi, oppure venderli o donarli per contribuire a migliorare la vita di coloro che hanno difficoltà a vivere, siano essi poveri senza cibo, bambini non ancora formati e ricchi solo potenzialmente oppure ricchi incapaci di utilizzare il proprio patrimonio. Il capitale iniziale di partenza è differente da persona a persona, taluni con pochissime risorse incapaci di razionalizzarle, oppure c’è gente che nasce in situazioni di estremo disagio e non abbia la forza o l’esempio per utilizzare le potenzialità di cui è dotata. Spetta pertanto ai più fortunati, a coloro che hanno ricevuto di più o sono cresciuti in paesi dove la carestia e le guerre sono solo racconti lontani anni luce, aiutare gli altri donando il proprio sapere ed aiutandoli a far emergere la ricchezza che hanno dentro sé stessi. Quando nel Vangelo Gesù dice “Vendi quello che possiedi e dallo ai poveri” intende certamente le ricchezze materiali, ma anche quel patrimonio che ci è stato donato da Dio e che abbiamo fatto crescere con la nostra perseveranza, lo studio, l’insegnamento di chi ci abbia preceduto. Nessuno di noi è tanto povero da non poter donare sé stesso agli altri, è sempre e solo una questione di volontà

  25.  

    Addì 18 agosto 2015

    Gesù allora disse ai suoi discepoli: «In verità vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli.
    Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli».
    A queste parole i discepoli rimasero costernati e chiesero: «Chi si potrà dunque salvare?».
    E Gesù, fissando su di loro lo sguardo, disse: «Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile».
    Allora Pietro prendendo la parola disse: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne otterremo?».
    E Gesù disse loro: «In verità vi dico: voi che mi avete seguito, nella nuova creazione, quando il Figlio dell'uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele.
    Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna».
    Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi».

    Matteo 19,23-30

  26.  

    Chi si potrà dunque salvare?

    Ci meritiamo tutto questo?

    La libertà di cui godiamo è assai ampia e così come possiamo scegliere quale vestito indossare o dove andare in vacanza, se uscire a cena fuori o recarsi al cinema, parimenti decidiamo come comportarci nei confronti delle persone. Se ci accorgiamo che la mamma o il papà stanno facendo un lavoro possiamo continuare a giocare, far loro compagnia o aiutarli nell’incombenza; se vediamo un povero stabiliamo se passare oltre senza degnarlo di uno sguardo, dargli qualche centesimo, regalargli un sorriso o invitarlo a casa nostra a pranzo; se veniamo a conoscenza dei tanti problemi che affliggono i bambini possiamo andare oltre facendo finta di non aver sentito, aiutare chi li accoglie, ospitarli nelle nostre case in affidamento o lottare per loro per il resto della nostra vita; se entriamo in un ospedale e vediamo persone sole sofferenti in un letto scegliamo se passare alla corsia seguente, avvicinarsi loro per chiedere come stanno, tornare a trovarli e tenere loro la mano. Ognuno vede dentro il proprio cuore e sa quale sia la cosa giusta da fare. Non c’è atto che non abbia la sua ricompensa, anche quelli più reconditi e segreti. Se diamo aiuto ad un ragazzo che vive per la strada vendendo accendini, se scambiamo con lui una parola ogni tanto, se gli battiamo il cinque mentre passiamo in bicicletta riceveremo in cambio il suo sorriso e la sua amicizia sincera; se aiutiamo una vecchina a portare le borse e la ascoltiamo mentre ci racconta i bei tempi passati riceveremo buoni consigli da spendere nella nostra quotidianità; se siamo bravi con i nostri genitori saranno più benevoli nel concederci ciò che chiederemo in un secondo momento. Non dobbiamo fare qualcosa per gli altri per riceverne un compenso, ma questo arriverà puntuale se sapremo apprezzare il sorriso di un bambino, un suo abbraccio, il saluto di un barbone scontroso, le mani giunte da chi abbia una fede diversa, il rispetto di un avversario. Il Signore ci promette mari e monti e se saremo generosi con il prossimo, ma è così buono da donarci molto di più di quanto ci meritiamo anche in anticipo, sulla fiducia. Gioisco infatti nel vedere quante opportunità ci riserva, quanto amore ci dona, dispiace che non tutti le apprezzino e valutino la salute, un bel tramonto sul mare, una famiglia che ci ami come cose dovute e naturali per le quali ci scordiamo troppo spesso di ringraziarlo, magari maledicendolo se un giorno non dovessimo averle più. Domandiamoci piuttosto se ce le meritiamo, se ce le siamo guadagnate e se la risposta fosse no cominciamo oggi stesso a servire il nostro prossimo

  27.  

    Addì 19 agosto 2015

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna.
    Accordatosi con loro per un denaro al giorno, li mandò nella sua vigna.
    Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano sulla piazza disoccupati
    e disse loro: Andate anche voi nella mia vigna; quello che è giusto ve lo darò. Ed essi andarono.
    Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre e fece altrettanto.
    Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano là e disse loro: Perché ve ne state qui tutto il giorno oziosi?
    Gli risposero: Perché nessuno ci ha presi a giornata. Ed egli disse loro: Andate anche voi nella mia vigna.
    Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: Chiama gli operai e dà loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi.
    Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro.
    Quando arrivarono i primi, pensavano che avrebbero ricevuto di più. Ma anch'essi ricevettero un denaro per ciascuno.
    Nel ritirarlo però, mormoravano contro il padrone dicendo:
    Questi ultimi hanno lavorato un'ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo.
    Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse convenuto con me per un denaro?
    Prendi il tuo e vattene; ma io voglio dare anche a quest'ultimo quanto a te.
    Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?
    Così gli ultimi saranno primi, e i primi ultimi».

    Matteo 20,1-16a

  28.  

    Non posso fare delle mie cose quello che voglio?

    Invidie e gelosie

    Pensiamo continuamente di essere vittime di ingiustizia, riteniamo che gli altri abbiano di più senza meritarlo quanto noi e ci amareggiamo la vita arrivando a odiare il nostro prossimo. Dovremmo però imparare a guardare dentro di noi, a vedere se ciò che abbiamo è giusto o sbagliato per migliorarci senza però fare paragoni, senza criticare il datore di lavoro se da più ad altri che a noi, il genitore che permette a mio fratello di giocare un’ora in più mentre io sono costretto a studiare. Impariamo a ringraziare per quello che abbiamo, a non essere invidiosi se altri hanno più di noi, ad essere felici per i risultati raggiunti. Quanta ipocrisia c’è in noi, sempre pronti a brontolare perché abbiamo meno del nostro vicino, ma non ho mai sentito qualcuno arrabbiarsi per avere noi qualcosa più di altri. Quanti italiani emigrano in Germania o Svizzera ma nessuno dice nulla, guai però se un somalo o un eritreo osa venire in Italia. Se i tedeschi, gli svizzeri, gli americani trattassero un italiano in cerca di fortuna nel loro paese al pari di come noi trattiamo un extracomunitario che sbarca sulle nostre coste, saremmo pronti a fare una guerra mediatica, ad inveire contro il loro razzismo e a pretendere le scuse per il nostro connazionale. Guardiamo al nostro orticello, facciamo in modo che cresca bene, sano e rigoglioso, senza invidie e gelosie ed il mondo sarà migliore

  29.  

    Addì 20 agosto 2015

    In quel tempo, rispondendo Gesù riprese a parlare in parabole ai principi dei sacerdoti e agli anziani del popolo e disse:
    «Il regno dei cieli è simile a un re che fece un banchetto di nozze per suo figlio.
    Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non vollero venire.
    Di nuovo mandò altri servi a dire: Ecco ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e i miei animali ingrassati sono gia macellati e tutto è pronto; venite alle nozze.
    Ma costoro non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari;
    altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero.
    Allora il re si indignò e, mandate le sue truppe, uccise quegli assassini e diede alle fiamme la loro città.
    Poi disse ai suoi servi: Il banchetto nuziale è pronto, ma gli invitati non ne erano degni;
    andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze.
    Usciti nelle strade, quei servi raccolsero quanti ne trovarono, buoni e cattivi, e la sala si riempì di commensali.
    Il re entrò per vedere i commensali e, scorto un tale che non indossava l'abito nuziale,
    gli disse: Amico, come hai potuto entrare qui senz'abito nuziale? Ed egli ammutolì.
    Allora il re ordinò ai servi: Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti.
    Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

    Matteo 22,1-14

  30.  

    Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti

    Abbiamo vinto le elezioni

    In periodo di elezioni molte persone sono iscritte nelle liste elettorali ma pochi vengono scelti dal popolo a rappresentarli. Nella quotidianità funziona al contrario, nel senso che molti vengono scelti per rappresentare il mondo, ma pochi ne sono all’altezza e miseramente falliscono. Pensate ad un professore, al fatto di essere chiamato a rappresentare la nostra cultura e ad insegnare ai ragazzi un modo di comportarsi influenzandoli nelle loro scelte future, eppure tutti noi sappiamo bene quanti di essi falliscono questo compito così importante. Pensate ai sacerdoti, al loro compito di indirizzo morale e a quanti di loro danno cattivo esempio rubando, compiendo atti di pedofilia, ubriacandosi costantemente. Pensate ai genitori, al loro fondamentale incarico di allevare i figli, ma negli atti dei tribunali ci sono pagine piene di racconti terrificanti, di papà che seviziano, mamme che vendono i propri bambini. Mi piace però sempre guardare in positivo e se anche ci sono tante persone che non assolvono la propria missione su questa terra, ce ne sono tantissimi che invece svolgono il proprio ruolo in maniera encomiabile. Chi o quanti siano non spetta a noi giudicarlo, sarà Dio a valutare ogni nostra azione, ma non basta essere professori, sacerdoti, genitori, medici, poliziotti, allenatori per essere eletti, dobbiamo comportarci bene durante tutto il pranzo di gala, durante tutta la nostra vita affinché il nostro esempio possa formare altri al nostro ruolo.

  31.  

    Addì 21 agosto 2015

    In quel tempo, i farisei, udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della legge, lo interrogò per metterlo alla prova:
    «Maestro, qual è il più grande comandamento della legge?».
    Gli rispose: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente.
    Questo è il più grande e il primo dei comandamenti.
    E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso.
    Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

    Matteo 22,34-40

  32.  

    Amerai il prossimo tuo come te stesso

    Mi doni quel sorriso che vorresti ricevere?

    La mattina ci alziamo e vorremmo ricevere coccole e colazione a letto, svegliarci con calma senza urla con la persona amata che ti accarezza la fronte. Vorremmo un lavoro gratificante e ben pagato, desidereremmo una quotidianità senza problemi da risolvere con ogni cosa al suo posto, una famiglia dove gioia e amore eccheggiano in ogni angolo della casa con i figli ubbidienti e studiosi, la moglie ed il marito dolci e premurosi. Vorremmo per noi la casa del Mulino Bianco, la vita di una principessa delle favole, la salute di un pesce, la gioia spensierata di vivere di un bambino piccolo. Sappiamo tutti che la realtà è diversa e nulla possiamo fare se il mondo esterno ci è ostile, se ci sono persone cattive che uccidono i nostri sogni, ma se cominciassimo noi a cambiare il mondo? Se cominciassimo noi ad amare il nostro prossimo nello stesso modo di come vorremmo che gli altri si comportassero con noi? Cominciamo noi a donare a chi ci è vicino una quotidianità priva di urla, piena di pazienza, nella quale risolvere i problemi con garbo, dialogo e sorrisi. A noi piacerebbe se gli altri ci trattassero male, anche se fossimo in torto? No certamente, ed allora iniziamo noi per primi a non trattare male il nostro prossimo, ad amarlo come vorremmo essere amati e se il mondo non cambierà nel giro di pochi giorni, certamente la pace che regnerà in casa nostra migliorerà la nostra vita e quella di coloro che ci circondano

  33.  

    Addì 22 agosto 2015

    In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:
    «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei.
    Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno.
    Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito.
    Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini: allargano i loro filattèri e allungano le frange;
    amano posti d'onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe
    e i saluti nelle piazze, come anche sentirsi chiamare "rabbì''dalla gente.
    Ma voi non fatevi chiamare "rabbì'', perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli.
    E non chiamate nessuno "padre" sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo.
    E non fatevi chiamare "maestri", perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo.
    Il più grande tra voi sia vostro servo;
    chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato.

    Matteo 23,1-12

  34.  

    Chi si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato

    Eterni bambinoni

    C’è un momento nella vita in cui si smette di essere bambini e si diventa adulti. E’ un percorso che avviene gradualmente, ma c’è un picco oltre il quale non si può andare e si deve cominciare il cammino verso la maturità. Un bambino è accudito in ogni sua necessità, viene portato per mano ovunque, gli si dice di lavarsi, come vestirsi, gli si impone di andare a scuola, si scelgono gli ambienti da frequentare. Un adulto è colui che decide per conto suo, fa scelte su cosa indossare, quali amicizie frequentare, quando uscire, dove andare, quanto bere, quale lavoro svolgere. Molti ragazzi adolescenti, una volta raggiunta la maggiore età e fatto qualche passo entrando nei vent’anni, sentono forte il richiamo della foresta e iniziano a comportarsi da adulti pretendendo di prendere decisioni sulla loro vita, senza però rendersi conto di non essere ancora divenuti adulti. Adulto non è solo colui che si affranca dalle decisioni dei genitori per vivere la sua autonomia, ma elemento fondamentale per essere adulto è quello di prendersi sulle spalle le responsabilità proprie e del prossimo. E’ facile decidere di non lavorare quando ci è stato assegnato un compito se comunque troviamo sempre il piatto in tavola; è facile decidere di non lavarsi o indossare i soliti vestiti o avere atteggiamenti maleducati se comunque si è sempre accettati; è facile essere opportunisti e non essere di supporto se si ha di meglio da fare perché sappiamo che saremo comunque amati. Adulto è colui che smette di essere accudito e inizia a prendersi cura di chi ha intorno; adulto è chi è responsabile della propria vita prendendo decisioni definitive per il proprio futuro; si diventa adulti quando si impara a servire gli altri prima di noi stessi; adulto è chi non si comporta come una bandiera al vento cambiando comportamento a seconda di chi incontra vendendo i propri valori e andando contro le regole del luogo dove vive solo per compiacere o per non mettersi in urto con altri; adulto è chi insegna ai più piccoli con il proprio esempio un comportamento corretto. Ci sono persone che restano eterni bambini perché maturare fa paura, prendersi le proprie responsabilità è faticoso, accudire gli altri è assai oneroso e spesso poco gratificante che non farsi accudire, affrontare una discussione e chiedere scusa fa stare male ed allora si preferisce nascondersi e continuare a trovare ogni modo per non fare il proprio dovere. Questi bambini cresciuti nel fisico ma non nel cervello sono coloro che vagano per le strade del mondo alla continua ricerca di approvazioni da parte degli altri, alla ricerca di un lavoro, di una sistemazione. Sono quelli che perdono gli affetti che si sono costruiti perché incapaci di mantenerli con maturità e responsabilità. Bambini di ieri crescete perché non tutti sono disposti ad accettare le vostre piccolezze, le regole non rispettate di nascosto, il vostro desiderio di divertirvi alle spalle di chi vi sta preparando da mangiare, di chi vi paga le bollette ed i vestiti e vi da un tetto sotto cui dormire. E se anche trovaste qualcuno tanto buono e generoso da accettarvi per quello che siete, vi assicuro che alla lunga si stancherà e chiederà e si allontanerà da voi facendovi precipitare con il sedere per terra. Si, è vero, si può sempre ricominciare, ma le cadute fanno male, ed anche se farete “spallucce” dicendo “peggio per chi non mi apprezza”, la sofferenza si farà largo dentro di voi. Se non volete soffrire prendete in mano la vostra vita ed assumetevi le vostre responsabilità nei confronti di chi vi circonda, fatevi voi servi del vostro prossimo, non aspettate di sedervi in tavola per mangiare e ridere con gli amici del momento che oggi ci sono e domani sono lontani, entrate in cucina e preparate voi il pranzo, rigovernate le stoviglie che voi stessi avete utilizzato, togliete un po’ di peso a coloro che con amore vi hanno accudito e cresciuto, ma non perché lo dovete fare, ma perché sentite di volerlo fare per amore, quello stesso amore che per anni e anni è stato a voi donato senza chiedere nulla in cambio.

  35.  

    Addì 23 agosto 2015

    In quel tempo, molti tra i discepoli di Gesù, dissero: «Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?».
    Gesù, conoscendo dentro di sé che i suoi discepoli proprio di questo mormoravano, disse loro: «Questo vi scandalizza?
    E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima?
    E' lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita.
    Ma vi sono alcuni tra voi che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito.
    E continuò: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre mio».
    Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui.
    Disse allora Gesù ai Dodici: «Forse anche voi volete andarvene?».
    Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna;
    noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio»

    Giovanni 6,60-69

  36.  

    Forse anche voi volete andarvene?

    Parole dure che allontanano

    Chi ha un po' di anni di esperienza ha conosciuto moltissima gente, si è confrontato con decine e decine di situazioni, ha dovuto dire addio a diverse persone. Quasi tutti abbiamo visto allontanarsi da noi una persona con la quale avevamo intrapreso un cammino: il socio in affari, il marito o la moglie, il figlio. I motivi possono essere tanti, dal desiderio di una nuova vita, ad una lite, all'idealizzazione di un'altra persona, ma spesso capita che qualcuno possa abbandonarci per la durezza delle nostre idee, per sani principi che propugniamo. La debolezza del genere umano si manifesta proprio nella leggerezza e nella superfiacialità. Si trovano infatti compagni di viaggio perché sanno parlare bene e poco importa se non si capisce cosa dicono, oppure perché sono belli ed affascinanti e poco importa se sono vuoti dentro. In altri casi invece ci sono dati dal Signore e quelli sono, come i propri genitori, ma la vita ci impone di abbandonare la vacuità degli atteggiamenti e vedere dentro l'animo del nostro compagno di viaggio, ed è allora che iniziano i problemi. E' classico nei figli in crescita perché da piccoli vedono le regole quasi come un gioco e studiano per avere la possibilità di giocare, mettono a posto le loro cose per avere un premio, si curano nell'aspetto per ricevere i complimenti delle amiche di mamma, ma quando crescono e vengono proposti loro valori e principi cominciano a capire di non poter prendere a piene mani e nella vita si deve dare, dare e poi ancora dare per ricevere con il contagocce. Taluni accettano questo stato di cose, ne prendono atto e maturano, diventano adulti e buoni genitori, altri invece si rifiutano e inveiscono non solo contro le regole, ma contro colui che le propone e quindi uno da cui allontanarsi.
    Qual è allora il modo per fermarli? Non dare loro regole e valori? Ma in questo caso tradiremmo lo spirito di genitori, educatori, insegnanti. Ritengo invece doveroso proporre al prossimo i nostri principi ed instaurare semmai un dialogo per ammorbidirli o interpretarli alla luce di varie situazioni, ma mai rinunciarvi solo per far sì che resti con noi, sarebbe come essere bandiere al vento che si muovono a seconda dell'interesse del momento. In tanti si allontanano da Dio perché le parole dure del Vangelo fanno paura, ma bisogna capire che sono parole di amore, dettate per salvarci l'anima, per donarci una condotta sana e forte. Quanti figli ho visto andare via, insofferenti alle regole di casa, ai valori professati, portati avanti e difesi strenuamente anche dagli attacchi esterni, ma tornare dopo anni a rifarsi vivi con una telefonata, una visita, una lettera per dire di aver sbagliato ad allontanarsi, per dire che quei valori, un giorno rifiutati, li hanno fatti uscire da brutte situazioni. Se per tenerli nel nostro alveo, e prima o poi comunque se andrebbero per seguire la loro strada, rinunciassimo ad insegnare loro le regole di vita nelle quali crediamo rinunceremmo a dare loro la cosa più preziosa che abbiamo, il nostro spirito ed il nostro amore.

  37.  

    Addì 24 agosto 2015

    Filippo incontrò Natanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazaret».
    Natanaèle esclamò: «Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi».
    Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c'è falsità».
    Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto il fico».
    Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d'Israele!».
    Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto il fico, credi? Vedrai cose maggiori di queste!».
    Poi gli disse: «In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell'uomo»

    Giovanni 1,45-51

  38.  

    Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto il fico, credi?

    Relazioni intrise di gelosia

    Le persone per la loro natura sono dubbiose, non credono a nulla di ciò che gli si dice, a volte non credono nemmeno all'evidenza dei fatti. Spesso per gelosia si inventano delle situazioni nelle quali poi si ingarbugliano facendosi male da soli e nel vedere una cosa la valutano in un unico senso non pensando possano esserci altre spiegazioni. E' l'ignoranza dei popoli allorquando vedevano un malato di lebbra e lo condannavano perché l'unica spiegazione logica a tanto male era la punizione divina ai suoi molti peccati. E' bello però che alcuni si fidino delle parole dell'altro e davanti ad un fatto ascoltino le altrui spiegazioni o, meglio ancora, se fidandosi non si facessero venire alcun dubbio. Capita raramente di incontrare chi ha questa fiducia nel prossimo perché troppe volte siamo stati traditi, imbrogliati, raggirati, ma se apriamo la nostra mano vediamo cinque dita, tutte sono "dita", ma sono tutte diverse tra loro. Questo significa che se una persona ci ha preso in giro, lo stesso un'altra ed un'altra ancora non dobbiamo pensare che tutti siano uguali e dobbiamo imparare a dare fiducia al prossimo senza preconcetti o facendosi film strani nella propria mente
    Quanti non ci piacciono: quello parla male di tutti, l’altro ha strani atteggiamenti con i bambini, l’altro ancora beve a dismisura, ma quanti però potrebbero essere nostri amici, quanti potrebbero aiutarci a trovare quanto stiamo cercando da anni, quanti potrebbero donarci amore. Se respingiamo il prossimo perderemo mille occasioni, se saremo dubbiosi e gelosi porteremo il nostro rapporto con gli altri su lidi pericolosi fatti di liti e malumori. Quando qualcuno ci chiama non voltiamogli le spalle, diamogli fiducia, ascoltiamo la sua parola, accettiamo il suo amore così come celo offre e non come lo vorremmo noi. Se il vostro sogno fosse di avere una bellissima casa con il portico in legno massello, il focolare scoppiettante, le tendine del vostro colore preferito, gli archi a volta, il soppalco e le nicchie nel muro, la luce soffusa ed ogni automatismo possibile, ma un giorno arrivasse una persona che vi regalasse una casa bella, ma non così bella come l’avete sempre sognata, cosa fareste? Brontolereste perché le tende non sono del colore voluto, non ci sono nicchie nel muro, le stanze non sono abbastanza alte da ricavare un soppalco offendendolo perché vi sta donando quello che ha con tutto il cuore. Imparate ad accettare quello che nella vita vi viene offerto su un piatto d’argento, accogliete colui o colei che vi ama con il cuore aperto sena pretendere la perfezione, ingoiando ciò che di lui o di lei non vi piace senza rinfacciarglielo continuamente macchiando così ogni bellissimo atto di intimità con gocce di sfiducia che, come macchie d’olio, si espandono nel vostro rapporto rischiando di rovinarlo.
    Natanaele ebbe fiducia in Gesù, non si domandò per quale strana magia il Signore sapesse che era sotto il fico, non ebbe dubbi e credette trovando così la strada spianata verso una relazione lastricata di amore e di crescita spirituale

  39.  

    Addì 25 agosto 2015

    Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima della menta, dell'anèto e del cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste cose bisognava praticare, senza omettere quelle.
    Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!
    Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l'esterno del bicchiere e del piatto mentre all'interno sono pieni di rapina e d'intemperanza.
    Fariseo cieco, pulisci prima l'interno del bicchiere, perché anche l'esterno diventi netto!

    Matteo 23,23-26

  40.  

    Guai a voi, scribi e farisei ipocriti

    Il coraggio di un leader

    Essere guide non è affatto facile. Ci sono da affrontare tantissimi ostacoli, praticare continui aggiornamenti, organizzare tante iniziative, e moltissime le situazioni da tenere presente. E' assai facile cadere in errore. Quando una guida sbaglia consapevolmente, approfittandosi del proprio ruolo per per imbrogliare, approfittarsi, sfruttare chi lo segue, macchia la propria anima di ipocrisia. Quando sento parlare di politici, sacerdoti, educatori che rubano, violentano o sfruttano in mille modi possibili i più deboli a loro affidati penso al mio ruolo di guida, mi interrogo se sono all'altezza del compito che il Signore mi ha assegnato. Magari potessi dire di si a testa alta, ma purtroppo di errori ne ho fatti, specie nell'insegnare ai ragazzi certi comportamenti che poi per primo non ho seguito. Cerco sempre di insegnare loro un linguaggio corretto, ma spesso mi ritrovo ad essere scurrile; dico loro di non arrabbiarsi, ma spesso alzo la voce; insegno loro la solidarietà e l'altruismo, ma io per primo sono egoista e mi ritaglio i miei spazi o coinvolgo i ragazzi in iniziative che possano piacere anche a me. Credo non si possa prescindere dall'aspetto umano, dagli errori dettati dal carattere, perché l'unica guida perfetta è Dio, ma quando questi errori sono voluti, cercati, perpetrati messi in atto in maniera continuativa per il proprio piacere personale, calpestando anche i diritti degli altri, allora credo che quella guida dovrebbe essere messa da parte.
    Ai ragazzi provo ad insegnare ad essere in futuro dei capi, degli apripista per altri, chi meglio di loro può capire la situazione dei tanti ragazzi allontanati dalle proprie famiglie, ma molti di loro hanno paura, timore di prendersi delle responsabilità e di sbagliare. Credo che il primo aspetto per essere un leader, si tratti del capo di una comunità di dieci persone o di una nazione, sia quello di non aver paura dei propri errori, di avere il coraggio di guardarsi allo specchio e invertire la rotta allorquando si capisce che stiamo navigando in acque pericolose. Abbiate coraggio e prendetevi la responsabilità di guidare coloro che smarriti vagano per le strade del mondo

  41.  

    Addì 26 agosto 2015

    Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che rassomigliate a sepolcri imbiancati: essi all'esterno son belli a vedersi, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni putridume.
    Così anche voi apparite giusti all'esterno davanti agli uomini, ma dentro siete pieni d'ipocrisia e d'iniquità.
    Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che innalzate i sepolcri ai profeti e adornate le tombe dei giusti,
    e dite: Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non ci saremmo associati a loro per versare il sangue dei profeti;
    e così testimoniate, contro voi stessi, di essere figli degli uccisori dei profeti.
    Ebbene, colmate la misura dei vostri padri!

    Matteo 23,27-32

  42.  

    Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non ci saremmo associati a loro

    Voltare pagina

    Quando si compra un quaderno nuovo abbiamo tutte le intenzioni di scrivere bene e di non sciuparlo, così ogni volta che si volta pagina sia nel cambio di una generazione, dopo la guerra, dopo un brutto periodo dell'economia come quello attuale, ma anche personalmente dopo una fase fatta di problemi, restrizioni, errori vogliamo cambiare vita, vogliamo con tutto il cuore essere migliori dei nostri predecessori, migliori di quegli economisti che ci hanno portato alla crisi economica, migliori di quei politici che ci hanno traghettato in brutti periodi, migliori di noi stessi da bambini, migliori di noi stessi da ragazzi, migliori di noi stessi con il primo matrimonio. Ognuno fa buoni propositi ma poi inspiegabilmente il quaderno si sporca e nella nuova vita che ci siamo costituiti rifacciamo gli stessi errori. Allora dov'è il problema? Il problema è nelle basi. Bisogna creare oggi quello che saremo domani. Se oggi nel nostro matrimonio facciamo tali e tanti errori da essere i principali responsabili della sua rovina sicuramente, se non correggiamo quegli errori, al momento in cui dovessimo avere un'altra relazione stabile non saremo più bravi di prima e andremo a rovinarla. Se ogni momento della nostra vita facciamo autocritica per imparare dai nostri sbagli, così deve essere in tutta la nostra esistenza, dobbiamo cercare di capire quello che è giusto e quello che è sbagliato perché la morte sia soltanto un voltare pagina, sia soltanto entrare in un'altra dimensione, in un altro spazio, in un altro momento, in un altra tipologia di vita, una vita diversa sicuramente, ma nella quale avremo accesso se seguiremo certe regole, diverse per ciascuno di noi: chi è cattolico si ispira alle regole del Vangelo, così pure chi è di altre religioni si ispira alle sue regole, se ateo si ispira ad essere un buon cittadino, un buon padre, un buon marito. Se andiamo però a vedere, alla fine tutte queste cose più o meno convergono e l'onestà, la solidarietà, la capacità di relazionarsi nel modo migliore con il nostro prossimo, la tolleranza sono tutti valori comuni ed il rispetto di questi ci porterà ad essere persone migliori quando sarà il momento di voltare pagina

  43.  

    Addì 27 agosto 2015

    Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà.
    Questo considerate: se il padrone di casa sapesse in quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa.
    Perciò anche voi state pronti, perché nell'ora che non immaginate, il Figlio dell'uomo verrà. »
    Qual è dunque il servo fidato e prudente che il padrone ha preposto ai suoi domestici con l'incarico di dar loro il cibo al tempo dovuto?
    Beato quel servo che il padrone al suo ritorno troverà ad agire così!
    In verità vi dico: gli affiderà l'amministrazione di tutti i suoi beni.
    Ma se questo servo malvagio dicesse in cuor suo: Il mio padrone tarda a venire, e cominciasse a percuotere i suoi compagni e a bere e a mangiare con gli ubriaconi, arriverà il padrone quando il servo non se l'aspetta e nell'ora che non sa, lo punirà con rigore e gli infliggerà la sorte che gli ipocriti si meritano: e là sarà pianto e stridore di denti

    Matteo 24,42-51

  44.  

    Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà

    Una carezza dai propri genitori

    Qualche giorno fa ero al parco a scaricare alcuni aggiornamenti per il telefonino e c'erano dei bambini che giocavano a pallone nel prato, altri che si inseguivano con la bicicletta, altri ancora intenti a saltare con una corda. Tutti parevano soli, abbandonati a sé stessi, liberi di decidere cosa fare e dove andare, ma ad un'osservazione più attenta non era difficile vedere una mamma defilata dietro una siepe, intenta a leggere un libro su una panchina o a chiacchierare con altre signore, osservare da lontano il proprio figlio pronta a intervenire se qualcuno lo avesse importunato, oppure a correggere il tiro qualora avesse avuto un comportamento scorretto. Spesso anche io faccio così con i miei ragazzi, resto nell'ombra, li osservo mentre giocano, parlano fra loro, fanno qualche servizio loro assegnato, studiano, oppure interagiscono con ragazzi o adulti venuti a fare volontariato. Talvolta intervengo direttamente, quando dovessero mettere in atto un modo di fare dannoso per gli altri, come una lite che assuma toni troppo accesi, ma spesso mi limito ad osservare per capirli meglio. Talora invece aspetto e lascio che sbaglino per poi riprenderli alla riunione che facciamo alla sera. Una cosa è certa, osservarli da lontano mi serve par capire quanto mi possa fidare di loro e investirli via via di maggior responsabilità. Sono ragazzi e spesso sbagliano, ma noi siamo qui per correggerli, al pari di ogni altro genitore, ma devono capire che si devono comportare sempre bene, non soltanto quando qualcuno li osserva e potrebbe comminare loro una punizione perché nella vita un atteggiamento positivo ingenera fiducia nel prossimo migliorando le relazioni e la nostra stessa vita. Anche noi siamo osservati speciali, Dio ci osserva e raramente interviene a gamba tesa perché vuole che impariamo dai nostri stessi errori, ma come un buon padre vorrebbe darci sempre più, ma desidera che ce lo meritiamo, ce lo conquistiamo. Dobbiamo essere sempre onesti anche quando avremmo la possibilità di rubare senza lasciare traccia, trattare bene gli altri anche quando fossero incapaci di reagire ai nostri soprusi, essere generosi con il prossimo anche se il nostro egoismo potrebbe portarci ad avere notevoli vantaggi. Se ci comporteremo così conquisteremo la fiducia di Dio che ci riserverà una dolce carezza, e quale premio più bello potrebbe avere un figlio dal proprio genitore se non un così grande gesto di affetto?
    -------------- da Fratel Bruno --------
    E’ educativo non essere sempre incombenti sui ragazzi ed è positivo seguirli alla lontana e poi al momento opportuno dare una lode o un rimprovero. La difficile arte di educare comporta la delicatezza di una fiducia che si manifesta nel quotidiano. Un biasimo può essere necessario al momento opportuno ma è sempre più importante una carezza incoraggiante a continuare nel bene.

    Fratel Bruno

  45.  

    Addì 28 agosto 2015

    Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo.
    Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le lampade, ma non presero con sé olio; le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell'olio in piccoli vasi.
    Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono.
    A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro!
    Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade.
    E le stolte dissero alle sagge: Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono.
    Ma le sagge risposero: No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene.
    Ora, mentre quelle andavano per comprare l'olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa.
    Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, aprici!
    Ma egli rispose: In verità vi dico: non vi conosco.
    Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora.

    Matteo 25,1-13

  46.  

    No, che non abbia a mancare per noi e per voi

    In ginocchio per la strada

    Quando vedo per la strada ragazzi giovani in ginocchio chiedere l’elemosina mi viene da pensare che non abbiano bisogno di soldi per mangiare ma per altro. Un giorno mi fermai da uno di loro per dirgli di venire a casa nostra in campagna garantendogli da mangiare, un letto pulito e vestiti in cambio di aiuto nel taglio dell’erba e di altri lavoretti. Mi ha detto che non era interessato perché con l’elemosina guadagnava di più. Guadagnare? Ed io che pensavo avesse bisogno di sfamarsi. Quando qualcuno chiede aiuto non si può fare una cernita, non si può giudicare, ma in certi casi è importante distinguere perché se da un lato sono disposto a privarmi del cibo per darne a chi non ne abbia, ma parimenti non voglio ingrassare le tasche di altri. Nella vita bisogna lottare, non stare in ginocchio in mezzo ad una strada a supplicare il prossimo con occhi languidi. Gli attori stanno bene in teatro, per le strade ci devono stare coloro che combattono ogni giorno per proteggere la propria famiglia e dare ai figli un futuro migliore.

  47.  

    Addì 29 agosto 2015

    Erode infatti aveva fatto arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, che egli aveva sposata.
    Giovanni diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello».
    Per questo Erodìade gli portava rancore e avrebbe voluto farlo uccidere, ma non poteva,
    perché Erode temeva Giovanni, sapendolo giusto e santo, e vigilava su di lui; e anche se nell'ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri.
    Venne però il giorno propizio, quando Erode per il suo compleanno fece un banchetto per i grandi della sua corte, gli ufficiali e i notabili della Galilea.
    Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla ragazza: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò».
    E le fece questo giuramento: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno».
    La ragazza uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista».
    Ed entrata di corsa dal re fece la richiesta dicendo: «Voglio che tu mi dia subito su un vassoio la testa di Giovanni il Battista».
    Il re divenne triste; tuttavia, a motivo del giuramento e dei commensali, non volle opporle un rifiuto.
    Subito il re mandò una guardia con l'ordine che gli fosse portata la testa.
    La guardia andò, lo decapitò in prigione e portò la testa su un vassoio, la diede alla ragazza e la ragazza la diede a sua madre.
    I discepoli di Giovanni, saputa la cosa, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.

    Marco 6,17-29

  48.  

    Il re divenne triste; tuttavia, a motivo del giuramento e dei commensali, non volle opporle un rifiuto

    Bei propositi

    Quanti bei propositi ognuno di noi ha nella sua mente, nel cuore. Idee per aiutare gli altri, desiderio di creare una casa per accogliere tanti bambini, l’idea di andare nei paesi del terzo mondo a portare sollievo a popolazioni stremate, divenire un politico onesto e incorruttibile per cambiare qualcosa e rendere la vita degli altri migliore. Quanti bei propositi che restano chiusi in un cassetto perché le lusinghe del mondo sanno come attirare la nostra attenzione. Il denaro, la bella vita, la suadenza di una bella donna o di un bell’uomo, il sano egoismo di avere qualcosa per sé che ben presto si trasforma nella bramosia di avere tutto, magari togliendolo agli altri. Quante volte siamo stati tentati e quante volte ci siamo cascati rinunciando ai nostri sogni, ai nostri bei propositi di una vita sicuramente di maggior sacrificio,ma certamente piena di soddisfazioni, con la gioia nel cuore di aver contribuito a cambiare il mondo. Avrò mille difetti, ma una cosa non può essermi contestata: la costanza. Non ve lo dico per farmi bello, ma per farvi capire che se uno con un brutto carattere come ho io, con una cultura medio bassa, con incapacità e limiti in mille situazioni ha potuto creare dal nulla, senza aiuti di stato, politici o religiosi, un qualcosa che dopo quasi trent’anni è ancora in piedi, apprezzata, stimata e in crescita, significa che ciascuno di voi potrebbe, o avrebbe potuto, realizzare almeno quanto io e Roberta abbiamo costruito in un trentennio. Mi si dice che non sono diplomatico, è vero mi arrabbio davanti a tante brutte situazioni e non blandisco nessuno, pensate allora quanto voi, più diplomatici di me avreste potuto fare. Mi sono laureato con un misero novantadue in otto anni,pensate voi che avete più cervello e più cultura di me quanto avreste potuto fare. Sono incapace nei lavori manuali, pensate a voi che siete in grado di tirare su una casa senza dover chiamare nessuno quanto avreste potuto fare. Riflettete, pensate ai vostri sogni nei cassetti, non lasciate che restino a prendere polvere e, se potete, provate a concretizzarli e, se non potete, insegnate a chi è più giovane di voi a rendere vivo un progetto senza cedere ai piaceri del mondo.
    Non crediate che non sia stato lusingato da più parti, corteggiato dalla politica, tentato dai soldi facili anche con proposte di riciclaggio, per non parlare di donne, anche bellissime, che mi hanno chiesto di seguirle rinunciando alla mia strada. Ho sempre detto no, ho sempre scelto di non allontanarmi dal mio sogno, ed anche se di errori ne ho fatti tanti, dopo trent’anni sono ancora qui a combattere per i miei ragazzi. Ieri li guardavo ed ero commosso, un piccolo esercito di pulcini festosi, e mi domandavo come sarebbe stata la loro vita se avessi rinunciato a rendere vivo ciò che avevo nel cuore. Forse migliore, ma forse no e questo mi basta per essere felice di non aver ceduto alle lusinghe della vita al pari di Erode che fece uccidere Giovanni Battista per le movenze di una bellissima ragazza

  49.  

    Addì 30 agosto 2015

    Allora si riunirono attorno a lui i farisei e alcuni degli scribi venuti da Gerusalemme.
    Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani immonde, cioè non lavate -
    i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavate le mani fino al gomito, attenendosi alla tradizione degli antichi,
    e tornando dal mercato non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, stoviglie e oggetti di rame -
    quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani immonde?».
    Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto: Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me.
    Invano essi mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini.
    Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini».
    Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e intendete bene:
    non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo; sono invece le cose che escono dall'uomo a contaminarlo».
    Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive: fornicazioni, furti, omicidi,
    adultèri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza.
    Tutte queste cose cattive vengono fuori dal di dentro e contaminano l'uomo».

    Marco 7,1-8.14-15.21-23

  50.  

    Non c’è nulla al di fuori dell’uomo che entrando in lui possa contaminarlo

    Lasciamoci contaminare dall’amore per i nostri figli

    Oggigiorno in molti stanno attenti a cosa mangiano ricorrendo ai prodotti biologici, controllando sulle etichette la provenienza, prestando attenzione al metodo più salubre per cucinare. Giustissimo. Bisogna far di tutto per restare in salute, far crescere bene i nostri figli, mangiare sano, ma tutta questa attenzione la poniamo soltanto per il nostro fisico e troppo spesso ci dimentichiamo di curare la nostra anima. Attenti a non ingurgitare qualcosa in grado di contaminarci, ma quasi mai cerchiamo di evitare quello che possa incidere negativamente sul nostro cuore prodotto da noi: invidia, gelosia, rancore, mancanza di attenzioni e di rispetto verso gli altri. E’ un po’ come vedere un vegano o un vegetariano che ha un ossessione per il rispetto della natura, ma poi fuma indiscriminatamente appestando l’aria ed in totale mancanza di riguardo verso la stessa natura che tanto protegge e soprattutto verso coloro ai quali possa dar fastidio l’odore del fumo. E’ ipocrisia, e un po’ tutti noi siamo ipocriti al punto da guardare ciò che dobbiamo evitare per tutelarci, ma non quello che invece dobbiamo evitare per tutelare gli altri. Basti pensare a quanti esempi cattivi diamo ai nostri figli ogni giorno, ai pensieri contro il nostro prossimo, alle maledizioni che lanciamo verso le popolazioni in cerca di un rifugio, all’ira che ci acceca quando siamo alla guida della nostra automobile. Giusto tenersi nel fisico, ma impariamo a tenerci anche nel cuore e nell’anima perché il primo inevitabilmente deperirà, mentre il ricordo di noi durerà nelle generazioni future e la nostra anima si troverà un giorno a dover fare i conti con il Creatore. Se non vogliamo farlo per noi, facciamolo per i nostri figli, lasciamoci contaminare dall’amore per loro donando un buon esempio da seguire e un bel ricordo da conservare nel tempo per farne tesoro quando saranno uomini e donne, a loro volta genitori