Non sei collegato (collegati)

Vanilla 1.1.2 is a product of Lussumo. More Information: Documentation, Community Support.

  1.  

    Addì 29 ottobre 2016

    Avvenne un sabato che Gesù era entrato in casa di uno dei capi dei farisei per pranzare e la gente stava ad osservarlo.
    Osservando poi come gli invitati sceglievano i primi posti, disse loro una parabola: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più ragguardevole di te e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: Cedigli il posto! Allora dovrai con vergogna occupare l'ultimo posto.
    Invece quando sei invitato, và a metterti all'ultimo posto, perché venendo colui che ti ha invitato ti dica: Amico, passa più avanti. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali.
    Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».

    Luca 14,1.7-11

  2.  

    Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato

    Chi viene a pescare con me?

    "Chi vuol venire in barca a pescare?"
    E uno stuolo di mani si alzano e tanti piccoli scricciolini saltellano, si mettono in punta di piedi, alzano il capo quasi a staccarlo dal collo per essere visti, per essere scelti. Andare in barca, quale gioia, come si può rifiutare?
    "No, no, non ci siamo, chi vuole sopraffare gli altri per essere scelto resta a casa"
    "Riproviamo. Chi vuole venire in barca?"
    E quasi tutte le manine cominciano ad agitarsi, quasi tutti gonfiano il petto, sbattono le ciglia, congiungono le mani in segno di "ti prego". Mi si stringe il cuore a non avere una barca da dodici metri da poterli portare tutti, ma "Pietrino" al massimo trasporta quattro persone, quindi più di tre su ventidue non posso scegliere. Ed allora ecco che anche una gita in barca si rivela una lezione di vita.
    Tra questi pulcini pigolanti e saltellanti tre di loro sono con le manine abbassate, la testa reclinata.
    Mi rivolgo a ciascuno di essi "vuoi venire in barca?"
    Silenzio di tomba. Fiato sospeso. Se lui dice di si ci saranno solo altri due posti liberi.
    I suoi occhi si illuminano, la testa si alza, poi un sospiro "fai venire qualcun altro, io vengo un altro giorno"
    "Ma ti farebbe piacere venire, o non ne hai voglia?"
    "Si, mi farebbe piacere, ma lascio il mo posto ad un altro"
    Bravo, oggi vieni tu, domani vediamo. E così per tutti e tre.
    I più piccoli non capiscono, non capiscono il gesto di umiltà e generosità dei loro compagni, ma alla sera la spiegazione arriva "beati gli ultimi perché saranno primi; chi si umilia sarà esaltato e chi si esalta sarà umiliato"
    E' bello come nella nostra vita, nella nostra quotidianità ogni momento possa rappresentare un insegnamento, tanto più importante di mille parole perché vissuto sulla propria pelle.
    In un mondo dove l'arrivismo, la bramosia di apparire, di essere primi prendono spesso il sopravvento nelle persone, è un nostro dovere insegnare l'umiltà, il farsi da parte a favore di altri. Madre Teresa si è sempre fatta piccola piccola, San Francesco prendeva pedatoni da tutti quando chiedeva l'elemosina, Padre Pio ha subito mille angherie anche dai membri della chiesa, eppure guardate che grandi uomini sono diventati agli occhi di Dio.
    Quando giocate siate lieti se perdete perché grazie alla vostra sconfitta ci sarà un bambino che gioirà

  3.  

    Addì 30 ottobre 2016

    In quel tempo, Gesù entrato in Gerico, attraversava la città.
    Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere quale fosse Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura.
    Allora corse avanti e, per poterlo vedere, salì su un sicomoro, poiché doveva passare di là.
    Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua».
    In fretta scese e lo accolse pieno di gioia.
    Vedendo ciò, tutti mormoravano: «E' andato ad alloggiare da un peccatore!».
    Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto».
    Gesù gli rispose: «Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch'egli è figlio di Abramo; il Figlio dell'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto»

    Luca 19,1-10

  4.  

    Cercare e salvare ciò che era perduto

    Un uomo in fondo ad un crepaccio

    A volte pensiamo che vorremmo salvare il mondo, ma non c'è nessuno da salvare.
    Andiamo al centro affidi e ci dicono "Non possiamo darvi un bambino in affido perché in questo momento non abbiamo nessun caso" e ci fidiamo. Ci fidiamo dei servizi sociali anche se alla televisione ci dicono che ci sono due milioni di bambini in Italia sotto la soglia minima di povertà; barconi pieni di immigrati che abbandonano sulle nostre spiagge moltissimi minorenni; quartieri malfamati dove la polizia non entra ed i bambini sono vittime di ogni tipo di abuso.
    Ma se vi dicessero che c'è un uomo disperso in alta montagna e voi foste esperti scalatori, non andreste a cercarlo senza darvi pace fin quando non lo abbiate trovato, affinché la notte non lo racchiuda nelle sue spire di gelo?
    Ecco, noi non facciamo così, non andiamo a cercare chi abbia bisogno di noi, ci fermiamo davanti ai primi no detti per motivi di opportunismo politico.
    E cosa facciamo con un amico? "Come stai?", "bene" e lì ci fermiamo, non proviamo a capire se dietro la facciata fatta di sorrisi ci sia una sofferenza.
    Ma se volete trovare un bel fungo porcino non andate forse a guardare dietro ogni albero? Non sollevate ogni rovo? Non scansate ogni cespuglio?
    Vedete come siamo buffi? Per un porcino ci diamo tanto da fare, ma per una persona che soffre non ci preoccupiamo, non cerchiamo la sua sofferenza, non scandagliamo il suo animo, ci fermiamo alla superficialità, ci accontentiamo di un "bene, grazie".
    E' vero, trovare un porcino è fatica, è svegliarsi all'alba, è camminare per ore, è tenere un bastone sempre in mano agitandolo continuamente tra erba e roveti. Ma che gioia quando lo si trova, ne apprezziamo l'aroma, lo giriamo e lo rigiriamo tra le mani e lo portiamo a casa come un trofeo.
    Andiamo a cercare chi soffre, non lasciamo che muoia in un crepaccio perché non abbiamo voluto fare la fatica di alzare il sedere dalla nostra comoda poltrona

  5.  

    Addì 31 ottobre 2016

    In quel tempo, Gesù disse al capo dei farisei che l'aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i ricchi vicini, perché anch'essi non ti invitino a loro volta e tu abbia il contraccambio.
    Al contrario, quando dài un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti»

    Luca 14,12-14

  6.  

    Invita poveri, storpi, zoppi, ciechi

    In casa nostra

    Una mia amica, a proposito di un'iniziativa che dovevamo fare come Associazione, mi disse di invitare le personalità per "entrare nel giro", per essere chiamati alle manifestazioni, magari anche per essere chiamati un giorno a svolgere qualche ruolo istituzionale.
    Alle nostre manifestazioni le autorità non hanno mai preso parte troppo volentieri, piuttosto gli uomini, in quanto tali rappresentanti delle autorità. Così quando il comune di Livorno ci osteggiava, un assessore è venuto su nostro invito precisando pubblicamente che era da noi come persona interessata a ciò che facevamo a livello personale e non come rappresentante del comune. Oppure un Ammiraglio dell'Accademia Navale che pur organizzando con noi belle iniziative ufficiali, veniva a cena dai nostri ragazzi con la famiglia. Agli amici che abbiamo sempre invitato in casa nostra non abbiamo mai chiesto nulla in cambio, mai ci siamo aspettati che ci invitassero o contraccambiassero in qualche modo. Invitati per amicizia, per conoscersi, per fare un pezzetto di strada insieme, per dare loro modo di contribuire alla crescita dei nostri ragazzi non come un'offerta piovuta dall'alto, ma come amore messo in comune come si fa, come si dovrebbe fare, in ciascuna famiglia.

  7.  

    Addì 1 novembre 2016

    In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli.
    Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo:
    «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
    Beati gli afflitti, perché saranno consolati.
    Beati i miti, perché erediteranno la terra.
    Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
    Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
    Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
    Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
    Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
    Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.
    Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli»

    Matteo 5,1-12a

  8.  

    Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli

    Papà ci aspetta per consolarci

    Nella nostra esperienza quotidiana vediamo che colui che è povero soffre, se scansato sta male, se una ragione si trasforma in una sconfitta, se perseguitato difficilmente farà carriera nel lavoro e nella vita. Eppure il Vangelo ci da una visione completamente opposta: chi oggi soffre con me gioirà, chi oggi ha subito un torto domani avrà giustizia, chi oggi è perseguitato avrà un futuro meraviglioso.
    Come fare a credere a tutte queste cose? Ogni ateo confuta l'idea che colui che in vita è stato male possa stare bene nella vita eterna (sempre che esista, dice l'ateo) perché ciò che si tocca con mano nel quotidiano è che sofferenza porta ad altra sofferenza, persecuzione porta a crollare, fare del bene quasi mai viene ripagato, essere umile e mite fa si che ci mettano i piedi addosso.
    Ma è davvero questa la realtà che viviamo ed osserviamo?
    Facciamo un passo indietro e torniamo con la mente a quando eravamo bambini. Quante volte ci siamo rimasti male perché un compagno di giochi più forte e prepotente si è preso un nostro giocattolo, e cosa è accaduto in seguito? I nostri genitori ci hanno consolato comprandoci un nuovo gioco. E quante volte abbiamo pianto lacrime amare per il ragazzino o la ragazzina che ci hanno lasciato, pensando che il mondo finisse in quel momento. E cosa è accaduto in seguito? Siamo stati consolati, abbiamo voltato pagina e quella sofferenza è sparita lasciando il posto ad una nuova gioia, ad un nuovo amore, più grande e più bello del precedente, e certamente più maturo.
    Se oggi siamo come bambini che non possiamo capire cosa ci sarà quando saremo grandi, è plausibile pensare che dopo la morte possa esserci qualcosa di meraviglioso con qualcuno pronto ad aspettarci per consolarci ed asciugare le nostre lacrime che saranno ben presto un lontano ricordo su cui fare quattro risate

  9.  

    Addì 2 novembre 2016

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria.
    E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra.
    Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo.
    Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi.
    Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere?
    Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito?
    E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti?
    Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me.
    Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli.
    Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere;
    ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato.
    Anch'essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito?
    Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me.
    E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna».

    Matteo 25,31-46

  10.  

    Quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito?

    Lettere d'amore

    Quando ero ragazzino, figlio di papà, una bella casa, bei vestiti, macchina subito appena maggiorenne, ferie due o tre volte l'anno, lavoro sicuro, famiglia stimata, casa grande e sempre piena di amici non vedevo cosa ci fosse fuori dalla mia finestra. E perché dovevo? Stavo tanto bene in casa mia. La mia mamma aveva il suo bel da fare per insegnarmi a guardare gli altri, a capire le loro esigenze, a rispettarli nella loro diversità e, sopratutto, aiutarli ed ascoltarli nelle loro necessità. Non vedevo, non volevo vedere, fuori dalla mia portata. Perché mai dovevo guardare altri quando avevo la casa sempre invasa di gente? Non erano sufficienti loro? Non era cattiveria, ma era seguire la strada più semplice, era soltanto un non volersi complicare la vita.
    Ho sempre pensato che Dio (o la vita se preferite) mi chiamasse, come fa con tutti noi, attraverso mia madre, utilizzando il suo amore per me, e l'amore di una mamma per il proprio figlio è il sentimento che sulla terra più si avvicina all'amore di Dio per noi. Ma niente da fare, non ascoltavo e mi incamminavo sempre più verso una vita in giacca e cravatta, da "puzza sotto il naso". E la cosa mi piaceva, ma sapete perché? Perché non avevo ancora visto altro, o meglio, non avevo voluto vedere altro. Così facciamo un po' tutti. Ci fidiamo che nel mondo ci sia tanta sofferenza, ma appena spenta la tv o il computer tutto passa. Chi se ne frega se a cento metri da casa mia, sotto le logge della chiesa di Sant'Agostino, dormono due senzatetto; chi se ne frega se nel rione limitrofo al mio, proprio al di là dell'Aurelia, c'è un quartiere dove i bambini vengono usati per lo spaccio di droga; chi se ne frega se l'immigrato di colore che mi si è avvicinato mentre slegavo la bicicletta stasera mangerà oppure no. Io ho casa mia, il mio letto, i miei affetti, i miei bambini sono belli, paffuti, curati e ben vestiti, ed io mangio tutti i giorni quante volte voglio. Forse non è così, anzi ne sono certo. Forse ognuno di noi soffre per certe situazioni, si immedesima nel povero, nel carcerato, nel disabile, nel malato terminale, e magari pregate per loro alla sera prima di andare a letto, e probabilmente inviate offerte in denaro alle Associazioni che di loro si occupano.
    Mi spiace, ma non basta. Tutto molto bello, tutto giusto, tutto da proseguire. Ma non basta.
    Il povero ha bisogno di scarpe e di cibo e la vostra offerta sarà per lui un aiuto, ma il povero, così come l'ammalato, così come l'anziano, così come il carcerato, così come il bambino ha bisogno di voi. Ha bisogno di vedervi in faccia, di leggere nei vostri occhi l'amore per lui. Ha bisogno di qualcuno che lotti per lui e con lui, che gli insegni a pescare e a camminare nella vita anche fosse la sua ultima ora.
    Ma se anche siete fra quelli che si rimboccano le maniche per aiutare il prossimo, ancora non basta.
    Avete ricevuto un dono, quello di capire che bisogna operare, che bisogna "dare da mangiare a chi ha fame, da bere a chi ha sete, ospitare chi è forestiero, vestire chi è nudo, visitare chi è malato, andare a trovare chi è carcerato", ma dovete far conoscere ad altri che questo è il modo di operare, che questo è necessario per salvare la vita di qualcuno che adesso, mentre io sto scrivendo, adesso mentre voi state leggendo, è vittima di abusi e di soprusi, martoriato dal freddo e dalla fame, demoralizzato sull'orlo del suicidio per non avere l'affetto di nessuno, per essere stato abbandonato da tutti.
    Per questo ho voluto, con grande sacrificio personale, mettere a disposizione di tutti gli insegnamenti, semplici e forti allo stesso tempo, che mamma Zizzi, al secolo Anna Sofia, ha voluto donarmi per scritto, lasciando una scia di amore che tutti possiamo seguire, o quantomeno che possa aiutarci a riflettere. Anche io rileggendo le sue lettere ritrovo tanti insegnamenti che avevo messo da parte.
    Vi chiedo di ordinarcene una copia, e se non potete pagarcela ve la manderemo lo stesso, perché così avrebbe voluto la mia mamma, perché così i suoi valori ed i suoi insegnamenti potranno librarsi ancor più nell'aria e raggiungere con amore il vostro cuore

  11.  

    Addì 3 novembre 2016

    In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo.
    I farisei e gli scribi mormoravano: «Costui riceve i peccatori e mangia con loro».
    Allora egli disse loro questa parabola: «Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova?
    Ritrovatala, se la mette in spalla tutto contento, va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta.
    Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione.
    O quale donna, se ha dieci dramme e ne perde una, non accende la lucerna e spazza la casa e cerca attentamente finché non la ritrova?
    E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, dicendo: Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la dramma che avevo perduta.
    Così, vi dico, c'è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte»

    Luca 15,1-10

  12.  

    Ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito

    Una carezza da Dio

    Nel periodo natalizio ripropongono sempre un vecchio film "La vita è meravigliosa"
    Penso che lo abbiano visto quasi tutti, ed ognuno serbi dentro di sé un'immagine, una frase, un valore.
    A me viene spesso da pensare al trillo di un campanello a significare che un angelo ha messo le ali.
    Vedo i miei bimbi, i bimbi di tutto il mondo, vedo tutti noi che siamo bimbi davanti a Dio (o se preferite dinanzi ad un mondo che esiste da miliardi di anni) un po' come degli angeli senza ali. Un po' pasticcioni, come lo era Clarence, ma fondamentalmente buoni e paciocconi, con il desiderio di fare cose buone per avere le ali, per avere quella carezza di Dio che ci dica "hai fatto il tuo dovere, bravo".
    In fin dei conti a tutti piace ricevere una carezza per le cose che fa, al pari di un bambino che gioisce se gli dici che ha apparecchiato bene la tavola, o se si è lavato e profumato, oppure se ha riordinato i suoi giochi. Ma cosa ha fatto poi di così eccezionale da meritarsi un complimento? Ha fatto semplicemente il suo dovere. Ma forse i bambini capiscono quello che noi "adulti" spesso non comprendiamo: fare il proprio dovere è già una buonissima cosa. Basti pensare a quanti impiegati si trastullano con cellulari o sui social media anziché lavorare, oppure vanno a fare la spesa o in palestra dopo aver timbrato il cartellino; a quanti ragazzi si mettono davanti ai libri costretti dai genitori o dagli insegnanti e poi tengono gli occhi chiusi o disegnano anziché studiare, oppure quanti di noi potendo fare qualcosa per gli altri, anche il semplice gesto di una carezza, stanno alla larga da coloro che hanno bisogno.
    Ogni volta che sento suonare un campanello penso che uno di noi abbia fatto qualcosa degno di ricevere una carezza da Dio

  13.  

    Addì 4 novembre 2016

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «C'era un uomo ricco che aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi.
    Lo chiamò e gli disse: Che è questo che sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non puoi più essere amministratore.
    L'amministratore disse tra sé: Che farò ora che il mio padrone mi toglie l'amministrazione? Zappare, non ho forza, mendicare, mi vergogno.
    So io che cosa fare perché, quando sarò stato allontanato dall'amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua.
    Chiamò uno per uno i debitori del padrone e disse al primo: Tu quanto devi al mio padrone? Quello rispose: Cento barili d'olio. Gli disse: Prendi la tua ricevuta, siediti e scrivi subito cinquanta.
    Poi disse a un altro: Tu quanto devi? Rispose: Cento misure di grano. Gli disse: Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta.
    Il padrone lodò quell'amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce»

    Luca 16,1-8

  14.  

    Lodò quell'amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza

    Una lode vale più di mille rimproveri

    Avete mai fatto un puzzle? Certamente si. Ce ne sono di bellissimi e di meno belli, ma ognuno è composto da tante tessere. Se guardiamo i pezzi uno ad uno ve ne sono di colorati, di appariscenti, raffiguranti un pezzo importante del disegno; altri invece sono bruttarelli, dozzinali, scuri e per molti nemmeno si capisce cosa rappresentino da soli.
    Se nel complesso il puzzle è composto da tessere brutte, questo non significa che non possano essercene di bellissime, così come è valido il contrario.
    Mi piace immaginare ciascuna persona come un puzzle. Le tessere di cui è composto sono gli aspetti del suo carattere, i suoi modi di fare, i principi su cui si basa. E come per il puzzle la visione d'insieme può piacerci oppure no. Prendete un assassino, un mafioso, un delinquente. Vedendo le loro azioni storciamo la bocca, ne prendiamo le distanze e spesso lo giudichiamo, ma se lo scomponiamo in fattori primi avremo tanti piccoli frammenti di lui. Ogni frammento ha vita a sé stante, ogni frammento può piacerci o meno. E' in quest'ottica che dobbiamo vedere le persone perché dobbiamo scoprire cosa c'è di buono in lui e lodarlo per quella parte, piccola o grande che sia.
    Dobbiamo farlo sopratutto con i bambini. Se uno è un discolo e si comporta sempre male, siamo portati a brontolarlo continuamente e ad ignorarlo anche quando dovesse fare una cosa giusta, magari per paura si possa cullare sul nostro elogio. Niente di più sbagliato. Pur brontolandolo quando sbaglia, parimenti dobbiamo sostenerlo e complimentarci con lui quando finalmente fa qualcosa di positivo perché questo gli permette di capire di essere sulla strada giusta e magari un giorno, pur di ricevere un nostro complimento, decidere di cambiare atteggiamento seguendo una buona strada.

  15.  

    Addì 5 novembre 2016

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Procuratevi amici con la disonesta ricchezza, perché, quand'essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne.
    Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto; e chi è disonesto nel poco, è disonesto anche nel molto.
    Se dunque non siete stati fedeli nella disonesta ricchezza, chi vi affiderà quella vera?
    E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
    Nessun servo può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire a Dio e a mammona».
    I farisei, che erano attaccati al denaro, ascoltavano tutte queste cose e si beffavano di lui.
    Egli disse: «Voi vi ritenete giusti davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori: ciò che è esaltato fra gli uomini è cosa detestabile davanti a Dio»

    Luca 16,9-15

  16.  

    Chi è disonesto nel poco, è disonesto anche nel molto

    Ho rubato un pezzetto di legno

    Giocavo nella falegnameria di via dell’Origine con un pezzetto di legno raccolto da terra, mentre la mia mamma era intenta a commissionare un lavoro al signor Staccioli. Avevo dieci anni.
    Usciamo e montiamo sulla cinquecento gialla, io sul sedile di dietro. Mia madre mette in moto e sta per uscire dal parcheggio quando dallo specchietto retrovisore mi vede intento a giocare con il pezzetto di legno che avevo dentro la bottega.
    “Dove l’hai preso?” mi domanda
    “Da Staccioli, era per terra”
    “E hai chiesto a Staccioli se potevi portarlo via?”
    “No mamma, tanto lui lo buttava, era per terra”
    “Non importa, non è tuo e devi chiedere se puoi prendere una cosa”
    “Mamma, ma lo buttava via!”
    “Non puoi saperlo. Adesso scendi e vai a chiedere scusa domandando se puoi prenderlo”
    “Ma figurati, nemmeno ci penso, ho preso solo un pezzetto di legno”
    Mia mamma spenge il motore e si gira verso di me
    “Riccardo, prendere una cosa che non è nostra significa rubare; non importa se rubi una gomma, un pezzetto di legno o un miliardo di lire, si tratta sempre di rubare. Ora esci e vai a chiedere scusa alrimenti da qui non ci muoviamo”
    Siamo stati fermi più di un’ora prima che mi decidessi a scendere dalla macchina per entrare, tutto rosso pieno di vergogna, nella bottega del falegname.
    Vi lascio immaginare la meraviglia di quest’uomo dinanzi a tanta onestà.
    Mi servì da lezione.
    Troppo spesso ci viene da pensare che prendere una mela in un campo dove ce ne siano milioni non sia rubare, ma è sbagliato, è sempre e comunque un furto e deve avere per la nostra coscienza lo stesso peso che se avessimo prelevato un portafogli dalla borsetta di una turista o fatto una rapina in banca.
    E così si può dire anche per la fedeltà, perché chi è fedele nel poco lo è anche nel molto, ed è appunto dalla piccole cose che si vede il valore di una persona

  17.  

    Addì 6 novembre 2016

    In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducei, i quali negano che vi sia la risurrezione, e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se a qualcuno muore un fratello che ha moglie, ma senza figli, suo fratello si prenda la vedova e dia una discendenza al proprio fratello.
    C'erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli.
    Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette; e morirono tutti senza lasciare figli.
    Da ultimo anche la donna morì.
    Questa donna dunque, nella risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l'hanno avuta in moglie».
    Gesù rispose: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni dell'altro mondo e della risurrezione dai morti, non prendono moglie né marito; e nemmeno possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, essendo figli della risurrezione, sono figli di Dio.
    Che poi i morti risorgono, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando chiama il Signore: Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe.
    Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per lui»

    Luca 20,27-38

  18.  

    Essendo figli della risurrezione, sono figli di Dio

    Affidamento, una resurrezione

    Non so se faccio bene o se compio un'empietà quando cerco di interpretare un brano del Vangelo attualizzandolo, cercando similitudini legate alla mia quotidianità.
    Il brano dove si parla della resurrezione, nel quale i Sadducei mettono alla prova Gesù domandandogli di chi sarà moglie, dopo la resurrezione, una donna che è stata sposata con tutti e sette i fratelli, mi fa pensare all'affidamento.
    Un bambino nasce in una famiglia che ha dei problemi, viene tolto e dato in affido ad una casa famiglia in attesa di un nucleo familiare che lo possa ospitare. Dopo un anno vengono trovati un papà ed una mamma per questo cucciolo d'uomo, ma dopo un certo periodo l'affido fallisce. Altra casa famiglia, altri affetti, altri legami. E come purtroppo spesso accade questo scricciolotto conosce nei suoi primi diciotto anni di vita diverse realtà, persone che lo amano e persone da amare.
    Dopo la sua resurrezione, dopo che avrà preso la sua strada nel mondo, di chi sarà figlio?
    Sarà figlio di Dio perché ognuno di noi ha il suo percorso. I legami sono importanti, ma sono un passaggio, qualcosa che rende quella persona diversa da tutte le altre, che gli avrà dato modo di capire la vita e conoscere i valori ed i principi che la regolano, ma non avrà più nessun legame terreno. Tutto andrà oltre i confini materiali.
    Da questo punto di vista i bambini in affido sono più fortunati di altri perché avranno avuto modo di conoscere varie sfaccettature della realtà e saranno loro a scegliere quali siano i legami da mantenere e quali da scartare per migliorare la loro esistenza e quella delle persone a loro vicine con le quali creare una propria famiglia.

  19.  

    Addì 7 novembre 2016

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «E' inevitabile che avvengano scandali, ma guai a colui per cui avvengono.
    E' meglio per lui che gli sia messa al collo una pietra da mulino e venga gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli.
    State attenti a voi stessi! Se un tuo fratello pecca, rimproveralo; ma se si pente, perdonagli.
    E se pecca sette volte al giorno contro di te e sette volte ti dice: Mi pento, tu gli perdonerai».
    Gli apostoli dissero al Signore: «Aumenta la nostra fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granellino di senapa, potreste dire a questo gelso: Sii sradicato e trapiantato nel mare, ed esso vi ascolterebbe»

    Luca 17,1-6

  20.  

    Se un tuo fratello pecca, rimproveralo; ma se si pente, perdonagli

    Perdono fraterno

    A volte siamo restii a perdonare il prossimo. Pensiamo che l'abbia fatta troppo grossa per fargliela passare liscia, ed anche se ci chiede scusa avendo capito il suo errore, capita spesso che serbiamo rancore e rompiamo i buoni rapporti che avevamo con lui.
    Quando facciamo un'azione, una qualunque azione, specie nei confronti del prossimo, dovremmo riflettere se stiamo facendo la cosa giusta. A volte abbiamo qualcuno al nostro fianco di cui ci fidiamo e ci consiglia la strada da percorrere, ma non sempre è così. Ed allora? Beh, è facile capire, basta semplicemente cambiare ruolo. Facciamo finta di essere stati noi a fare quell'errore, di aver capito lo sbaglio, di aver chiesto scusa alla persona che abbiamo ferito. Cosa vorremmo accadesse? Quale sentimento proveremmo se l'altro rifiutasse di perdonarci, o quantomeno rifiutasse il dialogo?
    Io ci rimarrei malissimo, pertanto non dovremmo fare agli altri quello che non vorremmo gli altri facessero a noi.
    Ma andiamo oltre.
    Voi avete mai fatto un errore contro una persona? Io una marea. E' forse per questo nostro essere peccatori che dovremmo perdonare i torti subiti, perché sappiamo bene che è facile sbagliare ed ogni rapporto si basa sugli aggiustamenti quotidiani per i quali un giorno sbaglio io ma un altro sei tu a fare un errore, ed il perdono fraterno ci porta a crescere, ad andare oltre i nostri limiti, a ringraziare l'altro per quello che di buono ci dona.

  21.  

    Addì 8 novembre 2016

    In quel tempo, Gesù disse: «Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà quando rientra dal campo: Vieni subito e mettiti a tavola?
    Non gli dirà piuttosto: Preparami da mangiare, rimboccati la veste e servimi, finché io abbia mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai anche tu?
    Si riterrà obbligato verso il suo servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?
    Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare»

    Luca 17,7-10

  22.  

    Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare

    Mamme di casa

    La mia mamma lavorava come insegnante di stenografia, era moglie e madre. Aveva una vita piena, sempre impegnata, sempre di rincorsa. Eppure non c'era giorno che a pranzo e cena non fosse tutto pronto, pulito, ordinato, pasto caldo e buono. Ad onor del vero aveva un piccolo aiuto esterno, ma il grosso del lavoro nel mandare avanti la casa e la famiglia era suo, anche perché suo era il grande amore che su di noi riversava. E quante mamme fanno così, senza fiatare, senza lamentarsi, felici di esserci. Non pretendono nulla in cambio, solo un grazie ogni tanto per tutte le fatiche che fanno quotidianamente, un sorriso, un apprezzamento. Dobbiamo prendere esempio dalle mamme perché così dovremmo fare noi verso il prossimo: servirlo con grande amore, felici di poter donare, senza pretendere nulla in cambio.

  23.  

    Addì 9 novembre 2016

    Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.
    Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe, e i cambiavalute seduti al banco.
    Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato».
    I discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divora.
    Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?».
    Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere».
    Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?».
    Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
    Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù

    Giovanni 2,13-22

  24.  

    Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio

    Zampata da tigre

    I miei genitori erano molto aperti su tanti aspetti. La mia casa era grande e mi avevano dato il permesso di invitare gli amici in casa per fare feste o ritrovarsi per qualche cena. Non era una villa con giardino, ma un appartamento di duecento metri quadri (oggi adibito all'accoglienza di tanti bambini). La mia camera era la più grande e l'avevamo trasformata in discoteca con tanto di pareti insonorizzate, luci stroboscopiche, plancia da Dj. I miei amici adoravano venire a casa mia che era diventata per molti l'alternativa alla discoteca: è vicina, non si paga, ci si conosce, musica sempre aggiornata. Solitamente un sabato andavamo a ballare a Viareggio ed un sabato restavamo a casa mia a fare festa. I miei genitori si fidavano di me ed avevamo fatto un patto: in camera mia potevo stare e fare la confusione che volevo, ma il resto della casa doveva essere lasciato stare, ovviamente fatta salva la cucina e i bagni. Quando davo una festa i miei uscivano con gli amici lasciandomi campo libero. Non c'è mai stato un problema. Avevo in casa tra i sessanta e gli ottanta ragazzi. A dire il vero eravamo un po' pigiati come sardine, ma questo dava ancor più il senso di discoteca, e noi piaceva.
    A diciotto anni dovevamo fare le cose in grande, ed i miei mi dettero il permesso di fare una festa in concomitanza con l'ultimo dell'anno, essendo io di dicembre, in tutta la casa. Facemmo un trasloco di tutto ciò che in salotto poteva rompersi e venne una bellissima festa che ancor oggi in molti si ricordano. I miei uscirono con i loro amici per far rientro verso le due, ma la situazione mi era sfuggita di mano. Purtroppo ci furono alcuni ragazzi che volevano entrare, e non erano ragazzi tranquillissimi. Arrivarono già abbastanza sbronzi, erano una decina, ed in qualche modo riuscirono ad entrare. Non ci fu verso di mandarli via, né di tenerli calmi. Fortunatamente di lì a poco arrivarono i miei genitori. Mia madre vide la troppa confusione, inquadrando subito i ragazzi "infiltrati" dal momento che i miei amici li conosceva bene uno ad uno, e si arrabbiò moltissimo. Non l'avevo mai vista così. All'inizio questi ragazzotti provarono a tenerle testa, anche con modi bruschi e provocatori, ma nel giro di cinque minuti erano tutti scappati davanti a cotanta difesa del fortino.
    Oggi a distanza di tempo mi viene alla mente questo episodio. Una donna buona, aperta al dialogo, lenta all'ira, amata, stimata e rispettata anche dai suoi avversari si era trasformata in una tigre. Non fece così anche Gesù quando, "fatta una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi gettando a terra il denaro dei cambiavalute rovesciandone i banchi".
    Mai arrabbiarsi, mai urlare, cercare sempre il dialogo, ma quando c'è da difendere la propria casa, i propri figli, i propri valori qualche zampata da tigre ed un bel paio di ruggiti ci stanno bene.
    Da quando è nata l'Associazione sono sempre a ruggire e far vedere i denti perché non tollero che vengano fatte ingiustizie ai tanti bambini che non sanno difendersi dai prepotenti di ogni età

  25.  

    Addì 10 luglio 2016

    In quel tempo, interrogato dai farisei: «Quando verrà il regno di Dio?», Gesù rispose: «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l'attenzione, e nessuno dirà: Eccolo qui, o: eccolo là. Perché il regno di Dio è in mezzo a voi!».
    Disse ancora ai discepoli: «Verrà un tempo in cui desidererete vedere anche uno solo dei giorni del Figlio dell'uomo, ma non lo vedrete.
    Vi diranno: Eccolo là, o: eccolo qua; non andateci, non seguiteli.
    Perché come il lampo, guizzando, brilla da un capo all'altro del cielo, così sarà il Figlio dell'uomo nel suo giorno.
    Ma prima è necessario che egli soffra molto e venga ripudiato da questa generazione»

    Luca 17,20-25

  26.  

    Il regno di Dio è in mezzo a voi

    Adesso

    Quando mia madre stava morendo di tumore, e ne era consapevole perché a Parigi le avevano detto di tornarsene a casa che non c'era più nulla da fare, sapete cosa facevo io? Mi andavo a divertire: uscivo con gli amici, andavo a ballare in discoteca, a cena fuori. Tutte le sere. Proprio un bravo figlio. La mia mamma, oltre e non avermi vicino, stava pure in ansia per il mio rientrare tardi. Mio papà dormiva in un'altra stanza, non ho mai saputo il perché, ufficialmente perché lui russava. La camera della mia mamma confinava con il bagno.
    Una sera entro in casa piano piano, apro la porta sollevandola un po' per non farla cigolare, e richiudo in modo da non fare rumore. Mi tolgo le scarpe e mi avvio verso il corridoio. La luce della camera di mamma era accesa e lei piangeva. Sola, abbandonata da me e dal mio babbo, in quel momento così difficile della sua vita. Io a ballare e lui a dormire, un applauso.
    Non volevo ferirla nell'orgoglio, così tornai all'ingresso, aprii nuovamente la porta delicatamente per poi richiuderla facendo rumore, in modo che si accorgesse del mio rientro. La luce si spense subito ed il pianto cessò, probabilmente si era messa una mano davanti alla bocca per soffocare il suo gemito.
    Questa era la mia mamma. Avrebbe potuto brontolare, urlare, rimproverarmi per la mia insensibilità. Chi avrebbe potuto darle torto. Invece no, mi proteggeva, mi scusava. Mi adorava.
    Io e lei avevamo un'intesa, un segnale tutto nostro. Quando rientravo in casa, andando in bagno, le bussavo due volte sulla parete, così se lei era sveglia rispondeva al mio "toc toc" ed era come darsi la buonanotte.
    Così feci anche quella notte. Bussai, ma non ottenni risposta. Voleva farmi credere che dormiva per non farmi preoccupare. Bussai nuovamente due volte, ma ancora nessuna risposta. Aspettai pochi secondi e bussai ancora, questa volta in maniera più forte, come a dire "guarda mascherina che tanto lo so che sei sveglia". Lei capì e rispose. Forse non si aspettava nulla da me, magari solo sperava che sarei andato a darle un abbraccio o un bacio in camera. E sapete cosa feci io? Beh, andai a letto, come se nulla fosse, lasciandola lì a piangere e a soffrire da sola. Altro applauso, prego.
    Aveva bisogno di me, ed io non c'ero.
    A tutto c'è una spiegazione, ed io in questi trenta e passa anni dalla sua morte, me ne sono dette di tutti i colori: egoista, cattivo, vigliacco, codardo. Sono o forse, spero, ero tutto questo. Senza sconti, ma con tanti rimpianti.
    Pensavo che quella roccia di mia madre mai si sarebbe potuta sgretolare sotto i colpi di una malattia. Lei sarebbe guarita. Avrebbe lottato e sarebbe guarita. Lei non poteva morire. No, non lei.
    Era talmente intenta a non farci preoccupare, che veramente non ci preoccupavamo, perlomeno io.
    Ma non si sa mai quando possa arrivare quel momento, e sarebbe bene non perdere mai l'occasione per un abbraccio o per un bacio, potrebbe essere l'ultimo.
    Fermatevi un istante e mandate un messaggio a vostra madre, a vostro padre, a vostro figlio. Adesso, non dopo perché ora avete da fare. Fatelo adesso.

  27.  

    Addì 11 novembre 2016

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come avvenne al tempo di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell'uomo:
    mangiavano, bevevano, si ammogliavano e si maritavano, fino al giorno in cui Noè entrò nell'arca e venne il diluvio e li fece perire tutti.
    Come avvenne anche al tempo di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano;
    ma nel giorno in cui Lot uscì da Sòdoma piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece perire tutti.
    Così sarà nel giorno in cui il Figlio dell'uomo si rivelerà.
    In quel giorno, chi si troverà sulla terrazza, se le sue cose sono in casa, non scenda a prenderle; così chi si troverà nel campo, non torni indietro.
    Ricordatevi della moglie di Lot.
    Chi cercherà di salvare la propria vita la perderà, chi invece la perde la salverà.
    Vi dico: in quella notte due si troveranno in un letto: l'uno verrà preso e l'altro lasciato; due donne staranno a macinare nello stesso luogo: l'una verrà presa e l'altra lasciata».
    Allora i discepoli gli chiesero: «Dove, Signore?». Ed egli disse loro: «Dove sarà il cadavere, là si raduneranno anche gli avvoltoi»

    Luca 17,26-37

  28.  

    Chi cercherà di salvare la propria vita la perderà, chi invece la perde la salverà

    Hai posto a tavola?

    "Vuoi prendere un bambino in affido?"
    "No grazie"
    "E tu? Tu vuoi accogliere un bimbo che ha problemi in famiglia?"
    "No, no, ci mancherebbe anche questa"
    E" tu? Dai, almeno tu, so che brava persona sei, dai, prendilo un bimbo in affido"
    "Ma anche no, grazie"
    Quante volte ho sentito queste frasi, queste risposte.
    Quante volte ho chiesto ad amici e conoscenti di fare un percorso con noi per arrivare a gestire una casa famiglia, una "Famiglia Casa".
    Sempre le stesse risposte: no grazie, non fa per me
    Con molti ho cercato di capire, di addentrarmi nei meandri delle loro decisioni, e le motivazioni sono spesso simili.
    "Mi spiace ho la mia vita, non potrei conciliarla con un bambino in affido"
    "Non voglio ritrovarmi a dovermi confrontare con i genitori di un bambino"
    "Non voglio dover lottare con servizi sociali o tribunali"
    "Soffrirei se un giorno me lo togliessero"
    Queste risposte, tutte queste risposte, hanno un minimo comun denominatore: IO
    "Io ho raggiunto una mia tranquillità, un mio equilibrio, perché dovrei stravolgerlo?"
    Perché?!! E mi domandate il perché?!!!
    Perché un bambino ha bisogno di voi!!! Di voi, capite? Non delle istituzioni, non dell'Europa, non del comune, ma di voi.
    Vi sta chiamando, vi sta chiedendo di accoglierlo in casa vostra
    Avete quattro figli? Non mi dite che non potreste aggiungere un bambino alla vostra tavola o nella cameretta di uno dei vostri ragazzi
    Arrancate ad arrivare a fine mese? Male di poco, avete diritto ad un aiuto economico
    Avete paura di avere a che fare con persone violente? Pensate a quanta paura abbia un bambino a doverci vivere insieme
    Smettetela di iniziare le frasi con "IO", smettete di pensare a voi come al centro dell'universo e mettetevi in gioco
    Stravolgete la vostra vita, stravolgetela per accogliere un bambino
    Tutti voi vi sarete innamorati almeno una volta nella vita, e non avete forse stravolto la vita per amore?
    Se vostro figlio si ammalasse e vi dicessero di fare mille sacrifici per salvarlo, non stravolgereste la vostra vita per lui?
    Quanti figli, vostri, nostri, di Dio ci sono da accogliere, da accudire. DA SALVARE.
    Mettetevi in gioco e se pensate che così facendo perderete la vostra vita, vi assicuro che non è così
    La cambierete, certamente, ma la arricchirete
    Non so esprimervi a parole la mia gioia nello stare con i ragazzi, nel sentire i loro commenti alle riunioni serali, nel vederli crescere, nel sentire che desiderano restare con noi, nel vederli tornare quando sono grandi e leggere messaggi pieni di cuoricini e baci, grati per aver voluto loro del bene quando erano in difficoltà.
    Certo che stravolgerete la vostra vita, certo, ma la stravolgerete d'amore

  29.  

    Addì 12 novembre 2016

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi:
    «C'era in una città un giudice, che non temeva Dio e non aveva riguardo per nessuno.
    In quella città c'era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: Fammi giustizia contro il mio avversario.
    Per un certo tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: Anche se non temo Dio e non ho rispetto di nessuno, poiché questa vedova è così molesta le farò giustizia, perché non venga continuamente a importunarmi».
    E il Signore soggiunse: «Avete udito ciò che dice il giudice disonesto.
    E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui, e li farà a lungo aspettare?
    Vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

    Luca 18,1-8

  30.  

    Pregare sempre, senza stancarsi

    Farlo vivere o farlo morire? Farlo felice!

    Marshall Clark era costretto a letto da mesi, immobile a causa del morbo contratto nel 2013, prima di morire ha lasciato questo messaggio “Cari amici questo sarà il mio ultimo messaggio perché quando lo leggerete io sarò in Paradiso. La nonna mi ha detto tutto sul cielo e di tutte le cose meravigliose che sarò in grado di fare quando sarò lì. Ci saranno un sacco di torte e fragole e cupcake e io sarò in grado di mangiare di nuovo e correre e guardare video. Ero preoccupato per il fatto che avrei perso le persone che amo e questo mi avrebbe reso triste, ma Nana mi ha detto che l’amore che le persone hanno per me è così forte che mi sembrerà siano con me”.

    “Nana dice che sono stato il ragazzo più coraggioso di sempre. Quando la malattia di Batten mi ha impedito di essere in grado di utilizzare il mio iPad o mangiare o giocare, ho continuato a sorridere. Non ho mai pianto quando continuavo a cadere o quando non ho più potuto mangiare e hanno dovuto mettermi un tubo nel mio pancino. Nana dice che ho accettato tutto quello che mi è successo continuando a ridere, fino a quando sono riuscito a farlo. E quando non potevo più muovermi, parlare o vedere, mi piaceva ascoltare Nana che leggeva per me i messaggi mandati dai miei amici”.

    “Siete stati con me e mi avete sostenuto e amato, e voglio ringraziarvi dal profondo del mio cuore. Ma ora devo dirvi addio. Siate felici per me, perché non sarò più intrappolato in un corpo che mi ha impedito di godere della mia infanzia. Ora sono libero di fare tutte le cose che mi sono tanto mancate”.

    L’8 novembre Marshall avrebbe compiuto 8 anni. E' stato il giorno del suo funerale.

    Se voi aveste potuto fare qualcosa per questo bambino, lo avreste fatto vivere o lo avreste fatto morire?
    Sicuramente avreste scelto di farlo vivere per vederlo sereno, per vederlo correre, per vederlo crescere.
    Per vederlo felice.
    Anche Dio, giudice molto più buono di noi, ha scelto di vederlo felice e lo ha chiamato a sé donandogli la gioia della speranza nel momento in cui ha chiuso i suoi occhioni da bambino accogliendo le preghiere dei suoi amici e parenti

  31.  

    Addì 13 novembre 2016

    In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio e delle belle pietre e dei doni votivi che lo adornavano, Gesù disse:
    «Verranno giorni in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra che non venga distrutta».
    Gli domandarono: «Maestro, quando accadrà questo e quale sarà il segno che ciò sta per compiersi?».
    Rispose: «Guardate di non lasciarvi ingannare. Molti verranno sotto il mio nome dicendo: "Sono io" e: "Il tempo è prossimo"; non seguiteli.
    Quando sentirete parlare di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate. Devono infatti accadere prima queste cose, ma non sarà subito la fine».
    Poi disse loro: «Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno, e vi saranno di luogo in luogo terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandi dal cielo».
    Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e a governatori, a causa del mio nome.
    Questo vi darà occasione di render testimonianza.
    Mettetevi bene in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò lingua e sapienza, a cui tutti i vostri avversari non potranno resistere, né controbattere.
    Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e metteranno a morte alcuni di voi; sarete odiati da tutti per causa del mio nome.
    Ma nemmeno un capello del vostro capo perirà.
    Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime»

    Luca 21,5-19

  32.  

    Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime

    Posso fare volontariato?

    Buongiorno, sono Lucia, frequento il terzo anno di ingegneria, adoro i bambini. Posso fare volontariato da voi?
    Certo, con grande piacere, un aiuto in più ci fa comodo.
    E Lucia inizia. Viene per un mese, poi sparisce.
    Pronto Lucia? Ciao, non ti abbiamo più visto, tutto bene? È successo qualcosa?
    No, no, niente è solo che ho troppe cose da fare.
    Ciao sono Mario, è un po' che vi seguo e vorrei venire a vivere da voi. Attualmente lavoro, mi licenzio e arrivo.
    Bene, grande cosa, ti aspettiamo.
    Mario arriva. Una sera, dopo circa un mese si alza da tavola e dice
    Ragazzi, un mese fa ho fatto una scelta di vita, ed ora ne faccio un'altra.
    Mi auguro che fossero entrambi in buona fede, mi auguro che ingenuamente non abbiano pensato a quanto male abbiano fatto a quei bambini che si erano loro affezionati.
    Non è facile iniziare, entrare in un nuovo ambiente, fidarsi, conoscere e trovare il proprio posto. Ma vedo che purtroppo con troppa facilità si smette, si cambia strada pensando ai propri impegni e magari, qualora ci siano, evitare di affrontare un ostacolo o una difficoltà. Nella vita bisogna perseverare ed insistere nelle cose che riteniamo buone, e non mollare se non per gravissimi motivi. Vale tanto nel volontariato quanto nel lavoro, nell'amicizia quanto nel matrimonio, nella scuola come nello sport. La perseveranza nelle cose buone e positive è senz'altro difficile da portare avanti ma assolutamente necessario per crescere e far crescere coloro che ci sono vicini e guardano a noi come ad un esempio da seguire.

  33.  

    Addì 14 novembre 2016

    Mentre Gesù si avvicinava a Gerico, un cieco era seduto a mendicare lungo la strada.
    Sentendo passare la gente, domandò che cosa accadesse.
    Gli risposero: «Passa Gesù il Nazareno!».
    Allora incominciò a gridare: «Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!».
    Quelli che camminavano avanti lo sgridavano, perché tacesse; ma lui continuava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
    Gesù allora si fermò e ordinò che glielo conducessero. Quando gli fu vicino, gli domandò:
    «Che vuoi che io faccia per te?». Egli rispose: «Signore, che io riabbia la vista».
    E Gesù gli disse: «Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato».
    Subito ci vide di nuovo e cominciò a seguirlo lodando Dio. E tutto il popolo, alla vista di ciò, diede lode a Dio.

    Luca 18,35-43

  34.  

    Signore, che io riabbia la vista

    Ci vedo o non ci vedo?

    Andiamo a scuola, prendiamo un diploma, spesso una laurea, talvolta un master. Ci sposiamo, abbiamo dei figli, il lavoro va a gonfie vele. Abbiamo amici, siamo rispettati e stimati da tutti. Ma quante volte capita di sentire che il nostro vicino, amico, collega abbia preso la sbandata per una donna e abbia lasciato casa e lavoro per una nuova vita con lei, oppure si sia dedicato al gioco tanto da perdere l’azienda tanto faticosamente sviluppata, oppure in un momento di cieca gelosia abbia ucciso moglie e figli. Non sono esempi troppo distanti da noi, non possiamo dire “a me non succederà mai” perché è come un corto circuito, un attimo e la casa va a fuoco.
    Cosa faremmo noi in questi casi? Cosa faremmo noi se dopo una vita irreprensibile un giorno perdessimo il lume della ragione e mandassimo tutto a rotoli? Cosa faremmo se un giorno diventassimo ciechi da non vedere più la cosa giusta da fare?
    Con la semplicità di un bambino la risposta sarebbe ovvia: riavere la vista.
    Chi è cieco, chi brancola nel buio l’unica cosa che vorrebbe sarebbe poter vedere ancora. Ed allora ringraziamo Dio (o alla vita se preferite, amici atei) del dono che ci ha fatto della vista, e chiediamo di aver sempre presente la strada dinanzi a noi in modo da non abbandonarla mai, e se un giorno capitasse di non vedere più chiediamo già da ora, a gran voce, che si possa riavere la vista, questo dono così prezioso, quella vista che permette al cuore di distinguere il bene dal male e all’animo di scegliere la giusta direzione. Una vista che possiamo anche riavere attraverso gli occhi di qualcuno che possa guidarci, così come è stata la mia mamma per me che attraverso i suoi scritti e le sue parole ancor oggi guida il mio cammino, così come io vorrò sempre fare per tutti quei ragazzi che si fideranno di me, di noi, per essere guidati verso il loro futuro.

  35.  

    Addì 15 novembre 2016

    In quel tempo, Gesù entrato in Gerico, attraversava la città.
    Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere quale fosse Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura.
    Allora corse avanti e, per poterlo vedere, salì su un sicomoro, poiché doveva passare di là.
    Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua».
    In fretta scese e lo accolse pieno di gioia.
    Vedendo ciò, tutti mormoravano: «E' andato ad alloggiare da un peccatore!».
    Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto».
    Gesù gli rispose: «Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch'egli è figlio di Abramo; il Figlio dell'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto»

    Luca 19,1-10

  36.  

    Cercare e a salvare ciò che era perduto

    Cosa dobbiamo cercare?

    Passa una nave all'orizzonte, maestosa, imponente da far paura. Tutto è automatizzato e le poche persone di equipaggio solcano il mare da costa a costa con la lentezza di una lumaca.
    Passa una barca, piccola, mal ridotta, piena gremita di persone alla ricerca di un senso da dare alla propria vita.
    Giudichiamo con gli occhi, ci facciamo trascinare dalle cose ben tenute, grandi, utili, ma la vera bellezza è nel cuore degli uomini, nelle corde di quelle persone capaci di affrontare rapine, stupri, fame e sete per dare una speranza alle proprie famiglie. Capaci di andare avanti per trovare una buona sistemazione e chiamare poi mogli e figli. Capaci di amare la vita come forse noi non riusciamo più a fare.
    A volte ci accontentiamo di quello che abbiamo, altre volte lavoriamo più del necessario per accumulare ricchezze e tesori, ma dovremmo cercare ciò che abbiamo perduto, dovremmo cercare dentro di noi la caparbietà, la perseveranza, la capacità di vedere con il cuore prima che con gli occhi, i sentimenti di amore e fratellanza verso il nostro prossimo, verso il più debole, verso i bambini.
    Quando sento parlare di omicidi, guerre, terremoti, alluvioni mi rattristo perché penso alle vittime innocenti di queste immani tragedie, ma rifletto che purtroppo l'uomo è fatto così: le guerre ci sono sempre state, così come pure gli eventi naturali, ma se leggiamo la storia del nostro passato mai come in questo periodo si è assistito a tanto menefreghismo verso il prossimo, tanta chiusura verso gli immigrati, tanto odio verso il diverso, tanto egoismo tale da rifiutare un piatto di minestra al figlio del vicino povero. Se questa è l'umanità di oggi qualcosa non va e quale futuro lasceremo in eredità ai nostri figli? Dobbiamo cercare e salvare ciò che è perduto affinché il mondo possa avere un nuovo, possibile, bellissimo futuro

  37.  

    Addì 16 novembre 2016

    In quel tempo, Gesù disse una parabola perché era vicino a Gerusalemme e i discepoli credevano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all'altro.
    Disse dunque: «Un uomo di nobile stirpe partì per un paese lontano per ricevere un titolo regale e poi ritornare.
    Chiamati dieci servi, consegnò loro dieci mine, dicendo: Impiegatele fino al mio ritorno.
    Ma i suoi cittadini lo odiavano e gli mandarono dietro un'ambasceria a dire: Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi.
    Quando fu di ritorno, dopo aver ottenuto il titolo di re, fece chiamare i servi ai quali aveva consegnato il denaro, per vedere quanto ciascuno avesse guadagnato.
    Si presentò il primo e disse: Signore, la tua mina ha fruttato altre dieci mine.
    Gli disse: Bene, bravo servitore; poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città.
    Poi si presentò il secondo e disse: La tua mina, signore, ha fruttato altre cinque mine.
    Anche a questo disse: Anche tu sarai a capo di cinque città.
    Venne poi anche l'altro e disse: Signore, ecco la tua mina, che ho tenuta riposta in un fazzoletto; avevo paura di te che sei un uomo severo e prendi quello che non hai messo in deposito, mieti quello che non hai seminato.
    Gli rispose: Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l'avrei riscosso con gli interessi.
    Disse poi ai presenti: Toglietegli la mina e datela a colui che ne ha dieci
    Gli risposero: Signore, ha già dieci mine!
    Vi dico: A chiunque ha sarà dato; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha.
    E quei miei nemici che non volevano che diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me».
    Dette queste cose, Gesù proseguì avanti agli altri salendo verso Gerusalemme

    Luca 19,11-28

  38.  

    Per vedere quanto ciascuno avesse guadagnato

    Facciamo due conti

    Se andiamo in banca a chiedere un prestito di diecimila euro, la prima cosa che ci viene spiegata è quanto dobbiamo restituire. Mai diecimila euro, sempre di più. Ci vengono richiesti gli interessi che saranno tanto maggiori, quanto più sarà il tempo che ci teniamo i soldi. Se li restituiamo dopo un anno dovremo dare 10.250 €. Dopo due 10.550 €. Dopo dieci anni dovremo dare indietro 11.000 €. Dopo trent'anni 13.500 €. Dopo Ottant'anni dovremo restituire ben 20.000 € alla banca che ci aveva dato diecimila euro in prestito.
    Il tempo dipende da quando la banca vorrà indietro i suoi soldi.
    Questa è la nostra vita. Quando nasciamo otteniamo un prestito da Dio. Si, un prestito perché se Dio un giorno ci dice "oggi devi morire" non è che possiamo dire "aspetta un attimo". Quindi tutto ciò che abbiamo: la vista, la salute, il talento musicale, l'oratoria, l'intelligenza, il respiro non ci appartiene, è solo un prestito che dovremo restituire con gli interessi. Dovremo far fruttare i talenti che il Signore ci ha donato (chiamatelo pure vita o natura, ma il concetto non cambia) e restituire il tutto con gli interessi, che saranno tanto maggiori quanto più lunga sarà stata la nostra vita, la durata e l'usufrutto del prestito.
    Ergo, se non lo avete già fatto sarebbe opportuno che mettiate a disposizione del prossimo le vostre doti, le vostre capacità perché ciò che ci è stato prestato lo si deve far fruttare non per proprio diletto, ma secondo regole ben precise simili a quelle dei vasi comunicanti: chi ha di più provveda alle necessità di chi ha di meno.
    Liberi di non farlo, ma se la banca vi chiedesse il ritorno di un prestito e voi diceste "ora no", la banca avvierebbe un'azione legale contro di voi e prima o poi sarebbero dolori.

  39.  

    Addì 17 novembre 2016

    In quel tempo Gesù, quando fu vicino a Gerusalemme, alla vista della città, pianse su di essa, dicendo:
    «Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi.
    Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stringeranno da ogni parte;
    abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata»

    Luca 19,41-44

  40.  

    Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace

    Un bambino sotto le macerie

    Mai come in questo periodo il susseguirsi di così tanti terremoti vicino a noi ci ha turbato, facendoci commuovere dinanzi alla tragedia umana che queste popolazioni stanno attraversando. La foto di un bambino coperto di polvere, con gli occhi spenti incapace di reagire, ha turbato i nostri cuori facendo emergere la nostra grande generosità: chi è partito, chi ha fatto una raccolta di generi alimentari e coperte, chi ha messo mano al portafogli e chi invece si è addirittura proposto di accogliere in casa un bambino terremotato o addirittura tutta la famiglia.
    Bello, bellissimo, encomiabile, ma ...
    Si lo sapete ormai, ho sempre un "ma" quando vedo tanta bontà e generosità
    Voi siete rapiti dai racconti e dalle immagini in tv, dalle foto, dalle interviste dei sopravvissuti, ma ogni giorno ci sono centinaia, migliaia di bambini che nella nostra bella Italia sono vittime di terremoti ben più devastanti di quelli recenti in Umbria, terremoti che ogni giorno li fanno vivere nella paura, terremoti che ogni giorno fanno loro cadere addosso cumuli di macerie, terremoti che li feriscono nell'animo e nel fisico, minando la loro capacità di divenire adulti sereni e bravi genitori. Sono il popolo di bambini che non possono gridare il loro dolore perché non ci sono le telecamere ad ascoltarli, perché hanno paura di colui che provoca i terremoti, perché non ci sono telecamere della Rai o di Mediaset in quelle case dove subiscono abusi e violenze di ogni tipo.
    Non sono uno o due casi sporadici, non sono dieci o cento. Sono migliaia, migliaia di bambini che vivono in brutte situazioni, in quartieri malfamati dove droga e prostituzione sono il loro panorama quotidiano quando si affacciano alla finestra della loro cameretta, migliaia di ragazzi che si svegliano al mattino con un unico pensiero "speriamo che oggi babbo non mi picchi"
    Forse le immagini di un bambino sporco di polvere per la sua casa crollata sono più incisive di un bambino che non viene lavato, si veste con cenci e stracci, va a scuola con le scarpe rotte ed ha sulla pelle i segni delle frustate o degli schiaffi a piene mani perché in casa sua ogni giorno c'è un terremoto? Ogni giorno la sua casa trema per le grida della mamma, per l'alcolismo del padre, per le botte date e ricevute. Ogni giorno un terremoto, ogni giorno la casa crolla sulle spalle di questo bambino seppellendolo sotto metri e metri di dolore, indifferenza, giudizi.
    Siamo tanto bravi a scavare con le mani per togliere dalle macerie un bambino, non siamo ipocriti e cominciamo oggi a scavare anche per tutti quei bambini che ogni giorno vengono sepolti vivi dalla furia della propria famiglia e dalla nostra indifferenza
    Non voltatevi dall'altra parte, sarebbe solo ipocrisia.
    Questi bambini hanno bisogno del vostro amore, di essere ascoltati, accolti, amati, educati, cresciuti, rispettati.
    E' giusto contribuire alle spese dei terremotati, ma è giusto pensare anche alle necessità di due milioni di bambini che vivono nel nostro bel paese sotto la soglia minima di povertà.
    E' giusto proporsi di accogliere un bambino terremotato, ma è anche giusto e doveroso dare la propria disponibilità all'accoglienza in affido di un bambino che viva in una brutta situazione familiare.
    E' giusto pensare alle tante famiglie rimaste senza casa, ma è giusto e doveroso pensare anche a tutte quelle famiglie che una casa non l'hanno mai avuta e fanno vivere i propri figli in mezzo alla strada, in mezzo alle macerie della vita.

  41.  

    Addì 18 novembre 2016

    In quel tempo Gesù, entrato nel tempio, cominciò a scacciare i venditori,
    dicendo: «Sta scritto: La mia casa sarà casa di preghiera. Ma voi ne avete fatto una spelonca di ladri!».
    Ogni giorno insegnava nel tempio. I sommi sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo perire e così anche i notabili del popolo;
    ma non sapevano come fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue parole

    Luca 19,45-48

  42.  

    La mia casa sarà casa di preghiera. Ma voi ne avete fatto una spelonca di ladri!

    Un casa sporca

    Vi farebbe piacere se un amico vi ospitasse in una casa dove la spazzatura è per terra, ragnatele ovunque, polvere dappertutto, mobili sfasciati? Ovviamente no, a tutti piacerebbe vivere nell’ordine e nella pulizia, eppure molti di noi accolgono gli amici in case tenute malissimo. Non ci sarebbe quindi da stupirsi se l’amico che ospitiamo in una casa del genere, una volta aperta la porta e resosi conto del grande disordine e della sporcizia, facesse retrofront andandosene sconsolato per non aver trovato una situazione confortevole nella quale poter alloggiare.
    Ebbene se dentro di noi siamo sporchi, diciamo bugie, siamo ipocriti, rubiamo, uccidiamo, parliamo male del prossimo, picchiamo, siamo egoisti, come possiamo pensare di poter avere l’amore di qualcuno, se non di quelle persone che sono sporche quanto noi?
    Per chi crede il nostro cuore, la nostra anima sono luoghi di accoglienza per Dio, ma se il nostro comportamento sarà malvagio e non avremo la forza di fare pulizia, non possiamo nemmeno pensare di Dio possa abitare in mezzo a noi.

  43.  

    Addì 19 novembre 2016

    In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducei, i quali negano che vi sia la risurrezione, e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se a qualcuno muore un fratello che ha moglie, ma senza figli, suo fratello si prenda la vedova e dia una discendenza al proprio fratello.
    C'erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli.
    Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette; e morirono tutti senza lasciare figli.
    Da ultimo anche la donna morì.
    Questa donna dunque, nella risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l'hanno avuta in moglie».
    Gesù rispose: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni dell'altro mondo e della risurrezione dai morti, non prendono moglie né marito; e nemmeno possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, essendo figli della risurrezione, sono figli di Dio.
    Che poi i morti risorgono, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando chiama il Signore: Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe.
    Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per lui».
    Dissero allora alcuni scribi: «Maestro, hai parlato bene».
    E non osavano più fargli alcuna domanda

    Luca 20,27-40

  44.  

    Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe.

    Non è mai l'ultima volta

    Quante volte vi sarà capitato in un momento di rabbia di dire a qualcuno questa è l'ultima volta. Quante volte lo abbiamo detto a un figlio, un fratello o un genitore. Eppure poi diamo a tutti un'altra possibilità, specie alle persone alle quali vogliamo bene. Mi piace pensare che ogni situazione non sia mai l'ultima. Quasi a tutti è capitato di veder morire una persona cara, di pensare di averla persa per sempre per poi accorgersi che alcuni suoi atteggiamenti rivivono in un figlio, alcuni modi di dire sono diventati di uso comune all'interno della famiglia o fra gli amici, e quante volte ci scopriamo a ridere con gli altri di un suo atteggiamento o di un episodio che ci viene a mente. Quante volte sogniamo queste persone care, quante volte pensiamo a loro, quante volte seguiamo i loro consigli o tentiamo di imitarle. Ecco, quando muore una persona non è mai l'ultima volta che la vediamo. Impariamo ad amare gli altri oltre i confini della vita, oltre confini di un rapporto umano che spesso ci porta lontano l'uno dall'altro. Sono tanti i bambini che divenuti ragazzi sono andati via, la maggior parte dei quali si fa sentire una volta ogni due o tre anni oppure mai, mi piace però pensare a loro come se fossero ancora presenti. Anzi, no, loro sono presenti perché vivono nei miei pensieri, nei ricordi, nei sogni, nel mio cuore

  45.  

    Addì 20 novembre 2016

    Il popolo stava a vedere, i capi invece schernivano Gesù dicendo: «Ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il suo eletto».
    Anche i soldati lo schernivano, e gli si accostavano per porgergli dell'aceto, e dicevano:
    «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso».
    C'era anche una scritta, sopra il suo capo: Questi è il re dei Giudei.
    Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!».
    Ma l'altro lo rimproverava: «Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena?
    Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male».
    E aggiunse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno».
    Gli rispose: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso»

    Luca 23,35-43

  46.  

    I.N.R.I. Questi è il re dei Giudei

    Un re nella nostra quotidianità

    A volte per sembrare più bravi, più belli, più buoni, per apparire, per farci accettare dagli altri facciamo di tutto per assomigliare a questo o a quell'altro, al personaggio famoso, al politico, al cantante, al calciatore invece dovremmo provare ad assomigliare ad un re. Ovviamente ad un re buono, generoso, amante del suo popolo, premuroso nei suoi confronti, ma soprattutto capace di accettare la sua condizione di re con i suoi pro, ma soprattutto con i suoi doveri. Pensate a Papa Francesco che ha rinunciato a stare in mezzo alla gente come era abituato a fare senza filtri, eppure ha accettato questo incarico per amore del suo popolo. Ognuno di noi ha una sua vocazione, c'è chi nasce per fare il professore, chi per mettere su famiglia ed essere un padre o una madre, un marito o una moglie, c'è chi invece è un politico, un imprenditore oppure un sacerdote, un missionario religioso o laico che sia. Ognuno di noi ad un certo punto prende la sua strada e ciò significa soprattutto questo: non abbandonare mai il cammino intrapreso e portarlo avanti con costanza e perseveranza per il bene del prossimo, per il bene del nostro popolo. Impariamo da Gesù che era re, un re che ha amato il suo popolo al punto da farsi uccidere per amore suo.
    Anche noi dobbiamo essere re per le persone alle quali vogliamo bene, non per dominarle o sfruttarle, ma per amarle e proteggerle per tutta la nostra vita

  47.  

    Addì 21 novembre 2016

    In quel tempo, mentre era nel tempio, Gesù, alzati gli occhi, vide alcuni ricchi che gettavano le loro offerte nel tesoro.
    Vide anche una vedova povera che vi gettava due spiccioli e disse: «In verità vi dico: questa vedova, povera, ha messo più di tutti.
    Tutti costoro, infatti, han deposto come offerta del loro superfluo, questa invece nella sua miseria ha dato tutto quanto aveva per vivere»

    Luca 21,1-4

  48.  

    Questa vedova, povera, ha messo più di tutti

    Mi dai un soldino?

    "Babbo, mi dai un soldino per favore?"
    Mi chiese uno dei miei bimbi, prima elementare appena iniziata.
    "Cosa ci vuoi comprarci?" domandai
    "Voglio darli alla signora che chiede un soldino per mangiare"

    Ed ancora
    "Mamma, io ho tanti giocattoli, possiamo portarne qualcuno ai bambini poveri?
    Chiese la figlia di una nostra amica
    "Quale vuoi portargli?" e la mamma pensò volesse donare le bambole vecchie con le quali non giocava più, ma la bambina andò a prendere i giochi nuovi appena ricevuti per Natale

    Impariamo dai bambini, loro conoscono la strada dell'amore

  49.  

    Addì 22 novembre 2016

    In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio e delle belle pietre e dei doni votivi che lo adornavano, Gesù disse:
    «Verranno giorni in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra che non venga distrutta».
    Gli domandarono: «Maestro, quando accadrà questo e quale sarà il segno che ciò sta per compiersi?».
    Rispose: «Guardate di non lasciarvi ingannare. Molti verranno sotto il mio nome dicendo: "Sono io" e: "Il tempo è prossimo"; non seguiteli.
    Quando sentirete parlare di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate. Devono infatti accadere prima queste cose, ma non sarà subito la fine».
    Poi disse loro: «Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno, e vi saranno di luogo in luogo terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandi dal cielo»

    Luca 21,5-11

  50.  

    Non resterà pietra su pietra che non venga distrutta

    Mo' me lo segno

    Ogni bambino ha la percezione che i suoi genitori siano eterni, sempre presenti, forti e invincibili, anche dinanzi alle malattie, così quando in casa entra il cattivo odore di un possibile tumore, di una malattia brutta che potrebbe portare alla morte nessun bambino, nessun adolescente o quasi, intravede lo scenario della morte. Da un lato per il grande ottimismo che si ha solitamente a quell'età, dall'altro perché si pensa che il nostro papà o la nostra mamma siano talmente forti da vincere la malattia.
    A me è capitato.
    Quando poi arriva la morte della persona cara, se non siamo preparati, prendiamo una mazzata tra capo e collo tale da lasciarci tramortiti, e sono in molti coloro che non si riprendono tanto facilmente.
    "Non resterà pietra su pietra che non venga distrutta" diceva Gesù duemila anni fa.
    Qualcuno non crede che sia figlio di Dio, ma almeno dovete ammettere che ci azzeccava nel dare consigli di vita.
    Nel film "Non ci resta che piangere" un predicatore disse a Mario, impersonato da Massimo Troisi
    "Ricordati che devi morire"
    "Come?"
    "Ricordati... che devi morire!"
    "Va bene..."
    "Ricordati che devi morire!"
    "Sì, sì... mo'... mo' me lo segno..."
    Ecco, ricordiamoci di segnarcelo, facciamo oggi quello che domani non ci verrà concesso di fare, aiutiamo oggi chi ha bisogno, viviamo in pieno la nostra vita al servizio del prossimo finché possiamo.