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  1.  

    Addì 15 agosto 2016

    In quei giorni, Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda.
    Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta.
    Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo
    ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!
    A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?
    Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo.
    E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore».
    Allora Maria disse: «L'anima mia magnifica il Signore
    e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
    perché ha guardato l'umiltà della sua serva.
    D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
    Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente
    e Santo è il suo nome:
    di generazione in generazione
    la sua misericordia si stende su quelli che lo temono.
    Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
    ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili;
    Ha ricolmato di beni gli affamati,
    ha rimandato a mani vuote i ricchi.
    Ha soccorso Israele, suo servo,
    ricordandosi della sua misericordia,
    come aveva promesso ai nostri padri,
    ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre».
    Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua

    Luca 1,39-56

  2.  

    Beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore

    Di stagione in stagione

    Non ci è difficile credere che a primavera ricompariranno le foglie sugli alberi; non ci è difficile credere che il mare possa tornare calmo mentre vediamo le onde gigantesche infrangersi sul molo; non ci è difficile credere che un piccolo semino possa far nascere un capolavoro nel grembo di una madre; non ci è difficile credere che un bambino possa crescere e diventare una donna o un uomo responsabile. Ci è però difficile credere a ciò che non vediamo, a ciò che non riusciamo a spiegare. Ed ecco che non crediamo nell’esistenza di un’anima perché le radiografie non la immortalano; non crediamo nell’amore gratuito verso un bambino che non sia nostro figlio perché non lo vedremo diventare grande; non crediamo nel perdono perché troppe volte siamo stati traditi; non crediamo che possa esserci al mondo qualcuno capace di fare qualcosa senza un proprio interesse personale. E’ facile credere all’evidenza. E’ facile credere a ciò che tocchiamo con mano, a ciò che ciclicamente si ripete di stagione in stagione. Difficile è credere a quello che noi potremmo costruire perché troppo spesso non crediamo in noi stessi e in quella forza che arriva quando hai il coraggio di guardare in alto e dire “Signore aiutami”. Abbiamo iniziato dal nulla, armati solo di tanta incoscienza, vestiti del desiderio di condividere quel poco che avevamo con tanti bambini con un’infanzia molto più brutta della nostra. Abbiamo creduto in Dio e nella forza che ci aveva promesso di dare. Oggi in tanti credono in noi, credono in ciò che vedono, in ciò che possono toccare con mano. Oggi in molti credono in tutto ciò nel quale, senza vederlo, trent’anni fa, abbiamo creduto noi.
    Crediamo oggi in qualcosa nel quale domani altri possano credere

  3.  

    Addì 16 agosto 2016

    In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «In verità vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli.
    Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli».
    A queste parole i discepoli rimasero costernati e chiesero: «Chi si potrà dunque salvare?».
    E Gesù, fissando su di loro lo sguardo, disse: «Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile».
    Allora Pietro prendendo la parola disse: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne otterremo?».
    E Gesù disse loro: «In verità vi dico: voi che mi avete seguito, nella nuova creazione, quando il Figlio dell'uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele.
    Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna».
    Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi».

    Matteo 19,23-30

  4.  

    A Dio tutto è possibile

    La differenza tra il possibile e l’impossibile è il provarci

    Appena cento anni fa l’uomo guardava la luna e sospirava non potendo immaginare che un giorno qualcuno vi potesse fare una passeggiata lasciando la propria impronta. Eppure è successo. Ciò che sembrava irraggiungibile, ciò che ti faceva additare come un visionario è divenuto realtà, grazie a coloro che hanno creduto che “l’impossibile” potesse divenire “possibile”. Il mondo è pieno di conquiste e grandi imprese dovute ad uomini considerati “visionari” nel loro tempo, uomini che hanno saputo guardare lontano, oltre la barriera eretta da chi viveva con il paraocchi. Quindi è facile pensare oggi che qualsiasi cosa possa un domani essere possibile. L’uomo potrà volare autonomamente, le malattie potranno essere tutte debellate, potremo andare oltre i confini della nostra galassia. Non c’è limite all’immaginazione e non c’è limite a ciò che possa divenire “possibile”.
    E allora non saremmo stolti se continuassimo a pensare come impossibili altre cose come la pace nel mondo, cibo e acqua per tutti, rispetto per la natura e per l’ambiente, nessuna violenza, nessun bambino costretto a vivere senza amore? Eppure ancora qualcuno pensa che siano solo utopie, così come definivano pazzi coloro che dicevano “un giorno l’uomo andrà sulla luna”.
    Nulla è impossibile a Dio, fidiamoci delle continue trasformazioni che da secoli osserviamo e tocchiamo con mano. Non siamo stufi di sentirci ripetere “vedi, te lo avevo detto che ci saremmo riusciti”?

  5.  

    Addì 17 agosto 2016

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna.
    Accordatosi con loro per un denaro al giorno, li mandò nella sua vigna.
    Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano sulla piazza disoccupati
    e disse loro: Andate anche voi nella mia vigna; quello che è giusto ve lo darò. Ed essi andarono.
    Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre e fece altrettanto.
    Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano là e disse loro: Perché ve ne state qui tutto il giorno oziosi?
    Gli risposero: Perché nessuno ci ha presi a giornata. Ed egli disse loro: Andate anche voi nella mia vigna.
    Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: Chiama gli operai e dà loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi.
    Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro.
    Quando arrivarono i primi, pensavano che avrebbero ricevuto di più. Ma anch'essi ricevettero un denaro per ciascuno.
    Nel ritirarlo però, mormoravano contro il padrone dicendo:
    Questi ultimi hanno lavorato un'ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo.
    Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse convenuto con me per un denaro?
    Prendi il tuo e vattene; ma io voglio dare anche a quest'ultimo quanto a te.
    Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?
    Così gli ultimi saranno primi, e i primi ultimi»

    Matteo 20,1-16a

  6.  

    Non posso fare delle mie cose quello che voglio?

    Voglio avere di più

    Mentre viaggiamo sulle strade delle vacanze osserviamo con invidia le macchine più belle della nostra; così quando andiamo per mare tutti quelli che ci passano vicini hanno la barca migliore; in città o a una festa rimaniamo abbagliati dai vestiti e gioielli che indossano quelle smorfiose. E così siamo spesso rosi e pervasi dall’invidia e dalla gelosia. Vogliamo, anzi no, pretendiamo di più di ciò che abbiamo. Fermiamoci un momento a pensare. Immaginiamoci un mondo dove ci siamo solamente noi, ai quali Dio (o la natura se preferite) ha donato ciò che abbiamo. Guardiamoci allo specchio: siamo sani, abbiamo abbastanza denaro per mangiare e vestire, una casa, una certa intelligenza, possiamo correre, saltare, nuotare. Se non ci fosse nessun’altro al mondo saremmo felicissimi, ma il raffronto con gli altri ci da fastidio. Pensare che quella ragazza ha pellicce, vacanze di lusso, gli uomini più belli ai suoi piedi solo perché è bionda e con un bel fisico mi fa una rabbia, ma una rabbia che la ucciderei. E che dire di quel politico, con un’intelligenza piuttosto bassa, ma che ha usato la furbizia per fare carriera, guarda lì che ruolo ricopre, ma che schifoso. Che dire di quel padrone di fabbriche, con ville sparse in tutto il mondo, si fa grande, ma quello che ha lo ha ereditato, non se lo merita, non è mica come me che ho sudato e sgobbato una vita intera per potermi permettere una casina con il mutuo. E l’invidia cresce. E la gelosia ci logora. Arriviamo persino a litigare con Dio, a mormorare contro di lui, perché ha dato più agli altri e meno a noi.
    Ma perché? Non abbiamo abbastanza? Non è sufficiente ciò che abbiamo? Non riusciamo ad accontenatarci? Perché? Perché gli altri hanno di più e noi vogliamo, pretendiamo ciò che gli altri hanno. Impariamo ad apprezzare quello che ci è stato donato, impariamo a dire grazie per una carezza anche quando avremmo voluto un bacio, per una letterina come regalo di compleanno quando avremmo desiderato una bicicletta, per una passeggiata sul lungomare anziché una vacanza a Parigi. Se saremo invidiosi nulla sarà mai abbastanza e saremo sempre infelici, se invece sapremo gioire di quello che abbiamo ricevuto, la gioia abiterà per sempre nei nostri cuori.

  7.  

    Addì 18 agosto 2016

    In quel tempo, rispondendo Gesù riprese a parlare in parabole ai principi dei sacerdoti e agli anziani del popolo e disse:
    «Il regno dei cieli è simile a un re che fece un banchetto di nozze per suo figlio.
    Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non vollero venire.
    Di nuovo mandò altri servi a dire: Ecco ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e i miei animali ingrassati sono già macellati e tutto è pronto; venite alle nozze.
    Ma costoro non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero.
    Allora il re si indignò e, mandate le sue truppe, uccise quegli assassini e diede alle fiamme la loro città.
    Poi disse ai suoi servi: Il banchetto nuziale è pronto, ma gli invitati non ne erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze.
    Usciti nelle strade, quei servi raccolsero quanti ne trovarono, buoni e cattivi, e la sala si riempì di commensali.
    Il re entrò per vedere i commensali e, scorto un tale che non indossava l'abito nuziale, gli disse: Amico, come hai potuto entrare qui senza abito nuziale? Ed egli ammutolì.
    Allora il re ordinò ai servi: Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti.
    Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti»

    Matteo 22,1-14

  8.  

    Ed egli ammutolì

    Scusa ho sbagliato

    Avete notato che quando c'è l'evidenza di un torto fattoci da una persona, o quando prendi in castagna un bimbo con le mani nel barattolo dei biscotti, questo ammutolisce dinanzi alle nostre accuse. Non è solo evidente che ha sbagliato, ma che egli sapeva di sbagliare ed ha fatto quello che ha fatto consapevolmente.
    Si ammutolisce quando ci rimproverano un nostro atteggiamento che possa aver ferito qualcuno.
    Troppe volte non abbiamo il coraggio di ammettere i nostri errori, troppe volte cala il silenzio tra due persone solo perché si vuole avere sempre ragione. Sbagliare è umano, ma è difficile saper chiedere scusa, difficile ammettere i propri errori. Quanti rapporti rovinati, specie nel periodo dell'adolescenza, perché non c'è la forza di dire semplicemente "scusami".
    Questo non significa ricevere il perdono incondizionatamente, non significa avere il passaporto per poter continuare a cadere in errore e fare ciò che ci pare e piace, ma è certamente un primo passo per migliorare un rapporto, per proseguire a dialogare.
    Non ammutolite dinanzi ai vostri errori, ma nemmeno arrampicatevi sugli specchi per trovare scuse improbabili o impossibili a giustificare quanto avete fatto, perché peggiorereste solo la situazione. Scusatevi e basta.

  9.  

    Addì 19 agosto 2016

    In quel tempo, i farisei, udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme
    e uno di loro, un dottore della legge, lo interrogò per metterlo alla prova:
    «Maestro, qual è il più grande comandamento della legge?».
    Gli rispose: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente.
    Questo è il più grande e il primo dei comandamenti.
    E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso.
    Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti»

    Matteo 22,34-40

  10.  

    Amerai il prossimo tuo come te stesso

    Quale chiave per aprire la porta principale?

    Uno dei miei bimbi un giorno mi chiese quale fosse la regola per essere tutti in pace. Un bambino che aveva visto cose brutte in famiglia e desiderava soltanto un po’ di quiete attorno a sé. A pensarci vengono i brividi, ci scoraggiamo perché il mondo è in guerra e per ogni armistizio che viene fatto, si accendono dieci focali. Come si può pensare ad un mondo in pace? Come si fa ad insegnare ai bambini a vivere sereni se siamo i primi ad inalberarsi arrivando alla lite e talvolta persino a menare le mani per una precedenza non rispettata, una fila troppo lunga, una pietanza scondita. Eppure ogni porta ha la sua chiave, e la porta che conduce alla pace non è da meno: amare il prossimo come amiamo noi stessi, non fare agli altri ciò che a noi farebbe male se ci venisse fatto. Una, una sola semplicissima regola che potremmo tranquillamente applicare alla nostra vita per vivere in serenità e donare ai nostri figli un mondo degno di essere vissuto. Cominciamo ad allenarci in palestra, cominciamo ad amare e rispettare chi vive in casa con noi, dalla suocera scorbutica ai figli adolescenti che rispondono male, per poi passare agli ambienti frequentati ogni giorno, da quello lavorativo a quello scolastico, dal negozio sotto casa all’autolavaggio in fondo alla strada. Per fare la maratona di New York occorre iniziare a fare qualche chilometro nel parco del quartiere, e pian piano, chilometro dopo chilometro riusciremo a far si che ci sia la pace nel mondo.

  11.  

    Addì 20 agosto 2016

    In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:
    «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei.
    Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno.
    Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito.
    Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini: allargano i loro filattèri e allungano le frange;
    amano posti d'onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe
    e i saluti nelle piazze, come anche sentirsi chiamare "rabbì''dalla gente.
    Ma voi non fatevi chiamare "rabbì'', perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli.
    E non chiamate nessuno "padre" sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo.
    E non fatevi chiamare "maestri", perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo.
    Il più grande tra voi sia vostro servo;
    chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato»

    Matteo 23,1-12

  12.  

    Chi si umilia sarà esaltato

    In cima alla vetta

    Siamo stati a fare more nel bosco ed era bellissimo che ogni bimbo mi chiamasse per farmi vedere la sua preda. Ognuno aveva la più grossa, la più bella, la più rotonda. Entravano nei rovi come cinghiali incuranti dei rovi che pungevano la loro pelle pur di essere i più bravi. Davo soddisfazione a tutti, ma alla fine non c’è stato uno più bravo, ma tutti insieme abbiamo portato a casa due grossi recipienti pieni, e più nessuno diceva di aver preso la mora migliore, mostrando con orgoglio a chi era rimasto a casa la loro caccia. Limone e tanto zucchero per festeggiare a tavola le ore liete trascorse insieme. Ecco lo spirito giusto, quello che ci insegnano i bambini, anche se istintivamente tendono a primeggiare, alla fine si trovano insieme a fare comunione, a mettere in comune ciò che hanno e non importa se uno di loro ha preso cento more e un altro dieci, tutti mangeranno una porzione identica. Piace essere i primi, piace che la gente ci applauda per quello che abbiamo fatto e riconosca i nostri meriti, ma a quale prezzo? Quello di essere isolati perché da soli in cima alla vetta, osannati finché resistiamo in cima da chi vede solo quel poco che abbiamo fatto senza guardare nel nostro cuore. Preferirei essere apprezzato da una persona soltanto che tenga conto dei miei pregi e dei miei difetti e mi prenda per quello che sono, piuttosto che da una folla di gente, amici solo nel momento in cui c’è da festeggiare, ma pronti a scappare a gambe levate quando hai veramente bisogno di loro. E voi?

  13.  

    Addì 21 agosto 2016

    In quel tempo, Gesù passava per città e villaggi, insegnando, mentre era in cammino verso Gerusalemme.
    Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Rispose:
    «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno.
    Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: Signore, aprici. Ma egli vi risponderà: Non vi conosco, non so di dove siete.
    Allora comincerete a dire: Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze.
    Ma egli dichiarerà: Vi dico che non so di dove siete. Allontanatevi da me voi tutti operatori d'iniquità!
    Là ci sarà pianto e stridore di denti quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio e voi cacciati fuori.
    Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio.
    Ed ecco, ci sono alcuni tra gli ultimi che saranno primi e alcuni tra i primi che saranno ultimi»

    Luca 13,22-30

  14.  

    Allontanatevi da me voi tutti operatori d’iniquità

    Operatori d’iniquità

    Gerardo, tre anni, picchiato ogni giorno perché piange e da fastidio; Michela violentata dal padre e dai suoi amici all’interno delle mura domestiche; Kabir e Amina sfruttati sulla strada della prostituzione minorile. Quante storie, quanti bambini abbiamo conosciuto i cui genitori sono stati cattivi con i propri figli. E quanti, molti di più, sono i bambini che ogni giorno subiscono violenze ed angherie da parte degli adulti. Se abusare e picchiare un bambino è cosa raccapricciante, lo ancor di più insegnare ad un bimbo ad essere un genitore perverso. Chi insegna è certamente peggiore di colui che abusa. “Operatori d’iniquità” è la definizione che si legge nel più bel libro del mondo. Anche noi siamo “operatori d’iniquità” perché quando sentiamo storie di bambini maltrattati ci giriamo dall’altra parte insegnando ai nostri figli che è giusto non accogliere e, peggio ancora, facciamo loro credere che sia giusto così inventando le scuse più banali “non prendo un bimbo in affido per levarlo dalla violenza che ogni giorno deve subire perché … perché quando se ne andrà soffrirò, perché devo avere a che fare con i suoi genitori, perché devo sottostare a restizioni del mio tempo libero da parte dei servizi sociali e dei tribunali, perché mi farebbe fare brutta figura, perché la gente mi scanserebbe”.
    Operatore d’iniquità non è solo chi violenta un bambino, ma anche chi lascia che esso venga violentato girandosi dall’altra parte

  15.  

    Addì 22 agosto 2016

    In quel tempo, Gesù parlo dicendo: "Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti agli uomini; perché così voi non vi entrate, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrarci .
    Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo proselito e, ottenutolo, lo rendete figlio della Geenna il doppio di voi.
    Guai a voi, guide cieche, che dite: se si giura per il tempio non vale, ma se si giura per l'oro del tempio si è obbligati.
    Stolti e ciechi: che cosa è più grande, l'oro o il tempio che rende sacro l'oro?
    E dite ancora: se si giura per l'altare non vale, ma se si giura per l'offerta che vi sta sopra, si resta obbligati.
    Ciechi! Che cosa è più grande, l'offerta o l'altare che rende sacra l'offerta?
    Ebbene, chi giura per l'altare, giura per l'altare e per quanto vi sta sopra; e chi giura per il tempio, giura per il tempio e per Colui che l'abita.
    E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi è assiso"

    Matteo 23,13-22

  16.  

    Guai a voi, scribi e farisei ipocriti

    Laviamoci i denti, e non solo

    Spesso si sente parlare dell'ipocrisia dei ministri di Dio, vescovi, sacerdoti e suore pronti a proclamare tanta carità cristiana ma che non ci pensano due volte a sbattere la porta in faccia alle richieste di aiuto se non hanno un tornaconto personale o di immagine. Ma l'ipocrisia non è soltanto tra coloro che amministrano la Chiesa. Pensate ai politici, un regista che ha fatto un film sul caporalato nei campi del sud diceva di aver parlato con un senatore di sinistra chiedendogli perché il suo partito, come gli altri, nulla facesse per tutelare i tanti immigrati sfruttati nel meridione, e la risposta è stata "mica siamo una ong"; i migranti non votano e quindi i politici non si muovono, così come non si muovono per i bambini. Ipocrisia la possiamo trovare ovunque ed ognuno potrebbe portare esempi di vita vissuta, gente che davanti fa grandi sorrisi e alle spalle è pronta a pugnalarti. E noi? Noi siamo ipocriti? Ovviamente no, giammai. Figuriamoci, io ipocrita? No davvero, sono sincero, prometto quello che mantengo a qualsiasi costo, faccio battaglie per gli altri e vivo per loro la mia vita. Ma quando mai? Ciascuno sa di sé, mi ribolle il sangue però quando vedo tanti bambini in difficoltà non riuscire a trovare una famiglia. Tutti pronti, giustamente, a condannare il padre abusante e pedofilo, ma in pochi disposti ad accogliere in casa quel bambino vittima di violenze. Tutti pronti a proteggere l'anziano, ma quasi nessuno che si tenga il genitore o la suocera in casa mandandoli all'ospizio. Tutti pronti a condannare, ma in pochi che proteggano, accolgano, curino chi sia nella sofferenza. Non so se voi siate ipocriti, non spetta a me dirlo, ma ognuno di noi si guardi allo specchio nel silenzio della sera, prima di andare a letto, ed insieme ai denti si lavi anche l'anima, guardi dentro sé stesso e si chieda se quel giorno ha fatto qualcosa per gli altri, se ha fatto lui per primo ciò che critica nel comportamento altrui.

  17.  

    Addì 23 agosto 2016

    In quel tempo, Gesù parlo dicendo: "Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima della menta, dell'anèto e del cumino, e trasgredite le prescrizioni più gravi della legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste cose bisognava praticare, senza omettere quelle.
    Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!
    Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l'esterno del bicchiere e del piatto mentre all'interno sono pieni di rapina e d'intemperanza.
    Fariseo cieco, pulisci prima l'interno del bicchiere, perché anche l'esterno diventi netto!"

    Matteo 23,23-26

  18.  

    Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!

    Proporre e non imporre

    Ognuno di noi ha determinati principi, regole che si è dato per vivere, giuste per alcuni, sbagliate per altri. Si va dal non mangiare la carne al portare sempre un certo vestito, dal digiunare in certi giorni al fare sport tutti i giorni, dal credere in Dio all'imitazione di certi sportivi, e così via. Ci deve essere pieno rispetto per chiunque, fra religioni, fra credenti e non credenti, tra giovani e anziani. Se giustamente pretendiamo di essere liberi di portare avanti i nostri valori, altrettanto dobbiamo fare con il nostro prossimo non solo lasciandolo libero di esprimersi come meglio ritenga opportuno, ma anche evitando di imporre, utilizzando spesso il nostro rapporto di forza, i nostri ideali ad altri.
    E' giusto proporre, ma è sbagliato imporre.
    Così l'insegnante nei confronti dei ragazzi, un genitore verso i figli, un allenatore verso i suoi atleti ha il diritto, e ritengo anche il dovere, di proporre gli ideali in cui crede, ma ha parimenti il dovere di non imporli. Il confine è labile perché in certi casi per proporre e far capire un valore lo si deve in qualche modo imporre. Si pensi alla fede. Come si potrebbe proporre il Vangelo, la Bibbia o il Corano senza imporre ad un bambino di capire cosa questi libri dicono, o come si potrebbe proporre ad un ragazzo il valore dello studio senza obbligarlo a fare un certo percorso, così come nello sport, ma ogni imposizione deve essere lieve, non durare per sempre e una volta che la persona ha capito di cosa stiamo parlando, ed è in grado di fare una scelta consapevole e matura, lasciare che si libri da sola nell'aria, lasciare che faccia il suo percorso fatto di errori e di conquiste.
    Ogni sera da diversi anni facciamo con i ragazzi una riunione. Partiamo da una frase del Vangelo perché la fede cristiana è per noi che mandiamo avanti l'Associazione un valore fondamentale, seppur non obbligatorio. Abbiamo infatti volontari atei, musulmani o di altra fede, così come i ragazzi, ma proponiamo loro le regole di vita che dal Vangelo abbiamo acquisito, cercando di valutare con loro l'applicabilità nella vita di tutti i giorni, facendoli capire che gli insegnamenti di Gesù sono validi, e possono essere adottati, anche senza dover necessariamente abbracciare il cattolicesimo.
    Così, nel rispetto di tutti, chi non vuole andare in chiesa la domenica resta a casa, chi è musulmano e troppo piccolo per restare da solo si mette in fondo di chiesa a fare un giochino senza disturbare.
    Proponiamo ai figli il nostro stile di vita, ma non imponiamo loro di seguirlo perché dobbiamo far nascere uomini e donne indipendenti, non creare dei pupazzi a nostra immagine e somiglianza.

  19.  

    Addì 24 agosto 2016

    In quel tempo Filippo incontrò Natanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazaret».
    Natanaèle esclamò: «Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi».
    Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c'è falsità».
    Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto il fico».
    Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d'Israele!».
    Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto il fico, credi? Vedrai cose maggiori di queste!».
    Poi gli disse: «In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell'uomo»

    Giovanni 1,45-51

  20.  

    Vedrai cose maggiori di queste!

    Un treno in corsa

    In tutta la mia vita mi sono sempre buttato con entusiasmo nel fare le cose in cui credevo. Non c'era niente e nessuno che potesse fermarmi, ero e sono un treno in corsa su un unico binario, spinto alla massima velocità per raggiungere la meta che mi sono prefissato. All'inizio ero solo una locomotiva, poi pian piano si sono aggiunti vagoni carichi di passeggeri, carichi di tanti bimbi che hanno creduto nella capacità del "macchinista pasticchino", come soleva chiamarmi la mia mamma. Errori ne ho fatti, ma ho toccato anche tanti paesi, vissuto belle esperienze, e sopratutto ho portato alla meta tanti bambini fatti divenire uomini e donne con valori e principi. Ovviamente non da solo. La locomotiva nulla sarebbe senza l'elettricità, senza gli aiuti per manovrare, senza il personale viaggiante, e a nulla servirebbe se non ci fossero i vagoni, i passeggeri, le stazioni, le praterie e i deserti da attraversare. Ma sopratutto a nulla servirebbe tutto questo senza la ferrovia, senza una strada segnata e sicura da percorrere.
    Ci vuole comunque coraggio a sfrecciare a 250/300 km orari su due binari di ferro, fiducia in chi li ha posizionati. Non si può fare un chilometro alla volta, scendere, accertarsi se ci sono i binari nel chilometro seguente, tornare indietro a piedi e ripartire. Si perde tempo e non si arriva mai. La vita è breve e si devono raggiungere e far raggiungere gli obiettivi più importanti. Ed ecco allora che è necessario buttarsi, lanciarsi a forte velocità facendo tesoro di ciò che ci è stato spiegato, dando credito a chi ci ha insegnato a camminare, a correre, a raggiungere la stazione d'arrivo per poi ripartire verso altre mete, verso altri paesi con sempre nuovi passeggeri.
    Oggi vedo in tantissime persone indecisione e insicurezza. Coppie alle quali viene proposto un bambino di pochi giorni o di pochi mesi che non lo accolgono perché è un'adozione a rischio giuridico, ancora da perfezionare; ragazze alle quali viene chiesta una settimana di volontariato che hanno paura di ricevere chissà quale fregatura nell'accettare di dedicare sette giorni della loro vita a dei bambini; ipocriti che maledicono lo stato perché non fa nulla per migliorare la nostra società, ma sono i primi a chiudere le porte all'accoglienza e all'aiuto di bambini maltrattati ed abusati.
    Non si può, non si deve, aver paura di fare un passo, ci si deve buttare e se ci faremo qualche taglio, se ci procureremo qualche ferita che ci lascerà una piccola cicatrice ne sarà valsa la pena perché abbiamo vissuto, perché non siamo rimasti sulla nostra poltrona nella stazione di partenza indecisi per tutta la nostra esistenza su quale treno prendere. Io, Roberta, Carmela siamo pieni di cicatrici, ognuna delle quali ricorda un momento doloroso, una sofferenza, un abbandono, un lutto, ma tornassimo indietro non c'è cicatrice che non vorremmo avere perché dietro ad ognuna di esse c'è una bella storia da raccontare, emozioni che fanno scaldare il cuore al solo pensarci, e sopratutto la consapevolezza che qualche ferita non ci uccide ma ci tempra, dandoci ancora più ardore per andare avanti, per correre verso la prossima stazione con il nostro carico di bimbi stupendi

  21.  

    Addì 25 agosto 2016

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà.
    Questo considerate: se il padrone di casa sapesse in quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa.
    Perciò anche voi state pronti, perché nell'ora che non immaginate, il Figlio dell'uomo verrà»
    Qual è dunque il servo fidato e prudente che il padrone ha preposto ai suoi domestici con l'incarico di dar loro il cibo al tempo dovuto?
    Beato quel servo che il padrone al suo ritorno troverà ad agire così!
    In verità vi dico: gli affiderà l'amministrazione di tutti i suoi beni.
    Ma se questo servo malvagio dicesse in cuor suo: Il mio padrone tarda a venire, e cominciasse a percuotere i suoi compagni e a bere e a mangiare con gli ubriaconi, arriverà il padrone quando il servo non se l'aspetta e nell'ora che non sa, lo punirà con rigore e gli infliggerà la sorte che gli ipocriti si meritano: e là sarà pianto e stridore di denti"

    Matteo 24,42-51

  22.  

    Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà

    Terremoto 24 agosto 2016 ore 3.36

    Trenta vittime! No, ottanta! No centotrenta! No, duecentoquarantasette!!!
    247 persone morte nel crollo delle loro case.
    247 persone che la sera prima sono andate a dormire pensando alle mille preoccupazioni della vita: l'analisi da fare, il figlio che non trova lavoro, il dissapore con il parente per una questione di eredità, la macchina nuova da comprare, la lite con i colleghi o con l'amico. Ognuno è andato a letto come facciamo tutti noi ogni sera. Ma ieri non si è più svegliato. Ieri è rimasto sepolto sotto un cumulo di macerie della sua casa, quella stessa casa dove si sentiva sicuro, protetto, amato, al riparo dai mali del mondo. E dove ha trovato la morte.
    Riflettiamo. Pensiamo che la morte è dietro l'angolo. Non è solo negli ospedali con i malati di tumore, negli ospizi con anziani pelle e ossa, nei ghetti delle favelas o nelle strade del rione Sanità. La morte è alle porte per tutti noi. E' una realtà con la quale dobbiamo convivere e, come per ogni convivenza, dobbiamo dialogare con essa. Dobbiamo vederla e non fare finta che non esista.
    La mia mamma incontrò un giorno per strada un mio amico, Francesco, il quale le chiese "Buongiorno signora, come sta?" e lei gli rispose "bene grazie, ho un tumore e fra poco devo morire". BENE GRAZIE!!! Francesco rimase basito e quando me lo raccontava diceva che non le aveva creduto. Non è da tutti instaurare un buon rapporto con la morte, ma mia madre era talmente brava nel dialogo, che anche con questa signora vestita di nero e con la falce in mano aveva saputo instaurare un buon rapporto.
    Attendeva.
    Ha lottato con tutte le sue forze, ma quando ha capito che non c'era più nulla da fare è rimasta in attesa. Sapete perché? Perché era pronta. E' sempre stata pronta, aveva sempre la valigia a portata di mano per qualche lungo viaggio. Pronta per l'ultimo viaggio della vita.
    E noi? Noi siamo pronti? Non si può dire mi pulisco domani la coscienza, faccio pace domani con il mio amico, risolvo domani una lite con mio fratello, perché un domani potrebbe non esserci. Domandatelo agli abitanti di Amatrice, Accumoli, Arquata, Pescara del Tronto, Norcia, Castelsantangelo sul Nera.
    La mia mamma diceva sempre "non andare mai a dormire prima di aver fatto pace".
    Buonanotte amici miei

  23.  

    Addì 26 agosto 2016

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: "Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo.
    Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le lampade, ma non presero con sé olio; le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell'olio in piccoli vasi.
    Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono.
    A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro!
    Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade.
    E le stolte dissero alle sagge: Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono.
    Ma le sagge risposero: No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene.
    Ora, mentre quelle andavano per comprare l'olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa.
    Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, aprici!
    Ma egli rispose: In verità vi dico: non vi conosco.
    Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora"

    Matteo 25,1-13

  24.  

    Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono

    Odissea

    Mai viaggio è stato più difficile ad organizzarsi: furgone che si rompe, motore della barca introvabile, cane che non sappiamo dove mettere, furgone che non si trova nemmeno a noleggio, volontari si e poi no, ospitalità da ricercare. Detta così sembra facile, meno di due righe, trenta parole esatte, meno di dieci secondi per leggerle. Ma dietro a tanti nodi sciolti c'è un mese di fatica, un'estate passata più in ufficio che in campagna con i ragazzi, stress e stanchezza. Ma non abbiamo mai perso la certezza di partire, e lunedì lasceremo la Toscana per arrivare, dopo 48 ore di viaggio, a rivedere il bellissimo mare di Lipari. Cosa ci da la forza? Ventidue bimbi felici con i loro sorrisi pronti ad illuminare più del sole i nostri cuori. Ma la forza ci viene dall'esperienza, dalla promessa che Dio ci ha fatto da sempre "non demordere mai, non perdere mai la speranza e vedrai che le cose si aggiustano". Mai mollare se teniamo a qualcosa, mai lasciarsi vincere dalla disperazione o dalle contrarietà, dalla paura di guidare o dal vedere cose che ci infastidiscono. Se crediamo in qualcosa andiamo oltre, continuiamo ad avere fede e non smettiamo mai di sperare. Ringrazio Ciro e Samantha per aver creduto alle mie parole, per aver pianto insieme a me, per aver capito quale fosse la cosa giusta da fare, anche se dolorosa e faticosa.
    Non perdete mai la speranza, nemmeno davanti all'evidenza, perché ciò che è evidente per noi, ha per Dio mille altri bivi da percorrere.

  25.  

    Addì 27 agosto 2016

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
    «Un uomo, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni.
    A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì.
    Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò subito a impiegarli e ne guadagnò altri cinque.
    Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due.
    Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.
    Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò, e volle regolare i conti con loro.
    Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque, dicendo: Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque.
    Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone.
    Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse: Signore, mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due.
    Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone.
    Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso;
    per paura andai a nascondere il tuo talento sotterra; ecco qui il tuo.
    Il padrone gli rispose: Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso;
    avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l'interesse.
    Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti.
    Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha.
    E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti»

    Matteo 25,14-30

  26.  

    Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha

    Partiamo da un sorriso

    Per costruire una casa si parte dal basso. Dapprima si effettua lo scavo, si creano le fondamenta, poi si mettono i pilastri e poi, pian piano, mattone su mattone, la edifichiamo.
    Tutti noi giustamente pretendiamo una società buona, con gente che non uccida, assenza di rapine, senza omicidi e abusi. Tutto giusto, tutto legittimo, ma ci siamo mai interrogati su cosa facciamo noi per migliorare la situazione attuale non certo idilliaca?
    Oggi siamo stati a Firenze a prendere il furgone che abbiamo noleggiato per andare a Lipari e sull'autostrada, fermi al casello, ho detto "buongiorno" al casellante, non mi ha risposto; ho replicato "per favore ho bisogno della ricevuta", non mi hai risposto; gli ho detto "grazie" quando mi ha porto la ricevuta, non mi ha risposto; gli ho detto nuovamente "buongiorno" quando siamo andati via, non mi ha risposto.
    Abbiamo ritirato il mezzo presso l'agenzia e l'impiegato non è stato il massimo della cordialità e dell'accoglienza.
    Ormai dovremmo esserci abituati, ma non riesco a pensare ad una società nella quale non ci sia un sorriso, dove non ci sia cordialità, dove non ci sia la risposta al buongiorno, dove non ci sia un dialogo, quel dialogo che avveniva con i negozianti del quartiere, con lo spazzino che incontravamo tutte le mattine, con il bidello della scuola di nostro figlio. Ormai tutto è concentrato sulla massimizzazione dei tempi, sul denaro, sul potere. Più in fretta fai, più soldi hai, più amicizie influenti possiedi e più sei considerato dagli altri. Se invece sei una brava persona vieni trattato a pesci in faccia per il solo fatto che a qualcuno gli girano le scatole per essere lì a lavorare, o per qualunque altro motivo. Niente giustifica la maleducazione, la mancanza di accoglienza, i musi lunghi. Se uno o diecimila persone ti hanno fatto un torto, questo non ti autorizza a trattare male il prossimo perché così facendo la società non migliorerà mai, così facendo non insegneremo ai nostri figli a volersi bene.
    Cambiare il mondo si può e dobbiamo essere noi a farlo, partiamo da un sorriso.

  27.  

    Addì 28 agosto 2016

    Avvenne un sabato che Gesù era entrato in casa di uno dei capi dei farisei per pranzare e la gente stava ad osservarlo.
    Osservando poi come gli invitati sceglievano i primi posti, disse loro una parabola: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più ragguardevole di te
    e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: Cedigli il posto! Allora dovrai con vergogna occupare l'ultimo posto.
    Invece quando sei invitato, và a metterti all'ultimo posto, perché venendo colui che ti ha invitato ti dica: Amico, passa più avanti. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali.
    Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».
    Disse poi a colui che l'aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i ricchi vicini, perché anch'essi non ti invitino a loro volta e tu abbia il contraccambio.
    Al contrario, quando dài un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti»

    Luca 14,1.7-14

  28.  

    Quando dài un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi

    Sciame sismico

    In una stanza c'erano due famiglie. La prima composta da papà, mamma, Michela di otto anni e Francesco di cinque, mentre nella seconda c'erano papà, mamma, nonna, Jussuf di otto anni, Aamaal di cinque, Abdul di tre e Hadiya di diciotto mesi. Entrambe le famiglie erano sedute a due tavoli distinti, tavola apparecchiata, ma non c'era nulla da mangiare. Con un buon tam tam erano state invitate le persone a venire in questo luogo per portare qualcosa da mangiare alle famiglie povere ospitate. Entra una signora con due buste della spesa piene di cibo, si guarda intorno e va diretta dalla prima famiglia alla quale lascia tutto ciò che ha portato. Subito dopo entrano due coppie di fidanzati portando una scatola di pomodori pelati, latte, zucchero e biscotti, si guardano intorno e vanno dalla prima famiglia intrattenendosi a parlare con loro per capire meglio la loro situazione e poterli aiutare ancora. Entrano altre decine di persone, ciascuno con il suo pacco alimentare, e tutte vanno da Michela, Francesco e dai loro genitori. Sono talmente carichi di roba da mangiare al punto che il direttore della stanza è costretto a dire a chi entra di non portar loro più nulla che andrebbe sprecato. Jussuf, Aamaal, Abdul e Hadiya rimangono senza nulla da mangiare.
    Vi sembra giusto? No certamente, eppure milioni di italiani in questi giorni hanno fatto proprio così, e la cosa si ripete in ogni occasione.
    Qualche giorno fa c'è stato un terremoto, lo sapevate? Certo che lo sapevate, che stupido, ne ha parlato così tanto la televisione che era impossibile non conoscere nei minimi dettagli quanti granelli di polvere fossero stati sollevati. Non ci sono altre notizie da giorni se non quelle relative al terremoto. Bellissima la solidarietà che si è innescata, come accade sempre per fortuna, con mille iniziative, alcune anche a carattere internazionale che avranno durata per un anno. Sono fiero di questo, fiero di tutte queste persone che hanno messo mano al portafoglio ed hanno inviato uno o due euro ciascuno raccogliendo così alcuni milioni in pochi giorni. E' così che si fa. Quando c'è un bisogno dobbiamo dare anche poco ma bisogna farlo tutti insieme, in modo da raggiungere il risultato.
    Ma una cosa non mi torna. Avevate il televisore spento quando il giorno prima, o quello prima ancora, o quello ancora prima la Russia, gli Stati Uniti, i francesi o chi per loro hanno bombardato le città della Siria facendo crollare case, palazzi, scuole, ospedali? Avevate il televisore spento quando raccontavano di bambini e intere famiglie sepolte sotto cumuli di macerie? Non avete visto le bare dei bambini? Forse eravate distratti, o forse ci siete abituati, o forse la televisione ne ha parlato troppo poco. Fatto sta che ci sono terremotati di serie A e terremotati di serie B, bambini sepolti vivi per i quali si piange e bambini per i quali non si versa una lacrima, per i quali un gesto di solidarietà è considerato superfluo perché sono lontani, perché sono diversi, perché sono arabi, perché sono musulmani, perché se la sono cercata. Perché? Perché un bambino deve essere diverso da un altro?
    Da un lato i governi occidentali fanno a gara per aiutare i terremotati, dall'altra provocano loro stessi i terremoti lanciando bombe su case e città.
    Io la chiamo ipocrisia, voi come la chiamate?

  29.  

    Addì 29 agosto 2016

    Erode infatti aveva fatto arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, che egli aveva sposata.
    Giovanni diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello».
    Per questo Erodìade gli portava rancore e avrebbe voluto farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo giusto e santo, e vigilava su di lui; e anche se nell'ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri.
    Venne però il giorno propizio, quando Erode per il suo compleanno fece un banchetto per i grandi della sua corte, gli ufficiali e i notabili della Galilea.
    Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla ragazza: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò».
    E le fece questo giuramento: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno».
    La ragazza uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista».
    Ed entrata di corsa dal re fece la richiesta dicendo: «Voglio che tu mi dia subito su un vassoio la testa di Giovanni il Battista».
    Il re divenne triste; tuttavia, a motivo del giuramento e dei commensali, non volle opporle un rifiuto.
    Subito il re mandò una guardia con l'ordine che gli fosse portata la testa.
    La guardia andò, lo decapitò in prigione e portò la testa su un vassoio, la diede alla ragazza e la ragazza la diede a sua madre.
    I discepoli di Giovanni, saputa la cosa, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.

    Marco 6,17-29

  30.  

    Nell'ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri

    Un cuore con la tastiera

    In ogni vicenda negativa si deve trovare sempre l'aspetto positivo ed il giusto insegnamento. Guardate quanta solidarietà si è scatenata dopo il terremoto.
    Nel brano del Vangelo in cui Erode fece uccidere Giovanni il Battista si legge questa frase "Nell'ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri". Erode ascoltava Giovanni anche se gli diceva cose a lui sgradite e ci rifletteva sopra.
    Quando qualcuno ci rimprovera o ci dice qualcosa che non rientra nel nostro modo di pensare tendiamo a chiudere il cuore e la mente, a dare spiegazioni fantasiose al comportamento altrui, ma così non va bene, così chiudiamo la porta al dialogo e non ci apriamo a possibili spiegazioni che non riusciamo a vedere, ma che potrebbero farci comunque riflettere. Quante volte vi sarà capitato di impermalosirvi perché una persona della vostra famiglia è entrata in casa e non vi ha salutato. Serbate il dispiacere nel vostro animo, ma forse se chiedeste spiegazioni e ascoltaste vostro figlio, vostro marito, vostra moglie senza accusarlo di non avervi salutato, magari scoprireste che lo ha fatto mentre voi eravate distratti da altra faccenda e non lo avete sentito. Basta poco a volte per chiarirsi, ma troppo spesso chiudiamo le porte agli altri. Ora ci sono gli sms, i messaggi su whats app e con essi si lanciano pietre, si emettono giudizi e condanne senza appello. Conosco persone che attraverso i messaggini hanno chiuso storie durate più di dieci anni.
    Se nostro Signore avesse voluto che comunicassimo con i messaggi avrebbe creato una mano a forma di telefono, invece ci ha dato cuore, bocca e orecchie, e questo è l'unico modo per comunicare veramente con le persone alle quali vogliamo bene.
    A volte non c'è il tempo, a volte non c'è l'occasione è vero, ma come facevamo prima dell'avvento dei cellulari? Si aspetta, magari si usa quel tempo per riflettere e poi si parla. Si parla per dialogare, non si messaggia. Non voglio fare il retrogrado che dice "ai miei tempi era diverso", come mi urtava il sistema nervoso quando me lo diceva mio padre, ma è pur vero che i ragazzi, ed anche molti quarantenni ormai, sono incapaci di parlare e delegano ai telefoni e ai messaggi di farsi interpreti dei loro sentimenti. Ma come si fa a dare un'intonazione con un sms, un sorriso, un abbraccio quando le parole diventano troppo pesanti? Come si fa a vedere il pentimento sulla faccia dell'altro, come si fa ad asciugare le sue lacrime? Ragazzi utilizzate il cellulare per divertirvi, per dire "mamma sto arrivando, butta la pasta", ma usate la bocca per dialogare, per esprimervi, non lasciate che la tecnologia impianti dentro di voi un cuore falso fatto di microchips.

  31.  

    Addì 30 agosto 2016

    In quel tempo, Gesù discese a Cafarnao, una città della Galilea, e il sabato ammaestrava la gente.
    Rimanevano colpiti dal suo insegnamento, perché parlava con autorità.
    Nella sinagoga c'era un uomo con un demonio immondo e cominciò a gridare forte:
    «Basta! Che abbiamo a che fare con te, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? So bene chi sei: il Santo di Dio!».
    Gesù gli intimò: «Taci, esci da costui!». E il demonio, gettatolo a terra in mezzo alla gente, uscì da lui, senza fargli alcun male.
    Tutti furono presi da paura e si dicevano l'un l'altro: «Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti immondi ed essi se ne vanno?».
    E si diffondeva la fama di lui in tutta la regione.

    Luca 4,31-37

  32.  

    Taci, esci da costui!

    Per poter parlare bisogna tacere

    Quando abbiamo mal di stomaco dobbiamo in qualche modo liberarci, così è lo stesso quando stiamo male dentro per qualcosa. Tenere i nostri pensieri nel cuore provoca un malessere sempre crescente, finanche a morire dentro e restare solo una scatola vuota. Ho visto in tanti miei ragazzi, ma anche in tanti amici, questa incapacità a parlare dei propri problemi, a dire ciò che provano e, quando lo fanno spesso accade con rabbia creando altri dolori. Per poter parlare occorre tacere. Belli i controsensi, sono come uno schiaffo che ci fa prestare attenzione. Se vogliamo tirare fuori la rabbia che abbiamo dobbiamo prima imparare a trovare dentro di noi un minimo di equilibrio per evitare di ferire chi ci ascolta, e per farlo dobbiamo stare in silenzio, dobbiamo riflettere, dobbiamo far luce sulle cause che ci fanno male cercando però di non dare un sola spiegazione, quella che la gelosia, l'invidia, l'egoismo in quel momento ci trasmettono, ma provando a trovare più strade da valutare. Una volta fatto questo sforzo bisogna parlare con gli altri cercando di non sputare sentenze, ma ascoltando altre possibili idee sul perché dei fatti che ci hanno così profondamente feriti. A volte la verità sta nel mezzo, altre volte siamo lontanissimi da essa, ma facendoci dei film rischiamo di farci ancora più male, un po' come l'indemoniato di cui parla il Vangelo che tanto strepitava facendo solo del male a sé e agli altri. E' bastato ridurlo al silenzio affinché il male uscisse da lui.
    E' difficile con i ragazzi quando sono feriti e spaventati, ma il modo migliore è abbracciarli, dar loro il nostro amore, accoglierli. All'inizio butteranno fuori rabbia e dolore, qualcuno alzerà le mani per colpirci, altri urleranno parole cattive per ferire, ma è il male che è dentro di loro a parlare, sono le persone cattive che li hanno violentati nell'anima ad esprimersi. Dobbiamo restare calmi semplicemente amandoli e, con pazienza, la cattiveria uscirà da loro. Ho visto ragazzi spaccare scrivanie, minacciare gli adulti, dare di matto contorcendosi per terra, ma tutto è stato vinto con l'amore e questi ragazzi sono tornati a vivere

  33.  

    Addì 31 agosto 2016

    In quel tempo, Gesù uscito dalla sinagoga entrò nella casa di Simone. La suocera di Simone era in preda a una grande febbre e lo pregarono per lei.
    Chinatosi su di lei, intimò alla febbre, e la febbre la lasciò. Levatasi all'istante, la donna cominciò a servirli.
    Al calar del sole, tutti quelli che avevano infermi colpiti da mali di ogni genere li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva.
    Da molti uscivano demòni gridando: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli li minacciava e non li lasciava parlare, perché sapevano che era il Cristo.
    Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano, lo raggiunsero e volevano trattenerlo perché non se ne andasse via da loro.
    Egli però disse: «Bisogna che io annunzi il regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato».
    E andava predicando nelle sinagoghe della Giudea.

    Luca 4,38-44

  34.  

    Bisogna che io annunzi il regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato

    Seminare tanti sorrisi di bambini

    Viaggiare con i bambini e i ragazzi è certamente una gioia ed una grande promozione verso l'Associazione, ma sopratutto verso l'affido, con la speranza che sempre più persone possano aiutarci a crescere, o possano accogliere un bambino nella propria famiglia.
    Già durante il viaggio di andata sono state tante le persone che ci hanno avvicinato per chiederci chi fossimo, restando colpiti dalla nostra storia, ma sopratutto dal sorriso e dall'affetto dei nostri bimbi.
    Dall'ufficiale della Siremar/TTTlines alla signora con il marito e persino un gruppo di ragazzi ungheresi che si recavano alla festa del fuoco di Stromboli, lasciandoci con la promessa di venire a trovarci in Toscana per insegnare ai bimbi tanti bellissinmi giochi.
    Anche al nostro arrivo abbiamo trovato una calorossisima accoglienza, sia da parte di chi aveva aperto le porte della propria struttura per ospitarci - Hotel Casajanca, Eolian Residence, Casa Vacanze Stella del Mattino, Mistral Residence, Agriturismo Zu Pino - sia dalle persone che da sempre ci conoscono e ci attendevano a braccia aperte, coinvolgendo anche una coppia di svizzeri che hanno persino lasciato un'offerta. Un seme che si sparge. Non tutti i semi vengono accolti dalla terra, ma a noi non deve interessare, dobbiamo seminare lasciando che i nostri bimbi parlino per noi con i loro sguardi pieni d'amore

  35.  

    Addì 1 settembre 2016

    In quel tempo, mentre, levato in piedi, stava presso il lago di Genèsaret
    e la folla gli faceva ressa intorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù vide due barche ormeggiate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti.
    Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedutosi, si mise ad ammaestrare le folle dalla barca.
    Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e calate le reti per la pesca».
    Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti».
    E avendolo fatto, presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano.
    Allora fecero cenno ai compagni dell'altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche al punto che quasi affondavano.
    Al veder questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontanati da me che sono un peccatore».
    Grande stupore infatti aveva preso lui e tutti quelli che erano insieme con lui per la pesca che avevano fatto;
    così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini».
    Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.

    Luca 5,1-11

  36.  

    Pescatori di uomini

    Il primo giorno

    Il rumore del mare che si infrange sulla battigia, un sole pallido già abbastanza alto, un'aria che promette una bellissima giornata. Oggi è il primo settembre, il primo giorno di vacanza per tutti noi, ed anche se sono state tante le volte che siamo venuti a Lipari e tantissime quelle che siamo andati in vacanza con i ragazzi, oggi è, come ogni giorno dovrebbe essere, un po' come fosse la prima volta per tutto. Questo deve un po' essere lo spirito della nostra vita, ogni giorno un inizio, un buon inizio dove lasciare alle spalle tutti i problemi, tutti i peccati, tutte le tristezze e ricominciare ogni giorno da capo. Il Vangelo ci dice questo anche quando Gesù dice a Simone di gettare le reti dopo che non aveva preso nulla, e portò a casa una quantità enorme di pesce. Fidiamoci e ricominciamo da capo ogni giorno, in ogni occasione, in qualunque rapporto con gli altri. Non lasciamo che i malumori del giorno prima ci impediscano di crescere nel rapporto con il prossimo e goderci una così bella giornata.

  37.  

    Addì 2 settembre 2016

    In quel tempo, gli scribi e i farisei dissero a Gesù: «I discepoli di Giovanni digiunano spesso e fanno orazioni; così pure i discepoli dei farisei; invece i tuoi mangiano e bevono!».
    Gesù rispose: «Potete far digiunare gli invitati a nozze, mentre lo sposo è con loro?
    Verranno però i giorni in cui lo sposo sarà strappato da loro; allora, in quei giorni, digiuneranno».
    Diceva loro anche una parabola: «Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per attaccarlo a un vestito vecchio; altrimenti egli strappa il nuovo, e la toppa presa dal nuovo non si adatta al vecchio.
    E nessuno mette vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo spacca gli otri, si versa fuori e gli otri vanno perduti.
    Il vino nuovo bisogna metterlo in otri nuovi.
    Nessuno poi che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: Il vecchio è buono!».

    Luca 5,33-39

  38.  

    Il vecchio è buono!

    Il vecchio ed il nuovo

    Spesso ci vengono proposte nuove iniziative, nuovi sbocchi per la nostra vita. Sono il primo ad entusiasmarmi per ogni novità, ma parimenti non si deve correre dietro ad ogni occasione che ci capita, ma bisogna restare legati alle scelte principali. Se ci propongono modifiche alla nostra casa le valutiamo e qualche parete si può anche buttare giù, ma non possiamo abbattere le mura portanti altrimenti tutta la nostra casa crolla. Quando ho scelto di dedicare la mia vita ai ragazzi ho eretto la mia casa, ho tirato su, non senza fatica, le mura portanti della mia vita. Nei trent'anni di Associazione ho ricevuto decine di proposte e molte le ho accettate per il bene dei ragazzi, ma mai quelle che avrebbero potuto stravolgere la mia vita con loro. Un mio amico giudice un giorno di tanti anni fa mi propose di divenire giudice onorario al suo fianco per portare avanti belle battaglie. La proposta mi fece piacere e ci pensai seriamete, ma non accettai perché sarei dovuto andare a vivere in un'altra città, lontano dai miei bimbi. Mi hanno proposto da diversi lati ed in momenti differenti di entrare in politica, ma questo avrebbe stravolto la mia vita e non mi avrebbe dato la possibilità di onorare la bandiera bianca con la scritta "bambini" priva di schieramenti.
    Non fatevi abbagliare dal nuovo, ma restate ancorati ai veri principi che vi siete scelti

  39.  

    Addì 3 settembre 2016

    Un giorno di sabato; Gesù passava attraverso campi di grano e i suoi discepoli coglievano e mangiavano le spighe, sfregandole con le mani.
    Alcuni farisei dissero: «Perché fate ciò che non è permesso di sabato?».
    Gesù rispose: «Allora non avete mai letto ciò che fece Davide, quando ebbe fame lui e i suoi compagni?
    Come entrò nella casa di Dio, prese i pani dell'offerta, ne mangiò e ne diede ai suoi compagni, sebbene non fosse lecito mangiarli se non ai soli sacerdoti?».
    E diceva loro: «Il Figlio dell'uomo è signore del sabato»

    Luca 6,1-5

  40.  

    Il figlio dell’uomo è padrone anche del sabato

    La regola dell’eccezione

    Quante volte ci siamo sentiti dire che non siamo bravi figli, bravi alunni, bravi cittadini, bravi cristiani, brave persone perché non rispettiamo certe regole. Tutto ruota intorno a leggi, anche non scritte, che ci siamo dati. E’ giusto, non possiamo vivere nell’anarchia, ma quando c’è rigidità nelle regole allora c’è qualcosa che non va. Quando si va in vacanza, ad esempio, si abbandonano giacche e cravatte e si indossano coloratissimi bermuda, quando si è tra amici ci scappano discorsi scurrili che nella quotidianità mai faremmo, e quante altre eccezioni facciamo o vorremo fare. Penso alle volte alla scuola per i nostri ragazzi, perdere un giorno di scuola all’inizio dell’anno è visto come sbagliato, ma perdere una settimana per andare sulla neve è giusto. Penso che tutto debba essere visto sotto la luce dell’esperienza che i ragazzi possano fare. Si parla tanto del fatto che non si sta più in famiglia, ma pensate se un babbo può avere le ferie solo a metà settembre, cosa pensate sia meglio, che il bambino perda una settimana di scuola per andare con il padre in vacanza con il quale non sta quasi mai, oppure andare la prima settimana a scuola? Quale esperienza meravigliosa per un bambino una vacanza con la propria famiglia, tutto acquista sapore di avventura e di novità e una settimana così trascorsa diventa memorabile, mentre una settimana di scuola in più non fa certo la differenza, magari con l’orario ridotto o con l’assenza dell’insegnante di ruolo. Sono il primo ad insegnare il rispetto delle regole ai miei ragazzi, ma tra le varie regole insegnate loro quella dell’eccezione.

  41.  

    Addì 4 settembre 2016

    In quel tempo, siccome molta gente andava con lui, Gesù si voltò e disse:
    «Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo.
    Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo.
    Chi di voi, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolarne la spesa, se ha i mezzi per portarla a compimento?
    Per evitare che, se getta le fondamenta e non può finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro.
    Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila?
    Se no, mentre l'altro è ancora lontano, gli manda un'ambasceria per la pace.
    Così chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo»

    Luca 14,25-33

  42.  

    Chiunque di voi se non rinuncia a tutti i suoi averi non può essere mio discepolo

    Vuoi venire con me? No!

    Chi sposandosi ha portato in casa con la moglie o il marito anche la suocera? Chi continuamente dice alla propria moglie “ah com’è più brava mia madre rispetto a te”? Chi va a giocare per una nuova squadra e porta con sé le foto dei suoi vecchi compagni e la bandiera sotto la quale militava? Quando abbracciamo una nuova vita dobbiamo lasciare alle spalle quella vecchia ed entrare a piè pari nella nuova. Questo non significa abbandonare i propri affetti, ma abbandonare le proprie abitudini per crearne di nuove.
    Quando arriva un nuovo ragazzo presso di noi deve scegliere se adeguarsi alla nostra vita o mantenere i vizi e le cattive abitudini. Qualcuno considera la nostra come una vera e propria famiglia abbandonando e criticando il passato, altri purtroppo pensano di entrare in casa nostra prendendo quello che di buono possiamo offrire loro e non dando nulla. E’ il caso di chi la mattina nemmeno saluta, di chi non si interessa minimamente a te, di chi non ti concede nemmeno un sorriso, di chi ti dice no ad una tua proposta senza nemmeno darti una spiegazione. Vale per i ragazzi, ma vale anche per noi, non si può prendere senza dare, chiedere senza concedere, ottenere senza sacrificarsi.
    Quante volte ho sentito dire alle persone che non credono in Dio perché non ha dato loro quello che hanno chiesto, ma vi siete mai domandati cosa e quanto noi diamo a Dio? Eppure nel Vangelo Gesù parla chiaro, stabilisce delle regole, ci chiede di aiutare chi ha bisogno, di perdonare, di accogliere i bambini. Lo facciamo? Lo facciamo fino in fondo? Lo facciamo sempre? Abbiamo rinunciato a tutto per seguirlo, oppure usiamo Dio solo per avere un qualche miracolo?

  43.  

    Addì 5 settembre 2016

    Un sabato Gesù entrò nella sinagoga e si mise a insegnare. Ora c'era là un uomo, che aveva la mano destra inaridita.
    Gli scribi e i farisei lo osservavano per vedere se lo guariva di sabato, allo scopo di trovare un capo di accusa contro di lui.
    Ma Gesù era a conoscenza dei loro pensieri e disse all'uomo che aveva la mano inaridita: «Alzati e mettiti nel mezzo!». L'uomo, alzatosi, si mise nel punto indicato.
    Poi Gesù disse loro: «Domando a voi: E' lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o perderla?».
    E volgendo tutt'intorno lo sguardo su di loro, disse all'uomo: «Stendi la mano!». Egli lo fece e la mano guarì.
    Ma essi furono pieni di rabbia e discutevano fra di loro su quello che avrebbero potuto fare a Gesù.

    Luca 6,6-11

  44.  

    Stendi la mano

    Quante mani abbiamo

    Di tutte le parti del corpo che Dio ci ha donato sono le mani quelle più utili. Con una mano possiamo salutare, chiedere, prendere, accarezzare, ma purtroppo possiamo anche colpire, uccidere, offendere, rubare. Spetta a noi decidere il suo utilizzo, spetta a noi decidere se farle compiere una buona o una cattiva azione. La mano non ha vita propria. Vedo tanti bambini, alcuni ben educati, altri un po’ meno, altri ancora già pieni di rabbia verso tutti. Da chi dipende il loro modo di operare? Dagli adulti di riferimento, dai loro genitori. Sono essi quelli sui quali ricadono le colpe dei ragazzi, almeno fin tanto che non acquisiscano una propria identità e consapevolezza delle loro azioni. Eppure in molti sarebbero pronti a tagliare una mano alla nostra società perché ruba o fa altre cose negative. Si deve insegnare ad un bambino a comportarsi bene, si deve dire alle mani che incontriamo nella nostra vita quali azioni fare, si deve aver cura dei bambini, accoglierli, amarli, educarli affinché un domani siano mani che accarezzano e non mani che picchiano, rubano, uccidano.

  45.  

    Addì 6 settembre 2016

    In quei giorni, Gesù se ne andò sulla montagna a pregare e passò la notte in orazione.
    Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede il nome di apostoli: Simone, che chiamò anche Pietro, Andrea suo fratello, Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo d'Alfeo, Simone soprannominato Zelota, Giuda di Giacomo e Giuda Iscariota, che fu il traditore.
    Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C'era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone, che erano venuti per ascoltarlo ed esser guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti immondi, venivano guariti.
    Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che sanava tutti.

    Luca 6,12-19

  46.  

    Da lui usciva una forza che sanava tutti

    Gioia eterna

    Tutti noi pensiamo di essere forti, di non aver bisogno di nessuno, di essere invincibili, ma appena sentiamo un piccolo dolorino ci precipitiamo dal medico, se abbiamo un problema da risolvere chiediamo consiglio a chi pensiamo possa darci una mano, se abbiamo una brutta malattia o qualcuno a noi caro rischia di morire facciamo il giro di ogni guaritore o sciamano possibile. Se qualcuno ci guardasse dall’alto vedrebbe una miriade di formiche che freneticamente vanno da una parte all’altra alla ricerca di qualcosa che non troveranno mai: qualcuno che su questa terra possa darci l’elisir della felicità e della salute.
    Dopo aver sbattuto la testa mille volte senza trovare una soluzione decente e duratura, qualcuna di queste formichine si ferma e alza la testa. Ed in alto vede la soluzione. Cerchiamo, cerchiamo, ma l’unico vero guaritore, l’unico che può sanare tutti è Dio. Per molti non esiste, ma ho visto atei pregare per avere il figlio guarito, ho visto atei chiedere a Dio di dare loro un figlio, ho visto atei entrare in chiesa e farsi il segno della croce. Superstizione? Tentare il tutto per tutto? Può darsi, ma non sta a noi leggere l’animo umano, ognuno sa di sé e conosce le proprie motivazioni, ma una cosa è certa, non troveremo su questa terra l’immortalità, non troveremo qui la gioia incondizionata. Il più brutto tumore al cervello potrà un giorno anche essere guarito, ma quella persona prima o poi si ammalerà di nuovo e prima o poi, come tutti morirà. Nessun medico ci promette miracoli, Dio promette la vita, la gioia e la salvezza eterne, cos’altro dobbiamo cercare?

  47.  

    Addì 7 settembre 2016

    In quel tempo, alzati gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva: «Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio.
    Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi che ora piangete, perché riderete.
    Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v'insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell'uomo.
    Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i profeti.
    Ma guai a voi, ricchi, perché avete gia la vostra consolazione.
    Guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete.
    Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti»

    Luca 6,20-26

  48.  

    Beati voi

    Beata la Merkel

    Un sacerdote qualche giorno fa mi disse che si era sentito malissimo, ho risposto che mi dispiaceva, ma lui ha replicato “No, la sofferenza è un dono”. Com’è difficile gioire quando si sta male, qualcuno pensa che sia innaturale perché dolore è sinonimo di sofferenza, ma soffrire, come morire, fa parte della vita ed ogni volta che stiamo male dovremmo pensare non a quel momento, solitamente di breve durata rispetto alla vita intera, ma a tutti gli anni passati in salute ed anche al futuro in cui staremo meglio.
    Beati voi quando avrete fame, quando sarete poveri, quando vi insulteranno, quando vi odieranno, quando vi metteranno al bando. Si, è vero, si soffre in quei momenti, ma riuscire a mantenersi saldi e forti, senza lasciarsi andare, è motivo di grande gioia.
    Sentivo al telegiornale della caduta libera della Merkel, lasciata sola dal proprio partito e dagli alleati non appena gli elettori sono diminuiti. La causa? Aver aperto le porte all’accoglienza agli immigrati. Per una politica navigata come lei sarebbe uno scherzo ribaltare i risultati, basterebbe che si schierasse con gli xenofobi per recuperare terreno, basterebbe fare scelte politiche in direzione del razzismo e del respingimento, basterebbe tuonare contro l’Europa difendendo i propri connazionali per poter mietere un buon successo alle prossime regionali. Invece ha fatto una scelta diversa: ha mantenuto la propria posizione a favore dell’accoglienza. Probabilmente avrà una breve vita politica dinanzi a sé, ma avrà certamente il rispetto di sé stessa e di tutti coloro, anche suoi avversari, che apprezzino chi, a qualunque costo, difende le proprie idee e ciò in cui crede.
    Prendiamo esempio da chi ha il coraggio di dire come la pensa in ogni circostanza, è a queste persone che dobbiamo dire “beati voi”

  49.  

    Addì 8 settembre 2016

    Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo.
    Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli,
    Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esròm, Esròm generò Aram,
    Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmòn,
    Salmòn generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse,
    Iesse generò il re Davide. Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Urìa,
    Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abìa, Abìa generò Asàf,
    Asàf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioram, Ioram generò Ozia,
    Ozia generò Ioatam, Ioatam generò Acaz, Acaz generò Ezechia,
    Ezechia generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosia,
    Giosia generò Ieconia e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia.
    Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconia generò Salatiel, Salatiel generò Zorobabèle,
    Zorobabèle generò Abiùd, Abiùd generò Elìacim, Elìacim generò Azor,
    Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd,
    Eliùd generò Eleàzar, Eleàzar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe,
    Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo.
    Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo.
    Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto.
    Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo.
    Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
    Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
    "Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele", che significa Dio-con-noi.

    Matteo 1,1-16.18-23

  50.  

    La vergine concepirà e partorirà un figlio, Emmanuele, Dio con noi

    Dio con noi

    Non c’è cosa che faccia nella quale non veda la presenza di Dio. Ogni giorno, diverse volte al giorno. Oggi quando il motore non andava ed ero in mezzo al mare da solo è passato Bubu con la barca, e quando stava per trainarmi il motore è ripartito permettendomi di pescare per tutto il giorno con i ragazzi; oggi quando i miei bimbi erano felicissimi per ogni pesce che prendevamo; ieri quando un forte mare ha scaraventato per tre volte la barca in aria facendola finire una volta sulla banchina per poi riprecipitare in mare senza subire danni a parte qualche lieve graffio; sempre ieri mentre con il maraccio e le onde alte portavo la barca in un porto sicuro e c’è stato un principio di incendio subito domato. E poi come non si fa a vedere Dio nelle cose belle, nella gioia di ognuno dei ventidue bambini e ragazzi felici di questa bellissima vacanza a Lipari; nella solidarietà dei residence che ci hanno ospitati, nella Siremar che ci ha fatto viaggiare gratis, nei tanti amici che vengono ogni giorno a trovarci e con i quali condividiamo i vari momenti della giornata; Immacolta e Roberto che hanno messo a nostra disposizione la cucina e un luogo riparato sul mare dove mangiare donandoci tutta la loro amicizia e disponibilità; e poi ancora Bubu, Manuel, Matteo, Nino e tutti gli altri che donano ai ragazzi e a noi quello che hanno, un gelato, un disegno, un sorriso, un abbraccio, una gita in barca, un consiglio, un complimento.
    Ogni mamma fa un capolavoro quando mette al mondo un figlio, Maria, che crediate in Dio o meno, ha fatto un capolavoro a mettere al mondo Gesù, Emmanuele, Dio con noi.