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  1.  

    Addì 12 aprile 2016

    In quel tempo, la folla disse a Gesù: «Quale segno dunque tu fai perché vediamo e possiamo crederti? Quale opera compi?
    I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo».
    Rispose loro Gesù: «In verità, in verità vi dico: non Mosè vi ha dato il pane dal cielo, ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo, quello vero;
    il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo».
    Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane».
    Gesù rispose: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete»

    Giovanni 6,30-35

  2.  

    Io sono il pane della vita

    Tutta colpa della carta d’identità

    Di cosa ci cibiamo ogni giorno? Pasta, latte, formaggio, uova, carne, pesce, frutta ed ogni altro bene che la natura ci offre. Ma non solo. Abbiamo bisogno di carezze, baci, affetto, amore, amicizia, solidarietà, comprensione, valori, principi, correzioni.
    Se la vostra dieta fosse sempre la stessa, pasta di ceci ogni giorno, una scatoletta di tonno per secondo e a colazione un bicchier di latte e qualche biscotto, per quanto abbondante possa essere non vi darebbe soddisfazione e andare a tavola sarebbe una monotonia unica. Non morreste di fame, ma a lungo andare quel pasto sarebbe per voi di una noia mortale e cerchereste altro. Questo non significherebbe rinunciare al latte, alla pasta di ceci oppure al tonno, di cui magari siete ghiotti, ma sarebbe soltanto un desiderio legittimo di variare, di far entrare nel vostro organismo qualità diverse di cibo, almeno per provare gusti e piaceri diversi, soddisfacendo così le esigenze del vostro organismo, perché ogni vivanda ha le sue particolarità e la sua funzione. Le carote fanno bene alla vista, il pesce al cervello, l’aglio alla circolazione e così via. Ogni alimento ha il suo valore.
    Se questo vale per il nutrimento del corpo, cosa diamo da mangiare alla nostra psiche, cosa al cuore, all’anima o al cervello? Perché se abbiamo esigenza di crescere fisicamente e mantenerci in salute, sentiamo la necessità di progredire come uomini e come donne, maturare nell’intelletto, migliorarci come persone, assurgere ad un livello più alto spiritualmente. E’ pertanto giusto leggere, conoscere, interessarsi e ricevere ogni input possibile, anche ascoltando coloro che ci mostrano regole di vita diverse dalle nostre, differenti punti di vista. Un’opinione contrastante non deve essere vista come un impedimento alla direzione da noi intrapresa, ma come un momento di confronto per valutare la possibilità di incamminarsi su sentieri a noi sconosciuti. A volte rifiutiamo chi ci parla di amore, di educazione dei ragazzi, di rapporti di coppia perché abbiamo la nostra monotona visione del mondo, e distaccarsi da questa può essere una fatica. Un po’ come quello che mangia pasta di ceci e tonno tutti i giorni e trovasse un altro che gli dice “prova gli spaghetti al ragù e la sogliola alla mugnaia”, ma li rifiutasse a priori perché non sa se gli potranno piacere, non volendo discostarsi dal pasto che ha sempre incamerato da anni. Cosa si perde.
    Lo stesso vale per la conoscenza, i principi, i modi diversi di vivere un’esistenza che non può essere monotona perché la natura stessa ci insegna che il mondo è vario. Nei limiti si deve provare tutto. Certamente non mi drogherò per capire cosa sia la droga, ma cercherò di ascoltare le esperienze di ciascuno per farne tesoro e capire se la direzione da loro intrapresa possa essere da me condivisa. Sentirò i valori ed i principi che ogni persona vorrà donarmi, ascoltando i diversi punti di vista per arricchirmi e poi decidere se diversificare il mio pasto oppure no. Probabilmente, come in tutte le cose, la verità sta nel mezzo e potrò così continuare a mangiare la mia prelibata pasta di ceci con il tonno per secondo, variando di tanto in tanto la mia dieta aggiungendo un’orata, un piatto di lasagne, una bistecca.
    Non restate rintanati nel vostro alveo, impauriti dalle novità. Non abbiate paura di ascoltare, non rifiutate a priori chi vi parla di un amore a voi sconosciuto. Nessuno vi obbliga, nessuno vi vuole fare il lavaggio del cervello, ma condividere pensieri diversi dai vostri è un arricchimento dello spirito e l’occasione per crescere e maturare.
    Il mio nonno una sera mi disse “porco cane Riccardo, guarda la carta d’identità, dice 1911, fra poco mi toccherà di morire, eppure quante cose ancora vorrei conoscere” ed era un uomo che aveva fatto mille esperienze, decine di lavori, conosciuto migliaia di persone, letto milioni di libri.

  3.  

    Addì 13 aprile 2016

    In quel tempo, disse Gesù alla folla: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete.»
    Vi ho detto però che voi mi avete visto e non credete.
    Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me; colui che viene a me, non lo respingerò, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.
    E questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell'ultimo giorno.
    Questa infatti è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell'ultimo giorno»

    Giovanni 6,35-40

  4.  

    Colui che viene a me, non lo respingerò

    Scelte di pancia

    Talvolta c'è la paura dell'ignoto, anche per persone che come noi hanno visto mille situazioni. Quando ci propongono un ragazzo da prendere in affido il primo pensiero è "ce la possiamo fare noi?". Dubito di chi, con pieno buonismo, dice sempre si. Tutto va ponderato ed analizzato. Ma non troppo. Si deve analizzare la situazione, le possibili interazioni con gli altri ragazzi, le forze in campo, ma poi alla fine ci saranno sempre elementi che faranno pesare la bilancia dalla parte del no ed altri che la porteranno verso il si. Ed allora? Si deve andare di pancia, si deve lasciare che i sentimenti parlino perché la ragione ha i suoi limiti ed è il cuore a dover parlare.
    Quando sono nel nel dubbio apro il Vangelo a caso e trovo sempre le indicazioni. E' successo così quando ho fatto la mia scelta di vita a favore dei bambini. Ero titubante, volevo mollare tutto per seguire questa strada, ma da più parti mi dicevano "di cosa camperai, fallo solo come volontariato" e avevo tanti dubbi in testa. Una sera chiesi "Signore aiutami tu, dimmi cosa devo fare" e così dicendo aprii a caso il Vangelo, c'era scritto "Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, non mietono, non raccolgono in granai, e il Padre vostro celeste li nutre (...) Non siate dunque in ansia, dicendo: "Che mangeremo? Che berremo? Di che ci vestiremo?" (...) il Padre vostro celeste sa che avete bisogno di tutte queste cose. Cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno date in più". Da quel giorno ogni decisione la prendo aprendo il Vangelo.
    Oggi ho trovato scritto "Colui che viene a me, non lo respingerò". E' una frase forte, impegnativa, ma è la Parola di Dio, come si può non ascoltarla?

  5.  

    Addì 14 aprile 2016

    In quel tempo, Gesù disse alle folle: «Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno.
    Sta scritto nei profeti: E tutti saranno ammaestrati da Dio. Chiunque ha udito il Padre e ha imparato da lui, viene a me.
    Non che alcuno abbia visto il Padre, ma solo colui che viene da Dio ha visto il Padre.
    In verità, in verità vi dico: chi crede ha la vita eterna.
    Io sono il pane della vita.
    I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia.
    Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo»

    Giovanni 6,44-51

  6.  

    Io lo risusciterò nell'ultimo giorno

    Doina Matei torna in carcere

    Quanti errori si fanno nella vita. Quante volte guardando indietro diciamo "non lo avessi fatto", "non lo avessi detto", "avessi preso un'altra strada".
    Quali errori può fare Carla che lavora in banca, oppure Michele impiegato in una ditta di autotrasporti, o Giovanni ristoratore o Sandra avvocato o Simona commercialista, tutti con alle spalle un'infanzia felice e spensierata? Se leggiamo i giornali o sentiamo la televisione vediamo che tra di loro ci può essere chi ruba per disperazione, chi abbandona il marito o la moglie, chi si ritrova in una rissa dopo essersi ubriacato. Le conseguenze dei nostri errori possono essere imprevedibili. Un incidente stradale che toglie la vita ad un ragazzino, figli che crescono con turbe legate all'abbandono, risparmiatori gettati sul lastrico. A volte la giustizia interviene e questi errori si pagano a caro prezzo. Ma sono errori. Errori che io, voi, e chiunque altro può fare. Oggi, domani, fra un mese, ma l'attimo che ci porta ad un momento di impulso lo possiamo avere tutti. Lo stress, le preoccupazioni, il logorarsi di una relazione, il dispiacere o il dolore ci fanno a volte perdere la testa. Se questo può accadere a figli di buone famiglie, tanto più sarà possibile che succeda nel caso di persone divenute adulte dopo aver avuto un passato familiare difficile, dopo aver subito abusi, essere stati maltrattati, non aver conosciuto l'amore di un papà o di una mamma, o peggio ancora.
    Nei miei trent'anni di Associazione ne ho viste tante, ma quando un assistente sociale mi parla di un bambino da accogliere e mi spiega la sua situazione e la sua storia, ancor oggi ne rimango stupito perché vi garantisco che al peggio non c'è mai fine. Quando poi entro in contatto con la realtà di quella famiglia, dopo aver accolto il ragazzo, scopro ogni giorno una sempre maggior miseria umana, ma non riesco ad incolpare un genitore che si sia comportato male con il figlio, perché lui stesso da bambino non è stato amato, non gli sono stati donati quegli stessi valori che hanno fatto di noi gli uomini e le donne che oggi siamo.
    Oggi sento la notizia al telegiornale di Doina Matei, mi documento su internet, e rimango basito dalla decisione del giudice di sospendere la semilibertà concessale.
    Doina, una ragazza che ha sbagliato, una ragazza che in un momento di impulso ha tolto la vita ad un'altra ragazzina. Doina ha fatto un errore. Non è partita dicendo "ora voglio uccidere", non ha ucciso con premeditazione, non ha ucciso per il gusto di farlo. Però ha ucciso, ha tolto la vita ad una ragazza.
    Massimo rispetto per il dolore e la perdita della famiglia di Vanessa Russo, ma nessuna pena inflitta a Doina potrà riportare in vita Vanessa, nessuna pena potrà consolare la famiglia Russo. Non possiamo fare nulla per loro se non farli sentire amati. Una cosa però mi sento di poter umilmente offrire: la gioia del perdono.
    Non spetta a noi giudicare, ma Doina ha chiesto scusa, più volte ha chiesto perdono a questa famiglia che lei con il suo atto impulsivo ha gettato nella disperazione. Ognuno ha i suoi tempi ed è giusto rispettarli, ma la vita va avanti, il mondo non si ferma perché noi piangiamo o soffriamo. E così va avanti anche la vita di Doina Matei, la quale scrive in un libro "Vanessa non aveva vissuto molti giorni felici, tutti gli altri glieli avevo tolti io. È soprattutto la felicità possibile che le ho sottratto che mi logora con tormento maggiore".
    Doina ha un passato difficile, mi sembra di vedere uno dei tanti bimbi che ho accolto ed amato con tutto il cuore: un figlio a 14 anni, un altro a 17, la ricerca di una vita migliore in Italia, la strada, la prostituzione. Ha sbagliato e deve pagare, ma quanto? La legge ha deciso che debba stare in prigione per sedici anni, ma fossero dieci o venti non cambierebbe nulla, Vanessa non tornerebbe in vita, i suoi genitori sarebbero ugualmente tormentati dal dolore per tutta la loro esistenza. Ed allora? E' sete di vendetta? in questo caso che vogliamo fare, ripristinare la pena di morte? Ma anche se Doina pagasse con la vita, Vanessa non tornerebbe dai suoi genitori.
    Quando inizia un affido giudiziale non si mette un limite, ma vengono fatte relazioni semestrali al giudice per valutare la situazione, ed il bambino tornerà alla sua famiglia se e quando le condizioni che hanno portato all'allontanamento del bimbo verranno meno. Non un anno, non due, non dieci, ma il tempo necessario affinché i genitori possano capire i propri errori e porvi rimedio. A volte dopo un anno rientrano in famiglia, altre volte mai.
    E così è per chi sbaglia. Dopo qualche anno, dopo relazioni psicologiche, dopo attenta osservazione si può vedere un pentimento, una buona condotta, un cambiamento. Ed allora perché proseguire nella pena? Perché chiedere una condanna eterna? Sarebbe come dire "quel genitore ha sbagliato, togliamogli il figlio e non diamoglielo più". Sarebbe come se voi un giorno vi ubriacaste e deste un cazzotto a vostra moglie prendendo in pieno viso vostro figlio mandandolo all'ospedale con la mascella rotta. Un errore che non potete pagare con la separazione per sempre dal vostro bambino.
    Per Doina è andata così. E' stato valutato che è pentita sinceramente per il suo gesto inconsulto. Finalmente una buona notizia in questa brutta vicenda, finalmente un raggio di sole un barlume di speranza. Le porte del carcere si aprono: è la semilibertà. Immaginatevi la gioia di questa giovane ragazza che per la prima volta nella sua vita ha costruito qualcosa, è uscita dall'emarginazione, ha fatto un percorso lungo e faticoso tutto in salita ed è tornata a vivere. Cosa avreste fatto voi al suo posto? Io mi sarei messo a gridare la mia gioia ai quattro venti, sarei salito su un tetto per dire a tutti quanto fossi felice. E così ha fatto lei, è andata al mare, si è fatta delle foto come farebbe chiunque per condividere con il mondo la propria felicità. Non ha usato un tetto, ha usato facebook, ma per questo è stata riportata in carcere. Perché? Non capisco. Perché castigarla solo per essere giustamente felice per aver fatto finalmente qualcosa di buono nella sua vita?
    Sarò contro corrente, mi attirerò le ire di tanti, ma io sono con Doina, che non vuol dire non essere con Vanessa o con la sua famiglia, ma significa essere dalla parte di chi soffre, di chi vede la sua vita ingiustamente cambiare. Vanessa, i suoi parenti, Doina, sono tutte vittime di una brutta situazione, ma l'amore, il perdono, la gioia di vincere devono prendere il sopravvento su astio, odio, violenza, sete di vendetta.
    Oggi forse non ci saranno tanti "mi piace" sul mio post, ma io sono sempre dalla parte dei miei ragazzi, anche quando sbagliano, anche quando si prostituiscono, anche quando si drogano perché li amo più della mia stessa vita. E Doina è come se fosse una di loro. Fiero di lei non per i suoi errori, ma per aver trovato la strada per uscirne.

  7.  

    Addì 15 aprile 2016

    In quel tempo, i Giudei si misero a discutere tra di loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».
    Gesù disse: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita.
    Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno.
    Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
    Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui.
    Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me.
    Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
    Queste cose disse Gesù, insegnando nella sinagoga a Cafarnao

    Giovanni 6,52-59

  8.  

    Se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita

    Obblighiamo le persone a pensarla come noi

    Isis, Boko Aram e tutte le altre organizzazioni terroristiche sono mosse dal comune intento di imporre le loro idee, di obbligare gli altri a pensarla nel loro stesso modo, convinti oltre misura di essere gli unici a conoscere la verità, ed infedeli sono tutti coloro che la pensano diversamente.
    Mi sa tanto che sono sulla strada sbagliata, almeno nei modi.
    Circola una foto delle studentesse rapite in Nigeria il 14 aprile 2014, usate per procreare figli da destinare alla causa. Prese e catturate, e dopo immaginabili sofferenze appaiono oggi in una foto di gruppo. Allineate secondo il desiderio dei loro sequestratori, imbottigliate nei vestiti voluti dai loro aguzzini, ma una cosa salta all'occhio guardando la foto: i loro volti. Questi signori, questi terroristi possono uccidere il corpo, umiliarlo, seporlo sotto gli abiti più castigati, ma non potranno mai uccidere l'anima delle loro vittime. I loro visi parlano da soli. Non c'è bisogno di ascoltare parole per capire che non si sono piegate, obbligate con la forza e la violenza a sottostare ai voleri di questi delinquenti, ma fiere di non essersi schierate. Saranno, anzi forse già lo sono, mamme di figli che saranno educati secondo le regole della Sharia, ma sono certo che queste ragazze, queste donne, queste mamme sapranno donare ai loro figli la libertà, la capacità di discernere, e trasmetteranno loro quei valori che hanno appreso prima di essere catturate.
    Una cosa più di tutte mi dispiace. Se fossero state rapite venti ragazze europee o americane i nostri governi avrebbero fatto di tutto per liberarle, anche invadere un paese straniero. Invece oggi, inermi, osserviamo la sofferenza dipinta sui loro volti perché i cittadini del mondo sono divisi in fascia A e in fascia B

  9.  

    Addì 16 aprile 2016

    In quel tempo, molti tra i discepoli di Gesù, dissero: «Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?».
    Gesù, conoscendo dentro di sé che i suoi discepoli proprio di questo mormoravano, disse loro: «Questo vi scandalizza?
    E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima?
    E' lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita.
    Ma vi sono alcuni tra voi che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito.
    E continuò: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre mio».
    Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui.
    Disse allora Gesù ai Dodici: «Forse anche voi volete andarvene?».
    Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna;
    noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio»

    Giovanni 6,60-69

  10.  

    Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?

    La maratona di New York

    Molti genitori ritengono che amare un figlio significhi dirgli sempre si. Mai un rimprovero, scusarlo sempre per tutto, comprargli ogni cosa desideri. È certamente una forma di amore, ma non è il bene per un bambino o ragazzo in crescita. Bisogna saper dire anche no, rimproverare, punire. A volte con loro si usa un linguaggio duro, si deve anche far violenza a noi stessi per insegnare regole di vita ai nostri ragazzi, ma è necessario per far si che diventino uomini e donne consapevoli dei limiti imposti dal vivere in una società. Non è facile imporre loro di studiare, di sforzarsi ad assaggiare anche quello che non gli piace, ad aiutare nei piccoli lavoretti di casa anziché stare tutto il tempo a giocare, a sapersi conquistare le cose che desiderano, ad essere onesti e rispettosi del prossimo. A volte i figli non capiscono il nostro linguaggio duro e tentano di a ribellarsi, a volte anche meditando la fuga da casa. Una sera, quando avevo sei anni, preparai la mia valigina e mi presentai ai miei genitori dicendo che avevo deciso di andare a vivere dai miei nonni perché non sopportavo più le "cattiverie" dei miei genitori. Qualcuno scappa dalla famiglia, ma prima o poi si accorge che le regole sono necessarie e non si può sempre fare come si vuole. Ai miei ragazzi dico sempre di portare pazienza e se non capiscono oggi i nostri insegnamenti, nonostante il continuo dialogo che cerchiamo di avere con loro, si troveranno poi bene nella vita. Paragono il periodo in cui stanno con noi a quello necessario per allenarsi con tanti sacrifici per poter in seguito andare a correre la maratona di New York. Non si possono fare 42 km se prima non si è imparato a farne uno

  11.  

    Addì 17 aprile 2016

    Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
    Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano.
    Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio.
    Io e il Padre siamo una cosa sola»

    Giovanni 10,27-30

  12.  

    Le mie pecore ascoltano la mia voce

    Rovi e rose

    Ma, ma, ma … ma quello non è il figlio di Guenda e Filippo, una famiglina tanto a posto, onesti, lavoratori. Oh come ha fatto a finire in quello stato? E quella? Quella non è la bimba di Paolo e Cristina? Era tanto carina, dolce, premurosa. E adesso? Guarda con che gente sta, vive per strada, tutta sporca e maleodorante. Che pena per i suoi genitori.
    Qualche giorno fa qualcuno diceva “molti figli di persone disgraziate riescono a uscire da brutte situazioni e divenire brave persone”. E’ certamente vero anche se non userei la parola “molti” ma semmai “alcuni”, ma ci riescono solo se trovano qualcuno disposto ad aiutarli a crescere. Non ci si inventa “bravi ragazzi” se non si ha una guida. Se un bambino nasce e cresce in un famiglia con tante problematiche avrà, e non è certo colpa sua, insegnamenti negativi. Per diventare “bravo” necessiterà di buoni esempi da seguire: insegnanti, amicizie, affidatari, sacerdoti, allenatori, altri parenti.
    Purtroppo è spesso vero anche il contrario. Ragazzi provenienti da buonissima famiglia si perdono su brutte strade ed entrano nell’alcolismo, nella droga, nella prostituzione. Perdersi è facile, basta seguire la persona sbagliata, aver voglia di ottenere senza fare sacrifici, adottare la politica del “prendo più che posso e non do nulla in cambio”.
    La paura più grande per un genitore non è una malattia del figlio perché questa si combatte insieme. La paura più grande è quella che il figlio possa incontrare la persona sbagliata e seguirla perdendo la bussola, per poi un giorno voltarsi indietro e vedere cosa ha perso.
    Bambini, ragazzi, oggi siete fiori in una serra, ma presto verrete trapiantati nel giardino della vita, chiamati a crescere, incoraggiati a confrontarvi con i vostri simili. Sappiate fare le giuste scelte perché sia le rose che i rovi sono pieni di spine, ma le prime ti avvolgono di un soave profumo rendendo la vita degna di essere vissuta, mentre i secondi vi stritoleranno soffocandovi dandovi l’iniziale effimera illusione di volervi abbracciare

  13.  

    Addì 18 aprile 2016

    In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante.
    Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore.
    Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori.
    E quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina innanzi a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce.
    Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei».
    Questa similitudine disse loro Gesù; ma essi non capirono che cosa significava ciò che diceva loro.
    Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore.
    Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati.
    Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo.
    Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza»

    Giovanni 10,1-10

  14.  

    Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore

    Troppo bello per essere vero

    Ho conosciuto sindaci, vescovi, politici di ogni ordine e grado. Molte le promesse, ma in pochi le hanno mantenute. Oggi quei pochi sono ancora in pista a correre con le loro idee per aiutare veramente la propria nazione. Gli altri, quelli che davanti hanno donato mille sorrisi, quelli che si sono fatti fotografare per andare sui giornali in periodo elettorale e poi non hanno mantenuto ciò che avevano millantato, oggi sono fuori gara oppure in serie difficoltà.
    Una lezione per i nostri ragazzi e per tutti noi. Non solo quella di non credere a tutto ciò che ci viene promesso, ma sopratutto quella di non seguire chi prometta mari e monti.
    Quante volte abbiamo detto "troppo bello per essere vero", quante volte aziende, banche, assicurazioni ci hanno promesso inenarrabili guadagni, tassi di interesse alle stelle, per poi accorgersi che nelle righe in piccolo su venti pagine di contratto c'era una clausola vessatoria che si rimangiava tutto quanto promesso.
    Quante volte i ragazzi credono a chi prometta loro un futuro roseo, una vita senza lavorare, macchine e soldi a tutto spiano, vacanze in paesi da sogno. E quante volte c'è un brusco risveglio in un letto di ospedale per overdose, nel reparto psichiatrico, sotto un lampione alla stazione centrale.
    L'unico pastore che dobbiamo seguire è colui che non si nasconde dietro vane parole, ma si manifesta con il buon esempio

  15.  

    Addì 19 aprile 2016

    Ricorreva in quei giorni a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era d'inverno.
    Gesù passeggiava nel tempio, sotto il portico di Salomone.
    Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando terrai l'animo nostro sospeso? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente».
    Gesù rispose loro: «Ve l'ho detto e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste mi danno testimonianza; ma voi non credete, perché non siete mie pecore.
    Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
    Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano.
    Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio.
    Io e il Padre siamo una cosa sola»

    Giovanni 10,22-30

  16.  

    Le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste mi danno testimonianza

    Fatti, non parole

    A parole siamo tutti bravi. Vogliamoci bene, accogliamo, perdoniamo, la famiglia prima di tutto. Ma nei fatti riusciamo ad essere coerenti? Siamo in grado di fare ciò che diciamo e pensiamo?
    Ah mio padre, ah mia madre, farei di tutto per loro. Si, di tutto fin tanto che non rovinano i nostri piani. Io per primo, quando mia mamma si doveva curare e mio padre mi chiese di accompagnarla a Parigi, mi arrabbiai perché non volevo andare. Avevo da studiare e non volevo lasciare la ragazza, non avevo tempo da perdere, poteva accompagnarla lui. Quanta cattiveria dentro di noi.
    Di esempi negativi ne possiamo trovare a centinaia: figli che parcheggiano i genitori negli ospizi dimenticandosene, insegnanti che maltrattano gli alunni, studenti che compiono atti di bullismo o di isolamento verso i più deboli e indifesi.
    Ma abbiamo bisogno di esempi positivi affinché ci diano la forza di andare avanti, di capire che si può e si deve amare con i fatti e non con le parole.
    Oggi apro il giornale e leggo che una ragazza della squadra di pallamano della nazionale argentina, prossima alla partenza per le olimpiadi di Rio 2016, ha donato un rene al padre rinunciando di fatto a vivere il sogno di poter partecipare ai giochi olimpici.
    Ieri al telegiornale sento di una scuola elementare che ha inserito tra le materie di studio la lingua dei gesti per poter dialogare con un bambino sordo.
    Guardiamo a questi esempi per essere persone migliori
    Ghandi diceva "Se voi cristiani faceste tutto quello che trovate scritto nel Vangelo, saremmo tutti cristiani", a voler dire che l'esempio è la prima cosa, la più importante. Per dirla con le parole di San Giacomo " Fides sine operibus, mortua est", "La fede senza le opere è morta".

  17.  

    Addì 20 aprile 2016

    Gesù allora gridò a gran voce: «Chi crede in me, non crede in me, ma in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato.
    Io come luce sono venuto nel mondo, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre.
    Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo.
    Chi mi respinge e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho annunziato lo condannerà nell'ultimo giorno.
    Perché io non ho parlato da me, ma il Padre che mi ha mandato, egli stesso mi ha ordinato che cosa devo dire e annunziare.
    E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico come il Padre le ha dette a me»

    Giovanni 12,44-50

  18.  

    Le cose dunque che io dico, le dico come il Padre le ha dette a me

    Figlio di tua madre

    Mario un giorno venne a trovarmi "Com'è dura fare il genitore. Devo continuamente dire a Filippo come si deve comportare, ma lui non capisce che se non sta alle regole si troverà male nella vita. Sono addolorato nel vedere il suo modo di agire".
    Mario era un ragazzo ribelle, le regole per lui erano solo coercizioni senza senso, era abituato alla strada e la strada lo ha punito con il carcere. Ne è uscito cambiato, fortificato da uno scambio epistolare intenso e profondo. Le parole che prima non ascoltava perché i suoi occhi cercavano il divertimento a tutti i costi, oggi sono le sue, quelle che dice al figlio, quelle che vorrebbe lui ascoltasse per non fare la stessa fine del padre.
    E' la storia di tanti figli, un copione già visto mille volte.
    Mia madre mi diceva "Studia, impara l'arte e mettila da parte perché ti servirà" ed oggi così dico ai miei ragazzi.
    "Sii sempre gentile e premuroso nei confronti degli altri, e la vita ti ripagherà" ed oggi così dico ai miei ragazzi.
    "Credi in Dio facendo la sua volontà ed il Signore ti saprà ricompensare" ed oggi così dico ai miei ragazzi.
    Ognuno di noi è figlio di sua madre e di suo padre, nel bene come nel male. I loro insegnamenti arrivano al cuore prima che alla testa e vi si radicano. Spesso non producono il frutto sperato da subito, ma sanno farsi sentire nel momento opportuno, unguento per le ferite della vita.
    Grazie Mamma Zizzi.

  19.  

    Addì 21 aprile 2016

    In quel tempo, dopo che ebbe lavato i piedi ai discepoli, Gesù disse loro: «In verità, in verità vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un apostolo è più grande di chi lo ha mandato.
    Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica.
    Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto; ma si deve adempiere la Scrittura: Colui che mangia il pane con me, ha levato contro di me il suo calcagno.
    Ve lo dico fin d'ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io Sono.
    In verità, in verità vi dico: Chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato»

    Giovanni 13,16-20

  20.  

    Colui che mangia il pane con me, ha levato contro di me il suo calcagno

    Il cane non morde la mano del padrone che lo sfama, l'uomo si

    Quando sento storie di figli che uccidono i genitori per soldi rabbrividisco. Già uccidere è profondamente sbagliato, ma ammazzare coloro che ti hanno dato la vita, da mangiare, un'educazione, l'amore, seppur con mille errori che ogni genitore può fare è qualcosa di innaturale. Molti genitori, tornassero in vita, ne sono certo, perdonerebbero i propri figli. Ho sempre nel cuore e nella mente il delitto di Novi Ligure del 2001, in cui Erika de Nardo ed il fidanzato uccisero a coltellate la madre ed il fratellino, avendo in animo di far fare la stessa fine al padre. L'amore di quel babbo è andato oltre ogni comprensione umana, è stato vicino alla figlia, l'ha aiutata in un percorso riabilitativo. Forse è un'eccezione, ma chi può dirlo? Lui è scampato al delitto, ma quanti altri genitori, se potessero, perdonerebbero i propri figli? Forse non tutti, ma molti secondo me.
    Tanti sono i genitori uccisi ogni giorno, non tanto da una pistola o da un coltello, ma da una penna, da un messaggio, da una parola, da una porta sbattuta, da una brutta strada intrapresa.
    Ogni giorno molti di noi vengono uccisi da quegli stessi figli che con amore hanno allevato, curato, amato con tutto il cuore.
    Ma si resuscita, ci si rialza, doloranti e con un pezzo di cuore strappato si ricomincia lentamente a vivere, a camminare, ad amare quei figli che ancora sono con noi. All'inizio c'è rabbia, non contro il figlio, ma contro le azioni che ha fatto. Si piange perché lo si vede allontanarsi da una retta via, da un percorso costruito con anni di fatica e gettato alle ortiche in un secondo seguendo cattive compagnie, la bramosia del denaro, il desiderio di totale libertà, lo sballo dell'alcool e della droga. Quanti ragazzi perdiamo in questo modo. Quanti ci uccidono senza accorgersi che stanno facendo harakiri suicidandosi. Ma un giorno si incontra il figlio per strada, un giorno tua figlia viene a bussare alla tua porta con un messaggio o una telefonata e tutte le lacrime si asciugano, la rabbia si trasforma in gioia per l'amore ritrovato. E torna il sereno.

  21.  

    Addì 22 aprile 2016

    In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me.
    Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l'avrei detto. Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io.
    E del luogo dove io vado, voi conoscete la via».
    Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?».
    Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me»

    Giovanni 14,1-6

  22.  

    Ritornerò e vi prenderò con me

    Emozioni senza fine

    Ogni volta che parte un progetto, ogni letto che prepariamo per un bambino in arrivo, ogni sedia che aggiungiamo alla nostra tavola per i nostri ospiti e volontari è sempre una grande emozione.
    Trent'anni fa abbiamo cominciato a costruire per accogliere qualcuno. Non sapevamo chi, ma coloro che sono arrivati portavano il nome di Fabrizio, Claudia, Sharon, Yaron, Mohamed, Serena. Ogni giorno abbiamo costruito per preparare un posto a chi ne avesse bisogno. Abbiamo costruito case, montato letti e camerine, comprato libri di scuola, ma sopratutto abbiamo costruito una casa nei nostri cuori. Abbiamo preparato letti di amore con petali di comprensione, irrorati di quel magico profumo che deriva dall'accoglienza.
    Ciascuno di noi è chiamato a fare questo: preparare, costruire, arredare per coloro che non sono ancora in viaggio, ma che presto lo saranno. Dobbiamo preparare un posto nei cuori prima ancora che nelle nostre case.
    Parafrasando Marco Ferradini e la sua famosa canzone "Teorema" potremmo dire "Lascia aperta la porta del cuore, vedrai che un bambino è già in cerca di te"

  23.  

    Addì 23 aprile 2016

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se conoscete me, conoscerete anche il Padre: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».
    Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta».
    Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre?
    Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere.
    Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse.
    In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre».
    Qualunque cosa chiederete nel nome mio, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio.
    Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò»

    Giovanni 14,7-14

  24.  

    Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò

    Ha detto mamma

    Quante volte i ragazzi per poter ottenere qualcosa dicono "ha detto mamma che devi darmi questo o quello" ed ottengono velocemente quanto richiesto. Se lo ha detto mamma, pensano gli altri, significa che è una cosa giusta di per sé stesso. Non perché "mamma" ha autorità, ma perché lei vuole il bene dei suoi figli e qualunque cosa va bene perché c'è amore. Qualunque cosa un figlio chieda in nome della mamma la otterrà. Qualunque cosa chiederemo nel nome di Dio la otterremo

  25.  

    Addì 24 aprile 2016

    Quando Giuda fu uscito, Gesù disse : «Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e anche Dio è stato glorificato in lui.
    Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.
    Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete, ma come ho gia detto ai Giudei, lo dico ora anche a voi: dove vado io voi non potete venire.
    Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri.
    Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri»

    Giovanni 13,31-33a.34-35

  26.  

    Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri

    Togliere i rovi con le mani

    La mia mamma era molto amata da tantissime persone, tanto che il giorno del suo funerale la chiesa di Sant'Agostino a Livorno, molto grande e capiente, non poteva contenere la grande folla che era accorsa per darle l'ultimo saluto.
    Nei giorni successivi ho ricevuto tantissimi segni di affetto nel suo ricordo. Un anno dopo, quando già avevamo fondato l'associazione e stavamo pulendo una struttura che ci aveva dato il comune per le nostre attività, mentre eravamo intenti a strappare i rovi dalla recinzione, si avvicinò una signora, una collega della mia mamma, una donna con la quale mia madre aveva avuto forti discussioni sul lavoro, discussioni che ben conoscevo perché me ne parlava spesso.
    Aveva con sé un sacchetto pieno di guanti. Uscendo dal lavoro, che era proprio dinanzi alla nostra sede, vedendoci intenti a strappare i rovi pieni di spine a mani nude era andata dal vicino ferramenta a comprare i guanti che poi ci ha portato. La mia mamma era fatta così, non aveva peli sulla lingua e difendeva strenuamente i propri principi e le cose in cui credeva fermamente, ma non aveva nemici, solo avversari, perché riusciva a trasmettere amore anche nelle discussioni più accese. Mi ha insegnato con la sua stessa vita ad amare anche coloro che non ci amano e facendomi capire che i semi immessi nel terreno, prima o poi daranno il suo frutto.
    Anche per me amare i nemici è importante sia perché lo dice Gesù Cristo nel Vangelo, sia perché me lo ha trasmesso la mia mamma. Non sempre è facile essere in pace con tutti ma ci provo strenuamente, e prego il Signore che mi aiuti sempre ad amare tutti coloro che incontro, anche quelli che non mi apprezzanoomi criticano.

  27.  

    Addì 25 aprile 2016

    In quel tempo Gesù apparve agli Undici e disse loro: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura.»
    Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato.
    E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove,
    prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
    Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio.
    Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l'accompagnavano

    Marco 16,15-20

  28.  

    Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura

    Un professore che non insegna

    Fino ad un po' di tempo fa andare a visitare tutto il mondo era una cosa assai difficile, roba da ricchi. Oggi, con l'aiuto di Internet, si possono esplorare quasi tutti i posti della terra, e grazie a tantissime piccole telecamere si può vedere un posto lontano migliaia di chilometri in tempo reale con un semplice click. E' parimenti facile dialogare con persone di tutta la terra. Si può parlare di ogni cosa, dal pettegolezzo alla politica, dal commento di un determinato episodio alla condivisione di valori e principi.
    Compito di un professore è quello di insegnare la propria materia a coloro che ancora non la conoscono. Pensate se un laureato in storia passasse il suo tempo a guardare la televisione senza trasmettere la sua materia a nessuno, oppure se un insegnante di matematica preferisse andare tutto il giorno al mare anziché insegnare i numeri a scuola. Nella nostra vita ognuno di noi è professore in qualcosa, nel senso che ciascuno ha tanto da insegnare a coloro che non hanno avuto la sua esperienza, certi valori, certi insegnamenti. Così ci comportiamo spesso anche noi, come un professore che se ne sta ad oziare, perché per pigrizia o per evitare discussioni non portiamo i nostri valori in giro per il mondo. Mi sono trovato più volte ad accese discussioni, anche su internet, per aver esternato ciò che ho appreso nella vita. In molti mi hanno chiesto "chi te lo fa fare?", ma io ritengo che stimolare gli altri ad una serena discussione è un dovere di ciascuno di noi, non perché vogliamo essere "professori", ma perché ciascuno ha qualcosa da donare agli altri e se non lo fa è come aver guadagnato tanti soldi e tenerli in una scatola sotto il letto.

  29.  

    Addì 26 aprile 2016

    In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore.
    Avete udito che vi ho detto: Vado e tornerò a voi; se mi amaste, vi rallegrereste che io vado dal Padre, perché il Padre è più grande di me.
    Ve l'ho detto adesso, prima che avvenga, perché quando avverrà, voi crediate.
    Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il principe del mondo; egli non ha nessun potere su di me, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato»

    Giovanni 14,27-31a

  30.  

    Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore

    Inverno in primavera

    Che grandinata c'è stata. Ed in altre zone d'Italia vento forte, pioggia torrenziale e persino neve. Fossimo in inverno sarebbe tutto normale, ma a primavera inoltrata è qualcosa di strano, qualcosa che per la violenza con cui si è manifestata potrebbe anche spaventare.
    Parimenti nella vita accadono eventi che non ci aspetteremmo mai. Capita di andare dal medico per una sciocchezza e sentirsi dire che si ha un tumore e poco tempo di vita. E spesso questo succede quando ci si sente ancora forti, pronti a mille battaglie. Un po' di timore prende il cuore, si pensa al futuro dei figli, a quello di coloro che su di te si appoggiano per andare avanti.
    Ma come per i temporali e le grandinate non dobbiamo avere paura perché sono eventi naturali. Cosa c'è di più naturale della morte? Ognuno fa mille progetti, pensa a quando sarà vecchio, si immagina che morirà quando non avrà più le forze, spegnendosi nella notte senza accorgersene, senza dolori. Lo si immagina talmente tanto che alla fine non pensiamo possa avvenire in altro modo. Ma quando si mette a diluviare nel giorno in cui avevamo programmato la gita al mare, dobbiamo accettare la pioggia, dobbiamo accettare di dover stare in casa, dobbiamo accettare di morire.
    In questi momenti non riesco ad immaginare la grande sofferenza che possa provare chi non abbia fede.
    In questi momenti solo Dio può darci il conforto con la bellezza delle sue parole, con la gioia della speranza: "Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore", "Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi".

  31.  

    Addì 27 aprile 2016

    In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo.
    Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto.
    Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato.
    Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me.
    Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla.
    Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
    Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato.
    In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli»

    Giovanni 15,1-8

  32.  

    Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto

    Attraversare il deserto senz'acqua

    Nell'adolescenza gli ormoni vanno a duemila, c'è passione, desiderio di vedere il mondo, fare nuove esperienze. Si ha fretta, una maledetta fretta che fa pigiare il pedale dell'acceleratore a tavoletta con il rischio di andare a schiantarsi contro un muro.
    I ragazzi che escono da casa con un progetto ben definito in testa, con gli strumenti adeguati ed altri punti di appoggio, prendono la loro strada iniziando il cammino della vita. All'inizio non sarà tutto rose e fiori come se lo erano immaginato, ma qualche scossone non ha mai ucciso nessuno.
    Altri invece si allontanano dalla famiglia, da coloro che per anni e anni li hanno amati, educati, consigliati, protetti senza uno stralcio di futuro, solo con l'idea nella testa di vivere liberi di poter fare ciò che vogliono. Prendono quello che possono portare via, riempiono la borsa di sogni e scappano come ladri nella notte, giù dalle scale, fuori dal portone, lontano da coloro che fino al giorno prima chiamavano papà e mamma. Lontano, il più lontano possibile.
    Ragazzi segnati. A qualcuno, mi auguro a tantissimi, andrà bene. La vita sorriderà e dopo qualche inevitabile errore inizieranno a camminare in posizione eretta, a testa alta, orgogliosi del cammino percorso.
    Ma allora che differenza c'è visto che in un caso come nell'altro in molti riusciranno a trovare una buona strada?
    Lasciamo perdere la gratitudine perché per i ragazzi tutto è dovuto. Lasciamo perdere l'amore perché molti ragazzi pensano che i genitori sia cattivi e non li capiscano. Lasciamo da parte la possibilità, aspettando, di poter avere più strumenti per affrontare la vita. Ma una differenza tra gli uni e gli altri è che i primi tengono aperta una porta di comunicazione con coloro che li hanno amati, mentre i secondi tagliano di netto ogni rapporto, si staccano dalla pianta e smettono di attingere linfa da essa. Non tutti i tralci seccano perché qualcuno riesce, a contatto con il terreno fertile, a produrre nuove radici e abbarbicarsi al terreno, ma avrà comunque rinunciato a quella linfa vitale che la famiglia poteva ancora donare.
    La vita è difficile, è come attraversare un deserto infuocato, e quando i ragazzi partono devono decidere quanta acqua portarsi dietro. Più acqua porteranno e maggiori possibilità di sopravvivenza avranno, ma saranno più appesantiti. Chi sceglierà di viaggiare veloce porterà meno acqua, taglierà i rapporti, ma quando in pieno deserto avrà sete si ricorderà del giorno della sua partenza e maledirà la decisione di non aver preso con sé un po' di linfa in più.
    Qualcuno avrà il coraggio di tornare indietro e ripartire, perché ogni genitore è disposto a perdonare il proprio figlio, e sarà l'inizio di una vita ricca e piena.
    Anche noi adulti spesso decidiamo di attraversare il deserto della vita staccandoci da Dio perché ci detta troppe regole impedendoci di muoverci come desideriamo, ma arriva sempre per ciascuno un momento di difficoltà, un momento in cui gli amici non possono aiutarci e ci sentiamo soli. Soli con la nostra malattia, soli con l'abbandono, soli con la morte di un figlio. Qualcuno avrà il coraggio di alzare gli occhi al cielo e dire "Padre perdonami, non sono degno di essere chiamato tuo figlio, ma dì soltanto una parola ed io sarò salvato" restando meravigliato del grande amore con il quale il Signore lo inonderà.

  33.  

    Addì 28 aprile 2016

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore.
    Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore.
    Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena»

    Giovanni 15,9-11

  34.  

    Rimanete nel mio amore

    Andarsene senza andarsene

    Arriva sempre un momento nella vita in cui ci si debba separare dalle persone care. Può accadere con la morte, ma anche con la scelta di andare a vivere in altra città per motivi di lavoro, oppure quando un figlio decide sia arrivato il momento di intraprendere la propria strada. Distacchi che spesso sono dolorosi. La morte di un genitore, il trasferimento di un amico, il matrimonio di un figlio.
    Alcune volte il dolore si somma al dispiacere di essersi lasciati male. Non sempre siamo riusciti a dire ai nostri genitori cosa proviamo per loro oppure abbiamo litigato e non fatto pace. Così anche i figli che escono di casa talvolta se ne vanno sbattendo la porta per incomprensioni generazionali, stupidaggini che però con il tempo e la lontananza si possono ingigantire fino a diventare veri e propri muri che impediscono una relazione.
    Ma se ci vogliamo bene, se c'è amore, non ci sarà mai un allontanamento definitivo perché uno vive nell'amore dell'altro, negli insegnamenti ricevuti, nelle esperienze gioiose passate insieme.
    Mia madre è morta trent'anni fa, ma ogni giorno la sento vicina, ogni giorno mi cibo del suo amore, ogni giorno il rapporto tra noi è sempre più forte e saldo.
    Ci è capitato spesso che i ragazzi se ne vadano da casa nostra stufi delle regole, avviliti per la non piena libertà, attratti da sogni irrealizzabili che si sono creati ascoltando voci di popolo. Quando accogliamo un bambino non impostiamo la nostra vita cercando di dargli tutto ciò che vuole in modo che un giorno non senta l'esigenza di fuggire, ma gli diamo tutto il nostro amore e questo significa impartire delle regole, dispensare valori e principi che spesso legano i movimenti dei ragazzi. La ribellione alle regole diventa, in adolescenza, una cosa normale che porta sovente a vere e proprie fughe. Non sono vigliacchi che hanno paura di noi, ma ragazzi che sentono il richiamo della foresta e sanno che andando ci feriranno. Passa il tempo e a distanza di anni ritornano con il capo cosparso di cenere per l'errore fatto, per essersi allontanati da noi, per averci ferito. Cosa vogliono? Soldi? Una casa? Un lavoro? No, niente di tutto questo. Vogliono amore. Andando via da casa hanno rinunciato alle regole, alle brontolate, ai consigli non richiesti, ai musi lunghi, ma non hanno rinunciato all'amore, lo hanno soltanto accantonato. Ma quel sentimento, covato e maturato per anni, come il buon vino nei tini, non può restare chiuso nell'anima e prima o poi i ragazzi sentono il bisogno di riappropriarsene, di venirti a dire "ti voglio bene", di restare legati a noi attraverso il sentimento.
    Quante volte ci è accaduto. Quanti semi gettati nel terreno fertili, quante piantine abbiamo visto crescere, fortificarsi. Quante ne abbiamo potate e raddrizzate. Ma appena sono belle da vedersi qualcuno le mette in un vaso e ce le porta via, lontano da casa.
    Ma un giorno tornano, non per fare ombra nel nostro giardino, ma per mostrarci i frutti del nostro amore per noi.
    Così è con Dio. In molti si allontanano da lui, ma molti tornano a lui perché quando si è conosciuto il suo amore non se ne può più fare a meno.

  35.  

    Addì 29 aprile 2016

    In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati.
    Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici.
    Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando.
    Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi.
    Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda.
    Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri»

    Giovanni 15,12-17

  36.  

    Amatevi gli uni gli altri

    Amiamo un assassino

    “Giorgio perché tiri i sassini al bimbino? Vai a chiedergli scusa, dagli un bacino e giocate insieme”. Una cosa che ci è sempre stata ripetuta sin dalla nascita è quella di volersi bene. Ogni insegnamento però ha bisogno di una spiegazione affinché da grandi possiamo capirlo e farlo proprio. Non basta dire “vogliatevi bene” affinché il mondo sia in pace. Due domande dobbiamo porci: cosa significa amare gli altri e perché dobbiamo volerci bene?
    Amarsi è accettare il nostro prossimo nonostante le differenze, il brutto carattere, le idee, i principi. Tanto più una persona è lontana da noi, dal nostro modo di pensare e di agire, tanto più dovremo amarlo perché amare significa rispetto di chi la pensa diversamente da me. Per convincerlo della bontà dei miei valori non posso instaurare con lui una guerra, non posso imporre la mia volontà con la forza e la violenza, ma devo parlarci per convincerlo, essergli amico perché mi ascolti e si fidi di me in modo da valutare attentamente il mio punto di vista. Se manca l’amore si apre la strada a liti, guerre, violenze, attentati, rotture di rapporti, abbandoni. Questo risponde anche alla seconda domanda “perché volerci bene”, perché vivere in continua lite fa star male tutti, noi per primi e coloro che ci sono intorno.
    Ai nostri figli insegniamo il significato della parola Amore con il nostro esempio, evitando divisioni, liti, musi lunghi, rancori, giudizi, proponendo di continuo il perdono, la pietà verso chi ha sbagliato. Finiamola di inneggiare alla violenza godendo perché un assassino o un pedofilo sono finiti in galera, ma piuttosto preghiamo per loro affinché capiscano lo sbaglio compiuto e possano acquisire quei sani principi che nessuno magari ha mai insegnato loro.
    Quell’assassino, quel terrorista, quello spacciatore potrebbe essere tuo figlio se tu non lo avessi amato, se tu non gli avessi donato valori forti e positivi in cui credere.
    Contro il male solo il bene è l’arma vincente, tutto il resto innesca altro male.

  37.  

    Addì 30 aprile 2016

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me.
    Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia.
    Ricordatevi della parola che vi ho detto: Un servo non è più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra.
    Ma tutto questo vi faranno a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato»

    Giovanni 15,18-21

  38.  

    Prima di voi ha odiato me

    Vi chiedo di odiarmi

    Quando alcuni condomini del palazzo, dove ho sempre abitato, hanno fatto una raccolta di firme per impedire l'accoglienza di bimbi in affido, ho pensato avessero vecchi rancori con la mia famiglia. Quando poi, in un altro condominio, venne fatta altra raccolta di firme per lo stesso motivo, quando appena giravano le voci che avremmo comprato un appartamento, ho pensato che qualcuno avesse in antipatia la nostra associazione.
    In questi giorni leggevo che nella civilissima Milano hanno fatto una raccolta di firme per mandare via un asilo nido da uno stabile; a Roma si è costituito un comitato all'Eur per far chiudere due ville che, confiscate alla mafia, il Comune ha destinato all'accoglienza di bambini con le proprie madri carcerate, con costo per la collettività pari a zero grazie ad uno sponsor. La cosa triste è che questi esempi non sono isolati e che in molti plaudono a tali iniziative, compresi taluni politici tra cui Brunetta che dovrebbe essere il primo a capire i disagi di chi è diverso dalla normalità. Continuando a leggere l'articolo ho scoperto che una catena di ristorazione si vanta di impedire l'ingresso nei propri locali ai bambini, così come molti alberghi e stabilimenti balneari. Se il mondo ci odia perché ci occupiamo dei bambini, vi scongiuro, odiateci con tutto il cuore perché per noi il vostro odio sarà un vanto, una medaglia da portare con orgoglio.

  39.  

    Addì 1 maggio 2016

    Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui.
    Chi non mi ama non osserva le mie parole; la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
    Queste cose vi ho detto quando ero ancora tra voi.
    Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».
    Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore.
    Avete udito che vi ho detto: Vado e tornerò a voi; se mi amaste, vi rallegrereste che io vado dal Padre, perché il Padre è più grande di me.
    Ve l'ho detto adesso, prima che avvenga, perché quando avverrà, voi crediate

    Giovanni 14,23-29

  40.  

    Chi non mi ama non osserva le mie parole

    Ospiti in casa d’altri

    “Fai come fossi a casa tua”. Moltissime volte abbiamo ripetuto queste parole ai nostri ospiti, ognuno che abbia in cuore lo spirito dell’accoglienza le ha dette a tutti coloro ai quali ha aperto le porte di casa. E quante volte ce ne siamo pentiti!!!
    Frigoriferi saccheggiati, rumori molesti nei momenti di riposo, televisione fino a tarda notte, strabbacamenti sul divano, programmi noiosi e inopportuni, rientri in casa nel cuor della notte suonando il campanello, comportamenti ineducati a tavola, e così via.
    Proviamo a ripetere le regole di casa nostra, ma il risultato non cambia. Probabilmente ai nostri e vostri ospiti è chiara solo una regola, la prima, come un imprinting ricevuto nel momento in cui hanno varcato la soglia delle nostre abitazioni: fai come fossi a casa tua. Tutto il resto non conta. Fare piano quando gli altri dormono, mera illusione; fare presto in bagno quando c’è la fila fuori, pura chimera; rientrare nel giusto orario per non stravolgere la quotidianità, follia il solo immaginarlo. Perché accade questo? Perché manca il rispetto e l’amore verso il prossimo. Se entro in una casa porto in dono me stesso, aggiungo il mio contributo per una vita migliore del gruppo sia esso famiglia o associazione che mi ospita, pur mantenendo le mie abitudini nel rispetto di chi mi ha donato quel tetto, quel cibo, quella camera ove riposare, seppur per un breve periodo.
    Ecco, noi facciamo come questi ospiti importuni. Ogni giorno. Siamo nel mondo, ma non è casa nostra, ci siamo solo di passaggio, la nostra permanenza è di poche notti, poi torneremo da dove siamo venuti. Eppure ci accomodiamo in poltrona e dettiamo legge, pretendiamo che tutti ci servano e ci onorino, ci arrabbiamo se le cose non sono come le vogliamo noi e, per giunta, lasciamo tutto sporco. In questo mondo abbiamo trovato gente di pelle bianca e gente di colore, non possiamo dire non mi piace perché è casa loro quanto nostra; abbiamo trovato bambini, adulti ed anziani e tutti meritano lo stesso rispetto perché è anche casa loro; abbiamo trovato abbastanza pulito e non possiamo sporcare ancor di più; abbiamo trovato alberi, fiumi, mari e dobbiamo lasciarli intatti affinché chi venga dopo possa usufruire della loro bellezza. Semmai dobbiamo portare il nostro contributo e piantare alberi, pulire dove è sporco, accogliere i più deboli per farli crescere.
    Gli scout hanno un bel detto “quando andiamo via da un posto dobbiamo lasciare meglio di come abbiamo trovato” e tutti noi dovremmo tenerne conto nella nostra vita.
    Dio è il nostro padrone di casa e dobbiamo ringraziarlo ed amarlo, rispettando gli altri suoi ospiti ed il mondo che ci ha donato, così come lui ama noi facendoci meravigliosi regali ogni giorno.

  41.  

    Addì 2 maggio 2016

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza; e anche voi mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio.
    Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi.
    Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, verrà l'ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio.
    E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me.
    Ma io vi ho detto queste cose perché, quando giungerà la loro ora, ricordiate che ve ne ho parlato»

    Giovanni 15,26-27.16,1-4a

  42.  

    E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me

    Un altro bambino oggi verrà gettato giù dalla finestra

    Gettata giù dall'ottavo piano. Violentata. Omertà. Tutti sapevano.
    Frasi forti. Dietro ogni parola tanti sentimenti. Rabbia, sconforto, delusione, vendetta. Ogni persona dinanzi ai fatti di questi giorni, di una bambina ripetutamente violentata e poi uccisa, di una madre che dava le proprie figlie in pasto al compagno pedofilo, di un condominio che sapeva ma che non avvisava le forze dell'ordine per omertà e per non far scoprire altri loschi traffici, si indigna. E meno male, vuol dire che c'è ancora una coscienza. Tutto vero. Tutto reale. Non è un film, non è una televonela dell'orrore. E' la realtà. Oggi apriamo gli occhi perché leggiamo sui giornali i vari commenti, oggi i mass media hanno deciso di puntare su tale vicenda i riflettori, e noi ci indigniamo. Giustamente. Profondamente.
    Quando a Foggia una bambina morì di fame e di stenti perché i genitori erano troppo "fatti" per accudirla tutti gridarono e si disperarono. Ma poi? Poi più nulla. Siamo come pecore che seguiamo il suono dei giornalisti. Loro fanno il loro dovere di sottolineare una notizia, ma noi? Noi che facciamo? Solo leggere, solo gridare contro il mostro. E poi? Ci sentiamo appagati se il colpevole finisce in galera per tutta la vita. Ma mentre noi urliamo la nostra rabbia inveendo contro tutti solo quando i riflettori illuminano la scena del crimine, come il coyote che ulula alla luna, un altro bambino muore, ucciso dal mostro di turno. Poi, appena le luci si abbassano più niente, più nessuno che cerchi di capire la situazione, più nessuno che cerchi di capire da cosa tutto questo sia stato generato, più nessuno che cerchi di trovare possibili soluzioni o stimoli altri a farlo.
    Un condominio dove i bambini vengono abusati, venduti, usati come merce di scambio. Un condominio. Ma quanti condomini ci sono in tutta Italia? Non solo a Napoli, non solo a Palermo, non solo a Foggia. Ovunque, in tutte le nostre città ci sono le favelas, solo che hanno nomi come Corea, Shangai, Librino, Quarto Oggiaro, Scampia, Corviale, Ponticelli, Falsomiele, Braida, Arghillà, Sbarre, Rana, Begato, Candelaro, San Salvario, Taverne, Popilia, Giostra e tanti, tantissimi altri. Pensate quanti condomini ci sono in ogni quartiere, quante famiglie contano sui figli per poter sopravvivere. Ci scandalizziamo se delle ragazzine si prostituiscono e una di esse lo fa con il tacito assenso della madre che la usa per mantenersi, ma quanti, quanti ragazzi sono abusati, violentati, usati per i traffici ed i piaceri degli adulti. Ogni giorno. Noi apriamo gli occhi solo quando la televisione sbatte la notizia in prima pagina. Apriamoli oggi, apriamoli adesso. Smettiamo di puntare il dito contro tutti, smettiamo di accusarci a vicenda sulle responsabilità e rimbocchiamoci le maniche perché tanti bambini oggi verranno violentati per la nostra omertà, per il nostro silenzio. Si demonizzano le case famiglia, ma senza una struttura protetta i bambini di quel condominio non avrebbero parlato, come non hanno fatto per due anni. I servizi sociali non si muovono e non tolgono i bambini dalla loro vita piena di disperazione. Colpe o non colpe la situazione è questa. Ai privati, come la nostra Associazione, vengono tagliate le gambe con mille ostacoli e migliaia di euro di tasse da pagare a comuni e stato, sottraendo risorse a questa guerra contro il tempo. Si, contro il tempo perché intanto quei bambini abusati diventeranno adulti, quei bambini che oggi spacciano per conto di altri si metteranno in proprio usando altri bambini, quei bambini che oggi rubano compiranno rapine e imbracceranno una pistola per farsi giustizia in un ambiente dove nessuno li ha aiutati e dove l'unico modo per sopravvivere è quello di essere più forte e più cattivo degli altri. Situazioni difficili e dolorose nelle quali una famiglia affidataria non avrebbe strumenti per poter operare, una famiglia sarebbe in pericolo perché gli adulti verrebbero a riprendersi, con le buone o con le cattive, la loro fonte di ricchezza.
    Aprite gli occhi, vi scongiuro. Oggi, adesso sono tanti i bambini che stanno subendo abusi ed angherie, ma se ne parlerà solo domani quando un altro bambino verrà buttato giù dal terrazzo perché si è rifiutato di sottostare all'ennesima violenza. Domani sarà troppo tardi per lui, ma oggi qualcosa si può fare.
    Aiutateci ad aumentare la nostra presenza sul territorio.
    Da quando abbiamo aperto la nuova Casa Famiglia sono arrivate tante richieste da parte dei comuni, situazioni che scoppiano, assistenti sociali che dicono "saremmo dovuti intervenire prima" ma non c'erano strutture, casi difficili dove la polizia ha bisogno di capire, dove il supporto dello psicologo deve essere quotidiano, dove lo stato ed i comuni sono assenti. Smettiamo di dire "lo stato, i comuni ci devono pensare". E' vero, dovrebbero, ma mentre noi stiamo qui a discutere di chi sia la colpa e la responsabilità tanti bambini muoiono ogni giorno, a tanti bambini viene rubata la fanciullezza e già a quattordici anni sono delinquenti, prostitute, drogati.

  43.  

    Addì 3 maggio 2016

    In quel tempo, Gesù disse a Tommaso: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.
    Se conoscete me, conoscerete anche il Padre: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».
    Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta».
    Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre?
    Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere.
    Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse.
    In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre».
    Qualunque cosa chiederete nel nome mio, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio.
    Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò»

    Giovanni 14,6-14

  44.  

    Io sono la via, la verità e la vita

    Ricette di vita

    In cucina si usano ricette ben precise "80 grammi di farina, 100 grammi di prosciutto, 4 uova".
    In quasi tutti i mestieri la precisione è importantissima, e fa la differenza tra il fare bene una cosa ed il farla male o mediocremente. E' un po' la differenza tra il cuoco per hobby ed il grande chef.
    Nella vita purtroppo non è così. Non ci sono regole precise e ben definite da seguire a seconda delle varie situazioni.
    In teatro alcuni spettacoli vengono fatti seguendo un "canovaccio", una falsa riga, indicazioni di massima secondo le quali gli attori sono liberi di muoversi ed interagire tra loro al variare delle situazioni che essi stessi creano.
    Possiamo dire che sia così anche per noi. Non ci sono regole, ma c'è un canovaccio che possiamo seguire.
    Al di là della fede religiosa, del credo politico e della propria cultura ritengo ci siano tre punti fondamentali che ognuno dovrebbe tenere presente nel lavoro, in famiglia, nella quotidianità in generale.
    Il primo è la VIA da seguire. Tutti noi camminiamo, abbiamo un percorso da fare che ci porta dalla nascita alla morte ed è innegabile. Quale via vogliamo seguire spetta a noi deciderlo. Le differenze ci sono a seconda del luogo o della famiglia nella quale nasciamo, ma ciascuno può scegliere il tipo di strada, se tortuosa e piena di curve o diritta verso la meta. Divagare dalla strada maestra è pericoloso, anche se è facile essere attratti dalla bellezza della natura che ci circonda. Dobbiamo essere bravi a saper scegliere quando sia possibile farlo, pronti però a ritornare sui propri passi. Per la scelta della strada valgono due consigli: 1) quella più facile, più larga e più bella non sempre è la migliore e 2)ascoltate le indicazioni di chi certe strade del mondo le ha già percorse e adattatele alle vostre esigenze e desideri, senza però allontanarvici troppo.
    Il secondo è la VERITA'. Ogni bugia che diciamo è un sasso nello zaino che ci portiamo dietro, più è pesante, maggiore sarà la stanchezza e la fatica e quindi la voglia di tentare strade meno impervie, ma spesso più pericolose.
    Il terzo è la VITA. Madre Teresa diceva "La Vita è Vita, vivila". Ecco, viviamo la nostra vita senza troppe paure. Amiamo senza reticenze, apriamo il cuore al prossimo senza troppi calcoli. Mi viene da pensare all'accoglienza dei bambini in affido, quante famiglie sarebbero una grande risorsa per tanti bimbi, ma la paura di vederli andare via frena molti impedendo la libera circolazione dell'amore.
    Ognuno poi segua i valori ed i principi dettati dal Vangelo, dal Corano o da qualunque altra dottrina, religione o filosofia, ma ricordatevi che chiunque vi dice di andare contro il prossimo vi sta portando su sentieri pieni di rovi che vogliono farvi credere essere roseti meravigliosi.

  45.  

    Addì 4 maggio 2016

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
    Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future.
    Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l'annunzierà.
    Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà del mio e ve l'annunzierà»

    Giovanni 16,12-15

  46.  

    Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso

    Un macigno da portare

    Quando un figlio è ancora nella pancia i suoi genitori parlano con lui, gli spiegano cosa troverà, quali meraviglie vedrà, nella tacita speranza che gli venga voglia di balzare fuori il prima possibile. Appena nato tutti quanti, zii, fratelli, nonni e tate varie, gli raccontano come sarà la vita, si prodigano in mille raccomandazioni. Man mano che il bambino cresce non passa giorno senza che mamma o papà gli diano consigli sul come vivere, comportarsi, vestirsi. Da un lato lo proteggono dalle insidie del mondo, ma dall'altro vorrebbero fargli capire da subito i pericoli della vita, spesso mascherati da meravigliosi doni, offerti da persone stupende che spesso si rivelano mostri falsi e bugiardi in cerca solo di un proprio tornaconto personale.
    Noi genitori, affidatari, nonni o educatori in generale vediamo ciò che i ragazzi non possono vedere per il semplice motivo di esserci già passati, ed in tante situazioni rimpiangiamo le scelte fatte perché ci hanno causato più dolori che gioie. Nel nostro amore per i bambini vorremmo impedire loro mille sofferenze, ma ci accorgiamo quotidianamente di un grande limite, quello che i ragazzi non hanno la forza per sopportare tutto il peso da noi sostenuto. In buona sostanza non possono capire, non già perché sono scemi, ma piuttosto per il fatto di essere giovani e sopratutto acerbi. Come si fa a spiegare la macroeconomia che regola il mondo, con pregi e difetti, ad un bambino che sa a malapena le tabelline? O le radici del terrorismo, piuttosto che il mondo del lavoro con le sue regole, o la politica in generale?
    Così vale per tutti quei valori in cui crediamo, per quei principi che con forza sosteniamo e per i quali abbiamo combattuto mille battaglie. Valori che abbiamo capito pian piano, assimilato giorno per giorno, apprezzato ed assaporato con calma. Vorremmo "tutto e subito", vorremmo insegnare ai nostri figli in un giorno quello che abbiamo imparato in trenta, quaranta, cinquant'anni di vita.
    Sarebbe come vedere un bambino deperito e volergli dare da mangiare un coppo di pasta, un arrosto intero, una vagonata di pesce e verdure a iosa. Otterremmo solo il risultato di farlo scoppiare, non gli saremmo d'aiuto e gli faremmo del male.
    Gesù dice ai suoi discepoli "Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso" ed è un monito per tutti noi ai quali è stato affidato un bambino dal cielo.

  47.  

    Addì 5 maggio 2016

    In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Ancora un poco e non mi vedrete; un po' ancora e mi vedrete».
    Dissero allora alcuni dei suoi discepoli tra loro: «Che cos'è questo che ci dice: Ancora un poco e non mi vedrete, e un po' ancora e mi vedrete, e questo: Perché vado al Padre?».
    Dicevano perciò: «Che cos'è mai questo "un poco" di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire».
    Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: «Andate indagando tra voi perché ho detto: Ancora un poco e non mi vedrete e un po' ancora e mi vedrete?
    In verità, in verità vi dico: voi piangerete e vi rattristerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete afflitti, ma la vostra afflizione si cambierà in gioia»

    Giovanni 16,16-20

  48.  

    Voi piangerete e vi rattristerete, ma il mondo si rallegrerà
    Voi sarete afflitti, ma la vostra afflizione si cambierà in gioia

    Ride bene chi ride ultimo

    "Facciamo una partita a ping pong?" ed il mio amico, che era bravissimo, un po' scocciato mi accontentava. Era già tanto se arrivavo a fare cinque punti. Lo guardavo giocare e pian piano imparavo. Volevo sempre giocare contro di lui, ma non voleva, si annoiava con me. Sperimentavo poi le sue mosse da solo, o giocando con altri amici, e pian piano qualcosa ho imparato. Un giorno si fece un torneo e capitò che dovessi giocare contro di lui. Mi impegnai allo spasimo e lo vinsi. Non vi dico come ci rimase.
    Quante volte sono stato preso in giro, quante volte ridevano alle mie spalle per il mio desiderio di portare avanti l'Associazione. In tanti hanno scommesso che non ce l'avrei fatta, che ero un perdente nato, ma dentro di me sapevo che potevo e non ho mollato, non ho smesso di credere ai miei sogni fin tanto che non sono divenuti realtà.
    Quante battaglie, anche contro qualche "servizio sociale deviato" e quante vittorie. Anche una nostra dipendente che ci ha truffato mi ha detto con tono di sfida "ride bene chi ride ultimo" e dopo la sentenza del giudice siamo noi a ridere.
    Non cerco la vendetta, non mi interessa, non fa parte di me, ma tutte le promesse di Dio vengono sempre mantenute ed è lui a dirci che saranno in molti a gioire delle nostre disgrazie, ma arriverà un momento in cui il nostro dolore si trasformerà in gioia, basta avere pazienza e fede e credere fermamente nei nostri principi portandoli avanti stringendo sempre i denti, anche e sopratutto nei difficili momenti in cui saremo messi alla prova perché abbiamo un potente alleato, Dio.
    Molti dei ragazzi che sono venuti da noi erano stati scartati dalla società, ed oggi molti di loro sono fiori bellissimi nel campo della vita. Non mollate ragazzi se vi prendono in giro, siate forti mostrate sempre la parte migliore di voi e vedrete che arriverà anche per voi il momento di gioire.

  49.  

    Addì 6 maggio 2016

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In verità, in verità vi dico: voi piangerete e vi rattristerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete afflitti, ma la vostra afflizione si cambierà in gioia»
    La donna, quando partorisce, è afflitta, perché è giunta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell'afflizione per la gioia che è venuto al mondo un uomo.
    Così anche voi, ora, siete nella tristezza; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà togliere la vostra gioia»

    Giovanni 16,20-23a

  50.  

    Nessuno vi potrà togliere la vostra gioia

    Chi ha goduto per un minuto non ha patito per sempre

    Da ragazzo lessi sul calendario di Frate Indovino questa frase "Chi ha goduto per un minuto non ha patito per sempre" e ne feci uno dei miei baluardi. Fino ad allora mi arrabbiavo per ciò che "non avevo" e non riuscivo mai a gioire delle tante e meravigliose cose che il Signore mi aveva donato. Leggendo la frase capii qualcosa di più, ma il mio atteggiamento verso la vita non cambiò: più avevo e più volevo, anzi no, pretendevo, e se non mi veniva concesso mi infuriavo. Tutto mi era dovuto e non era mai abbastanza.
    Alla morte della mia mamma quel suggerimento mi venne alla mente e capii che avevo ricevuto tantissimo fino ad allora, molto più di quanto immaginassi.
    Con la nascita dell'Associazione, con il cominciare a conoscere situazioni familiari tragiche di bambini non amati, abusati, venduti, picchiati dai loro stessi genitori compresi appieno quanto fossi stato fortunato ad aver avuto una famiglia con un papà ed una mamma che mi adoravano, e dovevo ringraziare Dio per ciò che avevo ricevuto, piuttosto che brontolare per quello che non avevo avuto o che mi era stato tolto.
    Le esperienze del passato nessuno potrà portarvele via, e mentre le afflizioni, una volta superate, si tendono a dimenticare, le gioie le ricordiamo di continuo, ed ogni volta è come riviverle.
    Così ringrazio il Signore per i tanti bimbi che mi ha donato e per i momenti gioiosi trascorsi insieme, dimentico dei momenti di sofferenza per le liti adolescenziali o per essersene andati non dando più notizie di sé.
    Ringrazio il Signore per avermi dato una mamma che mi ha donato sani principi, dimentico della sofferenza provata quando è salita in Paradiso.
    Ringrazio il Signore per avermi dato un papà che mi ha regalato un futuro, dimentico degli scontri caratteriali.
    Ringrazio il Signore per tutte le belle esperienza che ho potuto fare, dimentico di quelle brutte.
    Ed il giorno che mi mancherà la salute ringrazierò Dio per avermi mantenuto forte e sano per tantissimi anni.