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  1.  

    Addì 22 febbraio 2016

    In quel tempo, essendo giunto Gesù nella regione di Cesarea di Filippo, chiese ai suoi discepoli: «La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?».
    Risposero: «Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti».
    Disse loro: «Voi chi dite che io sia?».
    Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».
    E Gesù: «Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli.
    E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa.
    A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli»

    Matteo 16,13-19

  2.  

    Voi chi dite che io sia?

    Chi mi conosce?

    Avete mai giocato a freccette? Certamente si, ed allora saprete quanto il fare centro sia difficilissimo, ma provando e riprovando alla fine si riesce, seppur con grande fatica e dopo anni di esperienza, e non è quasi mai centro totalmente pieno.
    Eppure c'è la presunzione in molti di conoscere le persone ad un primo sguardo, dopo averci dialogato un attimo, per aver sentito parlare di lui.
    Se giocando a freccette, dopo aver provato centinaia e centinaia di volte, dopo aver sbagliato tantissimo, qualcuno riesce a fare centro, nel conoscere una persona è un po' come se il bersaglio si spostasse in continuazione, ed il centro non fosse mai allo stesso posto, perché le persone cambiano, noi stessi cambiamo.
    Siamo pronti ad emettere giudizi su tizio o caio dopo una loro azione, nel bene come nel male. Siamo pronti a definire santo chi invece è pieno di difetti, oppure diavolo chi ha sbagliato una sola volta seppure in maniera eclatante.
    Guardatevi allo specchio, e in tutta sincerità domandatevi se gli altri conoscono ogni piccolo aspetto di voi, ciò che provate, ciò che vi scatena un momento d'ira o di gioia. Vostro marito o vostra moglie vi conoscono così tanto da capirvi sempre? I figli comprendono i vostri stati d'animo? I genitori riescono a capire ogni vostro pensiero, specie nel periodo dell'adolescenza? Ovviamente no. Ed allora se siamo consapevoli che gli altri non possono capirci fino in fondo, come possiamo noi avere l'arroganza di capire gli altri, al punto da condannarli?
    E se anche foste così bravi e capaci a riuscire ad entrare nei meandri della psiche altrui e conoscere ogni particolare, chi vi dice che le persone non possano cambiare? Anche voi, ne sono certo, se guardate indietro nella vostra vita vi scoprite diversi da quando eravate ragazzi e potete osservare delle trasformazioni da un periodo ad un altro, spesso dovute a fattori esterni che vi hanno colpito, come la morte di un figlio o di un genitore in giovane età.
    Ed allora impariamo ad accettare il prossimo con amore, a scusare i suoi momenti difficili, a stargli vicino anche quando ha un atteggiamento antipatico perché non possiamo sapere da cosa scaturisca.
    E così sorrido quando qualcuno cerca, con la ragione, di dare spiegazioni ai comportamenti di Dio "se Dio esistesse non permetterebbe le guerre". Quante volte ho sentito questa frase. Ma come si fa a conoscere Dio? Come si può pretendere di ragionare sui suoi comportamenti? Dio lo si conosce in un solo modo, usando il cuore ed amandolo incondizionatamente, accettando ciò che ha in serbo per ognuno di noi, così come dovremmo fare con le persone.

  3.  

    Addì 23 febbraio 2016

    In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei.
    Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno.
    Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito.
    Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini: allargano i loro filattèri e allungano le frange; amano posti d'onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe e i saluti nelle piazze, come anche sentirsi chiamare "rabbì''dalla gente.
    Ma voi non fatevi chiamare "rabbì'', perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli.
    E non chiamate nessuno "padre" sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo.
    E non fatevi chiamare "maestri", perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo.
    Il più grande tra voi sia vostro servo; chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato.

    Matteo 23,1-12

  4.  

    Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno

    Esempi da seguire

    Nell'educare un bambino le parole e i ragionamenti servono tantissimo, ma molto di più serve l'esempio.
    Se chiediamo al figlio di apparecchiare la tavola, anche noi dobbiamo farlo, insieme oppure in un altro giorno.
    Se chiediamo a nostro figlio adolescente di tagliare l'erba del prato, è importante che anche noi ci rimbocchiamo le maniche, magari togliendo i rami secchi, oppure strappando l'erba con le mani a ridosso delle piantine.
    Se chiediamo ai figli di essere altruisti, accoglienti, pazienti, anche noi dobbiamo dare l'esempio con l'altruismo verso chi ha più bisogno, l'accoglienza nei confronti di chi è solo, la pazienza verso chi ci fa arrabbiare o ci provoca.
    Se vogliamo che i nostri giovani abbiano sani principi, noi adulti, tutti noi, siamo chiamati a comportarci seguendo valori positivi.
    E' facile lamentarsi di quei ragazzi che nelle manifestazioni distruggono tutto, è facile brontolare per i loro comportamenti eccessivi e negativi, è facile puntare il dito perché sono privi di ideali.
    Ci siamo mai domandati se noi, se noi adulti stiamo dando loro un buon esempio?

  5.  

    Addì 24 febbraio 2016

    In quel tempo, mentre saliva a Gerusalemme, Gesù prese in disparte i Dodici e lungo la via disse loro: «Ecco, noi stiamo salendo a Gerusalemme e il Figlio dell'uomo sarà consegnato ai sommi sacerdoti e agli scribi, che lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché sia schernito e flagellato e crocifisso; ma il terzo giorno risusciterà».
    Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli, e si prostrò per chiedergli qualcosa.
    Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Dì che questi miei figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno».
    Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo».
    Ed egli soggiunse: «Il mio calice lo berrete; però non sta a me concedere che vi sediate alla mia destra o alla mia sinistra, ma è per coloro per i quali è stato preparato dal Padre mio».
    Gli altri dieci, udito questo, si sdegnarono con i due fratelli; ma Gesù, chiamatili a sé, disse: «I capi delle nazioni, voi lo sapete, dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere.
    Non così dovrà essere tra voi; ma colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo, e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo; appunto come il Figlio dell'uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti»

    Matteo 20,17-28

  6.  

    Non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti

    E' un santo? No, è uno normale

    Al mattino, quando aprite la finestra, rimanete stupiti che ci sia la luce? No davvero, è una cosa naturale.
    Se andate sulla riviera ed osservate il mare, restate sbalorditi perché è immenso? No davvero, è lì da sempre.
    In campagna osservate il crescere dei fiori e delle piante, ma non ne siete meravigliati come una cosa fuori del comune, accade in continuazione.
    Ed allora non allibite se qualcuno dedica la vita per servire gli altri. E' normale, è nella natura delle cose.
    Non è forse vero che i genitori si getterebbero nel fuoco per salvare i propri figli?
    Non succede ogni giorno che le persone vengano uccise per gli ideali in cui credono e per difendere i diritti di chi verrà dopo di loro?
    Non dovremmo stupirci nel vedere la solidarietà, l'amore, l'altruismo, dovremmo piuttosto trasecolare nell'osservare l'odio e l'egoismo.

  7.  

    Addì 25 febbraio 2016

    In quel tempo, Gesù disse ai farisei: « C'era un uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente.
    Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco. Perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe.
    Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto.
    Stando nell'inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui.
    Allora gridando disse: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura.
    Ma Abramo rispose: Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora invece lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti.
    Per di più, tra noi e voi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi non possono, né di costì si può attraversare fino a noi.
    E quegli replicò: Allora, padre, ti prego di mandarlo a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca, perché non vengano anch'essi in questo luogo di tormento.
    Ma Abramo rispose: Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro.
    E lui: No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvederanno.
    Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi »

    Luca 16,19-31

  8.  

    Li ammonisca, perché non vengano anch'essi in questo luogo di tormento

    Da domani dieta

    "Oggi non ho voglia di studiare, domani mi ci metto di impegno" mi ha detto Cristina.
    Quanta pigrizia in ognuno di noi. Sappiamo che c'è da fare una cosa, ma rimandiamo sempre al giorno dopo. C'è tempo per essere generosi, c'è tempo per dare una mano in qualche progetto solidale, c'è tempo per interessarsi della malattia del mio amico, c'è tempo per fare pace.
    Ma il tempo è oggi, non domani. Domani potrebbe essere troppo tardi. Il mio amico potrebbe essersi aggravato ed essere morto e non ho potuto dirgli quanto gli volevo bene. La persona con la quale ho litigato potrebbe essere partita per un paese lontano. La persona che mi aveva chiesto un euro per prendersi una bevanda calda potrebbe essere finita in ospedale per assideramento. Il progetto potrebbe non aver preso il via perché mancava qualcuno che ci si impegnasse ed ormai i fondi sono stati destinati ad altro.
    Domani potrebbe essere troppo tardi. O forse no. ma se ieri avete detto "domani" ed oggi siete ancora in tempo: date conforto a chi vi chiede aiuto, sostenete i progetti di chi è in prima linea verso il disagio, fate pace con le persone con le quali avete litigato, fate una telefonata ai vostri amici per sapere come stanno.
    La mia mamma mi diceva sempre "Non fare domani quello che potresti fare oggi"

  9.  

    Addì 26 febbraio 2016

    In quel tempo, Gesù disse ai principi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Ascoltate un'altra parabola: C'era un padrone che piantò una vigna e la circondò con una siepe, vi scavò un frantoio, vi costruì una torre, poi l'affidò a dei vignaioli e se ne andò.
    Quando fu il tempo dei frutti, mandò i suoi servi da quei vignaioli a ritirare il raccolto.
    Ma quei vignaioli presero i servi e uno lo bastonarono, l'altro lo uccisero, l'altro lo lapidarono.
    Di nuovo mandò altri servi più numerosi dei primi, ma quelli si comportarono nello stesso modo.
    Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: Avranno rispetto di mio figlio!
    Ma quei vignaioli, visto il figlio, dissero tra sé: Costui è l'erede; venite, uccidiamolo, e avremo noi l'eredità.
    E, presolo, lo cacciarono fuori della vigna e l'uccisero.
    Quando dunque verrà il padrone della vigna che farà a quei vignaioli? ».
    Gli rispondono: «Farà morire miseramente quei malvagi e darà la vigna ad altri vignaioli che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
    E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: La pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d'angolo; dal Signore è stato fatto questo ed è mirabile agli occhi nostri?
    Perciò io vi dico: vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che lo farà fruttificare.»
    Udite queste parabole, i sommi sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro e cercavano di catturarlo.
    Ma avevano paura della folla che lo considerava un profeta

    Matteo 21,33-43.45-46

  10.  

    Quando dunque verrà il padrone della vigna, che farà a quei vignaioli?

    Ho avuto e me lo tengo per me

    Camminando per la strada, guardando la tv, ascoltando i dibattiti è impossibile non rendersi conto di quanto ci sia bisogno di aiutare il prossimo. Ed in molti lo fanno.
    Immaginiamo di accogliere in casa un senzatetto, poi un altro, ed un altro ancora, o magari una o più famiglie provenienti dal sud del mondo, o bambini maltrattati o senza famiglia a ciclo continuo. Non si vuole nulla in cambio, non si pretende niente, siamo servi di Dio e la nostra felicità è solo quella di aver fatto il nostro dovere. Nessun compenso, nessuna lode ci è dovuta.
    Ma a queste persone, a questi bambini divenuti adulti, il Signore, o se preferite “la vita” chiede qualcosa. Hanno avuto tanto, hanno avuto molto di più di quanto era nel loro destino, molto di più di quanto abbiano ricevuto persone e bambini nati, cresciuti e vissuti nelle loro stesse condizioni, ed allora forse sarebbe il caso che parte di questo grande tesoro lo condividessero con altri, lo usassero per il bene del prossimo, per accogliere, per curare le ferite, per supportare chi sta aiutando altri ad uscire dal fango della vita.
    Molte grandi organizzazioni anni fa tentarono un progetto, quello di portare diversi bambini del terzo mondo in Europa e nel nord America per farli studiare, far loro acquisire nozioni tecniche, mediche per divenire buoni dottori, ingegneri, imprenditori con l’intento che potessero un giorno tornare al loro paese e mettere in pratica ciò che avevano studiato per il bene della loro gente. Progetto fallito miseramente. L’idea era ottima, ma quando questi ragazzi hanno assaggiato il “bel vivere” nei paesi occidentali non hanno più pensato alla loro gente e non sono rientrati nei paesi di origine per aiutare quelle popolazioni.
    Nessuno di noi, se non i ladri e gli imbroglioni, pensa di entrare in un negozio e portarsi via la merce senza pagare, oppure di entrare in un ristorante, mangiare a sazietà per poi uscire tranquillamente a pancia piena senza saldare il conto. Chi facesse così sarebbe denunciato, arrestato ed in qualche caso magari anche malmenato.
    Molti di noi sono nati sotto una buona stella, molti altri sono stati aiutati, accuditi, amati più di quanto non si sarebbero mai aspettati, eppure la maggior parte, una volta raggiunta la tranquillità di vita, una volta conquistata una posizione di indipendenza girano le spalle a chi li ha aiutati o, peggio, a chi versi nelle stesse condizioni in cui si trovavano loro prima che Dio li scegliesse.
    “Quando dunque verrà il padrone della vigna, che farà a quei vignaioli?”

  11.  

    Addì 27 febbraio 2016

    In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo.
    I farisei e gli scribi mormoravano: «Costui riceve i peccatori e mangia con loro».
    Allora egli disse loro questa parabola:
    Disse ancora: «Un uomo aveva due figli.
    Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze.
    Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto.
    Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno.
    Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci.
    Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava.
    Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame!
    Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te;
    non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni.
    Partì e si incamminò verso suo padre. Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò.
    Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio.
    Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi.
    Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa,
    perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa.
    Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze;
    chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò.
    Il servo gli rispose: E' tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo.
    Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo.
    Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici.
    Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso.
    Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo;
    ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato».

    Luca 15,1-3.11-32

  12.  

    Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te

    Hai giocato non rispettando le regole? Espulso!

    Se giochiamo a nascondino, piuttosto che al tiro alla fune, oppure a calcio o a pallavolo, dobbiamo rispettare le regole del gioco. Accettiamo che vi sia un arbitro, il quale osserva il nostro comportamento, pronto a sanzionarci oppure ad espellerci nei casi più gravi. Così è nella vita, che si creda in Dio oppure si sia atei. Ci sono delle regole da rispettare, alcune dettate dall'uomo, altre riguardano la nostra morale, abbiamo un codice d'onore che ognuno di noi si impegna a rispettare. La solidarietà verso il prossimo, l'amore per i figli, l'altruismo, il perdono, la pazienza, non sono appannaggio di una o dell'altra religione, ma sono valori propri di tantissime persone, atei e credenti. Non è perché lo dice il Vangelo che i cristiani seguono quei valori. Ho conosciuto tanta gente che va in chiesa incapace di perdonare, incapace di accogliere, razzista, egoista, e parimenti ho tanti amici atei che sono generosi, altruisti, capaci di perdonare. Gesù nel Vangelo ci detta e sottolinea talune "regole di gioco", che siamo liberi di rispettare o meno, senza precluderci la possibilità di giocare la partita fino in fondo. L'arbitro siamo noi, l'arbitro è lo specchio nel quale ci riflettiamo ogni sera prima di andare a letto, la nostra coscienza, un arbitro inflessibile che ci fa vedere ogni nostro singolo errore, non per punirci, ma per farci capire che il giorno dopo dovremo giocare meglio. Per chi crede c'è un organismo universale che sovraintende tutte le partite, la vita di ogni uomo, e non interviene quasi mai, se non facendoci riflettere, al pari dello specchio, attraverso le parole del Vangelo, ma che a fine partita decreterà se avremo vinto un premio per aver, tutto sommato, giocato abbastanza bene, oppure se saremo passibili di espulsioneper non aver rispettato le regole principali. Per chi non crede l'unico arbitro è, oltre a noi stessi, la relazione con il prossimo. Infatti chi ruba sarà scansato dalla gente onesta, chi è egoista non avrà mai la gioia di sentirsi dire un grazie, chi è incapace di perdonare vivrà una vita perennemente in guerra con gli altri. Il Signore ci lascia sbagliare, ma ci è vicino ricordandoci ogni giorno il nostro errore, affinché possiamo ripensare ai nostri sbagli e trovare il modo, magari mettendo un po' del nostro orgoglio sotto i piedi, di fare un passo indietro e chiedere scusa del nostro comportamento al fine di reinstaurare nuovamente un bel rapporto con le persone che ci amano.

  13.  

    Addì 28 febbraio 2016

    In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù circa quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici.
    Prendendo la parola, Gesù rispose: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte?
    No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.
    O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Sìloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme?
    No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
    Disse anche questa parabola: «Un tale aveva un fico piantato nella vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò.
    Allora disse al vignaiolo: Ecco, son tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico, ma non ne trovo. Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno?
    Ma quegli rispose: Padrone, lascialo ancora quest'anno finché io gli zappi attorno e vi metta il concime
    e vedremo se porterà frutto per l'avvenire; se no, lo taglierai».

    Luca 13,1-9

  14.  

    Vedremo se porterà frutto per l'avvenire; se no, lo taglierai

    Ben gli sta

    "Quella ragazza vestita con la minigonna tutta scollacciata, se l'hanno violentata è perché se l'è andata a cercare". "Gli hanno sparato? Bene, speriamo che muoia quel drogato schifoso". "Sono affogati in mare? Meglio, così imparano a invadere le nostre città".
    Quante volte abbiamo sentito queste frasi al Bar, sui social media, nel posto di lavoro, o magari siamo stati noi stessi a pronunciarle.
    Quando i miei ragazzi giocano ad una partita di pallacanestro, calcio, pallavolo o altro gioco, capita che entrino in contrasto tra loro e a volte può succedere che bisticcino. Cerco sempre di non intervenire affinché risolvano da loro la questione, ma talvolta è necessario dividerli e capita che davanti alla scorrettezza palese di uno di loro sia costretto a metterlo in punizione.
    Quando arriva il momento del dialogo, nel quale analizziamo ciò che è successo, registro spesso la soddisfazione di colui che non è stato messo in punizione pur avendo preso parte alla lite. Colgo allora l'occasione per far capire ai miei ragazzi che colui che stato redarguito più pesantemente degli altri non è peggiore di loro, e che anche loro potrebbero subire la stessa sorte se non cambieranno atteggiamento sul campo di gioco.
    È un monito che ognuno di noi dovrebbe tenere ben presente anche nella vita, perché nessuno è esente dallo sbagliare, o dal comportarsi male. Dovremmo piuttosto ringraziare che la stessa sorte non sia toccata a noi, non perché migliori, ma solo perché abbiamo avuto la fortuna di affondare le nostre radici in un terreno più fertile, ma questo non ci porta ad essere privi di difetti.
    Se in un campo vengono tagliati alcuni alberi perché non portano frutto, anche noi saremo tagliati se continueremo a non portare frutto

  15.  

    Addì 29 febbraio 2016

    In quel tempo, giunto Gesù a Nazaret, disse al popolo radunato nella sinagoga: «In verità vi dico: nessun profeta è bene accetto in patria.
    Vi dico anche: c'erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova in Sarepta di Sidone.
    C'erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo, ma nessuno di loro fu risanato se non Naaman, il Siro».
    All'udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno; si levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio.
    Ma egli, passando in mezzo a loro, se ne andò.

    Luca 4,24-30

  16.  

    Nessun profeta è bene accetto in patria

    La meritocrazia che vorremmo

    Uno si alza alla mattina alle quattro, va in fabbrica o in miniera, mangia un panino seduto su uno sgabello di fortuna in mezzo a polvere e detriti, è una brava persona che non fa male a nessuno, arriva a casa e spera di trovare un po' di serenità, ma ogni sera c'è sempre qualcosa che non va bene. Non c'è un attimo di interesse per il suo lavoro. Non c'è mai una condivisione di una preoccupazione. Va tutto bene se sta zitto, se non fa mancare niente alla famiglia, ma di quello che prova, di come si sente non importa nulla a nessuno.
    Magari la stessa persona sul posto di lavoro è lodato dai compagni che vedono in lui un ottimo compagno di squadra, lodato dai suoi datori di lavoro per l'impegno costante che profonde da anni per il bene dell'azienda, apprezzato anche laddove fa volontariato sacrificando un po' del suo tempo e del suo riposo senza sottrarlo alla famiglia.
    Dire che "la meritocrazia non esiste" ormai oggi è una frase fatta e per qualcuno lascia il tempo che trova, ma per molti è una realtà con la quale dover convivere ogni giorno. Ognuno di noi vede solo il bene che riesce a fare, ma non vede mai quello che fanno gli altri, il sacrificio che mettono, le preoccupazioni che hanno, i pensieri che attanagliano i loro cuori, le difficoltà che incontrano.
    Vogliamo che gli altri si accorgano di noi? Giusta e legittima speranza, ma iniziamo noi a vedere cosa fanno gli altri. Iniziamo noi a capire i loro sacrifici, a capire cosa c'è dietro la preparazione del pasto caldo che troviamo ogni sera in tavola, a capire quanto sia dura andare a parlare con gli insegnanti quando il figlio va male a scuola, quanto siano stati segnati da una discussione con il figlio adolescente iniziata quando siamo andati a lavoro e finita prima del nostro rientro, quanto sia arduo compiere una routine tutti i giorni: sveglia alle sei, pulizia della casa prima di portare i bimbi a scuola, le rincorse da un ufficio all'altro, la spesa, la preparazione del pranzo, il prendere i bimbi da scuola, farli studiare. Ed ogni giorno è così.
    Noi vogliamo considerazione, ne abbiamo bisogno, ma anche gli altri hanno le stesse nostre esigenze. Non dimentichiamocelo mai. Non dimentichiamo che la meritocrazia non deve esistere solo per noi, ma anche per le le persone a noi vicine.

  17.  

    Addì 1 marzo 2016

    In quel tempo Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?».
    E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette.
    A proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi.
    Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti.
    Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito.
    Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa.
    Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito.
    Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi!
    Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito.
    Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito.
    Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto.
    Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato.
    Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?
    E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto.
    Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello».

    Matteo 18,21-35

  18.  

    Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette

    Una famiglia sterminata dall'odio

    Michele da uno schiaffo a Marco.
    Marco chiama Giovanni e insieme picchiano Michele.
    Michele chiama il suo papà che interviene e prende a sberle Marco e Giovanni
    Marco e Giovanni chiamano i loro papà ed i loro fratelli più grandi e tutti insieme vanno a casa di Michele e prendono a cazzotti il papà e la mamma intervenuta per difenderlo.
    I genitori di Michele chiamano i loro parenti ed amici e tutti insieme vanno armati di bastoni e catene a dare una sonora lezione ai parenti di Marco e Giovanni.
    Ne nasce una faida, una guerra tra famiglie dove si arriva persino ad uccidere ed è un'eredità che si tramanda di generazione in generazione.
    Ricominciamo la storia.
    Michele da uno schiaffo a Marco.
    Marco perdona Michele.
    Fine della storia.
    Come sarebbe facile vivere in pace, basterebbe perdonare quando si subisce un torto

  19.  

    Addì 2 marzo 2016

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: « Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento.
    In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto.
    Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli»

    Matteo 5,17-19

  20.  

    Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli

    Educate o viziate i vostri figli?

    "Mio papà non mi capisce". "Mia mamma è cattiva". "Ogni cosa che chiedo è sempre un no, non c'è una cosa che faccia che vada bene, sono fissi a brontolarmi".
    Quante volte i nostri figli ripetono queste frasi, il più delle volte tra amici, qualche volta urlandole ai genitori stessi.
    Sarebbe più facile far finta di nulla, lasciar correre su come si vestono, su cosa dicono, su come si comportano, sul non studiare, sulle compagnie che frequentano.
    Sarebbe facile, ma non è per questo che siamo divenuti genitori. Non è per questo che siamo stati selezionati da Dio, o da madre natura se preferite, per essere abbinati con quel ragazzo. Il nostro compito è quello di tracciare una strada, mettere paletti, sollecitare un miglioramento costante, proporre ai nostri figli i valori ed i principi in cui crediamo.
    E da qui nasce la ribellione. Si sentono in catene se non possono fare ciò che vogliono. Si sentono controllati ma vorrebbero volare liberi ora che hanno imparato a svolazzare. Non sarebbe possibile metter loro dei ceppi, nemmeno volendolo, perché sono comunque liberi di agire in buona parte della giornata. A scuola, con gli amici, a sport hanno la libertà di muoversi a loro piacimento, di dire ciò che vogliono, di confrontarsi. Ed è giusto!
    E' assolutamente giusto, ma dovrebbero imparare ad utilizzare quello spazio per allenarsi, e non per ribellarsi. La vera libertà non è data dal "faccio quello che voglio, quando voglio", come noi adulti sappiamo bene. Magari si potesse fare ciò che desideriamo. Magari si potesse andare a sciare una settimana si e una no e riposarsi nel mezzo. Magari si potesse andare in barca, a cavallo, a giocare a tennis, in palestra tutti i giorni. Magari si potesse uscire con gli amici ogni sera, andare sempre a mangiare fuori, viaggiare per il mondo.
    Ci sono regole non scritte, ma non per questo non sono da tenere in considerazione.
    Se non si lavora non si mangia. Se non si è studiato non si trova lavoro. Se non ci si comporta bene si finisce in prigione. Se siamo scontrosi o maleducati con gli altri veniamo messi in disparte. I ragazzi queste regole non le vedono, pensano che la vita sia tutto un gioco, pensano di essere invincibili e poter disporre di denaro, cibo, vestiti, saponi a profusione. Sicuramente idealizzano la vita in questo modo per ciò che sentono in tv, ma è anche un po' colpa nostra. Quanti genitori donano loro tutto ciò che possono, ed anche di più? Li viziano, li abituano ad un mondo facile e dorato.
    Educa molto di più un no, ovviamente motivato, che tanti si.
    Ma è più facile dire "si" perché si evitano discussioni, ma alla fine queste arriveranno. Arriveranno quando vorranno di più, quando non basteranno più gli spiccioli della paghetta, quando il cellulare sarà superato, quando i vestiti non saranno più alla moda, quando le amicizie alle quali non vi siete opposti li porteranno su una brutta strada. Ed allora quelle discussioni saranno molto forti, molto violente, molto tristi da subire e sopportare.
    Il nostro compito, il compito dei genitori, è quello di educare. Ed allora educhiamo i nostri ragazzi, educhiamoli a divenire uomini e donne, educhiamoli affinché siano un domani loro stessi genitori coscienziosi capaci di amare donando ai figli valori e principi

  21.  

    Addì 3 marzo 2016

    In quel tempo, Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle rimasero meravigliate.
    Ma alcuni dissero: «E' in nome di Beelzebùl, capo dei demoni, che egli scaccia i demoni».
    Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo.
    Egli, conoscendo i loro pensieri, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull'altra.
    Ora, se anche satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demoni in nome di Beelzebùl.
    Ma se io scaccio i demoni in nome di Beelzebùl, i vostri discepoli in nome di chi li scacciano? Perciò essi stessi saranno i vostri giudici.
    Se invece io scaccio i demoni con il dito di Dio, è dunque giunto a voi il regno di Dio.
    Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, tutti i suoi beni stanno al sicuro.
    Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via l'armatura nella quale confidava e ne distribuisce il bottino.
    Chi non è con me, è contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde.

    Luca 11,14-23

  22.  

    E' in nome di Beelzebùl, capo dei demoni, che egli scaccia i demoni

    Con un popolo di matti ci vuole un prete spiritato

    Guai se nostro figlio si sporca il vestitino, deve essere sempre perfettamente in ordine, altrimenti la gente chissà cosa pensa. Fare la lotta con il fango nel letto di un fiume in mezzo a rovi e cespugli, figuriamoci, mio figlio non farà mai una cosa del genere. Salire su un albero rischiando di farsi male? Mai e poi mai.
    Siamo curiosi, siamo esploratori per natura e ci piace toccare con mano ogni cosa. Avete mai osservato come i bambini sono attratti dal fuoco, come desiderino buttare sempre qualche legnetto nel falò dentro il camino?
    Lasciamoli fare. Anzi, no, spingiamoli a provare ogni sorta di emozioni. Anzi no, facciamo ancora meglio, proviamola con loro, torniamo ad essere un po' bambini ogni tanto.
    Spesso mi vesto in giacca e cravatta o comunque elegante per i diversi incontri, ma quando sono con i miei ragazzi indosso i panni più trasandati che ho e mi unisco ai bimbi. Uscire dal cancello della nostra casa di campagna significa già trovarsi proiettati in un altro mondo, popolato da elfi, nemici da combattere, tesori fantastici da trovare, cime perigliose da conquistare, mari con onde alte diciotto metri da domare. Ed ecco che saliamo su un albero, facciamo prove di forza, ci lanciamo giù da dirupi scoscesi, ci immergiamo nelle acque limacciose di un campo allagato e alla fine torniamo a casa con il fango anche nelle orecchie, ma con un sorriso stampato addosso da donare luce laddove entriamo.
    Lasciate liberi i vostri figli e accompagnateli nelle loro fantastiche avventure, non ve ne pentirete

  23.  

    Addì 4 marzo 2016

    In quel tempo, si accostò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
    Gesù rispose: «Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l'unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza.
    E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c'è altro comandamento più importante di questi».
    Allora lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità che Egli è unico e non v'è altri all'infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso val più di tutti gli olocausti e i sacrifici».
    Gesù, vedendo che aveva risposto saggiamente, gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo

    Marco 12,28b-34

  24.  

    Amare il prossimo come se stesso val più di tutti gli olocausti e i sacrifici

    Mi sono tirato un cazzotto da farmi sanguinare

    Salvo rare eccezioni, ognuno di noi, ama sé stesso. Vuoi per spirito di conservazione, per egocentrismo, per vanità o superbia è difficile che ci facciamo del male da soli, così come ci viene istintivo proteggerci e autodifendersi.
    A volte è vero litighiamo con noi stessi, ma poi facciamo subito pace e siamo pronti a scusare i nostri comportamenti.
    A volte fuggiamo dai nostri doveri, ma quando torniamo in noi stessi siamo sempre pronti ad accoglierci a braccia aperte.
    Spesso cadiamo, ma siamo pronti a rialzarci perdonando i nostri peccati, grandi o piccoli che siano.
    Se fossimo così bravi ad amare gli altri così come amiamo noi stessi, il mondo sarebbe un Paradiso.
    Perché se facciamo qualcosa di sbagliato ci sembra magari giusto, ma se la stessa cosa la fa qualcun'altro lo condanniamo a vita?
    Come siamo ipocriti, sempre pronti a condannare il prossimo, mai a vedere i nostri errori.
    Ipocriti fino al punto di non immedesimarci negli altri per cercare di capire perché rubano, perché picchiano, perché maltrattano, perché abusano, perché scappano dalle loro terre.
    Se avessimo avuto noi il passato di molti delinquenti, stupratori, assassini, oggi saremmo noi ad essere giudicati e l'unica cosa che vorremmo sarebbe essere capiti e non giudicati

  25.  

    Addì 5 marzo 2016

    In quel tempo, Gesù disse questa parabola per alcuni che presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altri:
    «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano.
    Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano.
    Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo.
    Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore.
    Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell'altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato»

    Luca 18,9-14

  26.  

    Chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato

    Un posto al sole

    Quando ci sediamo a tavola c'è la lotta fra i bimbi a stare vicino a noi adulti, quando montiamo in pulmino vorrebbero tutti stare davanti accanto al guidatore, quando andiamo a fare una passeggiata vorrebbero tutti stare in fila subito dietro chi fa da guida. Ognuno vorrebbe il posto migliore per diritto "io oggi sono stato bravo" "io merito più di lui perché ho studiato una pagina in più" "io, io io ... per il disegno più bello, perché più grande, perché da più tempo in affido". Quante ne ho sentite in trent'anni, e quante ne sentirò. Fanno tenerezza dinanzi alle loro puerili argomentazioni. Sono bambini, devono essere educati.
    E' triste però vedere come nella vita anche noi adulti ci si comporti nello stesso identico modo.
    Salva me perché lui è un disgraziato. Fai trovare a me un posto di lavoro perché sono più bravo degli altri. Merito io di sposare la più bella perché sono il migliore. Ho diritto io ad accaparrarmi quell'appalto perché tutti gli altri sono delinquenti. Tutti in prigione fuorché io, il più onesto di tutti. E quanto ancora potremmo continuare. Quante ne abbiamo sentire e quante ne sentiremo per il resto della nostra vita. Se puerili sono i bambini che cercano un posto al sole accanto all'adulto, non meno puerili sono gli adulti che fanno altrettanto cercando un posto di rilievo, a scapito di altri, nella vita.
    I bambini però sono scusati, non sano, devono imparare, capire, crescere, ma noi adulti? Noi adulti non possiamo essere scusati per questo comportamento. Noi adulti già dovremmo sapere che siamo peccatori come gli altri, che non siamo migliori di nessuno. Noi dovremmo sapere che "chi si loda si imbroda" o per meglio dire "chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato"

  27.  

    Addì 6 marzo 2016

    In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo.
    I farisei e gli scribi mormoravano: «Costui riceve i peccatori e mangia con loro».
    Allora egli disse loro questa parabola: Disse ancora: «Un uomo aveva due figli.
    Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze.
    Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto.
    Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno.
    Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci.
    Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava.
    Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame!
    Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni.
    Partì e si incamminò verso suo padre. Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò.
    Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio.
    Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi.
    Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa.
    Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò.
    Il servo gli rispose: E' tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo.
    Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo.
    Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici.
    Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso.
    Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato»

    Luca 15,1-3.11-32

  28.  

    Si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo

    Amico dei Bambini

    "Sono amico del giudice", "sono amico del primario", sono amico dell'onorevole". Molte persone si riempiono la bocca, si gonfiano il petto, si inorgogliscono per le amicizia "altolocate" che possono vantare. Nei vecchi film, parodia di una società che ancor oggi è attuale, capitava di sentire "il figlio di mia cugina di terzo grado è portiere presso lo stabile dove vive la suocera del fratello del senatore tal dei tali. Modestamente posso vantare simili conoscenze".
    A dire il vero, a prescindere che l'amicizia è una cosa ben diversa dalla conoscenza o dalla frequentazione, a me piace dire "sono amico di Magdala, mamma somala di tre bambini, senza lavoro e con un passato di prostituzione", "sono amico di Alberto, alcolizzato, con carichi penali pendenti", "sono amico di Peggy, barbona che incontro ogni giorno alla stazione".
    Questi sono i miei amici perché sono loro che hanno bisogno più di altri del mio affetto.
    Da trent'anni mando avanti l'Associazione ed ho sentito centinaia di volte frasi del tipo "non ti occupare di questi bambini, sono figli di delinquenti, occupati piuttosto di animali" oppure "lasciali stare questi bimbi, tanto sono ormai persi, hanno già un piede all'inferno". I ragazzi che accogliamo possono aver avuto qualche problema in famiglia, e non essere loro con dei problemi, ed essere anche figli di genitori che li adorano, ma ai quali manca la capacità di concretizzare il loro amore. Possono anche essere figli di mamme o papà soli che ci chiedono un aiuto per un momento di difficoltà. Ma sopratutto sono Bambini, sono esseri umani, sono figli di Dio, sono miei figli e miei fratelli. In loro ritrovo Dio. Da loro non mi aspetto nulla e mi danno mille volte di più di quanto un politico, un giudice, un primario non possa essere in grado di darmi.
    Sceglietevi i vostri amici non per quello che possano darvi in termini di lavoro, denaro, prestigio, favori, sceglieteli in base a quello che potete dare voi a loro, solo così capirete il vero valore dell'amicizia.

  29.  

    Addì 7 marzo 2016

    In quel tempo, Gesù partì dalla Samaria per andare in Galilea.
    Ma egli stesso aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella sua patria.
    Quando però giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero con gioia, poiché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme durante la festa; anch'essi infatti erano andati alla festa.
    Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l'acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafarnao.
    Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e lo pregò di scendere a guarire suo figlio poiché stava per morire.
    Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete».
    Ma il funzionario del re insistette: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia».
    Gesù gli risponde: «Va, tuo figlio vive». Quell'uomo credette alla parola che gli aveva detto Gesù e si mise in cammino.
    Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i servi a dirgli: «Tuo figlio vive!».
    S'informò poi a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un'ora dopo mezzogiorno la febbre lo ha lasciato».
    Il padre riconobbe che proprio in quell'ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive» e credette lui con tutta la sua famiglia.
    Questo fu il secondo miracolo che Gesù fece tornando dalla Giudea in Galilea

    Giovanni 4,43-54

  30.  

    Tuo figlio vive

    Mio figlio è morto

    "Ma sei scemo, figurati se tra mille candidati prendono proprio te". "Dopo nove case famiglia e due adozioni fallite in cinque anni e con problemi di testa, voglio proprio vedere cosa riesci a fare". "I medici lo hanno dato per spacciato, rassegnati".
    Eppure, nonostante questi tiratori scelti che ci sparano continuamente addosso proiettili di pessimismo, qualcuno ha la forza di sperare. Sperare nonostante le evidenze.
    Ai mii ragazzi ripeto continuamente che non esiste nulla di impossibile, la differenza tra il possibile e l'impossibile è provare. Laddove non avremo noi le forze, laddove statistiche ed esperti saranno contro il buon risultato, interverrà una forza esterna, che io personalmente chiamo Dio, a finire il lavoro da noi iniziato.
    Non arrendetevi mai, non abbandonate mai la speranza, credete fermamente che ciò a cui tenete possa realizzarsi, e si compirà il vostro desiderio.
    Ma attenzione. Se avete sete e chiedete un bicchier d'acqua difficilmente apparirà un cameriere di bianco vestito con un vassoio in mano e sopra di esso un calice di cristallo con la miglior acqua sorgiva del mondo.
    Potrebbe iniziare a nevicare e dovreste raccogliere la neve e farla scongelare per poi berla. Oppure potrebbe alzarsi un velo di umidità e dovreste raccoglierne un po' dalle foglie. Oppure potreste trovare una pozza in terra da purificare.
    L'acqua che oggi chiedete state certi che vi verrà data, ma non è detto che avvenga subito e non nella forma da voi richiesta.
    Così se sarete scartati dalla selezione per quel posto di lavoro significa che un posto migliore vi sta attendendo. Se accogliete un ragazzo difficile troverete le forze per aiutarlo, e se un giorno se ne andrà non perdete la speranza che viva, prima o poi, una sua bella vita grazie anche al vostro contributo. Se vi muore una persona cara per la quale avete tanto pregato affinché non vi lasciasse, continuate a sperare perché essa vive. Vive nel vostro cuore, nei valori che vi ha insegnato, nei tratti somatici di vostro figlio, negli aneddoti di vita che vi faranno sorridere quando li condividerete con altri. Ma sopratutto vive la sua anima, la sua essenza, in seno a Dio.

  31.  

    Addì 8 marzo 2016

    Era un giorno di festa per i Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.
    V'è a Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, una piscina, chiamata in ebraico Betzaetà, con cinque portici,
    sotto i quali giaceva un gran numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici.
    Un angelo infatti in certi momenti discendeva nella piscina e agitava l'acqua; il primo ad entrarvi dopo l'agitazione dell'acqua guariva da qualsiasi malattia fosse affetto.
    Si trovava là un uomo che da trentotto anni era malato.
    Gesù vedendolo disteso e, sapendo che da molto tempo stava così, gli disse: «Vuoi guarire?».
    Gli rispose il malato: «Signore, io non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l'acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, qualche altro scende prima di me».
    Gesù gli disse: «Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina».
    E sull'istante quell'uomo guarì e, preso il suo lettuccio, cominciò a camminare. Quel giorno però era un sabato.
    Dissero dunque i Giudei all'uomo guarito: «E' sabato e non ti è lecito prender su il tuo lettuccio».
    Ma egli rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: Prendi il tuo lettuccio e cammina».
    Gli chiesero allora: «Chi è stato a dirti: Prendi il tuo lettuccio e cammina?».
    Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato, essendoci folla in quel luogo.
    Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: «Ecco che sei guarito; non peccare più, perché non ti abbia ad accadere qualcosa di peggio».
    Quell'uomo se ne andò e disse ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo.
    Per questo i Giudei cominciarono a perseguitare Gesù, perché faceva tali cose di sabato

    Giovanni 5,1-16

  32.  

    Per questo i Giudei cominciarono a perseguitare Gesù

    Non ti curar di lor, ma guarda e passa

    Se non fai ti additano perché sei quello che è pigro e manda avanti gli altri, capace solo di lamentarsi delle cose che non vanno senza fare nulla per risolverle. Se fai qualcosa non va mai bene come la fai o i tempi che scegli per attuare una qualche azione.
    Per molti che si sentono i capi del pollaio gli altri dovrebbero solamente stare nell'ombra, in silenzio, capo chino e ubbidire.
    Ognuno di noi può e deve fare una sua personale rivoluzione per cambiare ciò che attorno a sé non va bene. Non una guerra contro i mulini a vento, ma operare ogni giorno per migliorare la vita delle persone vicine.
    Da trent'anni accogliamo bambini e non c'è cosa che abbiamo fatto che non abbia ricevuto una qualche critica. Perfetto, ci piace che gli altri ci dicano cosa sbagliamo, ma la cosa buffa è che se dipingiamo un muro di rosso, andava fatto verde, ma se lo facciamo verde state certi che arriva qualcuno a dire che sarebbe stato meglio rosso. Questi signori dovrebbero prendere in mano un pennello e cominciare a sporcarsi, e forse capirebbero che il colore, rosso o verde, poco importa quando si cerca di fare del bene. E' facile restare all'esterno e criticare, difficile è mettersi in gioco.
    Accogliete un bambino nelle vostre case, oppure venite a passare qualche giorno da noi e vedrete che la cosa importante non è se i ragazzi hanno o meno il cellulare o se vanno a letto presto o tardi, ma quanto amore ricevono dalle vostre mani, quanti sorrisi possono far rinascere in loro il desiderio di amare, quante lacrime riuscirete ad asciugare prima di dover scappare a piangere in bagno quando vi raccontano la loro storia con la naturalezza di chi sia ormai abituato a tutto. "Denny (sei anni) cosa hai fatto in viso, sei pieno di lividi" - "Eh si, il mio papà mi ha preso per le gambe e mi fatto girare ed io sbattevo contro i mobili" - "ma ... ma stava giocando?" - "no, mi puniva perché non ero stato bravo"
    Una volta un'assistente sociale, su domanda di un giudice minorile che chiedeva come stesse il bambino con noi, disse, non avendo altre argomentazioni, "la casa è un po' buia" scatenando la mia ironia e per fortuna le ire del giudice che lasciò il bambino a vivere da noi, secondo le sue intenzioni, dopo un'adozione fallita.
    La cattiveria si annida ovunque. Andate per le strade in tutto il mondo a sostenere chi ha bisogno del vostro aiuto e non vi curate delle critiche gratuite di chi potrebbe fare e non fa.

  33.  

    Addì 9 marzo 2016

    In quel tempo, Gesù rispose ai Giudei: «Il Padre mio opera sempre e anch'io opero».
    Proprio per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo: perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio.
    Gesù riprese a parlare e disse: «In verità, in verità vi dico, il Figlio da sé non può fare nulla se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa.
    Il Padre infatti ama il Figlio, gli manifesta tutto quello che fa e gli manifesterà opere ancora più grandi di queste, e voi ne resterete meravigliati.
    Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi vuole;
    il Padre infatti non giudica nessuno ma ha rimesso ogni giudizio al Figlio,
    perché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato.
    In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita.
    In verità, in verità vi dico: è venuto il momento, ed è questo, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio, e quelli che l'avranno ascoltata, vivranno.
    Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso al Figlio di avere la vita in se stesso;
    e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell'uomo.
    Non vi meravigliate di questo, poiché verrà l'ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno:
    quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna.
    Io non posso far nulla da me stesso; giudico secondo quello che ascolto e il mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato

    Giovanni 5,17-30

  34.  

    Il Padre mio opera sempre e anch'io opero

    Sono stanco

    "Sono talmente stanco che mi sdraierei per terra e vorrei non svegliarmi più". "Non ce la faccio più ad andare avanti". "Fermate il mondo, voglio scendere"
    Quante volte avrete detto e sentito dire queste frasi. Quante volte la stanchezza ha preso il sopravvento e ci siamo lasciati andare ad un momento di tristezza, ad un attimo di disperazione e avremmo voluto mollare tutto. Quante mamme, seppur nella gioia di un parto, arrivano ad un certo punto stremate e vorrebbero prendersi un lungo periodo di ferie dai figli. Quante volte devi combattere per proteggere un ragazzo dalle istituzioni o da sé stesso, ed è una battaglia senza fine, una battaglia che lascia sul campo morti e feriti.
    Spossatezza fisica, stanchezza psicologica, paura di non riuscire ad andare avanti. Un turbinio di emozioni, un carosello di alti e bassi che sfiancano anche i più forti.
    Eppure. Eppure in tanti non si fermano, in tanti vanno avanti, in tanti resistono, in tanti raccolgono le misere forze per combattere un giorno in più. In tanti non si arrendono.
    Bene, ben fatto perché è importante combattere per quello in cui si crede, restare uniti, farsi forza l'un con l'altro.
    Sono orgoglioso di quelle ragazze e donne che in questo momento stanno combattendo insieme a me, orgoglioso perché davanti alle difficoltà urlano, piangono, si fanno prendere dall'ansia, non dormono di notte, ma non mollano. Guardano avanti, sanno che da ciascuna di loro dipende il futuro di tanti bimbi. La sera vanno a letto con il volto rigato dalle prove della giornata, ma al mattino si risvegliano sorridendo con la voglia di lottare e incedere di almeno un passo, andando contro la bufera che soffia fredda contro di loro. Non tutti vedono il sole oltre le nubi, ma si fidano di chi lo vede, si fidano di chi sa che alla fine ne usciremo vincitori.
    Quando ero bambino sapevo di avere la mia mamma al fianco, sapevo che se avessi vacillato mi avrebbe sorretto, sapevo che se avessi inciampato mi avrebbe aiutato a rialzarmi.
    Oggi la mia mamma non c'è più, ma al suo posto c'è Dio. E' a lui che dobbiamo guardare per uscire dalla tempesta di ghiaccio che attanaglia le nostre vite, è lui la nostra guida, è lui che ci indicherà il percorso da seguire. E' lui che ci dona la speranza, la corda alla quale aggrapparsi nei momenti di difficoltà.
    Non mollate, non mollate mai perché chi si lascia andare trascina con sé tutti coloro che sono legati a lui in cordata.
    Nel baseball, quando il battitore scaglia la palla ben oltre i limiti del campo correndo a segnare un punto quasi sicuro, i difensori dell'altra squadra non si arrendono. L'ultimo avamposto corre a raccogliere la palla, ma non la lancia ad una delle basi per eliminare l'avversario perché troppo lontana, e si avvale del compagno a lui più vicino, il quale provvederà a lanciarla ad una delle basi per fermare colui che sta correndo verso il punto.
    Spesso ci sono persone che sono distanti da Dio perché non credono, oppure perché pensano di non essere in grado di eliminare l'avversario, ma sono loro ad essere nei punti chiave, sono loro che sono stati messi a contrastare l'avanzata del male, anche se non se ne avvedono, anche se non vogliono quell'incarico, anche se hanno paura di sbagliare e non riuscire. Qualcuno però, Dio, ha avuto fiducia in loro e Dio non sbaglia mai e si avvale così di intermediari per arrivare a coloro che ha messo sulle basi, intermediari che hanno il compito di sollecitare, incentivare, incoraggiare i compagni di squadra, perché senza di loro il male segnerà punti importanti.

  35.  

    Addì 10 marzo 2016

    In quel tempo, Gesù disse ai Giudei: « Se fossi io a render testimonianza a me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera; ma c'è un altro che mi rende testimonianza, e so che la testimonianza che egli mi rende è verace.
    Voi avete inviato messaggeri da Giovanni ed egli ha reso testimonianza alla verità.
    Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché possiate salvarvi.
    Egli era una lampada che arde e risplende, e voi avete voluto solo per un momento rallegrarvi alla sua luce.
    Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato.
    E anche il Padre, che mi ha mandato, ha reso testimonianza di me. Ma voi non avete mai udito la sua voce, né avete visto il suo volto, e non avete la sua parola che dimora in voi, perché non credete a colui che egli ha mandato.
    Voi scrutate le Scritture credendo di avere in esse la vita eterna; ebbene, sono proprio esse che mi rendono testimonianza.
    Ma voi non volete venire a me per avere la vita.
    Io non ricevo gloria dagli uomini.
    Ma io vi conosco e so che non avete in voi l'amore di Dio.
    Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi ricevete; se un altro venisse nel proprio nome, lo ricevereste.
    E come potete credere, voi che prendete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene da Dio solo?
    Non crediate che sia io ad accusarvi davanti al Padre; c'è già chi vi accusa, Mosè, nel quale avete riposto la vostra speranza.
    Se credeste infatti a Mosè, credereste anche a me; perché di me egli ha scritto.
    Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?»

    Giovanni 5,31-47

  36.  

    Quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato.

    Lo stipendio più elevato

    Che grande gioia e soddisfazione quando le persone ci dicono che i nostri ragazzi si sono comportati benissimo a scuola, o in una determinata circostanza, oppure nel dialogo a tavola. Con il loro comportamento testimoniano la bontà dei nostri insegnamenti, dei valori e principi che ogni giorno cerchiamo di trasmettere loro, il metodo educativo che alla lunga paga.
    Dovunque siamo stati con loro abbiamo ricevuto i complimenti per come fossero educati, sensibili, pieni di attenzioni.
    Mille gli episodi che potrei raccontarvi, come quando sul traghetto di ritorno da Lipari si sono messi a parlare con una troupe cinematografica facendo subito nascere un rapporto tale che nello scendere tutti piangevano, ed in seguito ci hanno dato un grosso aiuto; o come quando, sempre su una nave, siamo stati osservati per un giorno intero da un signore che poi alla fine si è avvicinato e ci ha offerto ospitalità nel suo albergo di lusso, cosa che poi è venuta. Quanti altri episodi eccezionali ci sono stati in questi trent'anni di vita dell'associazione, ma è la quotidianità quella che più conta, il loro comportamento giorno per giorno nelle più piccole cose ed attenzioni verso gli altri, verso chiunque varchi la soglia di casa nostra. Non c'è persona che, dopo i primi comprensibili attimi di esitazione, non si senta come in famiglia, tanto da tornare ogni volta che può. Noi non abbiamo alcun merito se non quello di aver donato ciò che ci è stato insegnato ed elargito dai nostri genitori, ma soprattutto da Dio che guida i nostri passi.

  37.  

    Addì 11 marzo 2016

    In quel tempo, Gesù se ne andava per la Galilea; infatti non voleva più andare per la Giudea, perché i Giudei cercavano di ucciderlo.
    Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, detta delle Capanne, ma andati i suoi fratelli alla festa, allora vi andò anche lui, non apertamente però ma di nascosto.
    Intanto alcuni di Gerusalemme dicevano: «Non è costui quello che cercano di uccidere? Ecco, egli parla liberamente, e non gli dicono niente. Che forse i capi abbiano riconosciuto davvero che egli è il Cristo? Ma costui sappiamo di dov'è, il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia».
    Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò: «Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure io non sono venuto da me e chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete. Io però lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha mandato».
    Allora cercarono di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettergli le mani addosso, perché non era ancora giunta la sua ora.

    Giovanni 7,1-2.10.25-30

  38.  

    Non era ancora giunta la sua ora

    E arrivata la mia ora?

    Vi è mai capitato di essere ad un passo dalla morte? Di aver evitato un incidente per un soffio, di aver preso una botta che abbia mancato di un millimetro le zone vitali?
    A me diverse volte, dalla zampata di un cavallo alla tempia, alla sega circolare che rompendosi mi ha appena sfiorato; dall'incastrarmi in una tana sott'acqua, alla frenata in extremis di una macchina mentre ero in bicicletta. Ed altre ancora. Ma non era la mia ora, il Signore non voleva che in quel momento il mio cammino si interrompesse. Spesso siamo portati a "litigare con Dio" perché si è preso la vita di qualcuno a noi caro, ma ci ricordiamo mai di ringraziarlo per tutte le volte che ci ha salvato o ha salvato le persone a noi vicine?
    Abbiamo un percorso da fare su questa terra, non sappiamo quanto sarà lungo, quando o come si interromperà, anche se prima o poi dovrà succedere. Ringraziamo Dio per le opportunità che ci offre. Genitori ringraziate i figli per i bellissimi momenti che vi donano, anche se qualche volta vi fanno arrabbiare. Figli ringraziate i genitori per i doni che vi elargiscono ogni giorno e prendete le brontolate come opportunità di crescita.

  39.  

    Addì 12 marzo 2016

    In quel tempo, all'udire le parole di Gesù, alcuni fra la gente dicevano: «Questi è davvero il profeta!».
    Altri dicevano: «Questi è il Cristo!». Altri invece dicevano: «Il Cristo viene forse dalla Galilea?
    Non dice forse la Scrittura che il Cristo verrà dalla stirpe di Davide e da Betlemme, il villaggio di Davide?».
    E nacque dissenso tra la gente riguardo a lui.
    Alcuni di loro volevano arrestarlo, ma nessuno gli mise le mani addosso.
    Le guardie tornarono quindi dai sommi sacerdoti e dai farisei e questi dissero loro: «Perché non lo avete condotto?».
    Risposero le guardie: «Mai un uomo ha parlato come parla quest'uomo!».
    Ma i farisei replicarono loro: «Forse vi siete lasciati ingannare anche voi?
    Forse gli ha creduto qualcuno fra i capi, o fra i farisei?
    Ma questa gente, che non conosce la Legge, è maledetta!».
    Disse allora Nicodèmo, uno di loro, che era venuto precedentemente da Gesù:
    «La nostra Legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?».
    Gli risposero: «Sei forse anche tu della Galilea? Studia e vedrai che non sorge profeta dalla Galilea».
    E tornarono ciascuno a casa sua

    Giovanni 7,40-53

  40.  

    La nostra Legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?

    Che quel bambino stia lontano da me

    “Siete disponibili a prendere Mario in affido?” “In affido? Ma i bimbi in affido sono tutti tremendi, no grazie, disponibili all’adozione di un bambino piccolo, ma assolutamente no per un affido”. Quante volte ho sentito queste parole!
    Eppure Mario è un ragazzino di dodici anni, ancora legato al mondo delle favole, intelligente, vivace, con tanto bisogno di ricevere affetto, pronto a darne a iosa a coloro di cui si fiderà, disposto ad apprendere regole e insegnamenti se riceverà amore in egual misura. Un bambino come tanti altri. Semplicemente un bambino. Eppure Mario è già stato giudicato e condannato. “I miei bimbi con i tuoi non ci devono stare” mi disse una volta un sacerdote. Un signore profetizzò “E’ inutile aiutare i bambini di famiglie problematiche perché diventeranno anche loro cattive persone”. Ed ancora “Le origini non si cambiano e ogni bimbo in affido seguirà la strada dei suoi genitori”
    Affermazioni che mi hanno sempre lasciato di stucco, sentenze che non lasciano spazio alla speranza, ideologie razziste e piene di preconcetti assurdi e assolutamente falsi.
    Se alcuni bambini in affido, magari non aiutati a dovere, hanno preso brutte strade, è anche vero che tanti altri, amati e coccolati, hanno cambiato rotta divenendo uomini e donne capaci di portare nel mondo valori e principi ed essere genitori stupendi. Così è anche vero che molti ragazzi di “buona famiglia” si perdono per le strade del mondo divenendo delinquenti incalliti.
    Non generalizziamo, non condanniamo prima di aver conosciuto, non facciamoci un’idea sbagliata e preconfezionata davanti a tanti drammi del mondo.
    Vi sarà certamente capitato di essere aspramente criticati o scansati da alcune persone che nemmeno vi hanno mai presentato, gente che guarda gli altri a seconda di quanto viene loro riferito. Vi fa piacere quando questo accade? Quando vi giudicano senza conoscervi? Ed allora perché site voi i primi a farlo verso il vostro prossimo, verso i bambini in affido, gli immigrati, i carcerati, le prostitute? Ognuno ha le sue motivazioni, ognuno il suo passato, ma ognuno ha diritto ad avere un futuro, non siate voi quelli che erigono un muro impedendo loro di andare avanti su una buona strada.

  41.  

    Addì 13 marzo 2016

    In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi.
    Ma all'alba si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui ed egli, sedutosi, li ammaestrava.
    Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo,
    gli dicono: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio.
    Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?».
    Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra.
    E siccome insistevano nell'interrogarlo, alzò il capo e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei».
    E chinatosi di nuovo, scriveva per terra.
    Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi. Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo.
    Alzatosi allora Gesù le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?».
    Ed essa rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù le disse: «Neanch'io ti condanno; và e d'ora in poi non peccare più».

    Giovanni 8,1-11

  42.  

    Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei

    Lapidiamoli tutti

    Ogni giorno che passa accumuliamo esperienza, gioie e dolori, aneddoti da raccontare, ma parimenti anche errori e peccati. Un bambino non ha sulla coscienza gravi mancanze, da adolescenti si comincia a sbagliare in modo consapevole, da adulti cronicizziamo ogni nostro piccolo difetto. Per quanto possiamo lavare la nostra coscienza, rimediare ai nostri errori, rinsaldare rapporti che sembravano irrimediabilmente chiusi, porteremo sulle nostre spalle il peso di tutti i nostri peccati. Noi che siamo pronti a giudicare, noi che siamo pronti a puntare il dito verso chiunque commenta qualcosa di sbagliato, noi che siamo pronti a lapidare ogni persona, dovremmo innanzitutto renderci conto che quando siamo stati noi a sbagliare nessuno ci ha tirato pietre addosso al punto da ucciderci. Avremo trovato la ramanzina dei nostri genitori, degli insegnanti, dei sacerdoti, degli amici, ma non siamo mai stati condannati a morte, e abbiamo avuto sempre la possibilità, grazie a coloro che ci hanno teso una mano o ci hanno perdonato, di rialzarci e provare a non sbagliare ancora. Come sarebbe bello il mondo se ci comportassimo verso gli altri nello stesso modo, se dessimo una mano alle tante famiglie disperate che per cultura o per errore maltrattano i figli o non li accudiscono in modo corretto, se andassimo a trovare chi langue in carcere per i propri errori, se dessimo una possibilità di lavoro e di reinserimento nella società a chi sia caduto nella droga o nell'alcool.
    Chi è senza peccato scagli la prima pietra, e chiunque senta di aver peccato almeno una volta nella vita, tenda una mano a coloro versi quali in molti guardano con astio e cattiveria.

  43.  

    Addì 14 marzo 2016

    Di nuovo Gesù parlò loro: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita».
    Gli dissero allora i farisei: «Tu dai testimonianza di te stesso; la tua testimonianza non è vera».
    Gesù rispose: «Anche se io rendo testimonianza di me stesso, la mia testimonianza è vera, perché so da dove vengo e dove vado. Voi invece non sapete da dove vengo o dove vado.
    Voi giudicate secondo la carne; io non giudico nessuno.
    E anche se giudico, il mio giudizio è vero, perché non sono solo, ma io e il Padre che mi ha mandato.
    Nella vostra Legge sta scritto che la testimonianza di due persone è vera: orbene, sono io che do testimonianza di me stesso, ma anche il Padre, che mi ha mandato, mi dà testimonianza».
    Gli dissero allora: «Dov'è tuo padre?». Rispose Gesù: «Voi non conoscete né me né il Padre; se conosceste me, conoscereste anche il Padre mio».
    Queste parole Gesù le pronunziò nel luogo del tesoro mentre insegnava nel tempio. E nessuno lo arrestò, perché non era ancora giunta la sua ora

    Giovanni 8,12-20

  44.  

    La mia testimonianza è vera

    Gli Amici della Zizzi: un porto di mare

    A volte i fatti e le parole non bastano a far capire alle persone ciò che proviamo. A volte il sospetto che quanto vedono sia solo una facciata logora i rapporti. A volte è difficile credere a ciò che vediamo se il mondo va al contrario.
    Sempre più persone vengono a trovarci, a conoscere i nostri ragazzi, a vedere cosa facciamo e come li educhiamo, attirati dalle parole che quotidianamente affidiamo al vento ogni giorno. Ogni volta che arriva qualcuno, ogni volta che ci chiedono di noi, della nostra organizzazione, dei nostri bimbi è sempre una gioia poterne parlare perché c'è ascolto, c'è desiderio di capire.
    Per ogni persona che viene ce ne sono centinaia che per vari motivi, pur vicine con il cuore, non possono avvicinarsi fisicamente a noi, ma ci sostengono con la loro testimonianza, ma spesso non sono credute "ti sei fatta abbindolare" oppure "è una delle tante associazioni che prendono i soldi e poi chissà cosa ne fanno" oppure "casa famiglia? No grazie, sono tutti lager, gente che rapisce legalmente i bambini a scopo di lucro".
    L'amore di chi crede in noi sovrasta tanta cattiveria gratuita, ed infatti pian piano cresciamo ed aiutiamo sempre più bambini, ma che bello sarebbe se coloro che hanno dubbi su di noi provassero a venire a toccare con mano la nostra realtà. E' vero, potremmo essere mistificatori e mostrare loro qualcosa di diverso dal vero, ma come potremmo cambiare gli occhi dei bambini? Come potremmo indurli a dimostrarci continuamente affetto con abbracci, coccole, regali di fiori e disegni, in gara tra loro per chi ci dona di più? Non a caso chiunque venga a trovarci poi va via con una luce in più nel cuore e torna a trovarci. Non a caso i venti bimbi che abbiamo in diurno sono mandati dai genitori ogni giorno. Non a caso i servizi sociali che ci affidano un bimbo sono soddisfatti del lavoro svolto.
    Non credete alle mie parole se non volete, non credete alle parole dei nostri amici, venite a conoscerci portando tutti i vostri dubbi e guardate negli occhi i nostri bambini, poi mi direte se ancora potete pensare che stiamo facendo loro del male.
    Grazie a chi ha avuto forza e coraggio di alzare il sedere dalla poltrona e venire a trovarci, grazie per l'amore che ci ha portato, grazie per il dono di sé che ha fatto ai nostri figli di cuore.

  45.  

    Addì 15 marzo 2016

    In quel tempo, Gesù disse ai farisei: «Io vado e voi mi cercherete, ma morirete nel vostro peccato. Dove vado io, voi non potete venire».
    Dicevano allora i Giudei: «Forse si ucciderà, dal momento che dice: Dove vado io, voi non potete venire?».
    E diceva loro: «Voi siete di quaggiù, io sono di lassù; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo.
    Vi ho detto che morirete nei vostri peccati; se infatti non credete che io sono, morirete nei vostri peccati».
    Gli dissero allora: «Tu chi sei?». Gesù disse loro: «Proprio ciò che vi dico.
    Avrei molte cose da dire e da giudicare sul vostro conto; ma colui che mi ha mandato è veritiero, ed io dico al mondo le cose che ho udito da lui».
    Non capirono che egli parlava loro del Padre.
    Disse allora Gesù: «Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora saprete che Io Sono e non faccio nulla da me stesso, ma come mi ha insegnato il Padre, così io parlo.
    Colui che mi ha mandato è con me e non mi ha lasciato solo, perché io faccio sempre le cose che gli sono gradite».
    A queste sue parole, molti credettero in lui

    Giovanni 8,21-30

  46.  

    Io faccio sempre le cose che gli sono gradite

    Il massimo dell'impegno

    In questo mondo non esiste nulla di perfetto, ma ognuno di noi vorrebbe tendere alla perfezione. Un figlio vorrebbe sempre fare le cose che fanno piacere ai genitori, i papà e le mamme vorrebbero donare ai figli un avvenire senza problemi, un sacerdote vorrebbe conquistare l'anima di ogni persona per portarla verso Dio, un insegnante vorrebbe che i suoi alunni capissero ogni cosa che spiega.
    Ma non è così, ed in molti si scoraggiano. Molti figli, dopo aver messo in atto qualche comportamento negativo, si auto giudicano pensando che ormai non saranno più in grado di essere i figli perfetti che i genitori avrebbero voluto e vanno su una cattiva strada. Molti genitori dopo aver visto che i loro consigli non sono stati presi in considerazione disperano di poter salvare i propri ragazzi da una brutta strada. Molti sacerdoti vedendo le chiese vuote si demoralizzano, così come molti insegnanti alla fine vanno a scuola solo per dovere.
    Ma non va bene. Non bisogna arrendersi mai, non ci si deve abbattere per le numerose sconfitte. Una guerra è fatta di tante battaglie, ed anche se ne perdiamo diverse, possiamo sempre vincere quella decisiva che ci porta alla vittoria finale.
    Non per avere un figlio perfetto, ma per avere un figlio con il quale dialogare e poterlo aiutare nel costruirsi una vita dignitosa e piacevole.
    Non per convertire tutti alla propria religione, ma per essere un punto di forza per coloro che hanno bisogno di un sacerdote.
    Non perché tutti i propri alunni possano avere il massimo dei voti e andare all'università, ma perché ognuno possa ricevere i giusti insegnamenti in proporzione alle proprie capacità e ai propri limiti.
    Non pensiamo di essere Dio e poter trasformare in perfezione tutto ciò che tocchiamo, facciamoci suoi servi e lasciamo che sia lui a compiere l'opera limitandoci a dire "ci sono, faccio quello che posso, ci metto il massimo dell'impegno finché ne avrò le forze"

  47.  

    Addì 16 marzo 2016

    In quel tempo, Gesù disse a quei Giudei che avevano creduto in lui: «Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi».
    Gli risposero: «Noi siamo discendenza di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi tu dire: Diventerete liberi?».
    Gesù rispose: «In verità, in verità vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato.
    Ora lo schiavo non resta per sempre nella casa, ma il figlio vi resta sempre; se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero.
    So che siete discendenza di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova posto in voi. Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro!».
    Gli risposero: «Il nostro padre è Abramo». Rispose Gesù: «Se siete figli di Abramo, fate le opere di Abramo!
    Ora invece cercate di uccidere me, che vi ho detto la verità udita da Dio; questo, Abramo non l'ha fatto.
    Voi fate le opere del padre vostro». Gli risposero: «Noi non siamo nati da prostituzione, noi abbiamo un solo Padre, Dio!».
    Disse loro Gesù: «Se Dio fosse vostro Padre, certo mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato

    Giovanni 8,31-42

  48.  

    Chiunque commette il peccato è schiavo del peccato

    Siamo tutti schiavi

    La schiavitù è stata abolita da un pezzo, ma nonostante che le navi negriere abbiano smesso di commerciare uomini, donne e bambini, tutti noi siamo ancora schiavi. Si, certo, schiavi!
    Cos'è la schiavitù? Sono le catene che ci legano, quelle che ci impediscono di muoverci liberamente, di vedere la luce del sole. Non siamo forse schiavi delle nostre malsane abitudini? Schiavi delle sigarette, schiavi dei nostri più bassi istinti, schiavi di un carattere che ci impedisce di interagire con gli altri nel giusto modo, schiavi di un perbenismo esagerato, schiavi del lavoro, schiavi delle regole che anziché aiutarci a vivere meglio complicano la nostra vita. Schiavi siamo, e schiavi resteremo per tutta la vita se non avremo il coraggio di ribellarci. Se stiamo zitti davanti alle ingiustizie siamo schiavi del sistema. Se non accogliamo chi ha bisogno siamo schiavi delle nostre agiatezze. Se non aiutiamo chi ha bisogno siamo schiavi del nostro egoismo. Se mentiamo siamo schiavi delle nostre bugie. Se mangiamo troppo siamo schiavi della nostra gola. Se fumiamo o ci droghiamo o ci ubriachiamo siamo schiavi dei nostri vizi ed eccessi.
    Proclamiamo la libertà, ci indigniamo a giusta ragione se qualcuno vuole imporre il proprio giogo ad altri, ma siamo i primi ad essere schiavi e rendere schiavi gli altri dei nostri difetti. Dire bugie lega gli altri alle nostre verità. Fumare rende gli altri schiavi di subire il cattivo odore e l'inquinamento. Non accogliere rende gli altri schiavi di chi li maltratta. Non ribellarsi al male rende schiavi coloro che tale male stanno subendo.
    Non solo siamo schiavi, ma siamo anche schiavisti. Vergogniamoci.
    Spezziamo le catene che ci legano al peccato, spezziamole e saremo finalmente liberi portando verso la libertà tantissime persone, i nostri figli, che da noi traggono esempio, per primi.

  49.  

    Addì 17 marzo 2016

    In quel tempo, Gesù disse ai Giudei: «In verità, in verità vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà mai la morte».
    Gli dissero i Giudei: «Ora sappiamo che hai un demonio. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: "Chi osserva la mia parola non conoscerà mai la morte".
    Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti; chi pretendi di essere?».
    Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria non sarebbe nulla; chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: "E' nostro Dio!", e non lo conoscete. Io invece lo conosco. E se dicessi che non lo conosco, sarei come voi, un mentitore; ma lo conosco e osservo la sua parola.
    Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e se ne rallegrò».
    Gli dissero allora i Giudei: «Non hai ancora cinquant'anni e hai visto Abramo?».
    Rispose loro Gesù: «In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono».
    Allora raccolsero pietre per scagliarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.

    Giovanni 8,51-59

  50.  

    Non hai ancora cinquant'anni e hai visto Abramo?

    Dialogo tra sordi

    A chiunque di noi sarà capitata l'esperienza di parlare con una persona che non capisce assolutamente nulla di ciò che noi diciamo, perché prende alla lettera ogni parola, e non guarda a ciò che invece realmente vogliamo esprimere. Nella mia vita ho incontrato tante persone stupende che al di là dei miei difetti e delle mie mancanze, vedono il cuore attraverso gli occhi riuscendo a capire ciò che dico senza dirlo. Quando si incontrano persone così è facile innamorarsi, ma non come rapporto di coppia, bensì come desiderio di poter continuare quel dialogo all'infinito cercando modo e momento per procrastinarlo. Oggi purtroppo il dialogo tra sordi è all'ordine del giorno, ed è facile non capirsi quando si parla con le persone perché troppo intenti a dare peso alle parole, ma poco attenti ad osservare i sentimenti. Dobbiamo andare oltre la superficialità e creare un rapporto vero con coloro che ci stanno dinanzi, dobbiamo evitare di creare distanze e cercare di avvicinarsi all'altro abbracciandolo con il calore dei nostri sentimenti tentando di capire il contesto del discorso, e non la singola frase. Dobbiamo capire quando le sue parole cattive sono uno sfogo attraverso il quale ci chiede aiuto. Dobbiamo capire quando non parla di altri, ma di se stesso. Dobbiamo capire dallo sguardo la bontà del suo animo, la richiesta di aiuto, il desiderio di essere frenato, la gioia di un incontro. Chi ha a che fare con i bambini è in questo privilegiato perché è continuamente necessario capire ciò che non ci dicono. Uno sguardo, un disegno, mettere in mostra un livido, è da parte dei bambini un grido disperato di aiuto, e non capirlo potrebbe voler dire fare la rovina di quel ragazzo, vuol dire fargli perdere fiducia nell'adulto, vuol dire deluderlo, fargli del male. State sempre attenti ai segnali dei bambini perché non hanno il nostro stesso linguaggio ma hanno i nostri stessi sentimenti. E' necessario ascoltarli, capirli, tradurre in un linguaggio comprensibile a tutti i loro stati d'animo, segnale del disagio che stanno in quel momento provando. Un bambino difficilmente andrà a raccontare alla sua maestra che il padre lo picchia, ma in tanti modi cercherà di farglielo capire chiedendo, pretendendo giustamente, comprensione, difesa, aiuto.