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  1.  

    Addì 28 gennaio 2016

    Diceva loro: «Si porta forse la lampada per metterla sotto il moggio o sotto il letto? O piuttosto per metterla sul lucerniere?
    Non c'è nulla infatti di nascosto che non debba essere manifestato e nulla di segreto che non debba essere messo in luce.
    Se uno ha orecchi per intendere, intenda!».
    Diceva loro: «Fate attenzione a quello che udite: Con la stessa misura con la quale misurate, sarete misurati anche voi; anzi vi sarà dato di più.
    Poiché a chi ha, sarà dato e a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha»

    Marco 4,21-25

  2.  

    Si porta forse la lampada per metterla sotto il moggio o sotto il letto?

    Accendiamo una luce

    Ci capita sovente che un amico ci chieda "come stai?". Saremmo tentati di raccontargli le nostre gioie, quello che facciamo, i risultati ottenuti dopo una battaglia, del buon rapporto instaurato con figli e coniuge, ma spesso ci rintaniamo dietro un semplice e cordiale "bene grazie, e tu?".
    Ci è stato insegnato a conservare il pudore, a tenere per noi le nostre cose, a non far vedere agli altri se hai fatto del bene per non essere superbo. E' sicuramente giusto, almeno in parte, ma è anche vero che dovremmo condividere con gli altri i buoni risultati per essere d'esempio. Se abbiamo intrapreso, contro ogni possibilità di successo, una lotta contro le istituzioni per proteggere un debole siamo tenuti a gridarlo ai quattro venti per dare forza a quanti stiano combattendo per i diritti negati al prossimo, per coloro che hanno paura di non riuscire e non si cimentano in questo percorso affinché trovino il coraggio di lanciarsi, ed anche per coloro che hanno bisogno di essere difesi affinché sappiano che qualcuno è dalla loro parte e non sentano abbandonati. Se abbiamo intrapreso una strada verso il prossimo, se la nostra vita è incentrata sull'aiuto di bambini, immigrati, anziani ed altre categorie messe da parte dalla nostra società, abbiamo il dovere di far conoscere la propria realtà affinché altri si avvicinino e possano dare una mano, in modo da poter aiutare più persone in maniera migliore. Sono già troppe le dimostrazioni di azioni negativi che portano altri a compiere omicidi, stupri e violenze di ogni tipo su imitazione. Non teniamo nascosti gli esempi positivi, mostriamoli affinché siano di sprone per gli altri. Ovviamente non con superbia, ma umilmente, consci che tutto quello che possiamo aver fatto non è solo merito nostro, ma deriva dalla forza di un gruppo, dagli insegnamenti ricevuti, dalla cultura che ci siamo fatti grazie ai nostri genitori e ad una democrazia che ce lo ha permesso. Chi crede inoltre sa che tutto deriva da Dio, ed è esclusivamente suo il merito di ogni cosa positiva che abbiamo fatto perché siamo solamente uno strumento nelle sue mani. Se non fossimo d'esempio, se non parlassimo di ciò che facciamo di buono sarebbe come accendere una luce in una stanza ed avvolgerla con un panno nero. Nessuno la vedrebbe e nessuno ne beneficerebbe. Insegniamo attraverso gli esempi positivi, in special modo ai ragazzi, a vivere una vita di amore e accoglienza verso il prossimo.

  3.  

    Addì 29 gennaio 2016

    In quel tempo, Gesù diceva alla folla: «Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa.
    Poiché la terra produce spontaneamente, prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga.
    Quando il frutto è pronto, subito si mette mano alla falce, perché è venuta la mietitura».
    Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo?
    Esso è come un granellino di senapa che, quando viene seminato per terra, è il più piccolo di tutti semi che sono sulla terra; ma appena seminato cresce e diviene più grande di tutti gli ortaggi e fa rami tanto grandi che gli uccelli del cielo possono ripararsi alla sua ombra».
    Con molte parabole di questo genere annunziava loro la parola secondo quello che potevano intendere.
    Senza parabole non parlava loro; ma in privato, ai suoi discepoli, spiegava ogni cosa.

    Marco 4,26-34

  4.  

    Il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa

    Un orto rigoglioso

    Una grande avventura è iniziata trent'anni fa.
    Ci siamo mossi a tentoni, poi con sempre maggior consapevolezza, ma durante tutto il nostro percorso non ci siamo mai tirati indietro nel seminare. Abbiamo realizzato interviste tanto per la Rai quanto per il giornalino parrocchiale di un paese con poche centinaia di anime; abbiamo aderito ad iniziative di respiro nazionale, quanto a quelle locali di quartiere; abbiamo accettato l'ospitalità di alberghi di lusso, quanto della pensione con una stella; abbiamo stretto amicizia con cariche politiche importanti e ricchi signori, quanto con il papà uscito di prigione o con il disoccupato; abbiamo dialogato con chiunque abbia avuto voglia di ascoltarci in platee gremite di gente, così come in casa con chi fosse venuto a curiosare sul nostro operato o in cerca di un consiglio verso l'affido.
    Ogni volta che sia stato possibile abbiamo piantato un semino in terra.
    Ogni seme ha una sua vita, un suo percorso. Ci sono semi che tardano anni a sbocciare, altri che vengono fuori subito. Ci sono semi che lentamente producono alberi secolari, altri invece fanno crescere un filo d'erba che si secca in pochi giorni.
    Se ci viene donato un euro o lasciata un'eredità il nostro grazie è sempre lo stesso: grazie per il dono, qualunque esso sia, e grazie a Dio che ha fatto fruttare quel seme che abbiamo piantato.
    La vita è in salita per tutti, specie per quelle associazioni come la nostra che hanno deciso di non legarsi ad alcun partito politico o ad altri poteri forti, ma la speranza che i semi immessi nel terreno germoglieranno è una certezza allorquando possiamo cibarci dei frutti prodotti dalla pianta.
    Non scoraggiatevi mai dinanzi alle intemperie della vita e continuate a seminare, non risparmiatevi, non fermatevi a piangere perché non vedete il raccolto o perché qualcuno ha pestato i teneri virgulti. Seminate, seminate e ancora seminate e vedrete che prima o poi potrete ammirare il risultato della vostra fatica e assaporare il dolce frutto che da essa deriva.
    Sarebbe bello che ogni giorno vi portassero in casa ceste di frutta e verdura appena raccolte, ma è tanto più bello poter mangiare la frutta e la verdura da voi coltivata nell'orto per il quale vi siete rotti la schiena, quella verdura che avete visto crescere giorno dopo giorno, che avete protetto dagli insetti, che avete rinterrato perché non ancora pronta, che avete curato e coccolato come fosse un figlio.
    Sarebbe bello che arrivasse un giorno un miliardario disposto a sovvenzionare ogni nostro progetto, quanto bene potremmo fare, oppure arrivasse un'eredità milionaria, ma che grande soddisfazione quando un progetto proposto più volte alla fine trova la luce e sboccia.
    Signore grazie per le gioie che ci doni, grazie per tutti quei semi che ci ha dato modo di piantare e che un giorno noi, o chi verrà dopo di noi, vedremo crescere in modo tale da aiutare tanti bambini

  5.  

    Addì 30 gennaio 2016

    In quel medesimo giorno, verso sera, disse Gesù ai suoi discepoli: «Passiamo all'altra riva».
    E lasciata la folla, lo presero con sé, così com'era, nella barca. C'erano anche altre barche con lui.
    Nel frattempo si sollevò una gran tempesta di vento e gettava le onde nella barca, tanto che ormai era piena.
    Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t'importa che moriamo?».
    Destatosi, sgridò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e vi fu grande bonaccia.
    Poi disse loro: «Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?».
    E furono presi da grande timore e si dicevano l'un l'altro: «Chi è dunque costui, al quale anche il vento e il mare obbediscono?»

    Marco 4,35-41

  6.  

    Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?

    Una barca in balia del mare

    Quando si parte per un viaggio in mare, sia esso un piccolo percorso con un traghetto oppure una crociera intorno al mondo, il timore che il mare possa agitarsi è ricorrente. Non per questo non saliamo a bordo, non per questo viviamo tutto il viaggio con la paura. Ci affidiamo al comandante, a colui che ha esperienza, a chi dovrebbe difendere con la sua stessa vita la nostra incolumità. La vita è un viaggio in mezzo al mare. Bonacce e tempeste si susseguono senza fine. Si passa dalla nascita di un figlio alla morte di una giovane mamma, dalla perdita del lavoro all'incontro dell'amore, da una corsa liberatoria sul mare ad un intervento in ospedale. Fa tutto parte della vita. Oggi gioiamo perché il mare è una tavola blu, domani piangiamo perché le onde sono alte tre metri e facciamo fatica a restare a galla. E' la vita. Possiamo arrabbiarci, piangere, disperarci, maledire il mondo, ma questo è ciò che accade e dobbiamo essere realisti ed accettare ogni cosa che ci viene proposta.
    Accettare. Si può accettare subendo e si può accettare con la speranza nel cuore che alla fine ci sarà di nuovo bonaccia.
    A volte mi intristisco pensando a coloro che non hanno fede. Penso a loro quando si trovano dinanzi la morte della giovane moglie, ad una malattia incurabile, ad un incidente che costringa alla sedia a rotelle. Capisco la loro disperazione perché non vedono oltre quel mare in tempesta, non vedono che alla fine di tutto ci sarà il comandante della nave pronto ad accoglierci, pronto a guidarci e proteggerci verso lidi sicuri dove potersi riposare per l'eternità.
    Anche coloro che credono spesso non accettano il male che li colpisce, ma non dobbiamo dimenticare che Dio ci ama e mai vorrà che ci capiti qualcosa di brutto. Il nostro fisico è una scatola soggetta a deperimento, ma la cosa importante è non far perire la nostra anima restando fedeli e fiduciosi anche nelle inevitabili tribolazioni della vita

  7.  

    Addì 31 gennaio 2016

    Allora cominciò a dire: «Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi».
    Tutti gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è il figlio di Giuseppe?».
    Ma egli rispose: «Di certo voi mi citerete il proverbio: Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafarnao, fallo anche qui, nella tua patria!».
    Poi aggiunse: «Nessun profeta è bene accetto in patria.
    Vi dico anche: c'erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese;
    ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova in Sarepta di Sidone.
    C'erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo, ma nessuno di loro fu risanato se non Naaman, il Siro».
    All'udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno;
    si levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio.
    Ma egli, passando in mezzo a loro, se ne andò.

    Luca 4,21-30

    ---------------------

    Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinti 12,31.13,1-13

    Fratelli, aspirate ai carismi più grandi! E io vi mostrerò una via migliore di tutte.
    Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna.
    E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla.
    E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova.
    La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia,
    non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto,
    non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità.
    Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.
    La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà.
    La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia.
    Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà.
    Quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l'ho abbandonato.
    Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto.
    Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!

  8.  

    Fede, speranza e carità

    Fate la carità

    Vi sarà capitato molte volte di incontrare persone che vi abbiano detto "fate la carità".
    Essere caritatevoli non significa metter mano al portafoglio e donare una moneta, non vuole nemmeno dire organizzare iniziative di solidarietà, non significa nemmeno lasciare la propria casa in eredità ad un'associazione o a qualche famiglia povera.
    Tutte cose meravigliose, ma non necessariamente caritatevoli.
    Quando doniamo dobbiamo farlo con pazienza, fermandosi ad ascoltare i bisogni e le necessità del prossimo, cercando di donare, insieme al pane, un sorriso, una parola gentile, una carezza.
    Non si deve provare invidia verso che riesce meglio di noi a donare, non si deve mancare di rispetto alla persona che aiutiamo. Né dobbiamo vantarci per il gesto che abbiamo fatto cercare un proprio tornaconto o interesse nell'atto di generosità verso gli altri. Non dobbiamo arrabbiarci, né tenere rancore verso chi possa averci fatto del male. Non dobbiamo gioire per le ingiustizie che vengono perpetrate, anzi dobbiamo vivere alla ricerca della verità anche se questa può essere scomoda e nociva per noi.
    In nome della carità dobbiamo essere disponibili a sopportare tutto. È un po' come fare una corsa verso il mare. Partiamo vestiti di tutto punto, e man mano che ci avviciniamo all'acqua ci spogliamo. Prima il giubbotto, poi le scarpe, la maglia, i pantaloni, restando alla fine solo con il costume, l'unico indumento che conta quando si va al mare. Questa è la carità: l'unica cosa che conta quando si fa del bene, tutto il resto è "fuffa", fumo negli occhi.

  9.  

    Addì 1 febbraio 2016

    Intanto giunsero all'altra riva del mare, nella regione dei Gerasèni.
    Come scese dalla barca, gli venne incontro dai sepolcri un uomo posseduto da uno spirito immondo.
    Egli aveva la sua dimora nei sepolcri e nessuno più riusciva a tenerlo legato neanche con catene, perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma aveva sempre spezzato le catene e infranto i ceppi, e nessuno più riusciva a domarlo.
    Continuamente, notte e giorno, tra i sepolcri e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre.
    Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi, e urlando a gran voce disse: «Che hai tu in comune con me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!».
    Gli diceva infatti: «Esci, spirito immondo, da quest'uomo!».
    E gli domandò: «Come ti chiami?». «Mi chiamo Legione, gli rispose, perché siamo in molti».
    E prese a scongiurarlo con insistenza perché non lo cacciasse fuori da quella regione.
    Ora c'era là, sul monte, un numeroso branco di porci al pascolo.
    E gli spiriti lo scongiurarono: «Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi».
    Glielo permise. E gli spiriti immondi uscirono ed entrarono nei porci e il branco si precipitò dal burrone nel mare; erano circa duemila e affogarono uno dopo l'altro nel mare.
    I mandriani allora fuggirono, portarono la notizia in città e nella campagna e la gente si mosse a vedere che cosa fosse accaduto.
    Giunti che furono da Gesù, videro l'indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto dalla Legione, ed ebbero paura.
    Quelli che avevano visto tutto, spiegarono loro che cosa era accaduto all'indemoniato e il fatto dei porci.
    Ed essi si misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio.
    Mentre risaliva nella barca, colui che era stato indemoniato lo pregava di permettergli di stare con lui.
    Non glielo permise, ma gli disse: «Va nella tua casa, dai tuoi, annunzia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ti ha usato».
    Egli se ne andò e si mise a proclamare per la Decàpoli ciò che Gesù gli aveva fatto, e tutti ne erano meravigliati.

    Marco 5,1-20

  10.  

    Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi

    Che dite, lo piantiamo un albero?

    "Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma" diceva Antoine-Laurent de Lavoisier enunciando la prima versione della legge di conservazione della massa.
    Nell'educare i ragazzi ho sempre pensato a questo principio. Non credo si possa eliminare il male fatto loro, non si possono eliminare dai loro occhi le violenze viste e subite, né il dolore che come un tarlo si annida nelle loro anime, pronto a ucciderli giorno dopo giorno.
    Dobbiamo cercare di capire i loro stati d'animo, le loro manifestazioni a volte anche violente, i loro desideri di un futuro esageratamente idealizzato e tentare la trasformazione.
    Trasformare il male in bene.
    Quante volte, purtroppo sempre troppo poche, abbiamo letto di "mamme coraggio" capaci di perdonare l'assassino del loro figliolo. Quante associazioni sono nate dopo una grande dolore ricevuto. Quante vite cambiano davanti al timore di una brutta malattia. Ognuno di noi può trasformare il male in bene.
    La Natura, creata da Dio, ci insegna che questo è possibile.
    Pensate alle piante che assorbono i nostri fumi di scarico nocivi per liberare ossigeno.
    Immaginate se ognuno di noi, ognuno di coloro che hanno avuto la fortuna di nascere in una famiglia senza troppi problemi, si facesse carico delle sofferenze di un altro essere umano.
    Uno solo.
    Quante gente in meno nelle carceri.
    Quanti bambini in meno per le strade.
    Quanta droga resterebbe invenduta.
    Quanti stupri potremmo evitare.
    E così come abbattiamo gli alberi a più non posso, e brontoliamo per le foglie che cadono sui nostri viali lasciando che lo smog inquini la nostra vita, parimenti non ci preoccupiamo dei problemi del prossimo, senza capire che aiutare gli altri significa rendere migliore non solo la loro vita, ma anche la nostra e quella dei nostri figli in un prossimo futuro.
    Piantiamo alberi. Piantiamo alberi nei nostri giardini.

  11.  

    Addì 2 febbraio 2016

    Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la Legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore, come è scritto nella Legge del Signore: ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore; e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombi, come prescrive la Legge del Signore.
    Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d'Israele; lo Spirito Santo che era sopra di lui, gli aveva preannunziato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore.
    Mosso dunque dallo Spirito, si recò al tempio; e mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per adempiere la Legge, lo prese tra le braccia e benedisse Dio: «Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele».
    Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui.
    Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima».
    C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto col marito sette anni dal tempo in cui era ragazza, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere.
    Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
    Quando ebbero tutto compiuto secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazaret.
    Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui

    Luca 2,22-40

  12.  

    Segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori

    Quale scelta: uccidere o essere uccisi?

    Il mare che ci rinfresca, il mare che dona aria pulita, il mare che ci regala buonissimi pesci, il mare che ci permette di navigare e divertirci.
    Il mare che distrugge le nostre coste con violenza, il mare che affonda le navi con il suo carico di vite umane.
    Il fuoco che scalda, il fuoco che cuoce, il fuoco che mette allegria.
    Il fuoco che brucia le nostre case, il fuoco che ustiona la nostra pelle, il fuoco che uccide.

    L'uomo capace di amare
    L'uomo capace di odiare
    L'uomo capace di accogliere
    L'uomo capace di respingere
    L'uomo capace di dare la vita
    L'uomo capace di uccidere

    Il nostro mondo è un'eterna contraddizione. E' un po' come se Dio avesse voluto metterci alla prova ponendoci dinanzi sempre la scelta tra il bene ed il male. Possiamo sempre scegliere tra bene e male, possiamo scegliere se uccidere un bambino abortendo o portare avanti una gravidanza a qualunque costo. Possiamo scegliere se lasciare che un bambino venga maltrattato o accoglierlo in affidamento. Possiamo scegliere tra il bene ed il male.
    Questa continua contraddizione presente nell'animo umano è uno stimolo a ragionare su ogni cosa che facciamo. Se agiamo di impulso, se sbattiamo la porta in un momento di rabbia e lasciamo la famiglia, se chiudiamo le porte agli altri al dialogo un giorno ci volteremo indietro e vedremo quello che abbiamo perso e quanta sofferenza avremo inferto a chi ci vuole bene.

  13.  

    Addì 3 febbraio 2016

    In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i discepoli lo seguirono.
    Venuto il sabato, incominciò a insegnare nella sinagoga. E molti ascoltandolo rimanevano stupiti e dicevano: «Donde gli vengono queste cose? E che sapienza è mai questa che gli è stata data? E questi prodigi compiuti dalle sue mani?
    Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?». E si scandalizzavano di lui.
    Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua».
    E non vi potè operare nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi ammalati e li guarì.
    E si meravigliava della loro incredulità. Gesù andava attorno per i villaggi, insegnando.

    Marco 6,1-6

  14.  

    Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua

    Ci complichiamo la vita

    A volte mi domando come possiamo complicarci la vita così tanto da distruggerla.
    Ci sono persone apprezzate e stimate nel proprio lavoro e tra gli amici, ma disprezzate dal coniuge o dai figli con litigate continue che portano troppo spesso alle separazioni.
    Ricordo le difficoltà con mio padre quando decisi che l'Associazione Amici della Zizzi, fondata nel ricordo della mia mamma, sarebbe stata la mia scelta di vita. Apriti cielo, sembrava quasi che gli avessi detto che sarei entrato nella camorra. Eppure non mi pare che una scelta del genere a ventuno anni possa essere così tanto da deplorare. Volendo bene a mio padre, certo del suo amore per me, mi sono sempre domandato da cosa derivasse tanta avversione nei miei confronti, tale da spingerci a grosse litigate. Certamente l'idea che mio padre si era fatto di me, di essere un valente commercialista e un affermato dirigente di azienda come lo era stato lui, e che io avevo distrutto in un attimo era alla base della sua contrarietà, ma doveva esserci dell'altro.
    Penso che molto nasca dalle incomprensioni, da una mentalità diversa con la quale siamo stati educati e quando si va a scavare nel fondo, quando si toccano i nervetti più sensibili si avverte il dolore e si reagisce, spesso male e senza controllo rifiutandosi di ascoltare l'altro.
    Quando mio padre provava a dirmi di lasciar perdere l'Associazione, scattavo subito come una molla innescando anche furiosi litigi perché non potevo ammettere che mio padre si comportasse così, non potevo ammettere che proprio lui non mi sostenesse, che proprio lui non capisse. Il problema è che anche dall'altra parte il mio babbo avrà pensato la stessa cosa, ed ecco che due convinzioni forti si trovano a confronto ed è come mettere acqua gelata nell'olio bollente.
    Come fare? La strada è sempre la stessa: il dialogo. Ma non sempre è facile. Dobbiamo allora aspettare che l'acqua sia più calda e l'olio si raffreddi. Ero incapace all'epoca di dialogare, scattavo per un nonnulla, e mio padre era forte di carattere, autoritario, abituato a battere i pugni sul tavolo nelle riunioni dove rappresentava il tribunale e non ammetteva un no come risposta. Sono occorsi diciassette anni. Diciassette anni di associazione, di conquiste, di approvazioni esterne, di premi e riconoscimenti prima che mio padre mi desse un abbraccio liberatorio e mi dicesse "che grande cosa che hai fatto". Era maggio 2004, a settembre è morto. Ho sempre pensato che Dio mi abbia fato un grandissimo regalo, che aspettasse a prendere mio padre con sé fin tanto che non si fosse rappacificato con me dandomi la sua approvazione. Ed è stato bellissimo, un dono fantastico che Gesù ha voluto farmi. Dio è paziente, sa aspettare, crede nel dialogo. Siamo pazienti anche noi e se oggi non si riesce a parlare non pensiamo che tutto sia finito, impariamo ad aspettare il giorno dopo, lasciamo che l'olio si raffreddi e l'acqua sia più calda

  15.  

    Addì 4 febbraio 2016

    In quel tempo Gesù chiamò i Dodici, ed incominciò a mandarli a due a due e diede loro potere sugli spiriti immondi.
    E ordinò loro che, oltre al bastone, non prendessero nulla per il viaggio: né pane, né bisaccia, né denaro nella borsa; ma, calzati solo i sandali, non indossassero due tuniche.
    E diceva loro: «Entrati in una casa, rimanetevi fino a che ve ne andiate da quel luogo.
    Se in qualche luogo non vi riceveranno e non vi ascolteranno, andandovene, scuotete la polvere di sotto ai vostri piedi, a testimonianza per loro».
    E partiti, predicavano che la gente si convertisse, scacciavano molti demoni, ungevano di olio molti infermi e li guarivano

    Marco 6,7-13

  16.  

    Diede loro potere sugli spiriti immondi

    Pulizie di Primavera. Quasi

    Carlo rientra tutti i giorni dagli allenamenti di rugby sporco da capo a piedi.
    E mamma lava.
    Cristina torna a casa dopo tre ore di danza con i vestiti zuppi di sudore.
    E mamma lava.
    Samuel porta con sé la puzza di pesce dopo la sua giornata in mare.
    E mamma lava.
    Nicholas si rotola nella terra giocando con il cane.
    E mamma lava.

    Tra vestiti, denti, mani, corpo, capelli investiamo tantissimo tempo a lavarci e a rendere profumati e presentabili i nostri figli. Ci teniamo. Ci fa piacere se chi ci sta vicino senta un buon profumo e goda della nostra presenza. E' una gioia sentirsi dire dalla maestra che il nostro bimbo viene a scuola sempre in perfetto ordine. E' giusto e doveroso, ma quanto tempo utilizziamo per pulire la nostra anima? Quante volte confessiamo i nostri peccati e difetti? Quante volte facciamo un esame di coscienza per capire se ci siamo comportati male con una certa persona?

    Come siamo ipocriti. Ci teniamo tantissimo a tenere puliti i nostri vestiti che sono solo un guscio inanimato, piuttosto che ad avere un cuore puro e limpido.
    Se è vero che il mondo è superficiale e ci giudica per ciò che vede esteriormente, è anche vero che facciamo di tutto per essere ammirati e accettati per la nostra esteriorità.
    Preoccupiamoci giustamente di essere puliti nel vestire, ma parimenti non tralasciamo di dare una pulitina alla nostra anima affinché la gente che non guarda alla superficialità possa vedere in noi un Amico, un Marito, una Moglie, un Figlio e non un manichino appena uscito da una bella vetrina di un negozio di abbigliamento

  17.  

    Addì 5 febbraio 2016

    In quel tempo, il re Erode sentì parlare di Gesù, poiché intanto il suo nome era diventato famoso. Si diceva: «Giovanni il Battista è risuscitato dai morti e per questo il potere dei miracoli opera in lui».
    Altri invece dicevano: «E' Elia»; altri dicevano ancora: «E' un profeta, come uno dei profeti».
    Ma Erode, al sentirne parlare, diceva: «Quel Giovanni che io ho fatto decapitare è risuscitato!».
    Erode infatti aveva fatto arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, che egli aveva sposata.
    Giovanni diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello».
    Per questo Erodìade gli portava rancore e avrebbe voluto farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo giusto e santo, e vigilava su di lui; e anche se nell'ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri.
    Venne però il giorno propizio, quando Erode per il suo compleanno fece un banchetto per i grandi della sua corte, gli ufficiali e i notabili della Galilea.
    Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla ragazza: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò».
    E le fece questo giuramento: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno».
    La ragazza uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista».
    Ed entrata di corsa dal re fece la richiesta dicendo: «Voglio che tu mi dia subito su un vassoio la testa di Giovanni il Battista».
    Il re divenne triste; tuttavia, a motivo del giuramento e dei commensali, non volle opporle un rifiuto.
    Subito il re mandò una guardia con l'ordine che gli fosse portata la testa.
    La guardia andò, lo decapitò in prigione e portò la testa su un vassoio, la diede alla ragazza e la ragazza la diede a sua madre.
    I discepoli di Giovanni, saputa la cosa, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro

    Marco 6,14-29

  18.  

    Subito il re mandò una guardia

    Mi hanno tagliato la testa

    Un aspetto comune a tante persone è la paura del più forte.
    Forse nel mondo animale questo può avere un senso, ma in una società civile è assurdo vivere nascondendosi per il terrore di essere mangiati.
    Davanti al potere forte rappresentato dal politico di un certo spessore, dal ricco possidente, dall'imprenditore con decine di aziende in molti chinano la testa, un po' come quando un cane più debole quando ne incontra uno più grintoso e mette la coda fra le gambe. In pochi oggi hanno il coraggio di dire la propria tenendo testa a chi voglia imporre le sue regole con prepotenza ed arroganza. Scendere in piazza è facile, si va in mezzo al gruppo, ci si nasconde dietro un vessillo, ci si fa forti di avere un'idea comune, ma quando si tratta di metterci la faccia, di rischiare il posto al sole o la poltroncina che ci hanno dato per tenerci buoni in molti fanno un passo indietro, in pochi restano dinanzi al forte e potente a testa alta.

    Avevo da poco compiuto diciassette anni, frequentavo il quarto anno di liceo classico a indirizzo scientifico, una sperimentazione che non ha avuto un gran successo, ma era come fare lo scientifico con qualche ora di matematica in più. C'era una professoressa di chimica e biologia che utilizzava uno strano metodo: entrava in classe e diceva "per la prossima volta studiate da pagina x a pagina y". Lei non spiegava mai. Ora per la biologia possiamo anche arrivarci leggendo un libro, ma la chimica è un osso duro se qualcuno non scioglie un po' di nodi. Questa signora passava le ore con noi interrogando alla lavagna divertendosi ad elargire voti. Non c'era ragazzo in classe che non fosse arrabbiato con questa donna. Tra noi parlavamo e la protesta montava sempre più fino a quando, in un consiglio di classe, si prese la decisione di parlare con lei per discutere il suo metodo educativo e chiederle di spiegare la materia. Tutti d'accordo, la situazione doveva assolutamente cambiare. "Ci andiamo a parlare tutti, o ci devono andare i rappresentanti di classe?". Ma i rappresentanti non c'erano, non erano stati eletti. E allora? Ovvio, ci devono andare quelli che lo scorso anno erano i rappresentanti. E indovinate un po' chi c'era tra loro? C'ero io. Così insieme a Guido, mio collega "rappresentante" dell'anno passato, ci siamo avvicinati alla cattedra appena entrata la prof e le abbiamo chiesto se fosse possibile parlare con la classe del suo metodo di insegnamento. La risposta fu "Io sono l'insegnante e non devo discutere con voi sui miei metodi", stroncando così ogni dialogo.
    Ora se ad un ragazzo in piena adolescenza, con la forza della ragione sancita dall'intera classe, opponi un rifiuto a parlare non puoi aspettarti che questo dica "ah, va bene, mi scusi" e se ne torni al posto come se nulla fosse.
    "Va bene" risposi "se non vuole parlarne con la classe ne parleremo quando terremo consiglio con genitori e insegnanti".
    "Tu fallo e vedrai che ti accade".

    Così fu. Quando ci fu consiglio, dopo aver esaurito l'ordine del giorno, al momento delle "varie ed eventuali" mi alzai in piedi e chiesi la parola. Il professore di Filosofia che sapeva ed aveva capito cosa stesse per succedere, mi prese per un braccio per tenermi seduto, ma divincolandomi iniziai a parlare, sostenuto dall'altro ragazzo, Guido, anch'egli in piedi a dire la sua.
    Che bello sentirsi dalla parte della ragione, che bello poter dire ciò che si pensava, che bello, sopratutto, sentire la classe vicina, unita, tutti con lo stesso pensiero.
    Quando la discussione entrò nel vivo e la professoressa diceva che lei in classe spiegava, facendo crollare tutto il nostro castello accusatorio, mi voltai con un gran sorriso verso i miei compagni incitandoli alla lotta. Era quello il momento di alzarsi tutti in piedi a dire le nostre ragioni, a spiegare ai genitori e al resto del corpo docente cosa succedeva realmente in classe, li invitai a ripetere quello di cui avevamo parlato tra noi. A dire "l'insegnante non fa il suo dovere, non spiega la materia".

    Ma. Eh si, proprio "Ma". Nessuno, dico, nessuno, che prese la parola. Tutti restarono seduti, nessuno ebbe il coraggio di fiatare. Abbandonarono me e Guido con il cerino in mano. Furono tutti vigliacchi, tutti impauriti dalle conseguenze di prendere una posizione contro chi aveva in mano il potere.

    Come andò a finire? Come vanno a finire molte storie di coraggio. Fummo decapitati. Io e Guido venimmo bocciati e per farlo ci dettero quasi tutte le materie, persino disegno e tedesco che era una materia facoltativa per la quale avevamo fatto si e no dieci ore in tutto l'anno.

    In molti avrebbero detto "ok, ho imparato la lezione" e avrebbero chinato il capo una volta presa la bastonata. Non era non e non è tutt'ora da me fermarmi davanti a chi fa la voce grossa, minaccia o usa ingiustamente il suo potere per fare del male. Gesù ci dice "Non temete quelli che uccidono il corpo, temete colui che può far perire e l’anima e il
    corpo nella geenna».
    Paradossalmente quella brutta esperienza mi fortificò, mi fece maturare, mi fece capire come era fatto il mondo. Andai in collegio, feci due anni in uno con l'esame di stato, mi diplomai recuperando l'anno e dimostrai a tutti che se uno è dalla parte della ragione deve lottare senza aver paura di nessuno ed il Signore lo ricompenserà.
    Un giorno ritrovai quella professoressa mentre prendeva la messa nella mia parrocchia e al momento di dare la pace le tesi la mano. Ne rimase meravigliata, ma permise a me di chiudere quella triste vicenda seguendo gli insegnamenti di Dio che non vuole rancore tra fratelli, anche quando si presume l'altro abbia sbagliato nei nostri confronti.

    Dobbiamo imparare ad essere come Giovanni il Battista che non ha avuto paura di Erode dicendogli quello che pensava, accettandone le conseguenze a testa alta, forte della fede e dell'amore per Dio

  19.  

    Addì 6 febbraio 2016

    In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e insegnato.
    Ed egli disse loro: «Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un pò». Era infatti molta la folla che andava e veniva e non avevano più neanche il tempo di mangiare.
    Allora partirono sulla barca verso un luogo solitario, in disparte.
    Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città cominciarono ad accorrere là a piedi e li precedettero.
    Sbarcando, vide molta folla e si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.

    Marco 6,30-34

  20.  

    Vide molta folla e si commosse per loro

    Stupiscimi

    La mia mamma diceva "ogni età ha la sua bellezza" e con questo mi insegnava ad apprezzare le persone e a non avere rimpianti del tempo passato.
    Di quando ero bambino rimpiango quella capacità che abbiamo da piccoli di stupirci di tutto ciò che accade. Ogni cosa è una scoperta, tutto ci meraviglia, siamo capaci di gioire per una bustina di figurine, per una passeggiata in campagna, per un uccellino che fa il bagno in una pozzanghera, per un vitellino che succhia il tuo pollice.
    Quando a diciassette anni avevo la ragazza in Spagna imparai la sua lingua per amore, ma quando ero da lei era un po' come tornare ad essere piccolo. Le chiedevo in continuazione il significato delle parole scritte sui cartelloni pubblicitari o sulle riviste, domandavo il perché di certe frasi dette dai nostri amici, la interrogavo sui modi di dire che ascoltavo in televisione o al cinema. Era tutto uno scoprire ed un crescere.
    Oggi purtroppo sono poche le cose capaci di stupirmi, poche le persone in grado di farmi una sorpresa, ma quando questo accade ritorno bambino, gioisco come un ragazzino dinanzi alla bicicletta nuova trovata sotto l'albero di Natale.
    Stupirsi porta spesso alla commozione, alla gioia, all'ilarità. E' così bello e da tantissima carica.
    Provate a stupire le persone della vostra vita e la loro gioia sarà la vostra più grande ricompensa.
    Dio non finirà mai di stupirmi per le tante soddisfazioni che mi elargisce, per le battaglie vinte quando era umano pensare di aver perso, per i pericoli scampati, per le persone che ci da modo di incontrare.

  21.  

    Addì 7 febbraio 2016

    In quel tempo, mentre, levato in piedi, stava presso il lago di Genèsaret e la folla gli faceva ressa intorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù vide due barche ormeggiate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti.
    Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedutosi, si mise ad ammaestrare le folle dalla barca.
    Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e calate le reti per la pesca».
    Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti».
    E avendolo fatto, presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano.
    Allora fecero cenno ai compagni dell'altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche al punto che quasi affondavano.
    Al veder questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontanati da me che sono un peccatore».
    Grande stupore infatti aveva preso lui e tutti quelli che erano insieme con lui per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini».
    Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono

    Luca 5,1-11

  22.  

    Signore allontanati da me che sono un peccatore

    Un assassino esce di prigione per buona condotta

    Se un bambino fa qualcosa di sbagliato, i suoi genitori lo brontolano e la sgridata sarà maggiore se il figlio dovesse negare l'evidenza. Qualora invece il bimbo, una volta scoperto, ammettesse le sue colpe e chiedesse scusa, la punizione sarebbe per lui certamente meno forte. Ma quando il ragazzo, ancor prima di essere scoperto, avesse il coraggio di dichiarare le proprie responsabilità ai genitori, troverebbe in loro sicuramente una maggiore disponibilità al perdono e, con molte probabilità, a seconda della gravità dei casi, non ci sarebbe neanche una punizione che ha di norma lo scopo di far riflettere su ciò che è stato fatto di sbagliato.
    A volte ci stupiamo nel vedere che persone che hanno fatto grossi errori nella vita trovino grazia agli occhi di Dio.
    Ma se è vero, come è vero, che il Signore è un padre buono è perfetto avrà come unico desiderio la correzione e la salvezza di noi figli. Dio è un padre che continuamente ci sprona a comportarci bene, ma quando sbagliamo fa finta, molto spesso, di non vedere perché vuole che sia l'uomo a capire il proprio errore è a chiedere perdono.
    Pietro disse a Gesù di essere un peccatore ed il Signore gli riempì la barca di pesci.
    Impariamo anche noi l'umiltà, e quando si sbaglia si abbia il coraggio di ammetterlo chiedendo perdono. Ciò che ne ricaveremo sarà la carezza dolce e consolatrice di Dio e talvolta anche quella delle persone nei confronti delle quali abbiamo sbagliato.

  23.  

    Addì 8 febbraio 2016

    In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli, compiuta la traversata, approdarono e presero terra a Genèsaret.
    Appena scesi dalla barca, la gente lo riconobbe, e accorrendo da tutta quella regione cominciarono a portargli sui lettucci quelli che stavano male, dovunque udivano che si trovasse.
    E dovunque giungeva, in villaggi o città o campagne, ponevano i malati nelle piazze e lo pregavano di potergli toccare almeno la frangia del mantello; e quanti lo toccavano guarivano.

    Marco 6,53-56

  24.  

    Cominciarono a portargli quelli che stavano male

    Impossibile? No, grazie!

    "Credi nei miracoli? Che scemo, svegliati, siamo nel ventunesimo secolo"
    Chi ha fede viene spesso preso in giro, fra le altre cose, perché crede nei miracoli, nel realizzarsi di cose impossibili.
    Non penso di dire un'eresia se affermo che ogni persona su questa terra crede nel vento. Nessuno di noi vede il vento, ma tutti possiamo vedere gli effetti che fa quando arriva.
    Ognuno crede nel calore emanato dal sole, da una fiamma o da altra fonte di energia. Nessuno può guardare il calore, ma ciascuno può sperimentarne la sensazione sulla sua pelle.
    Quante cose in natura non si vedono, ma possiamo toccare con mano gli effetti che provocano.
    Facciamo un gioco. Ognuno di voi pensi a qualcosa che è capitata a sé stesso o ad altri, la cui realizzazione sembrava impossibile ma poi è accaduta.
    Comincio io.
    La mia vita è costellata di questi esempi.
    Sembrava impossibile fondare dal nulla un'Associazione a ventun'anni andando contro tutti ed essere ancora saldi al timone di essa dopo trent'anni di navigazione.
    Sembrava impossibile cambiare un decreto di urgenza emesso dal tribunale dei minori, eppure il giudice mi ha ricevuto e ha detto "mi sono sbagliato".
    Sembrava impossibile che dopo trent'anni di lotta con un servizio sociale, questo riconoscesse la bontà del nostro operato davanti ad un giudice firmando il verbale.
    Sembrava impossibile accogliere quel ragazzo picchiatore che in cinque anni era stato mandato via da nove comunità e da due famiglie adottive perché troppo violento, eppure è rimasto con noi otto anni, trovando poi la sua strada.
    Sembrava impossibile trovare la persona adatta per un certo scopo, ma quando abbiamo smesso di cercarla è apparsa.
    Nulla è impossibile, tutto si può ottenere, basta solo provarci con convinzione, credendoci e pregando Dio che arrivi laddove noi non possiamo arrivare.

  25.  

    Addì 9 febbraio 2016

    In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi venuti da Gerusalemme.
    Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani immonde, cioè non lavate - i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavate le mani fino al gomito, attenendosi alla tradizione degli antichi, e tornando dal mercato non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, stoviglie e oggetti di rame - quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani immonde?».
    Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto: Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me.
    Invano essi mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini.
    Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini».
    E aggiungeva: «Siete veramente abili nell'eludere il comandamento di Dio, per osservare la vostra tradizione.
    Mosè infatti disse: Onora tuo padre e tua madre, e chi maledice il padre e la madre sia messo a morte.
    Voi invece andate dicendo: Se uno dichiara al padre o alla madre: è Korbàn, cioè offerta sacra, quello che ti sarebbe dovuto da me, non gli permettete più di fare nulla per il padre e la madre, annullando così la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte».

    Marco 7,1-13

  26.  

    Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me

    Aiutatemi a capire

    Ragazza stufa esce di casa. Genitori morti assiderati
    Era una freddura che girava tra gli amici quando ero ragazzo. Divertente certamente per il gioco di parole, ma quanta verità c'è dietro di essa.
    Spero che in pochi abbiano avuto la brutta ventura di veder uscire un figlio di casa sbattendo la porta e non vederlo più far ritorno, ma chi lo ha sperimentato sa benissimo quanto si soffre, ed è proprio come nella barzelletta, "genitori morti assiderati" perché il gelo pervade corpo ed anima e il dolore è forte ogni giorno.
    Cosa starà facendo, ci domandiamo. Dove sarà ora? Quali persone sta frequentando? Si sta comportando bene oppure è finito su una brutta strada? Avrà abbastanza da mangiare? I valori che gli abbiamo insegnato li avrà messi in pratica? E' fidanzato, sposato, avrà dei figli?
    Tanti ragazzi sono usciti da casa nostra e tutti ci hanno sempre onorato con le labbra. Tutti, chi più e chi meno, hanno scritto dolci e teneri bigliettini, hanno festeggiato il tuo compleanno con mille attenzioni, hanno pianto con te e per te, hanno condiviso le tue passioni, hanno capito le lezioni e chinato il capo quando c'era da rimediare un brutto voto, hanno partecipato con te alle feste di Natale e Pasqua, sono venuti con te in vacanza.
    Era vero quando ti dicevano "ti voglio bene"? Probabilmente si. Ma poi, poi cosa è successo?
    Cosa abbiamo fatto di tanto grave per meritarci il loro silenzio, il loro allontanamento totale? Siamo stati genitori così cattivi, oppure è il mondo che li ha rapiti promettendo mari e monti materiali a discapito dei valori fondati sull'amore?
    Io ho un osservatorio molto particolare, quello dell'affido, dove l'andar via è normale, è nel loro dna. Qualcuno resta in contatto, qualcuno si allontana a gambe levate, altri restano attaccati con un filo di ragnatela, altri ancora si rifanno vivi dopo dieci anni. Anche nell'adozione spesso accade che un ragazzo se ne vada sbattendo la porta.
    Ma con i figli naturali? Accade anche con loro? Ditemi la vostra esperienza, ne ho bisogno per crescere, per capire, per continuare a sperare. Per soffrire un po' meno.

  27.  

    Addì 10 febbraio 2016

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli.
    Quando dunque fai l'elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa.
    Quando invece tu fai l'elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
    Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa.
    Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
    E quando digiunate, non assumete aria malinconica come gli ipocriti, che si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa.
    Tu invece, quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo tuo Padre che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà»

    Matteo 6,1-6.16-18

  28.  

    Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati

    Ama il padre per interesse

    Chi si dedica al prossimo in maniera organizzata è costretto a chiedere aiuto alle persone. Con tanti imbroglioni che ci sono, oggi non basta stendere la mano e chinare il capo nascosti da un cappuccio per ottenere un sostegno per i propri assistiti. La gente ti vuole vedere in faccia, desidera capire come spenderai il suo denaro, chiede di toccare con mano la tua realtà.
    Ed ecco che sei obbligato a mostrare i bilanci, mettere in piazza i sogni, condividere i progetti, aprire le porte a chi voglia venire a vedere.
    Tutto questo sembra scontrarsi con il dettame di compiere opere buone nel segreto e nel silenzio. Sembra però perché non è tanto importante come facciamo qualcosa, bensì ciò che abbiamo nell'animo.
    Se un figlio da un bacio al padre è di per sé stesso una cosa bellissima, ma se con quel bacio vuole soltanto carpire un favore, del denaro, un permesso, quel bacio non avrà alcun valore.
    Se viceversa nell'atto di affetto non c'è un secondo fine, allora è cosa buona anche se dato durante una festa davanti a mille invitati.
    Così è quando si opera per il bene del prossimo. Ben venga la promozione del proprio operato se non è finalizzata a ricevere un plauso personale o, peggio, ricevere qualcosa in cambio.

  29.  

    Addì 11 febbraio 2016

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Il Figlio dell'uomo, disse, deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, esser messo a morte e risorgere il terzo giorno».
    Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua.
    Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà.
    Che giova all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?»

    Luca 9,22-25

  30.  

    Prenda la sua croce ogni giorno e mi segua

    Mio figlio è morto

    "Mio padre è in ospedale". "Devo operarmi". "Mio marito ha un tumore". "Mio figlio è morto"
    Non passa giorno senza che qualcuno abbia una pena, una croce da portare sulle proprie spalle. Condividere aiuta, ma non risolve il problema. Possiamo raccontare le nostre disgrazie a cento persone, ma il figlio non torna a casa, il tumore procede la sua strada, il parente non resuscita, la moglie abbandona comunque la casa coniugale.
    Ogni volta che ci capita qualcosa diciamo "Perché a me?"
    Capita a tutti di soffrire nella vita. Chi più, chi meno, chi prima, chi dopo siamo tutti chiamati a prendere sulle nostre spalle la croce che Dio ci consegna. Il motivo? Non lo sappiamo.
    Può un bambino piccolo capire perché piove impedendogli di giocare in giardino? No, non può.
    Può un ragazzino capire tutte le regole della politica e dell'economia? No, non può.
    Al pari di un bambino noi dobbiamo ancora crescere per poter capire il perché delle nostre sofferenze. E cresceremo. E capiremo. Ma oggi no. Oggi non possiamo capire, dobbiamo solo accettare il volere di Dio, prendere sulle nostre spalle queste croci e andare avanti, camminare verso una sempre maggior maturità e consapevolezza del mondo.
    Un bimbo accetta la pioggia, anche se non gli piace. Un bimbo accetta le regole degli adulti, anche se non gli piacciono. Ed anche noi dobbiamo accettare le regole di chi sia sopra di noi, anche se non ci piacciono.
    Per la pioggia, noi adulti lo sappiamo, c'è un motivo, ed allora anche per le malattie, le guerre, gli abbandoni c'è un motivo, anche se noi, non essendo ancora cresciuti, non possiamo sempre comprendere.
    Accettare. Accettare ogni croce. Accettarla con il sorriso dettato dalla certezza di un motivo. Chi ha fede sa che tutto è finalizzato ad una vita futura. Oggi qui noi siamo chiamati a prenotare la nostra vacanza per l'eternità ed il biglietto costa caro, cosa sangue, fatica, lacrime, tribolazioni, delusioni, ma una volta giunti a destinazione tutto farà parte del passato e sarà una vacanza bellissima che non avrà mai fine.

  31.  

    Addì 12 febbraio 2016

    In quel tempo, si accostarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché, mentre noi e i farisei digiuniamo, i tuoi discepoli non digiunano?».
    E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto mentre lo sposo è con loro? Verranno però i giorni quando lo sposo sarà loro tolto e allora digiuneranno

    Matteo 9,14-15

  32.  

    Quando lo sposo sarà loro tolto e allora digiuneranno

    Mi è apparso un Angelo

    In un momento difficile della mia vita il Signore mi ha fatto incontrare un Angelo.
    Ci immaginiamo queste creature come sfolgoranti di luce, imponenti nella statura, autoritarie nella voce, araldi di Dio pronti a combattere contro il maligno con la spada ben salda in mano.
    E invece il mio Angelo aveva le sembianze di una donnina minuta, piegata sotto il peso degli anni e di una vita al servizio del prossimo, con abiti vecchi e logori, ma con un sorriso che stendeva, che infondeva forza, coraggio, amore. Non aveva spade ma possedeva il coraggio del leone, e le sue armi erano le sue preghiere. Qualunque cosa chiedesse a Dio le veniva concessa ed ha portato la sua croce con la dignità di una santa.
    Mi difendeva quando tutti mi attaccavano per il mio carattere spigoloso.
    Intercedeva per me quando trovavo le porte chiuse
    Amava i miei bimbi come fossero suoi, perché suoi erano
    Mi ha consolato quando ero in piena lite con mio padre
    Mi ha donato la sua presenza rimboccandosi le maniche nelle tante cene per i bambini
    Ha pianto con me per le sconfitte
    Ha gioito con me per le vittorie
    Mi ha accarezzato con la tenerezza di una mamma
    Mi ha asciugato le lacrime con la dolcezza di un'amica
    Da due anni è in Paradiso
    Da due anni prega Dio guardandolo in volto
    Grazie Olimpia di essere entrata nella mia vita
    Grazie Dio di avercela donata

  33.  

    Addì 13 febbraio 2016

    In quel tempo, Gesù vide un pubblicano di nome Levi seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi!».
    Egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì.
    Poi Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa. C'era una folla di pubblicani e d'altra gente seduta con loro a tavola.
    I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: «Perché mangiate e bevete con i pubblicani e i peccatori?».
    Gesù rispose: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi»

    Luca 5,27-32

  34.  

    Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati

    Voglio un bimbo in affido

    "Buongiorno, senta, io vorrei un bimbo in affido che sia piccolo, con genitori italiani, senza difetti fisici e che non abbia rapporto con la sua famiglia".
    Davanti a certe telefonate mi domando se queste persone chiedono l'affido per avere un bambino per sé aggirando l'adozione o se veramente vogliono accogliere un bimbo per aiutarlo.
    Quale cucciolo d'uomo necessita di accoglienza? Il bimbo senza problemi o quello che di problemi ne ha?
    E' talmente logica la risposta che sembra quasi una presa di giro parlarne, eppure c'è tanta gente che vuole un bimbo piccolo, sano, senza legami.
    E' un po' come se il medico dicesse "non portatemi gente malata".
    Ma se mi metto in gioco come affidatario lo devo fare con lo spirito di risolvere una brutta situazione, non certo per risolvere un mio problema, quello di voler avere un bambino a tutti i costi.

  35.  

    Addì 14 febbraio 2016

    Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto dove, per quaranta giorni, fu tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni; ma quando furono terminati ebbe fame.
    Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, dì a questa pietra che diventi pane».
    Gesù gli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l'uomo».
    Il diavolo lo condusse in alto e, mostrandogli in un istante tutti i regni della terra, gli disse: «Ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni, perché è stata messa nelle mie mani e io la do a chi voglio.
    Se ti prostri dinanzi a me tutto sarà tuo».
    Gesù gli rispose: «Sta scritto: Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo adorerai».
    Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul pinnacolo del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, buttati giù; sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordine per te, perché essi ti custodiscano; e anche: essi ti sosterranno con le mani, perché il tuo piede non inciampi in una pietra».
    Gesù gli rispose: «E' stato detto: Non tenterai il Signore Dio tuo».
    Dopo aver esaurito ogni specie di tentazione, il diavolo si allontanò da lui per ritornare al tempo fissato

    Luca 4,1-13

  36.  

    Non di solo pane vivrà l'uomo

    Tentazioni

    Passo davanti alla vetrina di un concessionario, vedo una macchina luccicante. La voglio
    Passa per la strada dinanzi a me una meravigliosa ragazza. La voglio
    Vedo allo stadio giocare un calciatore, è il mio idolo. Lo voglio imitare
    Vedo come sia facile ottenere denaro con la droga. Voglio quei soldi
    E così via. Mille tentazioni ogni giorno. Dal copiare il test di matematica al rubare un reggiseno. Dal nascondere la sporcizia sotto il tappeto al mangiare di nascosto ciò che non posso. Dal vendicarmi di chi mi abbia fatto un torto al mettere alla porta chi mi stia antipatico. Dal rubare ciò che desidero allo stuprare o uccidere.
    Tentazioni ogni giorno per arrivare in cima, per arrivare sempre più in alto, per avere sempre più. Cercare la strada facile, la via in discesa per una bella vita.
    Una vita facile. Già. Ma ogni cosa che facciamo ci presenta il conto, ogni nostra mossa ha le sue conseguenze. Se rubiamo vivremo con l'ansia di essere scoperti. Se adoreremo un uomo prima o poi il suo mito cadrà. Se brameremo la ricchezza ci ritroveremo a non dormire. E se anche in questa vita non dovessimo pagare per aver aderito alle nostre tentazioni, che ne sarà di noi se entreremo con le scarpe sporche ed i vestiti macchiati nell'eternità?
    Non credete in un'altra vita dopo la morte? Ma in questa vale la pena comportarsi male per ottenere? Vale la pena vivere i nostri giorni con il patema di essere scoperti? Vale la pena non poter camminare a testa alta? Vale la pena distruggere il nostro prossimo per ottenere un beneficio?
    La vita è una ruota, se oggi distruggo qualcuno, domani qualcuno potrebbe distruggere me. Ma se io oggi aiuto qualcuno a risollevarsi senza averne un tornaconto, domani ci saranno mani pronte a sorreggermi perché io non vacilli

  37.  

    Addì 15 febbraio 2016

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria.
    E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra.
    Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo.
    Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi.
    Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere?
    Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito?
    E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti?
    Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me.
    Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli.
    Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato.
    Anch'essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito?
    Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me.
    E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna»

    Matteo 25,31-46.

  38.  

    Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare

    Sms: T.V.T.B.

    Incontrare il prossimo significa essergli di aiuto. Dargli da mangiare quando ha fame di pane e di parole. Dissetarlo quando ha sete di acqua e di consigli. Vistarlo quando è solo anche se fra tanta gente.
    Domandiamoci noi cosa facciamo per gli altri e se non incontriamo il prossimo usciamo dalle nostre case e dal nostro egoismo per sfamare, dissetare, visitare.
    Ma prima di tutto guardiamoci intorno, guardiamo al nostro passato e cerchiamo nei nostri pensieri coloro che ci hanno sfamato, dissetato, visitato, amato. Troppo spesso ce ne dimentichiamo, troppo spesso diamo per scontate certe presenze, troppo spesso ci scordiamo di ringraziare coloro che con amore ci hanno fatto crescere fisicamente e moralmente.
    Non solo i genitori, ma anche la donnina incontrata per la strada quando da adolescenti si faceva qualcosa di poco carino, il sacerdote che ha asciugato il nostro pianto, l'allenatore che ha creduto in noi, l'insegnante che ci ha difeso e sostenuto, l'assistente sociale che ha preso a cuore la nostra situazione, il giudice che ha cambiato il suo decreto dopo averci ascoltato, il datore di lavoro che ci ha concesso quanto non osavamo sperare, il dipendente che è andato al di là del suo dovere con affetto e stima.
    Quante belle persone incontriamo nella nostra vita. Siamo sicuri di averle ringraziate? Di esser stati loro vicini come essi han fatto con noi? Ci ricordiamo ogni tanto di fare una telefonata per interessarci della loro salute o delle attività?
    Se non fosse stato per loro, oggi non saremmo quelli che siamo.
    Eppure con quante persone mettiamo un muro.
    Ci farebbe piacere ricevere lo stesso trattamento? Ci farebbe piacere donare e non ricevere nemmeno un grazie? Chi ama non lo fa per avere una ricompensa e continuerà ad amare indipendentemente da un grazie o da una telefonata, ma certamente il riceverne da forza ed è un bel gesto.
    Prendete oggi il telefono, chiamate chi non sentite da tanto tempo e che ha fatto qualcosa per voi, informatevi di cosa fa, fategli sentire che vi importa di lui. A volte basta poco, a volte basta un semplice messaggio

  39.  

    Addì 16 febbraio 2016

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Pregando, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole.
    Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate.
    Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra.
    Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male.
    Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe»

    Matteo 6,7-15

  40.  

    Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori

    Sete di vendetta

    "Odio talmente tanto quella donna che l'unico mio desiderio è vederla soffrire" dice il marito lasciato dalla moglie.
    "Mio padre mi ha avvelenato la vita con le sue brontolate, ed ora che sono riuscito ad uscire di casa non lo voglio più vedere" dice il figlio ingrato.
    "Le avevo detto di non comportarsi in quel modo, ed invece lei ha fatto ciò che non volevo appena ho distolto lo sguardo, non le parlo per una settimana" dice la mamma la cui figlia aveva disubbidito.

    Quante volte abbiamo udito queste frasi. Quante volte magari le abbiamo pronunciate noi stessi. Queste o altre simili. Frasi piene di risentimento, di rancore, di sete di vendetta.
    Il rancore è un tarlo, una carie invisibile che ci mangia dal di dentro, ci svuota il cuore dai sentimenti buoni lasciando al suo interno solo marciume che pian piano, come un tumore maligno, divorerà la nostra anima.
    Come si può vivere nel rancore? Non so voi cosa pensiate di voi stessi, ma io credo di essere un grande peccatore, di aver sbagliato mille volte, di essermi acceso di rabbia quando avrei potuto evitare, di aver insegnato ai ragazzi belle cose con la bocca dando loro però il cattivo esempio con i fatti. Ritengo che nessuno possa dirsi privo di qualsivoglia errore nei confronti del prossimo, errori talvolta fatti con la consapevolezza di sbagliare e spesso messi in atto per un proprio tornaconto egoistico. Ed allora non vi piacerebbe essere perdonati quando sbagliate? Vi fa piacere se qualcuno quando vi vede attraversa la strada per non incontrarvi? Ci provate gusto a sapere che una persona a voi cara parla male di voi e vi evita meditando magari una sonora vendetta? No davvero. Ed allora perché comportarsi così se sappiamo che questo modo di fare porta dolore, rovina i rapporti, non ci fa vivere in pace?
    Siamo noi i primi a dare l'esempio. Non serbiamo rancore, perdoniamo chi fa del male a noi o ai nostri cari. Passiamo oltre e costruiremo così un mondo migliore.
    Quale padre è disposto a perdonare il figlio quando questo mantiene rancore verso il fratello?

  41.  

    Addì 17 febbraio 2016

    In quel tempo, mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire: «Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato nessun segno fuorché il segno di Giona.
    Poiché come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell'uomo lo sarà per questa generazione.
    La regina del sud sorgerà nel giudizio insieme con gli uomini di questa generazione e li condannerà; perché essa venne dalle estremità della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, ben più di Salomone c'è qui.
    Quelli di Nìnive sorgeranno nel giudizio insieme con questa generazione e la condanneranno; perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, ben più di Giona c'è qui»

    Luca 11,29-32

  42.  

    Essa cerca un segno, ma non le sarà dato nessun segno

    L'amore di un padre

    "Se Dio esiste mi deve far trovare un lavoro". "Se Dio esiste deve far smettere queste guerre". "Se Dio esiste che mi faccia guarire subito".
    Oh, ma scherziamo? Se Dio esiste pensate davvero che si presterebbe ai vostri ricatti?

    Immaginate che vostro figlio venga da voi e vi dica, e spesso accade, "se mi vuoi bene mi devi comprare il cellulare ultimo modello" oppure "se mi vuoi bene mi devi mandare a sciare con i miei amici".
    Non so voi, ma io davanti ad un ricatto mi irrigidisco perché se mio figlio non ha capito quanto bene gli voglia non è certo assecondando un ricatto, o una richiesta condizionata che dir si voglia, che posso dimostrare il mio amore per lui. Anzi. Spesso si dimostra l'amore proprio dicendo no. No ai troppi dolci che fanno venire male al pancino. No all'accesso a facebook quando troppo piccoli o immaturi per capirne gli aspetti pericolosi. No ai videogiochi troppo a lungo.
    Figuriamoci se chi non crede in Dio si lascerebbe convincere da un segno. Anche i miracoli che Gesù ha fatto sono visti e studiati forzatamente come fenomeni naturali. Quante volte il Signore ci ha guariti? Quante volte ci ha perdonati? Quante volte ci ha fatto prendere una strada anziché un'altra anche contro la nostra volontà e con non pochi dolori, ma che poi è risultata quella vincente?
    Segni Dio ne manda, e non pochi, ma siamo noi che non li vogliamo vedere, che li vogliamo classificare come "casi", "coincidenze", "incontri fortuiti". E' più facile che dire "credo in Dio" perché questo ci porterebbe a a cambiare la nostra vita, a guardarci dentro, a pensare al prossimo prima che a noi stessi, ad accogliere chi puzza o si comporta male, ad essere amico e difensore dei più deboli anche a costo di rimanere feriti.
    Non chiediamo segni a Dio, impariamo a vedere quelli che già ci manda ogni giorno con infinito amore, quell'amore che un padre prova per tutti i suoi figli

  43.  

    Addì 18 febbraio 2016

    Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto; perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto.
    Chi tra di voi al figlio che gli chiede un pane darà una pietra?
    O se gli chiede un pesce, darà una serpe?
    Se voi dunque che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele domandano!
    Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge ed i Profeti

    Matteo 7,7-12

  44.  

    Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro

    Seminiamo anche contro vento

    Ti piace ricevere un ceffone? Ti piace che la gente ti urli addosso? Ti piace che quando vorresti dialogare ti venga messo un muro? Ti piace essere trattato male quando per tutto il giorno hai fatto il tuo dovere? Ti piacerebbe non essere trattato con amore anche quando sbagli?
    Nessuno sano di mente risponderebbe di si a queste domande.
    Ci permettiamo però di urlare contro gli altri, di serbare rancore, di dare amore solo a chi ci è simpatico, di non capire un momento di stanchezza dell'altro, di non scusare una persona per le sue debolezze.
    E poi ci meravigliamo se qualcuno usa la nostra stessa moneta con noi.
    Quante guerre potrebbero cessare salvando tante vite e rendendo migliore l'esistenza di ciascuno se solo si trattassero gli altri come vorremmo essere trattati.
    Ci fa piacere quando ci derubano o ci imbrogliano? No. Allora non facciamolo neanche noi
    Ci farebbe piacere non essere accolti nel momento del bisogno? No. Allora accogliamo chi fugge dalla povertà, dalle guerre, dai maltrattamenti in famiglia.
    Ci farebbe piacere essere giudicati nell'insieme per un singolo nostro gesto sbagliato? No. Allora non giudichiamo gli altri, ma piuttosto cerchiamo di capire le loro reazioni aiutandoli a guardarsi dentro per migliorare.
    Nessuno di noi, nemmeno un genitore, ha il potere, il diritto o il dovere di cambiare qualcuno, ma ciascuno di noi può e deve sollecitare gli altri a capire i propri errori esortandoli, con amore, a valutare sé stessi attraverso il dialogo.
    E quando non riusciamo, quando non veniamo ascoltati non dobbiamo rinunciare, ma dobbiamo insistere fin tanto che l'altro ce ne darà l'opportunità.
    Se mettiamo un seme in terra non è detto che cresca la pianta, ma se vediamo che non spunta il germoglio, quando sarà il momento giusto si dovrà seminare di nuovo e ripetere l'operazione fin tanto che sarà necessario.
    Personalmente chiedo a Dio di aiutarmi ogni volta ad aprire il cuore delle persone con le quali parlo, e se nel tentativo di dialogo trovo un muro o vengo attaccato non mi spavento perché se un contadino non seminasse quando tira vento, non seminasse quando piove, non seminasse quando c'è troppo sole non avremmo nessun raccolto.
    Quindi forza e coraggio, armatevi di pazienza, trovate le parole giuste e ricominciate da zero, senza fine, senza mai arrendervi. Dio vi darà la forza.
    Buona Vita, Buon Dialogo.

  45.  

    Addì 19 febbraio 2016

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: « Io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.
    Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio.
    Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna.
    Se dunque presenti la tua offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all'altare e va prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono.
    Mettiti presto d'accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l'avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione.
    In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all'ultimo spicciolo!»

    Matteo 5,20-26

  46.  

    Chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna

    Sei un pazzo idiota, accidenti a te

    Vi è mai capitato di dire a una persona "scemo", oppure "pazzo" o peggio ancora?
    A me spessissimo. Che errore. Se lo diciamo ad un bimbo tante volte questo finisce per crederci e sentirsi pazzo, scemo, inadatto. Io in questo ho sbagliato migliaia di volte. E' un impulso, è un errore grandissimo, è un peccato.
    Vi è mai capitato di giocare nel fango? Di fare una partita ed essere sudati e puzzolenti? Di giocare con qualche cane e scoprire sulle vostre mani un cattivo odore? Ci siamo sporcati, e proprio per questo ci fermiamo un attimo a guardarci nello specchio capendo che è giunta l'ora di fare una bella doccia, di lavare i vestiti, di insaponarsi le mani e se necessario disinfettarsi. E così facciamo per poter continuare a vivere in mezzo agli altri.
    Quanti di voi dopo aver fatto una corsa ed avere i vestiti appiccicosi vanno a fare la spesa in quelle condizioni, o ad una cena con gli amici, oppure a scuola? Nessuno perché ci teniamo ad essere puliti e profumati, ci teniamo ad essere apprezzati dagli altri.
    Ecco, quando inveiamo contro qualcuno, quando gli diciamo "scemo" oppure "pazzo" o peggio ancora è come se ci sporcassimo l'anima e prima di continuare a vivere in mezzo alla gente dobbiamo ripulirla.
    Quando siamo sudati basta una doccia, ma quando ci siamo adirati contro qualcuno la cosa diventa un po' più complicata perché dobbiamo trovare la forza ed il coraggio di metterci l'orgoglio sotto i piedi e chiedere scusa. Magari avevamo pure ragione, o siamo convinti di averne, ma se abbiamo alzato la voce, se abbiamo detto cose brutte siamo passati dalla parte del torto ed è un nostro dovere chiedere perdono alla persona che abbiamo offeso.
    Per chi ha fede è un ordine imperativo "Se dunque presenti la tua offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all'altare e va prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono". Figuriamoci poi se dobbiamo chiedere qualcosa a Dio.
    Se qualcuno offendesse vostro figlio, lo facesse restare male, e poi venisse da voi a chiedervi aiuto, sareste disposti ad aiutarlo? La vedo difficile, almeno fin tanto che non ha fatto pace con vostro figlio.
    E così fa Dio. Non ascolterà le nostre preghiere fin tanto che non ci saremo riconciliati con i suoi figli che abbiamo offeso. Non per vendetta o ripicca, ma per insegnarci ad amarci tra noi e vivere in serenità, puliti, profumati e ordinati.

  47.  

    Addì 20 febbraio 2016

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa Sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti.
    Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani?
    E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?
    Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste»

    Matteo 5,43-48

  48.  

    Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori

    Hai ucciso mio figlio? Ti perdono, poteva esserci lui al posto tuo

    "Quello schifoso, lo metterei in prigione e getterei via la chiave". "Maledetto lui, ci vorrebbe la pena di morte". "Non perdonerò mai e se potrò vendicarmi su lui o sulla sua famiglia non perderò l'occasione"

    Quante volte abbiamo sentito queste frasi pronunciate da chi ha visto il proprio figlio ucciso in un incidete, o da una coltellata per futili motivi, o il marito nel compimento del suo dovere.
    Quante volte avrete pensato le stesse frasi o vi sarete dichiarati d'accordo con tali esternazioni.

    Esempi negativi che ci allontanano dalla pace, dal bene

    Oggi, mentre leggevo il Vangelo nel passo dove dice "Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori" non trovavo nessun appiglio che portasse verso la vendetta, verso una giustizia tutta umana di eliminare chi abbia fatto tanto del male a noi e ai nostri cari.
    Si possa credere o meno in Dio, ma la filosofia che deriva dal Vangelo è una filosofia di amore e di pace che, se messa in pratica da tutti noi, porterebbe ad un mondo migliore.
    Vi domando, avete mai sbagliato voi? E non avreste voluto il perdono?
    Facile a dirsi, difficile a farsi?
    Siete sicuri? Prima di scrivere sono andato sul motore di ricerca ed ho scritto la parola "perdono" e la parola "assassino" e come per incanto sono apparse storie meravigliose.
    In Iran, dove la vendetta è legge, una madre toglie il cappio dal collo all'assassino di suo figlio
    In Brianza, Carolina perdona l'assassino di suo figlio e lo ama
    A Grosseto, la moglie di un carabiniere perdona l'assassino del marito e stringe amicizia con la madre del ragazzo omicida.

    E quanti altri esempi positivi.
    E quanto Vangelo vissuto.

    Da che parte vogliamo stare? Vogliamo essere vendicativi, rancorosi, chiedere occhio per occhio, o piuttosto vogliamo essere dalla parte di Dio, dalla parte della pace?
    Nella quotidianità quanti torti subiamo, quante ingiustizie, quanta gente ci prende di mira per le nostre idee, per il modo di atteggiarsi, per una credo politico o religioso. Come si può vivere vedendo in tutte queste persone un nemico?
    E' facile amare chi ci ama, difficile è amare chi ci usa violenza.
    La strada del perdono è certamente in salita, ma vi porta così in alto da respirare l'aria pulita che vi darà sollievo.
    Provate a perdonare chi vi ha fatto un torto e vedrete quanta gioia avrete nei cuori

    Andate a leggere qualche articolo, sono storie bellissime e commoventi. Sono storie vere che non si possono raccontare, si devono respirare con il cuore. Storie assolutamente vere.

    Buona pace e Buon Perdono

    http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/04/18/iran-madre-della-vittima-perdona-assassino-ed-evita-esecuzione/956472/

    http://www.tempi.it/carolina-che-ha-perdonato-lassassino-di-suo-figlio-non-una-pacca-sulla-spalla-ma-un-cammino-di-redenzione#.VsgdBEAxDh4

    http://www.lanazione.it/grosseto/santarelli-1.247913

  49.  

    Addì 21 febbraio 2016

    Circa otto giorni dopo questi discorsi, prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare.
    E, mentre pregava, il suo volto cambiò d'aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante.
    Ed ecco due uomini parlavano con lui: erano Mosè ed Elia, apparsi nella loro gloria, e parlavano della sua dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme.
    Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; tuttavia restarono svegli e videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui.
    Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi stare qui. Facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli non sapeva quel che diceva.
    Mentre parlava così, venne una nube e li avvolse; all'entrare in quella nube, ebbero paura.
    E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo».
    Appena la voce cessò, Gesù restò solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.

    Luca 9,28b-36

  50.  

    Questi è il Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo

    Vai piano, non correre in macchina

    Quando siamo in difficoltà con le persone alle quali cerchiamo di spiegare le nostre ragioni e loro non capiscono o non ci credono vorremmo che qualcuno con maggiore autorità spiegasse loro le circostanze. Pensate ai genitori che cercano di far capire ai figli quanto sia importante studiare. Spesso i figli non credono ai genitori, ma se il loro allenatore li esorta allo studio o ad un comportamento migliore allora ascoltano con maggior attenzione.
    In altri casi non ci sono parole che possano convincere una persona, ma se gli facciamo toccare con mano la realtà allora si convincono. E' il caso, ad esempio, dei ragazzino adolescente che ruba in continuazione e si fa beffe di polizia e punizioni pensando di essere più furbo di tutti, e a nulla valgono i ragionamenti con il cuore in mano di insegnanti, genitori, allenatori o sacerdoti. Come ultima spiaggia può servire portare il ragazzo in carcere e farlo parlare con qualche detenuto che gli dica quanto anche lui si sentisse più furbo degli altri e gli spiegasse quanto sia brutto essere privato della libertà.
    L'insieme di queste due cose è ciò che ha fatto Gesù con i suoi apostoli: ha fatto vedere loro la resurrezione e ha chiesto a Dio di dare forza alle sue parole.
    Anche noi abbiamo bisogno di vedere, di toccare con mano, di sentire qualcuno indicarci la strada con autorità. Non perché non ci fidiamo dei genitori oppure del coniuge o del datore di lavoro, ma semplicemente perché siamo uomini e fra i tanti difetti che abbiamo c'è quello di abituarsi ai discorsi fatti più volte.
    La mia mamma, quando avevo diciotto anni e la patente da poco, ogni volta che uscivo si raccomandava "vai piano, stai attento, allacciati le cinture" ed io sbuffando rispondevo "si mamma, ok" ma dentro di me pensavo "che pizza" e scappavo di casa il più velocemente possibile per non sentire quella cantilena. Dicevo tra me "sono bravo a guidare, posso andare forte quanto mi pare, e chi mi ferma". E intanto continuavo ad andare forte, al punto che i miei amici mi dicevano che io non correvo in macchina, ma volavo basso. E per me era una gran cosa, un motivo di orgoglio, figuriamoci se smettevo. Poi un giorno Estela, la mia ragazza spagnola, mi disse "se vuoi correre, corri pure, ma non quando ci sono a bordo io perché ho paura", così quando ero in macchina con lei non correvo, ma la svolta vera a propria c'è stata quando un'altra ragazza mi disse "se corri in macchina ti puoi ammazzare e questo forse a te non importa, ma pensa che rischi di ammazzare qualcuno che se ne va tranquillo per la sua strada". Lei aveva in quel momento la mia massima attenzione e mi aveva mostrato quello che poteva accadere. Da quel giorno smisi di correre in macchina.
    Non offendiamoci se i figli non ci ascoltano e non smettiamo mai di dialogare con loro, ma chiediamo anche ad altri di sottolineare i principi che insegniamo loro, prima o poi ascolteranno e modificheranno i loro atteggiamenti negativi.