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  1.  

    Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù

    Riprendere fiato

    Ogni sera, prima di cena, ci riuniamo con i ragazzi. Ognuno di noi durante il giorno è preso da mille attività: Roberta si muove tra un carrello della spesa e un documento per bimbi passando attraverso i colloqui con i professori; Carmela in giro per portare materiale, accompagnare un bimbo a scuola, andare a prendere i ragazzini del diurno; io impegnato in ufficio per la promozione dell'Associazione e dell'affido, impelagato in mille beghe per la difesa dei diritti dei bambini, intento a dialogare con chi abbia bisogno di noi o possa aiutarci a crescere; i ragazzi a scuola, chi alle elementari, chi alle medie e chi alle superiori, ed anche loro in corsa schivando un compito, facendosi aiutare nella lezione, giocando con i più piccoli, trovando scuse per le marachelle combinate. Tutti giriamo come trottole, tutti felicemente sposati con la causa che è per noi una scelta di vita. Ma arriva un momento della giornata in cui tutto viene ricondotto ad un momento, diverso da ciascuno, in cui rientriamo in casa. I più piccoli con Roberta alle sette e mezzo, doccia e cena; i più grandi verso le otto dopo aver accompagnato qualche bimbo a casa o aver preso le paste dai bar della zona; io non ho orari, ma cerco di essere a casa sempre prima delle otto e mezzo. Ancora un po' di trambusto in casa per la preparazione della cena, per qualche avvertenza per il giorno dopo, per una risata o una preoccupazione della giornata, ma appena ognuno ha terminato le sue incombenze ci sediamo in salotto, in cerchio e aspettiamo. Aspettiamo il silenzio, il momento della pace dopo la tempesta. Ed ecco si inizia. Si legge la frase del giorno, uno dei ragazzi inizia il suo commento e la discussione prende forma. Talvolta in maniera sonnolenta, altre volte con grande brio, a seconda dell'argomento e del livello di stanchezza della giornata. Ma non passa giorno che non ci riuniamo attorno a Gesù, chiediamo a lui l'ispirazione, di aprirci il cuore, di farci capire i nostri errori, di donarci i suoi valori, di darci un consiglio su come affrontare la vita.
    Ecco, questo è il nostro momento magico, il momento più bello della giornata, il momento in cui siamo tutti riuniti, come pecorelle che durante il giorno hanno brucato nel proprio pezzetto di terreno ed alla sera tornano stanche all'ovile, accudite dal Buon Pastore.
    Momenti magici, la nostra forza per andare avanti, per piangere, ridere, sospirare, leccarsi le ferite, brontolare, elogiare. Tutto è dialogo. Tutto è amore. Amore grande

  2.  

    Addì 9 febbraio 2014

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: " Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini.
    Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte,
    né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa.
    Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli

    Matteo 5,13-16

  3.  

    Voi siete il sale della terra

    Poter essere Bambini

    Immaginatevi di andare al mare, tuffarvi in acqua e uscirne senza sentire il sapore del sale sulla pelle, oppure pensate di mettere sale nella pasta e sentirla completamente sciocca, aggiungere sale a volontà e continuare a sentirla insipida.
    Provate a tornare indietro nel tempo, a quando eravate bambini e pensate per un momento di avere vicino i vostri genitori ma di non sentire accudimento da parte loro, non vederli mai sorridere, sempre a litigare, il babbo ubriaco, la mamma che rientra a casa la mattina alla sei, incapaci di dimostrare il loro amore per voi. Un genitore che non protegge il figlio è come il sale che non insaporisce le nostre pietanze.
    A molti sembrerebbe impossibile mangiare senza sale, così come a tutti noi sembra impossibile che un papà ed una mamma possano violentare un figlio, non amarlo, abbandonarlo, mandarlo a rubare, lasciarlo tutto il giorno fuori casa non preoccupandosi di sapere con chi trascorre il suo tempo o cosa faccia. Eppure ci sono oltre un milione di bambini in queste situazioni di disagio e ogni anno aumentano perché essi stessi, già a sedici anni diventano quasi sempre genitori incapaci di amare. Ma cos'altro hanno imparato dalla vita? Chi era con loro per far vedere che esiste un'altra realtà possibile? Siamo tutti chiamati a dare il sale a questi bambini, privati del bene più prezioso, quello di poter essere bambini

  4.  

    Addì 10 febbraio 2014

    Compiuta la traversata, approdarono e presero terra a Genèsaret.
    Appena scesi dalla barca, la gente lo riconobbe, e accorrendo da tutta quella regione cominciarono a portargli sui lettucci quelli che stavano male, dovunque udivano che si trovasse.
    E dovunque giungeva, in villaggi o città o campagne, ponevano i malati nelle piazze e lo pregavano di potergli toccare almeno la frangia del mantello; e quanti lo toccavano guarivano

    Marco 6,53-56

  5.  

    Quanti lo toccavano guarivano

    Sentirsi a casa

    Una bella idea spesso ricorrente nelle persone venute a trovarci è quella di sentirsi a casa, in famiglia con noi. Una mia amica del Veneto, molto tempo fa, quando veniva a trovarci e vedeva le Apuane in lontananza sentiva di essere vicina ad arrivare a casa. Non siamo maghi, non ci sono promesse o accordi sottobanco, non si fanno sconti se ci viene richiesto un parere, abbiamo il nostro carattere, le nostre abitudini particolari, ma qui da noi in molti trovano tanto amore, quel sentimento puro scaturito dall'anima di un bambino. Andrea con i suoi occhi grandi pieni di luce, Nikita desiderosa di farsi coccolare e guardare mentre balla, Valeria introversa come pochi ma pronta ad aprirsi a chiunque le doni un sorriso, Eleni dolcissima con i bambini, Bruno solare e anfitrione, Liyone più chiuso ma grande amico di chi è pronto a condividere qualche attimo della propria vita, Mattia dolcissimo nel suo non parlare bene ma capace di farsi intendere con la lingua del cuore. Tutti a modo loro contribuiscono a fare della nostra casa, ovunque si trovino, un posto speciale, accogliente con tutto il calore di una famiglia. Sono loro a fare la differenza, ed anche se con il tempo qualche nome cambia, rimane nell'aria il profumo del suo passaggio, la gioia di aver condiviso insieme un pezzetto di strada, la bellezza di un sorriso rimasto impresso sulla carta ormai sbiadita di una foto. Regali, regali immensi pieni di sentimenti impacchettati da ciascun bimbo come doni da lasciare a coloro che venendo a trovarli sfidano stanchezza, tempo, distanze, intemperie, preconcetti e si mettono in discussione per loro, con loro.
    Un amico un giorno disse "siamo venuti a servire, e siamo stati serviti". Questo è ciò che accade nel mondo, inviati a servire il prossimo ci ritroviamo ad essere accuditi ed amati da tante persone; questo è ciò che accade in casa nostra e che dovrebbe accadere in ogni casa. Chi varca il cancello di casa nostra non sarà più lo stesso perché non si può rimanere indifferenti dall'onda d'urto che ci investe quando l'amore di tanti bimbi si riversa su di noi. Pensate, o voi che entrate e poi uscite, a quanto sia bello coltivare uno di questi meravigliosi fiori nel vostro giardino accogliendo un bimbo in affidamento.
    Vi aspettiamo, la strada per arrivare da noi potrà anche essere tortuosa, ma alla fine del viaggio ci sarà un calice traboccante di affetto ad attendervi.

  6.  

    Addì 11 febbraio 2014

    Allora si riunirono attorno a lui i farisei e alcuni degli scribi venuti da Gerusalemme.
    Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani immonde, cioè non lavate -
    i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavate le mani fino al gomito, attenendosi alla tradizione degli antichi,
    e tornando dal mercato non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, stoviglie e oggetti di rame -
    quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani immonde?».
    Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto: Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me.
    Invano essi mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini.
    Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini».
    E aggiungeva: «Siete veramente abili nell'eludere il comandamento di Dio, per osservare la vostra tradizione.
    Mosè infatti disse: Onora tuo padre e tua madre, e chi maledice il padre e la madre sia messo a morte.
    Voi invece andate dicendo: Se uno dichiara al padre o alla madre: è Korbàn, cioè offerta sacra, quello che ti sarebbe dovuto da me, non gli permettete più di fare nulla per il padre e la madre, annullando così la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte»

    Marco 7,1-13

  7.  

    Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me

    Grandi sorrisi e coltelli alla schiena

    Tante le persone incontrate sul nostro cammino, molte delle quali sono diventati amici veri e sinceri, ma purtroppo la falsità e l'opportunismo regnano sovrani. Come sarebbe bello potersi fidare l'uno dell'altro, chiarirsi quando ci sono cose che non si capiscono o non si condividono, imparare a dire pane al pane e vino al vino senza timori. Il mondo funzionerebbe sicuramente meglio. Ai ragazzi cerco sempre di insegnare a non essere "di facciata", a non chinare il capo per ottenere qualcosa, a non avere fretta nel raggiungimento di uno scopo se questo è condizionato a doversi allineare con un pensiero comune. Quanti amici ho perso, se amici si potevano chiamare, per le miei idee, ma sopratutto per aver avuto il coraggio di mostrarle e farle valere, anche andando contro tutto e tutti. Un avversario dovrebbe essere contento di trovare chi combatte con sincerità, dovrebbe rispettarlo, dialogare, trovare dei punti di accordo. Ed invece spesso è scontro a distanza, nascosti dietro lo stipite della porta di un ufficio pubblico, trincerati dietro il potere di una scrivania, incapaci di confrontarsi onestamente. Peccato, con i rapporti sinceri potremmo vivere tutti molto meglio e fare di questo mondo un luogo dove vivere in pace e letizia, pur con idee diverse. Oggi invece sembra che se non sei schierato con una delle parti in campo, tu sia uno stolto, uno che non merita nessun riguardo. Quante volte, da più parti, mi sono sentito dire "schierati", e ad un mio secco rifiuto si poteva leggere sulla faccia del mio interlocutore un segno di grande disapprovazione. Sciocchi, io sono già schierato, e non perdo occasione per dirlo con estrema onestà e sincerità, schierato dalla parte dei Dio e dalla parte dei bambini. Qualche sacerdote non ci ama? Pazienza, ce ne faremo una ragione. I politici ci snobbano? Pazienza cammineremo senza loro come abbiamo fatto per ventisette anni. La cosa che mi fa felice è avere tanti amici di ogni schieramento politico, cattolici e di altra fede, atei ed agnostici, amici con le proprie idee per i quali c'è un profondo e reciproco rispetto, con i quali lottare per i principi condivisi e dialogare su ciò che vediamo in maniera differente.
    Siamo pronti a camminare a braccetto con chiunque desideri aiutare i bambini e rispetti le nostre idee, pur non condividendole.

  8.  

    Addì 12 febbraio 2014

    Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e intendete bene:
    non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo; sono invece le cose che escono dall'uomo a contaminarlo».
    Quando entrò in una casa lontano dalla folla, i discepoli lo interrogarono sul significato di quella parabola.
    E disse loro: «Siete anche voi così privi di intelletto? Non capite che tutto ciò che entra nell'uomo dal di fuori non può contaminarlo, perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va a finire nella fogna?». Dichiarava così mondi tutti gli alimenti. Quindi soggiunse: «Ciò che esce dall'uomo, questo sì contamina l'uomo.
    Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive: fornicazioni, furti, omicidi,
    adultèri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza.
    Tutte queste cose cattive vengono fuori dal di dentro e contaminano l'uomo»

    Marco 7,14-23

  9.  

    Sono le cose che escono dall'uomo a contaminarlo

    Siamo nemici di noi stessi

    Stiamo sempre molto attenti nell'evitare il contatto con quelli che stimiamo essere dispensatori di problemi per la nostra società, evitiamo con cura e diligenza di sporcarci le mani curando le piaghe di un barbone sul ciglio di una strada, abbandoniamo al loro destino i tanti bambini denutriti e violentati, passiamo distante da ospizi ed ospedali per non dover guardare in faccia la sofferenza, buttiamo fuori di casa i nostri anziani genitori attendendo la loro morte per poi ereditare. Tutto questo per cercare di apparire belli e buoni, non avere problemi, indossare l'aureola del santo trovando mille scuse convincenti. Così allontanare gli immigrati non è razzismo, è cura dei propri giovani; non fermarsi ad accudire un barbone non è menefreghismo, è fretta di corre a casa a fare il buon genitore; non accogliere un bambino non è paura di vederlo andare via, è lasciarlo all'affetto della sua famiglia.
    Che stolti che siamo. Non è ciò che proviene dall'esterno a contaminarci perché non c'è sporcizia che non possa essere lavata con una bella doccia, dolore che non possa essere affrontato con un giusto percorso. Ciò che contamina il nostro cuore, l'intimo della nostra anima, è tutto quello che proviene dal di dentro: egoismo, razzismo, avarizia, rancore, vendetta. Sono queste le cose che dovremmo temere e combattere perché i veri nostri nemici, che possono farci tanto del male, siamo noi stessi.

  10.  

    Addì 13 febbraio 2014

    Partito di là, andò nella regione di Tiro e di Sidone. Ed entrato in una casa, voleva che nessuno lo sapesse, ma non potè restare nascosto.
    Subito una donna che aveva la sua figlioletta posseduta da uno spirito immondo, appena lo seppe, andò e si gettò ai suoi piedi.
    Ora, quella donna che lo pregava di scacciare il demonio dalla figlia era greca, di origine siro-fenicia.
    Ed egli le disse: «Lascia prima che si sfamino i figli; non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini».
    Ma essa replicò: «Sì, Signore, ma anche i cagnolini sotto la tavola mangiano delle briciole dei figli».
    Allora le disse: «Per questa tua parola va, il demonio è uscito da tua figlia».
    Tornata a casa, trovò la bambina coricata sul letto e il demonio se n'era andato

    Marco 7,24-30

  11.  

    Tornata a casa, trovò la bambina coricata sul letto e il demonio se n'era andato

    Amore è ...

    Quando vado a pescare con i miei bimbi e buttiamo le reti in mare c'è sempre gioia grande, una notte di attesa per sapere quali pesci il mare ci donerà. Salpare le reti poi è un'emozione che cresce man mano che ogni metro viene issato a bordo, tirare in barca un pesce suscita commenti di ogni genere dal "oh che bella orata" al "oh no ancora una sarpa", dal "attento a dove metti le mani, è in arrivo uno scorfano" al "dai qualche altro muggine e facciamo un buon sugo".
    Emozioni che tutti noi proviamo quotidianamente nella vita nell'allevare un figlio, oppure quando facciamo dello sport, o svolgendo con passione il lavoro di una vita. Ogni momento può succedere di tutto, nel bene e nel male, ma chi crede in ciò che sta facendo e ci mette il cuore non pensa alle cose negative, ai nodi della rete che dovrà sbrogliare, ai buchi da riparare, ai ricci da ributtare in mare, pensa a ciò che conquisterà, al bel pesce da mostrare agli amici, fotografare, condividere in tavola, perché amore è questo, pensare sempre in positivo e condividere con gli altri i risultati per far festa insieme

  12.  

    Addì 14 febbraio 2014

    Di ritorno dalla regione di Tiro, passò per Sidone, dirigendosi verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.
    E gli condussero un sordomuto, pregandolo di imporgli la mano.
    E portandolo in disparte lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua;
    guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e disse: «Effatà» cioè: «Apriti!».
    E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.
    E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo raccomandava, più essi ne parlavano
    e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti!»

    Marco 7,31-37

  13.  

    Fa udire i sordi e fa parlare i muti

    Farsi ascoltare dai figli

    Nel dialogo con i ragazzi si crea un buon rapporto se chini la testa e qualunque cosa facciano gli dici che va bene, se li lasci fare, ma quando ritieni che una cosa non vada bene e ti permetti di esprimerlo, ecco che sei quello che non li capisce, non li accetta, che qualunque cosa facciano non ti stia bene. Con gli adolescenti sembra di essere sempre in guerra, attenti a cosa si dice, attenti anche a come si guardano, a cosa concediamo e cosa rifiutiamo. Sono bravissimi ad accettare il dialogo quando ci troviamo d'accordo, ma non appena c'è una contrarietà sbattono la porta e se ne vanno o mettono il muso e a malapena ti salutano, magari anche trattenendosi la risata se fai una battuta pur di non dartela vinta, pur di non far vedere una minima apertura verso di te. Ma come, non era quel ragazzo quello che ieri diceva "dialoghiamo", quello che criticava coloro che rifiutavano di parlare mettendo il muso o andando letto prima, non era quel ragazzo quello che ti diceva "qualunque cosa dici la dici per il mio bene ed io l'accetterò?".
    Verrebbe la voglia di dire a questo ragazzo: vai pure per la tua strada, fai tutto, ma proprio tutto, quello che vuoi, così almeno evitiamo di ferirci, almeno facciamo si che ci sia un po' di serenità in casa, anche se poi nel nostro animo divampa il fuoco perché li vediamo rovinarsi con le proprie mani perché magari irretiti da fidanzate o fidanzati che sicuramente faranno loro del male. Questo è ciò che vogliono, essere lasciati in pace di fare qualsiasi cosa passi loro per il cervello, frequentare chiunque vogliano, avere il massimo della libertà. Come sarebbe bello se il mondo fosse così. E se è vero che la famiglia, come è vero, è una palestra per creare in situazione protetta una parvenza di ciò che accadrà nella vita di adulti, i ragazzi dovrebbero cominciare ad imparare, ad ascoltare, ad elaborare consigli e rimproveri. Un babbo o una mamma che non dice come la pensa al proprio figlio, anche se questo vuole dire avere delle discussioni e dei musi lunghi per giorni, non è un genitore che educa. Bisogna lasciarli liberi, è vero, ma quando vediamo che vanno a buttarsi in un precipizio che dobbiamo fare? Lasciare che si ammazzino per poi dire "te lo avevo detto?".
    Una nostra amica ha tre figlie, la più grande della quale si mise con un ragazzo tunisino che aveva qualche problema. I genitori in piena libertà l'hanno lasciata fare per timore che dicendo qualcosa sarebbero nate liti e discussioni. Questa ragazza è andata a convivere con il tipo, ha avuto un figlio e tante, ma proprio tante, botte, polizia in casa spesso e volentieri, incriminazione per droga perché in una retata hanno trovato in casa degli stupefacenti. Non contenta la ragazza ha continuato a vederlo, ad avere rapporti con lui, ad essere presa a botte, ed è rimasta incinta una seconda volta. E' la storia di tante ragazze che si innamorano di chi è bello e gentile con loro, che le blandisce esaltando la loro femminilità, facendole sentire importanti per poi approfittarsi di loro nel modo più bieco, mettendole contro la propria famiglia. Quale rapporto può essere considerato buono se parte con questi presupposti? Se fossi stato il padre di questa ragazza non le avrei impedito di vedere il suo bel ragazzo tunisino, ma avrei detto comunque come la pensavo sperando di essere ascoltato. Se poi lei avesse voluto continuare a seguire la sua strada legandosi sempre di più a lui, le sarei stato vicino comunque in tutti i modi possibili e immaginabili accogliendo le sue lacrime quando un giorno avesse scoperto che delinquente aveva accolto nel suo cuore.
    Se una persona è sorda noi possiamo continuare a parlare quanto vogliamo, ma lei non capisce, non sente, non ascolta. Deve farsi male, sbattere la faccia contro il muro, cadere per terra, ma il problema è, come è successo alla figlia della nostra amica, che certi colpi sono troppo forti e ti segnano per sempre rovinandoti la vita. Noi genitori siamo lì per aprire loro occhi e orecchi nella speranza che ascoltino, ma se sono sordi non possiamo fare nulla se non chiedere al buon Dio che stenda la sua mano e li faccia udire e vedere la realtà.

  14.  

    Addì 15 febbraio 2014

    In quei giorni, essendoci di nuovo molta folla che non aveva da mangiare, Gesù chiamò a sé i discepoli e disse loro:
    «Sento compassione di questa folla, perché gia da tre giorni mi stanno dietro e non hanno da mangiare.
    Se li rimando digiuni alle proprie case, verranno meno per via; e alcuni di loro vengono di lontano».
    Gli risposero i discepoli: «E come si potrebbe sfamarli di pane qui, in un deserto?».
    E domandò loro: «Quanti pani avete?». Gli dissero: «Sette».
    Gesù ordinò alla folla di sedersi per terra. Presi allora quei sette pani, rese grazie, li spezzò e li diede ai discepoli perché li distribuissero; ed essi li distribuirono alla folla.
    Avevano anche pochi pesciolini; dopo aver pronunziata la benedizione su di essi, disse di distribuire anche quelli.
    Così essi mangiarono e si saziarono; e portarono via sette sporte di pezzi avanzati.
    Erano circa quattromila. E li congedò.
    Salì poi sulla barca con i suoi discepoli e andò dalle parti di Dalmanùta

    Marco 8,1-1

  15.  

    Essendoci di nuovo molta folla che non aveva da mangiare

    Mi sento in colpa

    Esco di casa in bicicletta ogni mattina e vedo tanta miseria attorno a me. Barboni raggomitolati tra cartoni e coperte sotto gli androni delle chiese, anziani che con pudore ti avvicinano per chiedere una moneta per una bevanda calda, ragazzi di colore giovanissimi infreddoliti piegati sotto il peso di fazzoletti e ombrelli che inutilmente cercano di vendere fermando i passanti. Mani stese dappertutto e non sai a chi dar retta, chi aiutare e cinicamente vai avanti, tanto da non farci più nemmeno caso. Ma dietro a quella mano, dietro al braccio c'è un cuore che batte, una persona con dei sentimenti, un uomo o una donna provati da una vita fatta di stenti. Mi si stringe il cuore nel vedere questo esercito di disperati, pensare a quanti ce ne sono in situazioni simili o peggiori, pensare alla mia bella vita, al mio passato pieno di agiatezze, al mio presente senza dove pensare a cosa mangiare o dove andare a dormire. Mi sento in colpa nei loro confronti, voi no? Mi sento in colpa ogni volta che non posso accogliere un bambino, quando non posso dare quanto richiestomi. Vorrei, vorrei, vorrei, e ci soffro terribilmente. Il Signore si commosse davanti alla folla di persone che non avevano cibo e da sette pani diede da mangiare ad una folla immensa. Prego Gesù ogni giorno affinché trasformi i miei sette pani in cibo per i poveri, case per i senza tetto, famiglie per i bambini maltrattati.

  16.  

    Addì 16 febbraio 2014

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: " Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento.
    In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto.
    Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli.
    Poiché io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.
    Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio.
    Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna.
    Se dunque presenti la tua offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te,
    lascia lì il tuo dono davanti all'altare e và prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono.
    Mettiti presto d'accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l'avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione.
    In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all'ultimo spicciolo!
    Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio;
    ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha gia commesso adulterio con lei nel suo cuore.
    Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna.
    E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geenna.
    Fu pure detto: Chi ripudia la propria moglie, le dia l'atto di ripudio;
    ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all'adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio.
    Avete anche inteso che fu detto agli antichi: Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti;
    ma io vi dico: non giurate affatto: né per il cielo, perché è il trono di Dio;
    né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran re.
    Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello.
    Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno

    Matteo 5,17-37

  17.  

    Lascia lì il tuo dono davanti all'altare e va prima a riconciliarti con il tuo fratello

    Bacio della buonanotte

    Da sempre vige un principio in casa nostra, un insegnamento della mia mamma "fai sempre la pace prima di andare a letto". Non è sempre facile riuscirci, specie quando ci sono scontri accesi e dolorosi, ma pensate a quanto si stia male nell'essere divisi, nel cercare pace e tranquillità nel buio della notte per un meritato riposo e non trovarne perché gli animi sono riscaldati. In questi giorni ci sono state delle incomprensioni tra me ed uno dei ragazzi legate, assurdo dirlo, al tanto amore. Mi sono reso conto di aver fatto un errore e stavo male perché non riuscivo a trovare equilibrio dentro me e andare oltre una certa situazione. Ho provato, con scarsa convinzione, a far si che in casa tornasse il sereno, ma per diversi giorni non sono riuscito. Siamo andati a dormire tante volte dandosi a malapena la buonanotte ed il nervoso, complici anche le notti insonni, portava sempre più malumore e tristezza, benzina sul fuoco di un incendio ormai divampato. E' bastato poco per chiarirsi, per chiedere scusa, per ritrovare la serenità perché alla base del nostro rapporto c'è Amore con la A maiuscola, ma quello che più mi è piaciuto in questo lieto fine è stato ciò che mi ha detto questo ragazzo "Mi hai contagiato. Fino a poco tempo fa restavo arrabbiato per giorni e giorni e non volevo assolutamente fare pace. Adesso, appena ho litigato, sento il forte impulso a rappacificarmi con quella persona, e se non si trova l'opportunità di farlo ci sto male, a prescindere dall’aver torto o ragione". Alla base della matematica ci sono nove postulati o assiomi, principi sui quali si basa la matematica intera, dati di fatto empiricamente osservati ma indimostrabili e quindi presi per veri in quanto esistenti. Anche in casa nostra ci sono degli assiomi, due di questi, che devono essere sempre ben chiari ai miei ragazzi, è che qualunque cosa facciano o dicano non mi deluderanno mai e non mi perderanno mai. Se anche coloro che se ne sono andati sbattendo l’uscio di casa dovessero un giorno tornare troveranno la porta aperta al dialogo, ed anche se avessero fatto scelte sbagliate potrà esserci disapprovazione della vita che hanno intrapreso, ma mai la delusione per ciò che hanno dentro per un motivo ben preciso: non ho aspettative ma tante speranze. Non pretendo niente dai miei ragazzi e questo mi permette di accettarli per come sono, con errori e successi. Dispiacersi per certi comportamenti è normale e giusto, ma mai sarà delusione. Se un ragazzo lascia la scuola potrò oggi piangere per lui e domani con lui, ma sarà stata una sua scelta che rispetterò per l'Amore che provo per lui, e così in ogni altra strada che decideranno di prendere. Ciò non significa accettare passivamente quello che penso possa essere il male che stanno facendo a sé stessi, anzi mi troveranno "brontolone" fin tanto che avranno la forza e la pazienza di ascoltare le mie critiche, ma mai li allontanerò pur lasciandoli andare quando vorranno farlo. Il significato della parola Amore è proprio questo, accettare l'altro incondizionatamente pur non riservando anche aspre critiche a certi comportamenti o scelte di vita, ma non come imposizioni, bensì come consigli accettando di camminare insieme anche nel caso che i consigli restino completamente inascoltati.
    I ragazzi sono bravissimi a farsi male da soli e noi adulti, per un po' di esperienza in più della vita, vediamo più lontano di loro e siamo certi, a volte anche sbagliando, delle pene cui stanno andando incontro, ma possiamo e dobbiamo solo dirglielo, non abbiamo il diritto di fermarli, ed essere poi pronti a raccoglierne i cocci allorquando dovessero cadere e ferirsi.

  18.  

    Addì 17 febbraio 2014

    In quel tempo, vennero i farisei e incominciarono a discutere con lui, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova.
    Ma egli, traendo un profondo sospiro, disse: «Perché questa generazione chiede un segno? In verità vi dico: non sarà dato alcun segno a questa generazione».
    E lasciatili, risalì sulla barca e si avviò all'altra sponda

    Marco 8,11-13

  19.  

    Non sarà dato alcun segno a questa generazione

    Insicurezze

    C'è tanta insicurezza nelle persone. Ognuno ha bisogno di toccare con mano la realtà e si chiedono segni agli altri per rafforzare la nostra sicurezza. Quante volte ho assistito a scene paranoiche dove in una coppia uno chiedeva all'altro dimostrazioni continue di affetto. E' giusto corteggiare sempre il proprio partner perché in un rapporto di coppia bisogna sempre scoprire cose nuove, sollecitare l'amore, rinforzare il rapporto, ma spesso ogni limite viene superato e si resta un po' bambini con la necessità di sicurezza e protezione. Avviene così anche con Dio, ma quando un bambino cresce e comincia a fidarsi dei propri genitori si lascia prendere per mano e condurre ovunque, e così dovremmo fare con il Signore fidandosi del suo amore per noi anziché chiedere costantemente segni dal cielo.
    I bimbi arrivati in affidamento hanno tali e tante carenze affettive da aver continuamente bisogno di rassicurazioni, anche quando diventano grandi, così che anche una brontolata diventa per loro un segno tangibile del nostro amore per loro, ma il nostro compito è quello di donare sicurezza e devono pian piano capire che ci saremo sempre per loro, anche quando dovessero andare via perché tornano nelle famiglie di origine, o per andare sul percorso di vita scelto e desiderato. Dico spesso ai ragazzi che non è importante la quantità, bensì la qualità di un rapporto e di non cercare continuamente segni di affetto, ma di valutare le manifestazioni ricevute come vere ed autentiche.

  20.  

    Addì 18 febbraio 2014

    In quel tempo, i discepoli avevano dimenticato di prendere dei pani e non avevano con sé sulla barca che un pane solo.
    Allora egli li ammoniva dicendo: «Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!».
    E quelli dicevano fra loro: «Non abbiamo pane».
    Ma Gesù, accortosi di questo, disse loro: «Perché discutete che non avete pane? Non intendete e non capite ancora? Avete il cuore indurito?
    Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? E non vi ricordate, quando ho spezzato i cinque pani per i cinquemila, quante ceste colme di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Dodici».
    «E quando ho spezzato i sette pani per i quattromila, quante sporte piene di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Sette».
    E disse loro: «Non capite ancora?»

    Marco 8,14-21

  21.  

    Avete il cuore indurito? E non vi ricordate?

    Vivevo nelle favelas, ora sono in Italia, ma mi manca la mia mamma

    "Ciao sono Pelusa, nata un po' di anni fa nelle favelas argentine in mezzo a tanti, tantissimi bambini come me. Il mio papà non l'ho mai conosciuto, ma avevo tanti amici di mamma che mi portavano regali e poi mi dicevano "sshhh, stai buona qui e gioca, io e la tua mamma abbiamo da fare". Avevo fame e piangevo, ma non c'era mai nulla da mangiare, quando un pezzo di pane tanto duro da dividere con i miei fratelli, quando una tortilla portata da una signora in divisa. Sentivo la mia mamma piangere di notte. Un pomeriggio tanto caldo venne la signora in divisa ma non portò nulla da mangiare, parlò con mia madre, le dette qualcosa, mi prese per mano e mi porto' via. Avevo il naso appiccicato al vetro della macchina e vedevo mamma che piangeva inginocchiata per terra e non capivo cosa stesse succedendo. Non la rividi mai più. Arrivai in casa della signora, entrai in una stanza bellissima con tanti giochi, mi fecero un bagno in una vasca grandissima, era la prima volta per me. Guardavo tutto con grandissima meraviglia e non riuscivo a chiudere la bocca tenendo gli occhi sbarrati. Il giorno dopo mi vestirono con un vestitino bellissimo che ancora ricordo, sembravo una di quelle bambole che avevo visto nella stanza dei giochi il giorno prima, magari anche loro erano state bambine come me. Stavo a sedere e accanto a me la signora in divisa che però non aveva più la divisa, ma un vestito elegante, da gran signora. Suonarono alla porta ed un amico della signora andò ad aprire. Sulla porta c'erano un uomo e una donna che si tenevano per mano, lei faceva grandi smorfie e sorrisi mentre mi guardava, lui era più serio e un po' mi faceva paura. Andai via con loro, non ricordo cosa mi dissero, ma la donna cominciò a parlare e parlare mentre mi allontanavo da quella bella casa in una macchina tutta gialla. Avevo sempre visto gli aerei in alto e non sapevo che fossero così grandi. Avevo paura mentre salivamo, ma non dissi nulla, non piansi. Le nuvole erano sotto di noi, poi vidi il mare, grande, grandissimo ed il paesaggio cambiava di continuo. Passò tanto tempo e mi addormentai. Al mio risveglio ero in un letto vero, tutto profumato e avevo addosso un vestitino leggero leggero, ma non avevo freddo. Piansi e subito venne la donna. Ricordo di quella casa che piangevo sempre, volevo tornare dalla mia mamma. Con il passare del tempo sentivo l'uomo e la donna litigare sempre più spesso ed in maniera sempre più forte fin quando un giorno la porta sbatté violentemente. Avevo paura e restai in un angolino della mia stanza a piangere. Non rividi più l'uomo e dopo qualche giorno la signora mi portò in un posto dove c'erano tanti bambini: l'orfanotrofio. Sono stata lì per tre anni e mi hanno fatto delle cose brutte.
    Avevo otto anni quando dall'Italia vennero a prendermi Alberto e Michela. Li avevo conosciuto qualche mese prima, mi avevano portato tanti regali ed erano rimasti con me per un po' di tempo. Poi sono tornati in Italia promettendomi di ritornare. E così hanno fatto. All'inizio era tutto bellissimo. Avevo un fratellino della mia stessa età, ed un altro nella pancia della mia nuova mamma. Andavo a scuola, giocavo e tutti mi riempivano di sorrisi. Poi nacque Marco e nessuno voleva più giocare con me e io mi arrabbiavo. Tutti mi brontolavano e sempre più spesso Alberto e Michela mi portavano in bagno e mi picchiavano dicendomi che ero una bambina cattiva. Sono stata con loro tre anni fino a quando non mi hanno mandato via perché ero cattiva e stupida.
    Dopo di loro ho trovato la mia nuova famiglia, ora sono serena e ringrazio Dio per quello che ho ricevuto. Ho sofferto tanto, ma tutto fa parte del passato ormai. Penso spesso alla mia mamma, vorrei rivederla, domandarle perché ha lasciato che la signora in divisa mi portasse via da lei. Oggi sono felice, ho un fidanzatino, a scuola non ho nuovi voti ma tutti mi vogliono bene e con il mio babbo e la mia mamma facciamo tante cose. A volte mi brontolano, ma lo fanno per me, per farmi crescere".

    Tante le storie come quella di Pelusa, una bambina che in mezzo a mille privazioni ha raggiunto una tranquillità nella vita, uno dei tanti bambini maltrattati, sballottati da una parte all'altra per l'egoismo di noi adulti.
    Storie come questa dovrebbero farci capire non solo quanto bisogno ci sia di mettersi in gioco, di aprire la porta del nostro cuore e della nostra casa a tanti bambini, ma sopratutto dovrebbero farci riflettere sul nostro passato dorato, fatto di una casa confortevole, un papà ed una mamma che ci adoravano, vestiti sempre puliti e tavola imbandita a pranzo e cena. Oggi abbiamo delle difficoltà? Non troviamo lavoro, i figli non ci danno le soddisfazioni che vorremmo, litighiamo con nostra moglie o nostro marito? Pensiamo a quanto abbiamo ricevuto, a come il Signore abbia sempre provveduto alle nostre necessità e ci abbia fatto superare ogni ostacolo incontrato nel percorso di vita. Perché dovrebbe essere diverso oggi? Perché continuiamo a brontolare, a guardare verso il cielo bestemmiando perché Dio non vuole aiutarci? Non lo ha già fatto forse dandovi un passato che migliaia di bambini pagherebbero con tutto l'oro del mondo? Non vi ha sfamato, dato la gioia dei figli, il piacere di un compagno, una casa dove costruire una vita insieme? Le difficoltà passeranno, basta avere fede e sopratutto non dimenticarsi mai del proprio passato perché abbiamo solo da ringraziare per i doni che ci sono stati elargiti a piene mani.

  22.  

    Addì 19 febbraio 2014

    Giunsero a Betsàida, dove gli condussero un cieco pregandolo di toccarlo.
    Allora preso il cieco per mano, lo condusse fuori del villaggio e, dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: «Vedi qualcosa?».
    Quegli, alzando gli occhi, disse: «Vedo gli uomini, poiché vedo come degli alberi che camminano».
    Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente e fu sanato e vedeva a distanza ogni cosa.
    E lo rimandò a casa dicendo: «Non entrare nemmeno nel villaggio»

    Marco 8,22-26

  23.  

    Allora preso il cieco per mano, lo condusse fuori del villaggio

    Tanti i bambini ciechi nel nostro villaggio

    In molti pensano che l'affidamento sia rapire un bambino, portarlo lontano dalla propria casa con violenza, strapparlo all'affetto dei genitori e dei parenti, ma non è così.
    Quando si arriva ad un affido è perché in casa ci sono stati certi problemi per i quali il bambino va sostenuto ed aiutato a crescere in un periodo difficile della sua vita. Perché non aiutarlo in casa? Semplice, perché manca la tranquillità necessaria per farla, il bimbo è distratto e talvolta impaurito e preoccupato da ciò che ha visto accadere, o ha subito, i casa propria. E' quindi assolutamente necessario condurlo fuori casa, fargli respirare un ambiente diverso con regole precise e ordine nella sua quotidianità. E' in un ambiente diverso che potremo aprire i suoi occhi, quegli occhi che ha sempre tenuto chiusi per non vedere ciò che accadeva intorno a lui. Ci vuole tempo, non si riesce da subito a mostrargli la realtà perché la vita ancora gli fa paura e ha bisogno di tempo per adattarsi, scoprire che è protetto. Una volta recuperata la vista, e capito che oltre al suo mondo ne esiste un altro parallelo ben diverso da quello vissuto fino a quel giorno, potrà affacciarsi alla finestra di casa sua accompagnato per la mano dai suoi amici di famiglia, gli affidatari.
    Ci sarà poi chi lavora con la famiglia di origine per dare anche a loro un abbraccio, un aiuto per capire i propri errori o allontanare chi possa nuocere al bambino. Quando questo processo di riqualificazione sarà avvenuto, il bambino potrà rimettere piede in casa, guardarsi attorno, riprendere possesso dei suoi spazi e della sua famiglia.
    Tanti sono i bambini ciechi che ogni giorno prendiamo per mano, anche se spesso faticano ad aprire gli occhi, a credere che esista un mondo diverso da quello legato ai maltrattamenti, alla violenza domestica.
    Ci vuole tanto amore e una discreta quantità di tempo solo per far loro aprire gli occhi e guardare il mondo nella sua bellezza, con pregi e difetti, ma coccolato e protetto.
    Non ci spaventiamo dinanzi a questo difficile compito, apriamo le nostre porte ai tanti bimbi che ancora tengono gli occhi chiusi in preda alla paura e al terrore.

  24.  

    Addì 20 febbraio 2014

    In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti».
    Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.
    E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere.
    Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini»

    Marco 8,27-33

  25.  

    La gente, chi dice che io sia?

    Dove sono le nostre radici?

    Quasi tutti noi abbiamo un passato abbastanza tranquillo. Sappiamo chi sono i nostri genitori, i nonni, gli zii e tutta la schiera di parenti. Pochi o tanti che siano abbiamo ben chiara la nostra stirpe, le radici e ritroviamo una certa somiglianza, non solo fisica, con chi faccia parte del nostro ceppo familiare.
    Adesso per un attimo immaginatevi se tutto questo voi non lo aveste, se non sapeste chi è vostra madre né vostro padre, non sapeste la storia della famiglia, non ritrovaste nelle persone a voi vicine alcun carattere distintivo simile al vostro. Quale albero potrebbe stare in piedi senza radici? I ragazzi che vengono a da noi una famiglia spesso ce l'hanno, ma non sempre e alcuni di loro si attaccano con le unghie e con i denti a quel rapporto familiare tentennante. Capisco la loro insicurezza, ma li apprezzo per come riescano a ricrearsi un'identità ed è buffo, ma straordinariamente meraviglioso, quando sono orgogliosi di mostrare al mondo i loro difetti perché sono gli stessi che abbiamo noi, segno inequivocabile di appartenenza e di figliolanza ormai acquisita e conclamata.
    E' bello essere riconosciuti circa la nostra natura dalle le azioni che facciamo. E' bello per me quando mi dicono "assomiglia a tua mamma" oppure "hai gli stessi suoi gesti". Non si cresce mai per questo, si ha sempre il desiderio di mostrare le nostre radici al mondo e chi non ha questa fortuna deve ricrearsi un mondo, una famiglia dalla quale ripartire. Noi vogliamo essere questo per i ragazzi, un punto di riferimento non sono per il presente, ma anche per il loro passato, una sorta di certificato che permetta loro di sentirsi parte di qualcosa di importante, non tralasciando le loro origini, bensì integrandole con la nostra presenza. Ti manca un papà? Io sono quel papà. Ti mancano i cugini e i parenti? Divido con te i miei. Quando si dice che l'amore lo si deve dividere si parla anche di questa condivisione perché aprire una porta di casa non significa solo dare un letto ad un bambino, significa dargli una seconda famiglia.

  26.  

    Addì 21 febbraio 2014

    In quel tempo, convocata la folla insieme ai suoi discepoli, Gesù disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.
    Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà.
    Che giova infatti all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima?
    E che cosa potrebbe mai dare un uomo in cambio della propria anima?
    Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi».
    E diceva loro: «In verità vi dico: vi sono alcuni qui presenti, che non morranno senza aver visto il regno di Dio venire con potenza»

    Marco 8,34-38.9,1

  27.  

    Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua

    Ognuno ha la sua croce

    Ognuno ha la sua croce, i suoi problemi da portare ogni giorno sulle spalle. E' inutile bestemmiare e pensare a quanto siamo sfortunati perché la realtà è che nella vita un percorso senza ostacoli e senza preoccupazioni non esiste. Vedo ricchi con case ovunque, panfili e potere morire di tumore, avere figli nella droga, subire cause per divorzi, ed allo stesso modo vedo poveri che dormono in macchina o negli androni dei palazzi o delle chiese, oppure in televisione sentiamo di guerre, uccisioni di massa. Non c'è angolo dalla terra dove un uomo possa vivere senza problemi. C'è sicuramente qualcuno che ha meno asperità di altri e fa una vita più tranquilla, con meno scossoni, ed allora è suo dovere condividere il peso della croce di altri.
    Se vedete una donnina anziana, ingobbita sotto il peso degli anni trascinare con fatica i sacchetti della spesa, non vi viene voglia di aiutarla a trasportarli? E se vedete un barbone fare la fame ad un angolo della strada non vorreste dargli da mangiare ed un letto ove dormire? E se vedete un bambino malnutrito, picchiato, seviziato non viene voglia di prenderlo in affido? la so già la risposta di molti di voi. Ribrezzo per il barbone, tenerezza per donnina ma doveva comprare meno roba, ci pensino le istituzioni per il bambino. Facile parlare così quando non siete voi il bambino che anela ad un po' di amore, il barbone che muore di fare, la donnina curva che fatica a camminare, lo straniero deriso da tutti, il carcerato solo al mondo, il malato vicino alla morte. Facile dire che è toccato a loro e se la sbrighino. Prendete la croce di qualcun altro se la vostra non è troppo pesante perché in due la fatica non si sente ed il vostro cuore sarà più leggero perché se è vero che in tanti avranno avuto molte più tribolazioni di voi, non è colpa loro nella maggior parte dei casi e un domani potreste essere voi ad avere bisogno di aiuto. Con quale coraggio lo chiederete se site stati i primi a rifiutarlo al vostro prossimo?

  28.  

    Addì 22 febbraio 2014

    In quel tempo, essendo giunto Gesù nella regione di Cesarèa di Filippo, chiese ai suoi discepoli: «La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?».
    Risposero: «Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti».
    Disse loro: «Voi chi dite che io sia?».
    Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».
    E Gesù: «Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli.
    E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa.
    A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli»

    Matteo 16,13-19

  29.  

    Né la carne né il sangue te l'hanno rivelato

    Una stella che brilla

    Nell'affido i ragazzi che arrivano non sono figli nostri, hanno una loro famiglia, dei genitori, una loro storia che non ha nulla a che vedere con la nostra, ma quasi sempre si crea una situazione molto simile ad un miracolo. Quando due persone si incontrano, diventano amici oppure fidanzati o sposi costruiscono una famiglia e sperano sempre nasca quell'alchimia tale da potersi intendere sempre e comunque, ma dal numero dei divorzi è facile evincere che questo non accade molto spesso. Nell'affido, in questo particolare incontro di due anime messe insieme da Dio in maniera del tutto stramba e inusitata, il rapporto che nasce è quasi sempre di intesa perfetta. Vuoi che i bambini siano pronti ad ascoltare o vuoi perché necessitino di amore e dopo un po' di esitazione siano pronti a darne senza limiti, ma si crea un legame che ti fa capire con il cuore attraverso gli occhi le necessità l'uno dell'altro: Non con tutti è così, è naturale, ma accade molto spesso e non è raro il caso in cui il bambino percepisca gli affidatari come i veri genitori, la vera famiglia. Se da un punto di vista giuridico questa non è la cosa migliore che possa accadere, specie nei casi in cui il rientro in famiglia sia quasi certo, come si fa a bloccare il cuore di un bambino? Noi adulti, purtroppo, siamo in grado di mettere una maschera, di fingere di non provare nulla, di creare un distacco, ma come può un bambino non dirti "ti voglio bene" quando lo prova, non chiamarti "babbo o mamma" quando ne sente la necessità, non fare un disegno che raffiguri la sua famiglia dando il nome degli affidatari alle figure rappresentate, non parlare di quella famiglia con i propri compagni indicandola come il suo punto di riferimento.
    Il bambino è puro, supera ogni sbarramento con la forza dell'amore, tralascia le leggi scritte dagli uomini per adempiere quelle scritte dal cuore.
    E' il bello dell'affido e per quanto lo si voglia imbrigliare o imbavagliare l'amore uscirà dalle spine per dare luce alla nostra vita, e quando un bimbo se ne sarà andato dalla casa sarà perché quella luce è andata oltre diventando una stella che potremo osservare a distanza ed essere fieri di poter dire "se è lassù e brilla un po' è anche merito mio"

  30.  

    Addì 23 febbraio 2014

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: « Avete inteso che fu detto: "Occhio per occhio e dente per dente";
    ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guanciadestra, tu porgigli anche l'altra;
    e a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello.
    E se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne con lui due.
    Dà a chi ti domanda e a chi desidera da te un prestito non volgere le spalle.
    Avete inteso che fu detto: "Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico";
    ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori,
    perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti.
    Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani?
    E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?
    Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste»

    Matteo 5,38-48

  31.  

    Occhio per occhio e dente per dente

    Vendetta, vendetta, tremenda vendetta

    Secondo voi dove andiamo a finire se uno mi provoca ed io lo offendo, lui mi spintona e io gli do un pugno, lui prende un coltello e io una pistola? In molti gongolano affermando che la vendetta è un piatto che va mangiato freddo, come a dire che è cosa giusta, da intelligenti e furbi, da attendere con pazienza per poi sferrare il colpo di grazia. Intelligenti e furbi? Io direi idioti e stupidi. A cosa serve la vendetta? A farsi sangue amaro perché quando si fa del male a qualcuno prima o poi arrivano i rimorsi di coscienza; a far nascere propositi i vendetta in altri in una guerra senza fine; a rovinarsi la vita in moti casi, a far stare male persone che nulla hanno a che fare con i nostri problemi. Pensate a chi uccide per vendetta, al dolore dei familiari di questa persona uccisa, al dolore dei nostri familiari quando ci porteranno in prigione. Se non tutti ucciderebbero per vendetta, ma quasi tutti rovinerebbero la vita a chi l'ha rovinata a loro. Bravi, proprio bravi, così si fa per costruire un mondo migliore, questa è la strada per insegnare l'amore ai nostri figli, questa è la via più intelligente per risolvere una controversia. Pensate a quante ripicche si fanno, e questo è all'ordine del giorno, la maggior parte dei genitori separati o divorziati e su chi ricade tutto questo? Sui figli naturalmente, ma chi se ne importa, la cosa fondamentale è ferire l'altro, ridurlo sul lastrico, portarlo in tribunale, svergognarlo davanti a tutti, rovinargli la vita, impedirgli di vedere i figli. Mica si pensa al male che facciamo perché siamo convinti che sia giusto far del male se ne abbiamo ricevuto, che sia giusto scatenare una guerra come hanno fatto gli Stati Uniti con migliaia di vittime innocenti da entrambe le parti per vendicare un atto di terrorismo. Se avete il pavimento sporco con cosa lo pulite? Con il fango? Se così faceste lo rendereste ancora più sudicio. L'odio si combatte con l'amore e Gesù lo ha dimostrato. Potete non credere in Dio, non credere in Gesù come figlio di Dio, ma non potete non vedere quanto quest'uomo abbia fatto con la forza dell'amore, quale grande religione è nata, quanti sono stati disposti a morire, ed ancor oggi accade, in nome di Gesù e della sua dottrina, del suo insegnamento "porgi l'altra guancia". E che dire di Madre Teresa, Gandhi, San Francesco e tantissimi altri che hanno fatto della non violenza la loro arma e con quella hanno sconfitto tutti i loro nemici aiutando tanta gente?
    Nel Vangelo Gesù dice "Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti.
    Se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani?
    E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?
    "

  32.  

    Addì 24 febbraio 2014

    In quel tempo, Gesù sceso dal monte e giunto presso i discepoli, li vide circondati da molta folla e da scribi che discutevano con loro.
    Tutta la folla, al vederlo, fu presa da meraviglia e corse a salutarlo.
    Ed egli li interrogò: «Di che cosa discutete con loro?».
    Gli rispose uno della folla: «Maestro, ho portato da te mio figlio, posseduto da uno spirito muto.
    Quando lo afferra, lo getta al suolo ed egli schiuma, digrigna i denti e si irrigidisce. Ho detto ai tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti».
    Egli allora in risposta, disse loro: «O generazione incredula! Fino a quando starò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatelo da me».
    E glielo portarono. Alla vista di Gesù lo spirito scosse con convulsioni il ragazzo ed egli, caduto a terra, si rotolava spumando.
    Gesù interrogò il padre: «Da quanto tempo gli accade questo?». Ed egli rispose: «Dall'infanzia;
    anzi, spesso lo ha buttato persino nel fuoco e nell'acqua per ucciderlo. Ma se tu puoi qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci».
    Gesù gli disse: «Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede».
    Il padre del fanciullo rispose ad alta voce: «Credo, aiutami nella mia incredulità».
    Allora Gesù, vedendo accorrere la folla, minacciò lo spirito immondo dicendo: «Spirito muto e sordo, io te l'ordino, esci da lui e non vi rientrare più».
    E gridando e scuotendolo fortemente, se ne uscì. E il fanciullo diventò come morto, sicché molti dicevano: «E' morto».
    Ma Gesù, presolo per mano, lo sollevò ed egli si alzò in piedi.
    Entrò poi in una casa e i discepoli gli chiesero in privato: «Perché noi non abbiamo potuto scacciarlo?».
    Ed egli disse loro: «Questa specie di demòni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera»

    Marco 9,14-29

  33.  

    Questa specie di demòni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera

    Violenza negli stadi

    Aprire il giornale il lunedì mattina è come leggere un bollettino di guerra. Quanti feriti allo stadio della tal città? C’è scappato il morto? Quanti arresti? Quale lo spiegamento di forze sul campo? E’ tale e tanta la routine che ormai abbiamo fatto tutti l’abitudine a leggere di scontri e violenze la domenica allo stadio. Non è più uno sport inteso come sacrificio, sudore, raggiungimento di un obiettivo, aggregazione, fratellanza fra tifoserie avversarie, stimolo a far meglio se si perde, bensì una guerra tra ragazzi appartenenti a fedi diverse, razzismo, maleducazione, ignoranza. Oggi in molti vanno allo stadio per picchiarsi, si minacciano a distanza, tanto che per una città vedere la propria squadra salire in serie A significa doversi blindare, tenersi lontani da certe zone quando si gioca la partita, e chi ci abita vicino deve andare da amici in quel giorno se non vuole rischiare di vedersi danneggiata la casa ed avere un po’ di tranquillità. Da sempre mi domando cosa l’uomo trovi nella violenza? Uno sfogo alla propria rabbia? E ci si deve proprio scatenare contro il nostro prossimo? Nel passato quando lo sport era sport la gente come e dove si sfogava? La domenica andare allo stadio era un momento di incontro, anche animoso con sfottò simpatici e talvolta forti, ma i toni non erano mai di guerriglia ed i facinorosi erano isolati e allontanati.
    Qualcuno mi dice che oggi sono le stesse società di calcio a pagare i tifosi per scatenarsi, minacciare i giocatori perché rendano maggiormente. Non voglio credere si possa arrivare a tanto, ma sono sgomento per lo spettacolo triste e violento offerto da molti oggigiorno, atteggiamento sopportato allo stadio dalla nostra società che non interviene e quindi spesso perpetrato nella quotidianità. Ci si meraviglia se nelle scuole il livello di violenza aumenta? Se i principi ed i valori vengono meno? Cosa facciamo noi? Osserviamo passivamente questi episodi e non invochiamo misure restrittive. Lo stato invia la polizia in maniera sempre più massiccia a contrastare i facinorosi, ma poi non fa nulla contro di loro. Le misure sono talmente minime da osservare che il fenomeno non diminuisce perché per ogni ultrà al quale sui impedisce di andare allo stadio ve ne sono altri dieci nuovi pronti a combattere. Scendi in piazza a combattere? Ti chiudo in prigione per un bel po’, forse così magari qualcuno la smetterebbe di prendere a bastonate poliziotti e carabinieri.
    La repressione non basta, la cosa importante è prevenire, insegnare ai ragazzi nelle scuole ed in famiglia ad avere un buon comportamento, principi e valori, dare loro alternative allo stadio e far capire che lo sport non è un combattimento, non è una fede, ma è soltanto un bellissimo gioco da fare insieme nel rispetto dell’avversario.
    La mia domenica, ormai da tantissimi anni, è farcita dai miei ragazzi, inondato dal loro affetto. Cuciniamo insieme, tagliamo la legna per l’inverno, facciamo qualche gioco, accogliamo chi viene a trovarci parlando e scherzando. La violenza degli stadi è lontana da noi chilometri, sia fisicamente che mentalmente.

  34.  

    Addì 25 febbraio 2014

    In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli, attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse.
    Istruiva infatti i suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell'uomo sta per esser consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma una volta ucciso, dopo tre giorni, risusciterà».
    Essi però non comprendevano queste parole e avevano timore di chiedergli spiegazioni.
    Giunsero intanto a Cafarnao. E quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo lungo la via?».
    Ed essi tacevano. Per la via infatti avevano discusso tra loro chi fosse il più grande.
    Allora, sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti».
    E, preso un bambino, lo pose in mezzo e abbracciandolo disse loro:
    «Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me; chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato»

    Marco 9,30-37

  35.  

    Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti

    Yuri mangiava piccioni nel sottoscala

    Fra bimbi si osserva spesso che ci sia un accanimento per essere primi. Primo quando si fa una camminata nel bosco, davanti nel pulmino o in macchina, primo a salire sulle giostre, competitivi al massimo per vincere. E' qualcosa di naturale, fa parte della legge di sopravvivenza. Molti dei miei ragazzi vengono da situazioni difficili ed in certi casi sono abituati a lottare con le unghie per poter mangiare e quindi sopravvivere.
    Una delle prima famiglie che abbiamo aiutato aveva tre figli: Valentina di 10 anni, Yuri di 5 e Sally di 2. Valentina veniva fatta prostituire, Yuri lo mandavano a spacciare la droga a Lucca e faceva da palo allo zio che si prostituiva, mentre a Sally le mettevano la mano sul fuoco dei fornelli ogni qualvolta che piangeva.
    Si fece subito una segnalazione al servizio sociale che conosceva bene la situazione ma non interveniva per paura di ritorsioni. Fu la prima denuncia che feci ad un'assistente sociale. Andai alla polizia ed il giorno dopo due dei tre bimbi furono tolti alla famiglia. Si, avete capito bene: due dei tre. La più piccola era troppo piccina per essere tolta alla madre.
    Quello che più mi colpì in questo mare di miseria, abbandono, ignoranza è che al bambino non davano da mangiare e lasciavano che si arrangiasse da solo. Aveva imparato a catturare in piazza della Repubblica i piccioni e poi se li mangiava cotti alla fiamma di un accendino nel sottoscala del palazzo perché se li avesse portati a casa li avrebbero mangiati i genitori ed i vari "zii" che bazzicavano quel nucleo familiare.
    E' normale che più di altri sviluppino un senso spasmodico di possesso. Tutto è loro e litigano per non doverlo condividere con nessuno, perché così la vita ha insegnato loro. Ma sin da subito cerchiamo di far capire loro che non mancherà più il cibo in tavola e non dovranno primeggiare per ricevere un'attenzione perché vogliamo bene a tutti, sia a chi fa più errori, sia a chi ne fa meno, sia a chi va bene a scuola, sia a chi invece non è portato per lo studio.
    Non capiscono a parole, sarebbe troppo semplice, ma vivendo la quotidianità ogni giorno, trovando la tavola imbandita, la casa pulita, il sorriso di chi è lì per loro, l'amore incondizionato che non viene mai a mancare nemmeno quando bocciano, vanno su una brutta strada, frequentano compagnie poco raccomandabili. Siamo sempre pronti a farli sentire importanti, perché loro sono importanti. E' stando con i miei ragazzi che capisco quanto il Signore possa amarci e quale grande verità sia quella proferita nel Vangelo "Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti". Aver dedicato la mia vita ai miei ragazzi mi fa sentire loro servo, ma nello stesso tempo mi sento felice, al settimo cielo, perché non c'è gioia più grande che quella di amare senza chiedere nulla in cambio.

  36.  

    Addì 26 febbraio 2014

    In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava i demòni nel tuo nome e glielo abbiamo vietato, perché non era dei nostri».
    Ma Gesù disse: «Non glielo proibite, perché non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito dopo possa parlare male di me.
    Chi non è contro di noi è per noi

    Marco 9,38-40

  37.  

    Chi non è contro di noi è per noi

    Chi non è con noi è contro di noi

    Non so se in altri paesi accade come da noi qui in Italia che se non hai la tesserina di un partito, se non sei affiliato alla chiesa, se non fai parte di un certo club di prestigio sei nessuno e per quanti salti mortali tu faccia, sei considerato nessuno dagli altri. E' difficile qui da noi poter mettere su una qualche attività in maniera autonoma, devi sempre raccomandarti l'anima a questo o a quello per non vedere calpestati i tuoi diritti.
    Ventisette anni fa, quando abbiamo fondato l'Associazione, abbiamo fatto una scelta legata al non voler prendere nessuna tesserina, di non farci identificare con nessuna linea di pensiero. Volevamo essere noi, semplici ragazzi impegnati nel sociale a favore dei bambini. Sembrava la cosa più semplice e naturale del mondo, ed invece si è rivelata una grandissima difficoltà. La forza di carattere non ci manca, la caparbietà e la convinzione di andare avanti neppure, ma quando, dopo ventisette anni, le istituzioni locali continuano a sputarti in faccia a calpestare i tuoi diritti, a non riconoscere nemmeno un filo di ciò che hai fatto ed è sotto gli occhi di tutti e per il quale riceviamo consensi crescenti in tutta Italia cominci a perdere la pazienza. Oggi possiamo dire di essere cresciuti e possiamo guardare negli occhi chiunque ci ostacoli. Non mi piacciono le guerre, ma adesso si sta esagerando e tutto questo deve finire. Non solo per noi, ma anche e sopratutto per tutti i bambini che potremmo aiutare e non possiamo farlo per una burocrazia che si blocca ogni volta che siamo noi a muoverci, ed è invece snella in altri casi?
    Sette anni per avere i permessi per costruire Casa Zizzi, avuti solo dopo un intervento forte del difensore civico reginonale; soldi che ci sono in regione per costruire la struttura ma che non ce li danno (preferendo rimandarli in Europa) se non chiniamo la testa donando al comune (fra tot anni) la struttura stessa; rette dovute per i bambini in affido mai erogate; un mese per avere un parere tecnico (che ancora non arriva) circa la fattibilità di un progetto peraltro concordato (mi viene da dire a questo punto "falsamente") con lo stesso comune; sindaco ed assessori che stanno ben lontani dalle nostre iniziative come avessimo la peste; mai un contributo per un progetto e tutti i fondi sempre alle solite associazioni.
    Gesù diceva ai suoi apostoli di lasciare che altri scacciassero i demoni in nome suo perché chi non è contro di noi, è per noi, ma purtroppo in Italia, o almeno nella mia città, chi non è con noi è un nemico da combattere o, quantomeno, da tenere a distanza.
    Ma davvero un governo di sinistra può essere così falso da dichiarare di volere il bene del popolo e poi bloccare le iniziative volte a favore dei bambini?
    Il bene verso il prossimo non dovrebbe avere un colore politico, ed invece troppo spesso si tinge di rosso, di quel rosso-sangue che scaturisce dalle ferite inflitte ai bambini da coloro che sono chiamati a tutelarli.
    Questo più che uno sfogo è far capire al comune che abbiamo la forza e la voglia di lottare se necessario e non ci arrenderemo mai davanti alle ingiustizie. Il nostro amore per i bimbi trionferà e non ci impediranno di portare avanti a testa alta la nostra causa. Stanchi si, ma vinti mai.

  38.  

    Addì 27 febbraio 2014

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Chiunque vi darà da bere un bicchiere d'acqua nel mio nome perché siete di Cristo, vi dico in verità che non perderà la sua ricompensa.
    Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, è meglio per lui che gli si metta una macina da asino al collo e venga gettato nel mare.
    Se la tua mano ti scandalizza, tagliala: è meglio per te entrare nella vita monco, che con due mani andare nella Geenna, nel fuoco inestinguibile.
    Se il tuo piede ti scandalizza, taglialo: è meglio per te entrare nella vita zoppo, che esser gettato con due piedi nella Geenna.
    Se il tuo occhio ti scandalizza, cavalo: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, che essere gettato con due occhi nella Geenna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue.
    Perché ciascuno sarà salato con il fuoco.
    Buona cosa il sale; ma se il sale diventa senza sapore, con che cosa lo salerete? Abbiate sale in voi stessi e siate in pace gli uni con gli altri»

    Marco 9,41-50

  39.  

    Chiunque vi darà da bere un bicchiere d'acqua nel mio nome perché siete di Cristo, vi dico in verità che non perderà la sua ricompensa

    Doniamo un bicchier d'acqua

    A tavola siamo sempre tanti, minimo nove, ma in estate molti di più ed è bellissimo servirsi l'un con l'altro. Ho sempre insegnato ai miei ragazzi ad essere servizievoli verso tutti, ma in particolar modo con colui che mangia, vive, dorme più vicino. Riempire di acqua il bicchiere di chi abbiamo accanto non è solo un gesto di cortesia, ma accorgersi delle necessità dell'altro ancor prima di lui. Hai il bicchiere vuoto, magari ora non hai sete, ma quando ne avrai ci sarà l'acqua che ho versato per te.
    E' bello quando qualcuno si accorge se sei triste, preoccupato e non aspetta che sia tu a parlare ma si informa, partecipa alle tue sofferenze non con un semplice "come stai" di cortesia, ma entrando nel merito di una situazione che sa essere presente e dolorosa nel tuo cuore.
    Doniamo un bicchier d'acqua ai nostri fratelli prima che abbiano sete, in modo da non far mancare loro ciò di cui hanno bisogno.

  40.  

    Addì 28 febbraio 2014

    In quel tempo, Gesù, partito da Cafarnao, si recò nel territorio della Giudea e oltre il Giordano. La folla accorse di nuovo a lui e di nuovo egli l'ammaestrava, come era solito fare.
    E avvicinatisi dei farisei, per metterlo alla prova, gli domandarono: «E' lecito ad un marito ripudiare la propria moglie?».
    Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?».
    Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di rimandarla».
    Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma.
    Ma all'inizio della creazione Dio li creò maschio e femmina;
    per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una carne sola.
    Sicché non sono più due, ma una sola carne.
    L'uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto».
    Rientrati a casa, i discepoli lo interrogarono di nuovo su questo argomento. Ed egli disse:
    «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio contro di lei;
    se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio»

    Marco 10,1-12

  41.  

    L'uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto

    Una mano è stata amputata

    Se il vincolo del matrimonio è l'unione voluta da Dio di un uomo e una donna ed è sacro ed inviolabile, tanto più questo vale per il vincolo che si crea tra un figlio ed i suoi genitori. Mai e poi si dovrebbe strappare un bambino dalle braccia del suo papà e della sua mamma, mai si dovrebbero separare perché quel bambino è un dono di Dio a quella coppia. Ma guai a chi userà quel dono per propri fini, o lo sciuperà non dandogli quell'accudimento di cui ogni giovane creatura necessita. Diverse volte ho assistito allo strazio di una mamma alla quale veniva impedito di tenere con sé il suo bambino. Spesso il bene di questi piccoli uomini e piccole donne è quello di entrare nella dimensione dell'affido con una nuova famiglia, ma per quanto necessario e giusto in moltissimi casi, resta il dolore lancinante di una madre che spesso non capisce perché le venga strappato dal seno l'oggetto del suo amore. Anche la mamma che ha perpetrato le cose più atroci verso il figlio è sempre una mamma il cui dolore va rispettato, pur mettendo in sicurezza il bimbo per difenderlo da chi gli stia facendo del male. I genitori che picchiano i figli, li maltrattano, ne abusano hanno spesso una cultura tale da non rendersi conto del male che stanno facendo perché purtroppo, quando erano bambini, nessuno ha insegnato loro ad amare oltre ogni limite e seguono i loro impulsi più animaleschi. Il compito di un affidatario non è quello di strappare una creatura dalla propria famiglia, non è quello di giudicare i genitori, non è quello di comminare punizioni a chi ha fatto del male, ma è quello di accogliere con amore un bambino, quello di asciugare le lacrime di una donna inconsolabile, quello di insegnare a questi genitori quale sia il loro ruolo ed il modo corretto di essere educatori pieni d'amore.
    Pensateci prima di giudicare, se vi dovessero amputare una mano perché per vostra negligenza o imprudenza l'avete straziata in qualche attrezzo sareste felici, per quanto sia cosa necessaria per salvare la vostra vita? Anche l'affido è quasi sempre l'unica soluzione per proteggere la vita un piccolo, ma non per questo si deve esultare di essere arrivati a compiere tale passo, Così come nell'amputazione si deve curare il braccio, consolare per il distacco, far guarire la ferita e trovare una soluzione affinché quel braccio sia completamente recuperato, così anche una famiglia alla quale viene tolto il bambino è un membro del nostro corpo, della nostra società e per questo va accudito, consolato e gli va insegnata la strada per poter riprendere in casa con sé il proprio figlio riattaccando la mano amputata.

  42.  

    Addì 1 marzo 2014

    In quel tempo, presentavano a Gesù dei bambini perché li accarezzasse, ma i discepoli li sgridavano.
    Gesù, al vedere questo, s'indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite, perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio.
    In verità vi dico: Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso».
    E prendendoli fra le braccia e ponendo le mani sopra di loro li benediceva

    Marco 10,13-16

  43.  

    Lasciate che i bambini vengano a me

    Lasciate che i bambini vengano a me

    Da ormai più di ventisette anni accogliamo bambini nel nostro cuore prima ancora che nella nostra casa. In questi anni ho sentito di tutto "occupati dei cani e non dei bambini", "anche se i tuoi ragazzi non vengono in chiesa è lo stesso, tanto ormai sono ragazzi persi", "non ti occupare dei bambini, pensa alla tua vita" e tanto altro ancora. Rabbrividisco se penso che molte di queste belle cose mi sono state dette da molti cattolici e in qualche caso anche da alcuni sacerdoti, cristiani che dovrebbero seguire il Vangelo. Anche io credo in Dio e non sono uno stinco di santo, sono pieno di difetti e spesso mi trovo alla sera a dover fare i conti con la mia coscienza per il male che ho fatto al mio prossimo, per aver tradito Gesù, per non aver seguito gli insegnamenti del Vangelo, ma pur non giudicando chi sia peccatore e sbaglia, non tollero l'idea che si possa mandare via un bambino, non essere addolorati nel vederlo soffrire, dormire sonni sereni quando migliaia di bambini soffrono, anche nella nostra bella Italia, la fame, il freddo, la mancanza di amore e subiscono violenze e maltrattamenti di ogni genere e grado. Non tutti possono accogliere un bambino nella propria casa, ma non guardo a cosa una persona faccia o non faccia, sta alla sua coscienza fare o meno la cosa giusta, ma l'idea di accogliere un bambino, di aiutare un bimbo che soffre dovrebbe essere insita in ognuno di noi. "Lasciate che i bambini vengano a me" dice Gesù. Se per tutta l'umanità dovrebbe essere un obbligo morale quello di accudire i figli dell'uomo e della donna, per un cristiano dovrebbe essere un ordine imperativo, la condizione necessaria per professarsi seguaci di Dio.

  44.  

    Addì 2 marzo 2014

    In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
    « Nessuno può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro, o preferirà l'uno e disprezzerà l'altro: non potete servire a Dio e a mammona.
    Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito?
    Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro?
    E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un'ora sola alla sua vita?
    E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano.
    Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro.
    Ora se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede?
    Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?
    Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno.
    Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta.
    Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena »

    Matteo 6,24-34

  45.  

    Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?

    Disoccupazione

    Quando morì la mia mamma avevo ventuno anni e tanta voglia di vivere, ma quel 4 gennaio del 1986 tutto cambio e le mie prospettive furono diverse sin da subito. Non avevo più voglia di andare alle feste o in discoteca, non mi interessava più studiare, la famiglia era persa per sempre, gli amici di un tempo che mi pareva così lontano erano diversi, la stessa ragazza non mi interessava più. In un sol giorno la vita che conoscevo era finita. E’ stato come essere un feto tranquillo nel ventre materno e ritrovarsi tutto sporco, con il taglio doloroso del cordone ombelicale, su un lettino d’ospedale. Il primo impulso è quello di rientrare dentro, di gridare per riavere indietro la propria vita, ma quando ti accorgi che non è possibile l’unica cosa sensata in quel momento è rifiutare quella nuova condizione preferendo il nulla, preferendo la morte. Con chiunque parlassi mi veniva detto di stare tranquillo che il dolore sarebbe passato, che avrei ripreso a studiare, di dare tempo al tempo che tutte le ferite si rimarginano. Quanto avevano torto. Dopo ventotto anni quella ferita non si è rimarginata, ancora ne fuoriesce sangue e dolore. Ho passato nove mesi a piangermi addosso cercando di seguire i consigli superficiali di coloro che erano pronti a darmi una pacca sulla spalla come si fa con un cucciolotto in cerca di coccole dal suo padrone. La voglia di morire era ancora lì sul tavolo da gioco e non c’era giorno che non invocassi Dio affinché mi ricongiungesse alla mia mamma, ma il Signore aveva ben altri progetti. L’incontro con Don Luigi, quello con Olimpia fanno parte del racconto più volte narrato, ma se ci fu una data di nascita per questa storia che ha visto nascere e crescere l’Associazione che porta il nome di mia madre, l’inizio vero e proprio, quello in cui il mio cuore elaborò il lutto trasformando il grande dolore in amore per i bambini, è più lento e frutto di un cammino lungo, faticoso e doloroso. Ma come per tutti i percorsi arriva sempre un momento in cui il dente debba essere tirato ed una decisione debba essere presa. Una volta iniziato ad accudire bimbi maltrattati e talvolta abbandonati dai propri genitori il dubbio, inculcato da questa società che sembra dover andare solo in una direzione con il paraocchi, era sul far diventare questo mio impegno una scelta di vita, oppure tenere il piede in due staffe continuando a lavorare come commercialista nello studio di mio padre. Di cosa vivrò? Come mi riparerò? Come mi vestirò? Chiedevo lumi a Gesù, ma non riuscivo a capire cosa volesse da me e gli esponevo ogni giorno i miei dubbi, le mie preoccupazioni. Una sera, alla fine delle vacanze estive e quindi prossimo a dover rientrare alla routine casa-ufficio ecco arrivare la risposta di Dio. Aprii il Vangelo chiedendo al Signore una risposta su cosa dovessi fare e lessi queste parole “per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito?
    Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro?
    E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un'ora sola alla sua vita?
    E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano.
    Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro.
    Ora se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede?
    Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?
    Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno.
    Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta.
    Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena”
    Chiusi il Vangelo e dissi “ho capito” e per la prima volta dopo la morte di mamma Zizzi ritrovai la strada che avevo smarrito. Il Signore ha mantenuto fede alla sua promessa e non ci è mai mancato nulla per poter vivere dignitosamente.
    Quella ferita che sgorgava sangue è ancora aperta ma adesso è come una fonte dalla quale zampilla continuamente acqua dalla roccia, scavando quel sasso, erodendolo, ma portando vita e salvezza a tante persone. Non ho meriti perché sono stato solo lo strumento nelle mani di Dio per dare vita ad un fiume che negli anni si è gonfiato sempre più irrigando i campi circostanti, portando conforto a tanti bimbi, instradando molte famiglie verso l’affido, raccogliendo consensi crescenti e dando vita ad un insieme di rivoli che a loro volta irrigano altri campi.
    In questi giorni si parla tanto di disoccupazione, tanti ragazzi che non trovano lavoro e restano a casa a disperarsi o a folleggiare con i soldi di mamma e papà, eppure non si trova nessuno desideroso di provare un’altra strada,un cammino già battuto e pertanto sicuro, immerso nella luce di amore per i tanti bambini che soffrono. C’è uno standard da seguire: trovo lavoro, mi sposo, faccio figli. Ma ci sono delle alternative e la storia dell’Associazione è sotto gli occhi di tutti a dimostrazione che le promesse che Dio fa all’uomo, puntualmente le mantiene, ma vuole da noi un atto di fiducia, quel gesto che ci faccia buttare dall’aereo senza paracadute certi di essere sostenuti da lui. Con noi è successo, noi siamo reali ed il Signore non ci ha mai fatto mancare il suo appoggio facendoci vincere lotte e battaglie anche contro ogni previsione.
    Venite da noi, abbiamo una casa, da mangiare e soprattutto l’amore e l’affetto di tanti bimbi desiderosi solo di un punto di riferimento che nella vita non hanno mai avuto. Unitevi a noi, venite almeno a provare che una vita diversa è possibile, una vita che non preclude amori e unioni personali e non chiede sacrifici più grandi di quelli “standard”, solo diversi. Non abbiate paura di provare, non ci sono legami tali da non poter scappare quando lo vorrete, magari venite fin tanto che non trovate un lavoro, sarà sempre stata un’esperienza formativa per la vostra vita ed il vostro futuro.

  46.  

    Addì 3 marzo 2014

    In quel tempo, mentre Gesù usciva per mettersi in viaggio, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?».
    Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo.
    Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre».
    Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza».
    Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: và, vendi quello che hai e dàllo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi».
    Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, poiché aveva molti beni.
    Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel regno di Dio!».
    I discepoli rimasero stupefatti a queste sue parole; ma Gesù riprese: «Figlioli, com'è difficile entrare nel regno di Dio!
    E' più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio».
    Essi, ancora più sbigottiti, dicevano tra loro: «E chi mai si può salvare?».
    Ma Gesù, guardandoli, disse: «Impossibile presso gli uomini, ma non presso Dio! Perché tutto è possibile presso Dio»

    Marco 10,17-27

  47.  

    Va, vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi

    In montagna con la televisione

    Poniamo che un giorno vi svegliate e decidiate di andare a fare una passeggiata in montagna. Prendete con voi lo zaino, vi mettete qualche panino, un paio di bottiglie d'acqua, il cioccolato per darvi energia, la piantina per seguire i sentieri, il telefonino per le emergenze, l'hipad se devo vedere qualcosa su internet e chiudetelo zaino. Prendete con voi anche la televisione satellitare per seguire il vostro programma preferito,la radio per ascoltare i risultati delle partite o le ricette di nonna Pina, il portatile nel caso l'hipad non funzionasse, un cambio di vestiti dovesse piovere, l'ombrello dovesse diluviare, materiale informativo della vostra attività da dare a chi incontrate, attrezzi vari se dovesse rompersi qualcosa, scatolette di fagioli e di tonno se capitasse di restare bloccati per la notte. Finalmente partiti, pronti per la vostra gita in montagna. Dopo un chilometro sareste così stanchi da dovervi già fermare a riposare e dopo quattro chilometri avreste già rinunciato a proseguire perché troppo appesantiti. La vita è un po' come una gita in montagna, sempre in salita anche se ogni tanto troviamo un piccolo piano dove poter tirare il fiato, corta come lo è un gita domenicale perché dura un attimo a confronto dell'eternità. I bagagli che decidiamo di prendere sono le preoccupazioni legate alla nostra insicurezza. Chi ha fede parte con lo zaino vuoto nel quale metterà i ricordi di una vita,le esperienze buone degne di essere conservate, il fiore donato da una bambina alla quale avrete dato una mano a salire un pezzo di sentiero troppo ripido per lei, la carezza di un anziano al quale avrete donato un sorriso lungo il percorso, la gioia di ricevere un bicchier d'acqua durante il tragitto. Gli affanni che troveremo sul sentiero sono abbastanza da non doverci portare dietro niente: troveremo cibo, acqua, vestiti e riparo lungo il percorso, tutto il resto è superfluo. Il denaro appesantisce il nostro pellegrinaggio sulla terra, è qualcosa che non esiste quando siamo nel grembo materno e non ce lo porteremo dietro allorquando getteranno sul nostro corpo qualche badilata di terra. Se facciamo un viaggio, ed è innegabile che la vita lo sia, dobbiamo essere leggeri, pensare alla nostra meta e considerare cosa ci servirà una volta giunti alla vetta. Non soldi, non televisione, non musica nelle orecchie anche di notte, ma sincerità, amore per il prossimo, rispetto, lealtà, valori che saranno la chiave per aprire la porta sulla cima del monte. Immaginatevi che fregatura se una volta giunti in cima alla montagna stanchissimi, alla fine della vostra vita pieni di soldi, case, potere con il solo desiderio di riposare per il resto dell'eternità trovaste il cancello chiuso e sbarrato e nessuno disposto ad aprirvi. Che farete, corromperete San Pietro? E con quale moneta se il denaro lo avete lasciato ai vostri eredi, il potere preso da altri, l'ardore giovanile svanito e sepolto. L'unica moneta con la quale potrete farvi aprire sono le vostre buone azioni, l'esservi privati di qualcosa per voi importante per far felice qualcuno, la leggerezza con la quale avete camminato nella vita terrena. Non ci credete? Liberissimi, ma forse varrebbe la pena di pensarci perché l'eternità è lunga da passare e converrebbe prenotare un posto al sole.

  48.  

    Addì 4 marzo 2014

    In quel tempo, Pietro disse a Gesù: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito».
    Gesù gli rispose: «In verità vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo,
    che non riceva già al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna.
    E molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi»

    Marco 10,28-31

  49.  

    Non c'è nessuno che non riceva già al presente cento volte tanto

    Vi regalo case e campi

    Quale genitore non chiede sacrifici ai figli? Per formarli, perché la vita futura sarà dura, perché le risorse di una famiglia non sono illimitate, per principi e valori in cui crede e per cento altre ragioni.
    Quale genitore però non è consapevole di dover aggiungere dello zucchero sul cucchiaio con lo sciroppo amaro e premiare il figlio quando si attiene alle regole? Quale genitore, avendone le possibilità, non darà al proprio figlio ogni bene materiale e spirituale di cui dispone? Un buon genitore non dona a piene mani se il figlio prima non si è guadagnato un posto al sole, ma una volta che quest'ultimo avrà intrapreso un buon sentiero di vita vedrà tante porte aperte davanti a sé, prima fra tutte quella dei beni da parte di mamma e papà.
    Dareste la macchina in mano a vostro figlio sapendo quali brutte compagnie frequenta, magari dedite allo spaccio di droga? Certamente no, ma sicuramente le dareste non solo l'auto, ma ogni cosa in vostro possesso se fosse uno studente o un lavoratore diligente, con sani principi, con amicizie degne di un bravo ragazzo.
    Così fa Dio con noi. Ci ha donato delle regole, racchiuse nel Vangelo, e ci chiede di seguirle. Vuole da noi la prova di essere buoni figli. Allorquando, con grandi fatiche e sofferenze, lottando contro impulsi e bramosie, avremo intrapreso il sentiero battuto vedremo un'autostrada dinanzi a noi ed il Signore non ci farà mancare il suo aiuto donandoci tutte quelle cose materiali a cui avevamo rinunciato.
    A me è capitato. Figlio di famiglia benestante ho deciso di seguire Dio in quella che da sempre reputo essere stata una chiamata da parte sua verso l'aiuto di tanti bambini. Ho detto a mio padre che la vita agiata alla quale mi aveva abituato non faceva per me e la direzione della mia vita sarebbe stata un'altra. Ho dormito per alcuni mesi anche in mezzo ai topi, andando a raccattare cartone per fare qualche soldo, con Roberta che mi portava da mangiare ogni giorno, ma la scelta era presa. Il Signore ha fatto crescere l'Associazione ed oggi possiamo parlare di progetti sempre più in grande.
    Siamo tutti pronti a credere alle favole che ci raccontano gli uomini, alle lusinghe ricevute e spesso caschiamo in trappole dalle quali è assai difficile uscire, ma è così assurdo credere in Dio, credere nel Vangelo ed in Gesù che professava certi valori?
    Fidatevi delle promesse fatte e vedrete che non vene pentirete. La mia vita, la vita dell'Associazione sono qui a dimostrare quanto Dio ami i suoi figli

  50.  

    Addì 5 marzo 2013

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
    «Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli.
    Quando dunque fai l'elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa.
    Quando invece tu fai l'elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
    Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa.
    Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
    E quando digiunate, non assumete aria malinconica come gli ipocriti, che si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa.
    Tu invece, quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo tuo Padre che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà»

    Matteo 6,1-6.16-18