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  1.  

    Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita

    La disperazione è una brutta malattia, porta a vedere tutto nero, a non trovare gioia in niente di ciò che si fa, a non vedere l'amore degli altri, a prendere con pessimismo ogni parola che ci viene detto, ogni fatto che ci accade.
    Sul giornale leggo "Non trova lavoro, ventiseienne si uccide". Come si fa a ventisei anni ad uccidersi perché non si trova lavoro? Si ha una vita davanti, mille cose da poter fare. Capisco che nei momenti di disperazione la voglia di farla finita possa prenderti, anche io ci ho pensato a ventun anni, alla morte della mia mamma, ma poi a qualcosa ti devi appigliare. Io avevo la Fede e la fiducia in Dio mi ha fatto desistere da quei brutti propositi dandomi la forza per ricominciare, e capisco che la Fede dia una forte spinta, ma anche chi non crede dovrebbe mettersi in cerca di un qualcosa che possa aiutarlo ad andare avanti, una persona, un affetto che diano la speranza nel futuro. E' quando si è alla disperazione che è più facile trovare ciò che cerchiamo perché escludiamo dalla nostra vita tutto ciò che è effimero, superfluo e ci guardiamo intorno nella speranza di trovare quello spuntone di roccia che fermi la nostra caduta libera. Il primo passo è avere fiducia in noi stessi, certezza che cercando prima o poi troveremo ciò che ci darà gioia e motivazione nel vivere. Il Signore saprà condurci all'incontro con Lui, ma vuole che lo cerchiamo, che non rinunciamo a lottare, a cercare, a sperare. Come quel padre, di cui si parla nel Vangelo, uno dei capi che osteggiavano Gesù, che, pur davanti all'evidenza della figlia morta, tenta tutte le strade e, magari pur non credendo in Dio, mosso dalla disperazione di un genitore che perde la propria figlia, chiede aiuto a quell'uomo, a quel predicatore, convinto che un suo intervento potrebbe ridare la vita alla piccola. Forse non credeva in Dio, forse aveva solo sentito parlare di Gesù come un guaritore, ma credeva nella vita, credeva che davanti a tanto nero Egli potesse aprire una breccia. Forse per lui solo una flebile speranza, ma l'unica cui potersi aggrappare per sperare di poter cambiare lo stato delle cose.
    Se siamo disperati, che si creda o meno in Dio, non lasciamoci andare, non smettiamo di cercare una soluzione, una via di scampo. Chiediamo aiuto e prima o poi il Signore ci risponderà mostrandoci la strada, donandoci la gioia alla quale aspiriamo.

  2.  

    Addì 9 luglio 2013

    Usciti costoro, gli presentarono un muto indemoniato.
    Scacciato il demonio, quel muto cominciò a parlare e la folla presa da stupore diceva: «Non si è mai vista una cosa simile in Israele!».
    Ma i farisei dicevano: «Egli scaccia i demòni per opera del principe dei demòni».
    Gesù andava attorno per tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, predicando il vangelo del regno e curando ogni malattia e infermità.
    Vedendo le folle ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore.
    Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi!
    Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe!»

    Matteo 9,32-38

  3.  

    Quel muto cominciò a parlare

    Oggigiorno ci sono moltissimi truffatori in giro, molte associazioni fasulle nate solo per spillare denaro al prossimo in nome di qualche finta causa, ed è normale che la gente non si fidi, che agisca con circospezione, pronta anche ad arrivare a mettere un muro a tutti, o addirittura osteggiare qualunque buona prassi partendo dal presupposto che tutto sia una truffa. In tanti anni dedicati all'Associazione "Amici della Zizzi" mi è capitato di incontrare tanti tipi di persone, da quelle che si innamorano da subito della nostra causa, a quelle che invece vedono nel nostro lavoro una truffa, seppur ben nascosta. Quest'ultimi spesso attaccano senza una ragione specifica, ma per il solo desiderio di estirpare il male. Credo che la cosa giusta da farsi, in ogni circostanza, sia quella di praticare la via di mezzo, ovvero non innamorarsi perdutamente dal primo istante e magari scandagliare, capire, ma farlo con il cuore aperto, non con la chiusura di chi cerchi di trovare solo il marcio, la truffa nascosta, l'aspetto negativo.
    Ma il mondo è fatto di tante teste, molteplici culture e non sta a noi impedire il facile innamoramento o l'immediata condanna. Dal canto mio cerco sempre di dialogare con le persone, non lascio mai cadere un'accusa, cerco di ragionare con i miei detrattori e capire le ragioni del loro malessere, ciò che li spinge a cercare la lite ad ogni costo. Qualcuno mi dice "lascia perdere", ma io devo, io voglio capire, è nella mia natura. Prima mi arrabbiavo, non dormivo la notte dinanzi alle accuse più infondate mosse da chi ci conosceva solo via internet o per sentito dire, poi ho smesso di prendermela e cerco il dialogo, e se l'altro si arrabbia lascio che si calmi per poi riprendere il confronto. Non sempre mi riesce perché ho un carattere focoso, come si dice in Toscana "son fumino", ma su internet è più facile contare fino a dieci, o aspettare un giorno prima di rispondere, e così faccio. Qualcuno mi chiede perché mi comporti così, perché desideri sempre capire l'idea dell'altro anche quando è manifestamente chiaro che sia in torto, e la ragione è semplice, la dice il Vangelo di oggi quando narra che "il muto cominciò a parlare". Coloro che sin dal primo istante, o attraverso un loro silenzioso percorso personale si innamorano di noi parlano bene dell'Associazione quando gli capita, quando qualcuno gli chiede spiegazioni, ma non sentono la necessità di parlare se non chiamati in causa perché per loro è cosa normale che l'Associazione operi nel bene e non devono dimostrarlo a nessuno tanto sono certi che anche gli altri non potrebbero pensarla diversamente. Ma chi parla male di noi e poi si dovesse convincere di aver sbagliato opinione, allora si che sarà un grande alleato dell'Associazione e dei bambini che aiutiamo perché, attraverso il dialogo, ha capito il suo torto e sa che anche altri potrebbero cadere nello stesso errore e per primo tesserà le nostre lodi, per evitare che i dubbi possano assalire altri. Immaginatevi uno che stravede per noi e incontra un amico e gli dice un gran bene di noi, questi lo guarda e spesso dirà "ti sei fatto abbindolare, le associazioni sono tutte una truffa". Ma pensate a chi invece conosce i dubbi di colui che incontra per esserci passato prima di lui. Spiattellerà i pensieri negativi che aveva, farà vedere i ragionamenti che ha fatto, porterà il suo interlocutore a dubitare dei suoi stessi interrogativi e, se non lo convincerà, gli avrà almeno ingenerato la curiosità di un approfondimento.
    Un giorno misi un post su internet ed una ragazza mi attaccò pesantemente mettendo in discussione la nostra buona fede. Le risposi e lei ci andò giù pesante. Ci fu una levata di scudi da tanti amici che ci avevano vissuto, toccato con mano ed alcuni di loro la offesero pesantemente. Dovetti fare da paciere, calmare gli animi e spiegare agli amici che questa ragazza parlava perché non conosceva, ma che le sue opinioni, seppur non reali, andavano rispettate perché il suo torto non nasceva dalla cattiveria, ma da non conoscere. Inizio con lei un bellissimo dialogo ed oggi è una delle persone che maggiormente ci apprezza e ci aiuta.

  4.  

    Addì 10 luglio 2013

    Chiamati a sé i dodici discepoli, diede loro il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattie e d'infermità.
    I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea, suo fratello; Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello,
    Filippo e Bartolomeo, Tommaso e Matteo il pubblicano, Giacomo di Alfeo e Taddeo,
    Simone il Cananeo e Giuda l'Iscariota, che poi lo tradì.
    Questi dodici Gesù li inviò dopo averli così istruiti: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani;
    rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d'Israele.
    E strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino

    Matteo 10,1-7

  5.  

    Li inviò dopo averli così istruiti

    Quando arriva da noi un ragazzo la prima cosa che facciamo è farlo sentire a casa sua, dargli quell'affetto che non ha avuto, quell'accudimento di cui ha diritto e bisogno.
    Quando arrivano da noi molti ragazzi non hanno strumenti per orientarsi nella vita, non conoscono le regole basilari di una convivenza civile, non conoscono il significato delle parole rispetto, altruismo, perdono, dialogo, amore. Sono abituati alla strada, a combattere ogni giorno per sopravvivere, hanno visto realtà difficili e si sono dovuti adeguare. Nostro compito è quello di istruirli, di far capire loro che amore non significa sesso ma aprire il proprio cuore all'altro; rispetto non è il "baciar le mani" al più forte, ma è chinare il capo davanti al più debole, al più bisognoso delle nostre cure; altruismo non è ciò che gli altri devono compiere nei nostri confronti quando stendiamo la mano, ma è condividere la propria vita, le proprie risorse con coloro che hanno avuto meno di noi; perdono non si ha quando imbrogliamo gli altri ed evitiamo il carcere chiedendo scusa per le nostre malefatte, ma è andare oltre l'ira che a volte ci accieca quando subiamo un torto; dialogo non è esser bravi a conquistare le persone per i nostri interessi, ma saper parlare con tutti cercando di capire la posizione dell'altro anche per trovare una mediazione utile a vivere bene insieme. Dobbiamo far loro vedere che non tutti i genitori sono abusanti o anaffettivi, che non tutte le forze dell'ordine agiscono con cattiveria, che non tutti i giudici mandano in galera. Ed ancora, che non si ruba se ne abbiamo l'opportunità, non si usa violenza se vogliamo una cosa a tutti i costi, non si abbandona un posto o una persona o un gruppo se ci troviamo male se prima non abbiamo tentato il dialogo.
    Non solo dobbiamo farlo con i ragazzi in affidamento, ma anche con i nostri figli che oggigiorno imparano a comportarsi male dalla società che ci circonda. I ragazzi sono come spugne e apprendono tantissimo dal mondo esterno. Non restiamo a guardare, non lasciamo che i nostri figli vengano educati dalla televisione, dai videogiochi violenti, dai venditori di sesso o di morte. Istruiamoli con il dialogo costante, inondiamoli del nostro amore continuamente, diamo loro delle regole da seguire ed aiutiamoli a rispettarle.
    Il Vangelo è pieno di bellissimi insegnamenti, ed anche se non credete in Dio, il Vangelo resta sempre un'ottima guida per donare sani principi ai nostri figli

  6.  

    Addì 11 luglio 2013

    Allora Pietro prendendo la parola disse: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne otterremo?».
    E Gesù disse loro: «In verità vi dico: voi che mi avete seguito, nella nuova creazione, quando il Figlio dell'uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele.
    Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna

    Matteo 19,27-29

  7.  

    Noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne otterremo?

    Quanto lavoro c’è da fare in un’Associazione come la nostra. Mi fa rabbia vedere tante persone che buttano via la loro vita chiedendo l’elemosina ad un angolo della strada, trascorrendo giornate intere senza fare nulla, serate in discoteca per poi rincasare all’alba e dormire fino a mezzogiorno, magari con la scusa di non trovare lavoro. Come si fa a dire “non trovo lavoro” quando c’è così tanto da fare? Come dite? Un conto è il lavoro retribuito ed un conto è il volontariato? A parte il fatto che dissento quando mi fanno una simile affermazione perché il “lavoro” è lavoro, indipendentemente se retribuito in denaro o meno, se sotto contratto o come volontariato. Io mi sveglio al mattino prestissimo e quando arrivo all’ora di pranzo ho già fatto otto ore lavorando, affrontando mille rogne, promuovendo l’affido, rispondendo a chi voglia avere un parere o un aiuto, organizzando iniziative per pagare le bollette, giocando con i ragazzi di altri e insegnando loro le regole di vita. E’ un bellissimo lavoro, mi piace, mi entusiasma, mi gratifica, ma quanto è duro. Come è difficile far capire alle persone quanto bene potrebbero fare con poco sforzo, convincerle a dare una mano non a me ma a tanti bambini, parlare con i politici che hanno un linguaggio e interessi diversi dai nostri.
    Ma poi, chi lo dice che un lavoro per essere tale debba essere retribuito in denaro? Ci sono mille forme di retribuzione e la gratificazione è forse la più bella e completa. Avete mai provato a faticare tanto per aiutare un ragazzo ad uscire da una brutta situazione? Vi garantisco che quando questo accade tute le fatiche affrontate si sciolgono come neve al sole ed è un po’ come andare a pescare, stai lì con la canna in mano per ore, sempre attento ad ogni minimo movimento del cimino, ma nulla si muove, a volte ti sembra ma è un falso allarme. Ma ad un certo momento ecco un piccolo movimento, qualcosa c’è che sta mangiando l’esca,lasciamolo fare, attendiamo. Ecco, ora si che il colpo è deciso, ora si che ha abboccato e l’attesa, la fatica, la sveglia al mattino presto, il sole cocente o il freddo pungente sono alle spalle come un ricordo lontano. Tutto il lavoro di preparazione è stato ben ripagato ed il bambino è salvo, è su una strada buona, adesso il futuro è nelle sue mani, i torti subiti fanno parte del passato e possono essere un punto di forza per andare avanti.
    In questi anni mi hanno proposto diversi lavori di prestigio, ma quello che faccio per i miei ragazzi lo faccio per passione e non c’è nessuna retribuzione in denaro che potrebbe farmi cambiare strada.
    Per chi ha Fede c’è la rassicurazione di Gesù che chiunque “avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna”. Non faccio le cose per averne un contraccambio e quando presi la mia decisione di aiutare i ragazzi men che mai pensavo ad avere un benché minimo ritorno, ma devo dire che in tutti questi anni ho avuto molto di più di quanto mi sarei mai potuto aspettare.
    Non gettate la vostra vita non facendo nulla, qualcosa da fare c’è sempre e la paga è più che abbondante.

  8.  

    Addì 12 luglio 2013

    Ecco: io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe.
    Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai loro tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe;
    e sarete condotti davanti ai governatori e ai re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani.
    E quando vi consegneranno nelle loro mani, non preoccupatevi di come o di che cosa dovrete dire, perché vi sarà suggerito in quel momento ciò che dovrete dire:
    non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi.
    Il fratello darà a morte il fratello e il padre il figlio, e i figli insorgeranno contro i genitori e li faranno morire.
    E sarete odiati da tutti a causa del mio nome; ma chi persevererà sino alla fine sarà salvato.
    Quando vi perseguiteranno in una città, fuggite in un'altra; in verità vi dico: non avrete finito di percorrere le città di Israele, prima che venga il Figlio dell'uomo

    Matteo 10,16-23

  9.  

    Siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe

    Il mondo è fatto di tante persone diverse e spesso si incontra gente che vuole farci del male o che si comporta con cattiveria verso i più deboli. E’ una triste realtà e basta accendere la televisione o leggere i giornali per apprendere una serie infinita di cattive notizie. Cosa dovremmo fare dinanzi a tanto degrado? Nasconderci? Cercare di trascorrere una vita evitando di imbatterci nel male? Tapparsi gli occhi quando vediamo una donna violentata, un immigrato picchiato, un bambino seviziato? A parte il fatto che per quanto cerchiamo di dribblare, ci ritroveremo sempre dinanzi a qualcuno che vorrà divorarci e a quel punto sarà giocoforza combatterlo per difenderci, ma vi sembra giusto che il male imperversi? Come potete vivere sapendo che nel quartiere vicino alla vostra bella casa c’è gente che soffre? Misera, abbandono, violenze sono all’ordine del giorno nelle nostre stesse città e noi che vogliamo fare? Tapparci gli occhi, le orecchie e la bocca? Se credete in Dio il Vangelo parla chiaro “vi mando come pecore in mezzo ai lupi”, se non credete in Dio pensate che veramente sia giusto non muovere un dito? Restare passivi a guardare mentre il mondo va in rovina? Come possiamo cambiarlo? Con il nostro esempio, con la nostra lotta, spesso pacifica e sicuramente mai violenta.
    Camminiamo nel mondo cercando di essere prudenti e guardinghi come serpenti, ma semplici come colombe perché la cattiveria non si combatte con altra cattiveria, ma con l’amore

  10.  

    Addì 13 luglio 2013

    Un discepolo non è da più del maestro, né un servo da più del suo padrone;
    è sufficiente per il discepolo essere come il suo maestro e per il servo come il suo padrone. Se hanno chiamato Beelzebùl il padrone di casa, quanto più i suoi familiari!
    Non li temete dunque, poiché non v'è nulla di nascosto che non debba essere svelato, e di segreto che non debba essere manifestato.
    Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate all'orecchio predicatelo sui tetti.
    E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna.
    Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia.
    Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati;
    non abbiate dunque timore: voi valete più di molti passeri!
    Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli;
    chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch'io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli

    Matteo 10,24-33

  11.  

    Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce

    A volte capita che molte persone credano fermamente in qualcosa, ma abbiano paura a manifestare agli altri le proprie idee, così si barricano nei loro silenzi ed evitano accuratamente di dialogare di certi argomenti o, peggio, si adeguano falsamente alle idee dei loro interlocutori.
    Conobbi un ragazzo un po’ di tempo fa che aveva una piccola azienda. Viveva in un comune nel quale se non hai la tesserina di un certo partito non ti fanno lavorare, perciò si iscrisse a quel movimento politico, si mostrò interessato alle loro idee, assunse tutti coloro che i capi gli chiedevano di prendere. L’azienda è cresciuta e lui faceva buon viso a cattivo gioco. Con me si confidava dicendomi che era l’unico modo per andare avanti, ma che quelle persone e quel modo di fare erano per lui contrarie ai suoi valori e principi. Ebbe anche i permessi per ampliare i locali, investimenti della Regione e del Comune, ma poi un giorno perse credito agli occhi di coloro dai quali aveva ottenuto protezione, ed in un sol attimo tutto svanì.
    Davvero vale la pena di tradire i propri principi, di andare contro le proprie idee?
    Da quando io e Roberta fondammo l’Associazione “Amici della Zizzi”, abbiamo voluto che fosse indipendente, non legata a nessun partito o gruppo. Questa autonomia ci ha portato non poche difficoltà sin dall’inizio, ma oggi, a distanza di ventisette anni dai primi passi mossi in direzione dei bambini, la soddisfazione è tanta perché coloro che ci stimano provengono da destra e da sinistra, cattolici, musulmani, atei o di altra religione e chi ci combatte lo fa spesso perché non ci adeguiamo alle loro idee e non possiamo essere imbrigliati e comandati come vorrebbero.
    Una lotta faticosa e quotidiana, ma combattuta senza mai piegare il capo davanti ad un “potente”, insegnamenti dati ai ragazzi con la forza della Fede perché nel Vangelo troviamo la carica per vivere portando avanti i principi nei quali crediamo, permettendoci di allearci con chiunque abbia a cuore, come noi, il bene di tanti bambini e li voglia difendere anche da coloro che per legge sono chiamati a proteggerli, senza paure e senza dove rendere conto a nessuno, se non a Dio e alla legge.

  12.  

    Addì 14 luglio 2013

    Un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova: «Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?».
    Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi?».
    Costui rispose: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso».
    E Gesù: «Hai risposto bene; fa' questo e vivrai».
    Ma quegli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è il mio prossimo?».
    Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto.
    Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall'altra parte.
    Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre.
    Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n'ebbe compassione.
    Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui.
    Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all'albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno.
    Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?».
    Quegli rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: « Va' e anche tu fa' lo stesso »

    Luca 10,25-37

  13.  

    Chi ha avuto compassione di lui?

    Nella parabola del buon Samaritano non c'è giudizio alcuno, non c'è per chi passa oltre, mosso magari dalla sua cultura, abbagliato da insegnamenti cattivi o semplicemente distratto dai pensieri della vita. Non c'è giudizio nemmeno nei confronti dei briganti che hanno percosso l'uomo, né tantomeno verso il viandante che da solo camminava su una strada pericolosa. Ognuno aveva le sue ragioni e a tempo debito solo Dio avrà il potere di giudicare. Si sottolinea però l'amore di questa persona, di questo samaritano, che ha compassione per quest'uomo. Non si domanda se è un brigante bastonato da colui che voleva rapinare, se sia uno che la pensa diversamente, che ha un credo opposto al suo. Non si domanda se aiutandolo passerà dei guai oppure se questo potrà rifondergli quanto ha speso per le sue cure. Si ferma e basta, lo accudisce, lo cura, pensa al suo avvenire e forse non lo rivedrà più. Forse sparirà dalla sua vita, oppure vi resterà per sempre. Non è importante per chi aiuta cosa accada dopo, si deve pensare ad oggi, alle necessità di chi ha bisogno di noi, di colui per il quale possiamo fare la differenza. Ecco, questo è l'affidamento. Ogni giorno, anche se non li vediamo, tanti bambini si svegliano in mezzo alle urla dei genitori, si alzano e non trovano nulla da mangiare, si vestono e cercano di uscire di casa prima che il padre ubriaco si desti e li picchi o li sevizi. Ogni giorno tanti bambini devono andare a cercare tra i rifiuti qualcosa da mangiare, scovare un po' di affetto tra le pieghe dei cuori che incontrano. Sono loro il nostro prossimo, il nostro futuro. Quante famiglie rinunciano all'affidamento per paura di soffrire quando il bambino tornerà alla propria famiglia, guarito perché i genitori si sono riconciliati, il pedofilo è stato arrestato, il frigo è sempre pieno, la mamma è più tranquilla e può accudirlo al meglio. E' un successo, è la gioia di aver trovato in tempo l'uomo tramortito per la strada ed averlo aiutato a rialzarsi, a guarire. Non importa quanto ci sia costato in termini di fatica e di sacrificio, ma è fondamentale non passare oltre, non guardare dicendo "qualcuno ci penserà, perché proprio io". Non tappatevi gli occhi, un giorno non potrete dire che non vi siete accorti che c'era sofferenza in coloro che avete incontrato. Tanti sono i bambini che hanno bisogno delle vostre cure, non passate oltre, fermatevi ad accudirli, ad amarli, ad asciugare le loro lacrime silenziose

  14.  

    Addì 15 luglio 2013

    Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada.
    Sono venuto infatti a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera:
    e i nemici dell'uomo saranno quelli della sua casa.
    Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me;
    chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me.
    Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà.
    Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato.
    Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto.
    E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».
    Quando Gesù ebbe terminato di dare queste istruzioni ai suoi dodici discepoli, partì di là per insegnare e predicare nelle loro città

    Matteo 10,34-42.11,1

  15.  

    E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa

    Don Luigi del Santuario mariano di Montenero, nei pressi di Livorno, era un sacerdote le cui omelie traevano spunto dalla vita reale o, alla stregua di Gesù, da brevi racconti atti a sottolineare l'importanza degli insegnamenti del Signore.
    Mi è rimasta impressa questa storiella. C'era una signora che aveva una gran fede in Dio, sposata con un brav'uomo non credente. Ogni giorno la donna si recava a pregare in una grotta dove c'era la statua della Madonna, portando sempre fiori freschi raccolti nei campi. In questo suo pellegrinaggio quotidiano era accompagnata dal marito che l'aiutava anche a raccogliere i fiori. Un giorno la donna morì e, salita in Paradiso, era triste e sconsolata perché, diceva, il marito non l'avrebbe seguita in quanto, nonostante i suoi tanti sforzi, non aveva fede in Dio. Il Signore però le chiese "non è forse vero che tuo marito ti ha sempre accompagnata e aiutata a raccogliere i fiori per Maria?" ed aggiunse "Lo ha fatto con grande amore per te, e questo basta per assicurargli la vita eterna".
    Chiaramente è una favola, ma vuole farci capire come basti poco a Gesù per giudicarci positivamente. Noi spesso pensiamo che l'Onnipotente sia un giudice inflessibile che non ce ne passi una, pronto a condannarci ad ogni minimo sgarro, a mandarci punizioni terribili per le nostre cattive azioni, ma il Vangelo ci dice "chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa". Basta un po' di amore verso il prossimo, di solidarietà nei confronti di chi ha bisogno di noi per avere la benevolenza di Dio.

  16.  

    Addì 16 luglio 2013

    Allora si mise a rimproverare le città nelle quali aveva compiuto il maggior numero di miracoli, perché non si erano convertite:
    «Guai a te, Corazin! Guai a te, Betsàida. Perché, se a Tiro e a Sidone fossero stati compiuti i miracoli che sono stati fatti in mezzo a voi, gia da tempo avrebbero fatto penitenza, ravvolte nel cilicio e nella cenere.
    Ebbene io ve lo dico: Tiro e Sidone nel giorno del giudizio avranno una sorte meno dura della vostra.
    E tu, Cafarnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai! Perché, se in Sòdoma fossero avvenuti i miracoli compiuti in te, oggi ancora essa esisterebbe!
    Ebbene io vi dico: Nel giorno del giudizio avrà una sorte meno dura della tua!»

    Matteo 11,20-24

  17.  

    Se in Sòdoma fossero avvenuti i miracoli compiuti in te, oggi ancora essa esisterebbe

    Cosa facciamo quando uno dei nostri ragazzi se ne va per la sua strada? Cosa facciamo quando si allontana da noi, quando sceglie la libertà, quando decide di abbandonare i principi che gli abbiamo insegnato, quando diventa egoista e pensa solo alla sua vita?
    Nulla, non facciamo esattamente nulla. Perché? Perché è giusto così, perché una persona ha il diritto delle sue scelte, ha il diritto di cambiare strada rispetto a quella da noi indicata, ha diritto ad allontanarsi, ha diritto a scegliere tra il bene ed il male.
    Cosa fa Gesù con noi quando ad ogni bivio della nostra vita prendiamo la strada a Lui meno gradita e ci allontaniamo dalla Fede?
    E' Dio stesso a darci la libertà di scegliere e rispetta le nostre scelte. Non viene a tirarci le orecchie o a dirci che stiamo sbagliando, ma resta in attesa, ci fa sentire il profumo della Sua presenza, ma non agisce. Attende. Vuole che siamo noi a tornare da Lui quando abbiamo capito il nostro errore.
    Anzi, quando ci capita qualcosa ci resta vicino come nessuno mai potrà fare.
    Credo che se parlassimo ai ragazzi una volta che si sono allontanati da noi rischieremmo di rinforzarli nella loro scelta di allontanarsi. Il compito che il Signore ci chiede di eseguire nei confronti del prossimo è di essere vicini. Se sbagliano, se peccano, se cambiano strada noi dobbiamo esserci e loro lo devono sapere, ma non dobbiamo invadere il loro spazio, devono sentirsi liberi di decidere.
    Nel passato mi meravigliavo davanti alla parola di Dio quando diceva "andate a predicare e se non vi apriranno scuotete la polvere dai vostri calzari e andate via". Mi domandavo coma mai Gesù non volesse che noi insistessimo, come mai avremmo dovuto lasciarli nel peccato. Recentemente mi sono dato una risposta. Lui non li ha abbandonati, ha detto a noi di farlo perché le nostre forze sono limitate, il nostro tempo contingentato ed il lavoro nella vigna è tantissimo. D'altra parte è Lui il nostro datore di lavoro e a Lui dobbiamo obbedire. Ma nel Vangelo non c'è scritto cosa farà Dio dopo che noi ci saremo tolti la polvere dalle nostre scarpe. Sono certo che, dopo averci mandato in avanscoperta, arriverà Lui per sedersi vicino a quella casa, per far sentire la gioia del perdono, pur lasciando liberi costoro di accettare quel dono grande.
    Così faccio da sempre con i miei ragazzi. Parlo con loro ogni giorno, non perdo occasione di sottolineare la bontà di un'idea o di un principio. A volte vedo che ascoltando, altre sospirano e fanno finta di ascoltare. Finché sono con me dialogo il più possibile, ma quando prendono il volo, quando decidono che sono divenuti uomini e donne capaci di gestire la loro vita, quando pensano di avere il mondo nelle loro mani e poterlo gestire a piacimento, lascio che spicchino il volo, che si allontanino dalla mia vista, anche se li porterò sempre nel mio cuore uno ad uno. Qualcuno ritorna dopo qualche anno, altri si perdono nella nebbia della vita, ma la mia gioia è sapere che il Signore non li abbandonerà mai, che forse quelle briciole del pane dei principi che ho messo loro in tasca un giorno serviranno per ritrovare la strada difficile fatta di valori, principi e regole da rispettare.
    Li affido tutti a Dio quando partono con la loro valigia piena di sogni, prego Maria ogni giorno perché possano sentire il suo abbraccio materno, quell'abbraccio che io non posso più dare loro perché il mio compito è stato assolto, se bene o male sarà poi il Signore a giudicarlo, e altro non posso fare che attendere un loro eventuale ritorno.
    La mia gioia è nell'affido di questi bambini da parte di Dio e la possibilità di averli portati alle soglie della vita donando loro un paio di ali che, spero, permetteranno loro di librarsi in volo e superare le vette aguzze senza farsi troppo male

  18.  

    Addì 17 luglio 2013

    In quel tempo Gesù disse: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli.
    Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te.
    Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare

    Matteo 11,25-27

  19.  

    Hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli

    Quando facciamo la riunione la sera accade spesso una cosa strana. Nel parlare di valori e principi cerco di interagire con i ragazzi facendo loro qualche domanda affinché siano loro a tirare fuori i vari aspetti da esaminare. I ragazzi più grandi, certamente più esperti per la maggiore esperienza della vita e per aver toccato più volte certi argomenti tentano di rispondere e dialogare facendo mille giri, cercando di andare oltre la semplicità della domanda pensando all'aspetto filosofico o mirando al punto di arrivo. I più piccoli invece rispondono con parole semplici, con concetti base, con la povertà che contraddistingue un bambino, e sono loro a cogliere nel segno più dei grandi. In queste occasioni mi viene spesso da dire ai ragazzi "siate semplici" ed è un monito che faccio anche a me stesso. Quante volte usiamo concetti che in pochi capiscono, siamo complicati, eppure è nella semplicità che ci si capisce meglio, è nella semplicità che il dialogo è migliore.
    Don Luigi era un sacerdote da battaglia, in molti lo avevano in antipatia perché non si peritava a dire come la pensava a ciascuno, si interrompeva durante la messa se qualcuno parlava, o brontolava se la gente arrivava in ritardo e diceva "se vai alla stazione a prendere il treno delle 8:23 non arrivi alle 8:25 perché il treno è già partito, così se arriva alle 10:00 non scendi alle 9:55 altrimenti ti fai del male, allora perché arrivare alla messa in ritardo o andare via prima?". Aveva un modo di parlare semplice, raccontava spesso aneddoti, storielle, sue esperienze personali per far capire alla gente il messaggio di Dio sull'esempio di Gesù che parlava in parabole. In molti lo criticavano anche per questo, pensavano a lui come ad un uomo senza cultura che non era in grado di parlare in termini scelti e difficili, ed in molti con una certa cultura disertavano le sue messe. Mio padre era tra questi. Un giorno lo trascinai con me alla sua messa e mio padre in seguito lo biasimò perché, a suo dire, non esponeva bene i concetti teologici. Una sera lo invitai a cena da noi e mio padre lo provocò, gli pose delle domande difficili usando parole scelte, ma Don Luigi non si lasciò impressionare e rispose a tono facendo rimanere di stucco mio padre che da quel giorno con obiettività si ricredette sul suo conto.
    Penso che se il Signore ci ha parlato con semplicità è per far capire a tutti, ma paradossalmente chi ha più cultura chiude la mente alla semplicità, nella Fede come nella vita.
    Il Signore parla ai piccoli, agli umili di cuore, a coloro che, come Don Luigi, pur avendo una grande cultura restano umili, non sono arroganti, presuntuosi.
    A ben pensarci, quanto cammino dobbiamo fare tutti, io per primo. Il primo passo verò l'umiltà è riconoscere il proprio orgoglio.

  20.  

    Addì 18 luglio 2013

    Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò.
    Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime.
    Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero»

    Matteo 11,28-30

  21.  

    Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò

    L'Associazione sta crescendo, le responsabilità aumentano, i problemi da affrontare sono sempre di più, le battaglie da combattere si moltiplicano. Anche le iniziative sono tante e a volte non è facile stare dietro a tutto, anche perché al primo posto ci sono i bambini che richiedono tanto tempo e tanta attenzione. E' normale essere stanchi, normale per ciascuno faticare per andare avanti. Ognuno nel proseguo della propria vita è sempre più stanco, vuoi per il calendario che ogni giorno stacca un foglietto, vuoi perché la routine e la quotidianità sono a volte pesanti da sopportare, vuoi perché in ogni famiglia come in ciascun contesto si cresce e la crescita porta problemi sempre più grandi. A volte sembra che le forze manchino, la mattina si fa sempre più fatica ad alzarsi, gli avvenimenti della vita ci risultano sempre più difficili da sopportare ed ogni battaglia che dobbiamo intraprendere speriamo sempre sia l'ultima perché ci mancano le forze. Eppure andiamo avanti, Eppure ogni giorno ci svegliamo e affrontiamo la giornata. Ognuno trae la propria forza da situazioni diverse, chi lotta per i figli, o nel ricordo di una persona scomparsa, per il marito o la moglie, per una meta da raggiungere. Motivazioni forti, ma non eterne. I ricordi sono evanescenti, l'amore per il coniuge talvolta viene meno o comunque si allinea ad una certa quotidianità, i figli crescono e hanno sempre meno bisogno di noi. Ed allora dove trovare la forza per andare avanti, dove trovare l'energia per ricaricarsi e continuare a portare avanti ciò in cui crediamo?
    Non so per voi, ma io da sempre ho trovato ristoro in Dio. Senza la Fede più volte avrei gettato la spugna. Quando ti trovi a dover combattere contro i servizi sociali anziché averli dalla tua parte solo perché non hai la tesserina del partito dominante e non sei allineato alla loro impostazione, quando arriva la finanza e ti tiene compagnia per un anno e mezzo cercando chissà quale magagna, quando ti denunciano solo per spillarti denaro, quando il tuo avvocato ti dice "la causa è vinta ma dobbiamo patteggiare perché i costi, se vincessimo, sarebbero superiori alla multa", quando vuoi cambiare una legge perché palesemente ingiusta e nessuno ti ascolta, quando tu devi ottemperare a qualcosa entro tot giorni mentre gli enti pubblici se ne infischiano dei loro doveri, quando i ragazzi che hai aiutato in mille modi prendono la loro strada senza nemmeno voltarsi indietro a salutarti. Quante volte avrei lasciato questo cammino se non fosse stato per la Fede. Eppure penso che tutto ha un senso, anche la stanchezza, la fatica, le preoccupazioni, il dolore, un senso superiore legato alle promesse che il Signore ci fa per il futuro. Potrebbe dirci semplicemente "comportati bene e alla fine della vita terrena avrai la vita eterna" e mettersi alla finestra a guardare, ad aspettare i risultati da noi. Chi ce la fa passa l'esame, e chi non riesce pazienza. Invece no. Sa che la nostra natura umana ha bisogno di continue gratificazioni, necessita sempre di rassicurazioni e abbisogna di rinnovo delle promesse. Così Dio ci è vicino per tutta la vita, anche se lo rifiutiamo e ci dice "Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò". Chi si avvicina a Lui avrà da bere per estinguere la sete di riposo che abbiamo, per darci un riparo per riprendere fiato, per sollevarci da un disagio o da un problema.
    Ieri sono stato in barca con due delle mie bimbe, abbiamo pescato e poi abbiamo raggiunto Roberta e gli altri ragazzi che prendevano il sole sugli scogli. Abbiamo caricato a bordo altri due bimbi e siamo tornati a pescare fino alle dieci di sera. Una giornata stancante che ancor oggi ne porto il peso, ma una giornata bellissima, un momento di riposo in mezzo a tanta stanchezza psicologica, ma sopratutto abbiamo avvertito in ogni momento la presenza di Gesù tra noi. Al mattino siamo arrivati in un bellissimo posto dove andiamo sempre a pescare, sono sceso sott'acqua e c'era corrente forte che poi è calata. Sono stato tre ore in acqua mentre le bimbe pescavano dalla barca e tutto è andato benissimo. Quando volevo tornare a bordo perché vinto dalla stanchezza ho fatto un'ultima immersione per scaricare il fucile e in mezzo alle alghe vedo un sarago bellissimo, non credevo ai miei occhi. E' stato un attimo ed era mio. Un regalo graditissimo e inaspettato. Poi abbiamo mangiato e mentre pescavamo con la canna è arrivata la capitaneria di porto per un controllo. Quando siamo fermati si entra un po' tutti in agitazione perché si pensa che qualcosa potrebbero anche trovarci che non vada bene. La persona che ci ha abbordata è stata squisita, ci ha messo a nostro agio, si è messa a scherzare con noi e alla fine ci ha rilasciato il "bollino blu" che è un riconoscimento sulla correttezza. Quando poi siamo andati a pescare con gli altri bambini ero un po' spento, ma la voglia di farli divertire era tanta. Abbiamo calato in mare le gallette, una pesca speciale per le occhiate, e all'inizio c'è stato movimento di pesce, poi nulla per un paio di ore. Una delle bimbe ha detto "peccato non prendere nemmeno un pesce". Le ho risposto "chiedi a Gesù se te ne fa prendere almeno uno" e la risposta non si è fatta attendere, nel giro di dieci minuti ecco abboccare la prima occhiata. Poi niente per un po', ma il commento di Andrea è stato "abbiamo chiesto almeno un pesce a Gesù, ce lo ha mandato e adesso siamo contenti". Ed ecco che, quasi a sottolineare la bellezza di quel pensiero, che ne abbiamo presa un'altra, e un'altra, ed un'altra ancora, tanto da non sapere più dove guardare. Sei occhiate che stasera condivideremo tutti insieme con il sarago e l'altro pesce catturato, dono del Signore.
    Ecco, in un momento un po' difficile, denso di impegni e preoccupazioni è arrivato il ristoro di Gesù. Dopo una giornata dove tutto è andato bene, tanto che meglio non sarebbe potuto andare, oggi si è pronti a ricominciare con nuova forza e nuovo coraggio, con la certezza di avere sempre vicino il Signore.

  22.  

    Addì 19 luglio 2013

    In quel tempo Gesù passò tra le messi in giorno di sabato, e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere spighe e le mangiavano.
    Ciò vedendo, i farisei gli dissero: «Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare in giorno di sabato».
    Ed egli rispose: «Non avete letto quello che fece Davide quando ebbe fame insieme ai suoi compagni?
    Come entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell'offerta, che non era lecito mangiare né a lui né ai suoi compagni, ma solo ai sacerdoti?
    O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio infrangono il sabato e tuttavia sono senza colpa?
    Ora io vi dico che qui c'è qualcosa più grande del tempio.
    Se aveste compreso che cosa significa: Misericordia io voglio e non sacrificio, non avreste condannato individui senza colpa.
    Perché il Figlio dell'uomo è signore del sabato»

    Matteo 12,1-8

  23.  

    Se aveste compreso che cosa significa: Misericordia io voglio e non sacrificio, non avreste condannato individui senza colpa

    Stiamo perdendo il senno, politici che insultano le persone di colore paragonandoli alle scimmie, altri che usano il disinfettante prima di sedersi dove si sono seduti gli stranieri, altri ancora che vorrebbero la distinzione dei servizi per etnie. Ma il fondo si è toccato in questi giorni quando il Consiglio Regionale della Lombardia ha rifiutato il pediatra a tutti quei bambini migrati nel nostro paese e senza permesso di soggiorno. Perché tutto quest'odio, questa cattiveria? In un consiglio comunale l'assessore al sociale, giunta Pd che più Pd non si può, perorava la causa di alcuni bambini per far avere alla famiglia una casa. Si è sentito rispondere dai membri del suo stesso partito "sono italiani" al no dell'assessore è stato risposto "e allora chi se ne frega".
    Ma scherziamo? Già è abominevole il razzismo in qualsiasi forma esso sia, ma nei confronti di bambini è ancora peggio, è ingenerare in loro l'odio per le istituzioni, l'odio per le persone che incontrano, l'odio razziale. E che dire dei figli di coloro che si incappucciano di bianco nascondendo le loro malefatte al potere che tutti noi gli abbiamo dato? Cosa impareranno questi ragazzi? Il rispetto delle idee e delle opinioni altrui è secondario se guardiamo al rispetto della persona. Chi non rispetta il prossimo, chi non rispetta i bambini, chi nega loro l'assistenza e l'aiuto che necessitano per vivere è paragonabile a chiunque faccia loro del male in qualsiasi forma. Il politico che nega l'assistenza sanitaria ad un bambino sarebbe da denuncia per razzismo e la prima cosa da fare sarebbe quella di togliergli i figli per darli in adozione a chi possa educarli con principi di tolleranza e rispetto per chiunque.
    Qualsiasi condanna fatta verso chi non ha colpe è un crimine di per sé stesso.
    Negli stati uniti si sono accorti che l'FBI ha sbagliato l'analisi del Dna e per questo "errorino" ben 27 persone, e chissà quante altre che non ci dicono" sono state uccise, giustiziate, ammazzate. Che schifo!
    E' un mondo che va cambiato e dobbiamo iniziare dai nostri figli e da quelli di coloro che non sono in grado di educarli.
    Ritengo che qualsiasi rivoluzione debba partire dai bambini, dobbiamo insegnare ai nostri ragazzi i valori che fanno grande l'uomo: la solidarietà, la tolleranza, l'altruismo, la pace, il rispetto
    E' dando buoni valori ai bambini che potremo sperare che un domani essi possano cambiare il mondo e combattere quei miserabili che, trincerandosi dietro una democrazia malata, distruggono la vita ed il futuro di tante persone.

  24.  

    Sabato 20 luglio 2013

    I farisei però, usciti, tennero consiglio contro di lui per toglierlo di mezzo.
    Ma Gesù, saputolo, si allontanò di là. Molti lo seguirono ed egli guarì tutti,
    ordinando loro di non divulgarlo, perché si adempisse ciò che era stato detto dal profeta Isaia:
    Ecco il mio servo che io ho scelto; il mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Porrò il mio spirito sopra di lui e annunzierà la giustizia alle genti.
    Non contenderà, né griderà, né si udrà sulle piazze la sua voce.
    La canna infranta non spezzerà, non spegnerà il lucignolo fumigante, finché abbia fatto trionfare la giustizia; nel suo nome spereranno le genti

    Matteo 12,14-21

  25.  

    I farisei però, usciti, tennero consiglio contro di lui per toglierlo di mezzo

    Quando qualcuno fa qualcosa di buono e non è in linea con il potere precostituito è scomodo, da un lato perché non è controllabile, e dall’altro perché permette agli altri di notare che chi ha il potere fa molto poco per gli altri e tanto per sé stesso. In molti comuni le associazioni che non sono allineate al partito di maggioranza non hanno vita facile, non c’è obiettività o meritocrazia tali da far nascere un dialogo costruttivo. E’ molto meglio mettere un muro, bandire qualcuno piuttosto che capire la differenza di pensiero e di azione ed arricchirsi grazie alle novità apportate e alla possibilità di avere nuovi stimoli. Anche un aspro confronto porterebbe a qualcosa di buono, se si stratta di vero confronto costruttivo. Ma si fa prima a “togliere di mezzo” chi la pensa diversamente, in modo da avere carta bianca e non dover rendere conto a nessuno, non essere criticati per le proprie azioni. Chi vede dall’esterno nota soltanto un filo conduttore e, avendo conosciuto solo quello, si allinea, senza pensare che l’apporto di altri potrebbe donare ricchezza culturale a tutti, opinioni diverse su cui cimentarsi, confini nuovi da scoprire, metodologie diverse e spesso più moderne e migliori per aiutare il prossimo e la collettività. Quale arma abbiamo contro questo strapotere? Il combattimento passivo, la presenza silenziosa e costante, il lavorare ogni giorno per gli altri respingendo gli attacchi che dal potere arrivano, diventando amici della gente che pian piano capirà la buona fede e il buon lavoro svolto. Ci vuole tempo, bisogna passare attraverso tante tribolazioni, ma alla fine il risultato non si farà attendere. Qualcuno di coloro che abitano il “palazzo” comincerà a capire, aprirà un canale di dialogo, spesso prontamente chiuso dal predominio politico, ma presto o tardi qualcun altro si sgancerà da quell’ideologia, verrà a dialogare, cercherà di intendere, suggerirà modalità per camminare tutti insieme. Si faranno prove e ci saranno ulteriori sconfitte, ma il bene vincerà il male, il dialogo trionferà sulle imposizioni, il plauso dei cittadini sarà rivolto a chi porterà a casa buoni risultati.
    Chi può fermare con le mani una cannella aperta dalla quale sgorga continuamente acqua? Passerà attraverso le mani, potrai ostacolarla, deviarla, fermarne una parte, racchiuderla in qualche contenitore, ma alla fine la continuità sarà premiata, la sete delle persone avrà la meglio sull’ottusità di chi abbia la pretesa di dare solo la propria bevanda.
    Associazioni che da sole lottate nella vostra città, che incontrate tanti ostacoli sul vostro cammino, che siete messi da parte solo perché non avete una tesserina di partito sappiate che questo modo è un passaggio obbligato per restare autonomi, ma alla fine la gocciolina che cade incessantemente scaverà la roccia e avrà la meglio sulla durezza di una politica che più che il bene della gente vuole il bene di sé stessa e dei suoi adepti

  26.  

    Addì 21 luglio 2013

    Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa.
    Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola;
    Marta invece era tutta presa dai molti servizi. Pertanto, fattasi avanti, disse: «Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti».
    Ma Gesù le rispose: «Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose,
    ma una sola è la cosa di cui c'è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta»

    Luca 10,38-42

  27.  

    Ti preoccupi e ti agiti per molte cose

    Lo stare a contatto costante con i bambini a volte può stancare. E’ difficile cercare di parlare un linguaggio che sia per loro comprensibile, attrarre la loro attenzione, rispondere alle domande che ti pongono, ma la loro vicinanza ci ricorda la semplicità, ci da modo di capire il vero senso della vita.
    Quante volte ci preoccupiamo di mille cose, pensiamo di essere indispensabili al mondo, riteniamo che senza di noi un’Associazione, un’azienda possa crollare, ed invece non è così. Quando moriamo di noi resta solo il ricordo che il tempo trascina inesorabilmente nel dimenticatoio, ed il mondo continua ad andare avanti anche senza noi. Non sarebbe allora forse meglio mettere da parte mille impegni, liti, preoccupazioni e dedicarsi alle cose importanti della vita legate ai sentimenti? Dedicarsi all’amore verso i nostri cari, la preghiera per chi ha fede, il gioco con i propri figli, la vita in famiglia. Certo è che dobbiamo lavorare, ma in tantissimi casi lasciamo che il lavoro sovrasti tutto il resto, abbiamo la smania di guadagnare sempre più per appagare maggiori desideri, spesso puramente egoistici, e mettiamo in disparte i veri valori della vita.
    A volte mi prende la tentazione di aderire a mille iniziative per l’Associazione, ma spesso diniego l’invito perché reputo che il mio stare con i bimbi che il Signore mi ha affidato sia il mio compito, oltre che una grande gioia, principale. Un giorno un mio carissimo amico mi disse “lavori troppo quando sei in campagna e stai poco con i ragazzi”. Non me ne ero mai accorto, avevo sempre pensato che il mio “lavorare molto” fosse un bene per i bambini che stavo crescendo, pensavo che il mio esempio li avrebbe indotti ad essere degli ottimi lavoratori in futuro, e ne sono tutt’ora convinto, ma Pablo mi ha fatto capire che devo pormi un limite, che in certi casi avere il giardino un po’ meno curato significa donare ai bambini un attimo in più di gioia organizzando con loro un gioco in più.

  28.  

    Addì 22 luglio 2013

    Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand'era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro.
    Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!».
    Maria invece stava all'esterno vicino al sepolcro e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro
    e vide due angeli in bianche vesti, seduti l'uno dalla parte del capo e l'altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù.
    Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto».
    Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù che stava lì in piedi; ma non sapeva che era Gesù.
    Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Essa, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l'hai portato via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo».
    Gesù le disse: «Maria!». Essa allora, voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico: «Rabbunì!», che significa: Maestro!
    Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va dai miei fratelli e dì loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro».
    Maria di Màgdala andò subito ad annunziare ai discepoli: «Ho visto il Signore» e anche ciò che le aveva detto

    Giovanni 20,1-2.11-18

  29.  

    Donna, perché piangi?

    A volte noi “ometti” prendiamo in giro le donne perché piangono, ma quanta più forza di noi hanno dentro. Quanto riescono a sopportare le donne per amore del loro uomo, per un ideale, per i propri figli. Purtroppo nel cammino dell’affido ho visto tante mamme abbandonare i bambini, oppure maltrattarli, ma sono una minima parte rispetto agli uomini che mal si comportano. Una donna piange nel silenzio per non rattristare chi la ama, piange quando è maltrattata senza farsene accorgere per proteggere i figli, versa lacrime quando si immedesima nel dolore di un’amica, ha occhi languidi per distribuire dolcezza, ha la fierezza di un capo capace di organizzare ogni cosa, ma sa mettersi in disparte per alimentare la nostra parte maschile che vuole dominare.
    Ho visto coppie crescere nel percorso dell’affido e quasi sempre il desiderio di aiutare un bambino proveniva dalla donna che, trovandosi il marito contrario, riusciva pian piano a instillare anche in lui il desiderio di accoglienza. La donna è furba, molto più di noi, ma, al contrario degli uomini, il più delle volte usa questa sua dote per il bene degli altri, specie dei figli.
    I momenti più dolci e più belli del Vangelo si hanno quando ad essere protagonista è una donna. Pensate alla maternità di Maria e alla dolcezza della risposta umilissima della Madonna “sia fatta la tua volontà”; al giorno in cui la madre di Gesù scopre che sua cugina è in dolce attesa, non ci pensa nemmeno un istante e parte alla volta di Elisabetta per accudirla; al dolore che silenziosamente la Madonna ha portato in grembo per tutta la vita di Gesù sapendo che sarebbe dovuto morire e mai si è permessa di dire nulla, restando però vicino al figlio fino all’ultimo istante.
    Quante mamme coraggio hanno sfidato la mafia, la camorra, gli spacciatori. Quante mamme ho visto stare vicine ai figli delinquenti e nello stesso tempo piangere con le madri delle vittime dei loro stessi figli.
    Le donne non sono l’altra metà del cielo, sono il cielo intero dove noi uomini abbiamo la fortuna di poter vivere come meteore perché una donna ci ha amati e ci ha lanciati nella vita.

  30.  

    Addì 23 luglio 2013

    «Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo.
    Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto.
    Voi siete gia mondi, per la parola che vi ho annunziato.
    Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me.
    Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla.
    Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
    Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato.
    In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli

    Giovanni 15,1-8

  31.  

    Il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite

    Nelle riunioni serali con i ragazzi mi trovo spesso a dover spiegare cose per loro difficili da capire, teorie spesso incomprensibili o quanto meno difficili da memorizzare e applicare nella quotidianità. Mi servo così molto spesso degli accostamenti, delle similitudini a pratiche in uso nella nostra vita e la cosa funziona. Il Vangelo aiuta moltissimo in questo perché vi si ritrovano esempi capaci di rendere palese un concetto spesso nascosto. Una delle similitudini che serbo nel cuore da quando sono piccolo è il concetto della vite e dei tralci che nelle Parole di Gesù sottende all’unione di Dio con l’umanità, ma che è applicabile a qualsiasi contesto di gruppo. Pensando alla vite che è fatta di tanti tralci, ognuno dei quali riveste la sua importanza ed il contadino pota quelli sani perché diano più frutto e taglia via quelli secchi che sono improduttivi e tolgono linfa e spazio a quelli che invece producono, mi viene alla mente il concetto di famiglia. In ogni nucleo familiare ogni persona ha la sua individualità, una propria personalità e autonomia, ma tutti insieme riescono a creare un rapporto capace di formare un solo corpo con una propria struttura di per sé stesso autonomo, ma al contempo dipendente da ogni singolo membro. Penso alla realtà della nostra famiglia allargata, della nostra Associazione. Ci sono bambini che vengono da noi in diurno o per la sola estate, altri che vivono con noi, poi ci sono i volontari fissi, i ragazzi più grandi, i volontari più assidui e quelli che per ragioni di tempo o di lontananza vengono da noi non molto spesso, ma legati da un filo indissolubile intrecciato con l’affetto nato in tanti anni di frequentazione.
    Ognuno a suo modo è importante per la nostra vita, per la crescita come famiglia e individuale, ognuno si fa forte delle esperienze dell’altro, impara dagli errori e cammina fiero di essere un tralcio di questa bellissima vite, consapevole che ogni tanto occorra una potatura per migliorare sé stessi e la famiglia. Ogni tanto qualche tralcio si secca e decide di cambiare strada, si allontana dalla famiglia per andare a creare una propria vite da un’altra parte. E’ giusto e normale che ciò accada, ma sarebbe bello che costoro mantenessero un legame con chi, fino a pochi giorni prima, ha dato loro la linfa vitale per crescere e fortificarsi. Pazienza, così va il mondo, ma in una visione più ampia della vita, dove la vite è Dio ed i tralci siamo tutti noi, e nella quale ognuno ha la libertà di affrancarsi allontanandosi dal Signore c’è il rischio di seccarsi, di divenire aridi e improduttivi, di avere un giorno bisogno della linfa della vite che ci ha generati.
    Essere famiglia non significa solamente avere un babbo ed una mamma, avere dei figli o dei nipoti, un legame di sangue per nascita. Chi ci conosce sa che siamo famiglia, una famiglia allargata fatta di tanti cuori, di tanti tralci, più o meno produttivi, ma ognuno fondamentale per la nostra vita

  32.  

    Addì 24 luglio 2013

    Quel giorno Gesù uscì di casa e si sedette in riva al mare.
    Si cominciò a raccogliere attorno a lui tanta folla che dovette salire su una barca e là porsi a sedere, mentre tutta la folla rimaneva sulla spiaggia.
    Egli parlò loro di molte cose in parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare.
    E mentre seminava una parte del seme cadde sulla strada e vennero gli uccelli e la divorarono.
    Un'altra parte cadde in luogo sassoso, dove non c'era molta terra; subito germogliò, perché il terreno non era profondo.
    Ma, spuntato il sole, restò bruciata e non avendo radici si seccò.
    Un'altra parte cadde sulle spine e le spine crebbero e la soffocarono.
    Un'altra parte cadde sulla terra buona e diede frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta.
    Chi ha orecchi intenda»

    Matteo 13,1-9

  33.  

    Il seminatore uscì a seminare

    Quando parlo con i ragazzi ogni sera non sempre riesco a catturare la loro attenzione. Spesso, guardando i loro occhi che si perdono nel vuoto, specie quelli dei più piccoli, mi sembra di seminare al vento. Così pure quando diciamo loro come comportarsi, le regole da seguire, l'importanza dello studio e della buona educazione. Prende lo sconforto quando ci accorgiamo che le nostre parole, appena dette, sono state inutili. Ma almeno così crediamo. Non è un nostro diritto raccogliere i frutti di quanto seminiamo, a noi spetta soltanto di immettere il seme nella terra, nei cuori dei ragazzi che il Signore ci invia, se poi da quel chicco nascerà una pianta che porterà frutto sarà un bene e sicuramente una bella gratificazione per noi, ma non è detto che potremo goderci questa vittoria. Spesso sembra che i ragazzi non ascoltino, ma poi ci accorgiamo che cose dette e ridette sono entrate nel loro modo di vivere, sono state accolte come positive, anche se magari in un primo momento erano state rifiutate.
    Lo vedo già adesso nel raffronto con i ragazzi più grandi con quelli più piccoli. I primi oggi raccomandano ai secondi di prestare attenzione a certi insegnamenti, gli stessi che fino a poco tempo fa loro per primi non seguivano.
    C'è anche chi se ne va, chi fugge dalle regole, ma sono certo che uscendo di casa, insieme alle loro cose, hanno portato via anche i semini che ogni giorno abbiamo donato loro, ed in futuro sapranno farne tesoro, sapranno far germogliare quella piccola fonte di vita, magari quando saranno genitori riprenderanno quegli insegnamenti per crescer i loro figli.
    La stessa parola di Dio non è accolta da tutti allo stesso modo, ma chi ha conosciuto il Signore, chi ha ricevuto certi valori, anche se nella vita li ha rifiutati o travisati, un giorno ne scoprirà la bellezza e sarà lui, per amore o per necessità, a cercare Gesù. Cristo ha seminato, come noi facciamo con i nostri figli, ed è fiducioso che un giorno sapremo mettere a frutto i suoi insegnamenti.

  34.  

    Addì 25 luglio 2013

    In quel tempo si avvicinò a Gesù la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli, e si prostrò per chiedergli qualcosa.
    Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Dì che questi miei figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno».
    Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo».
    Ed egli soggiunse: «Il mio calice lo berrete; però non sta a me concedere che vi sediate alla mia destra o alla mia sinistra, ma è per coloro per i quali è stato preparato dal Padre mio».
    Gli altri dieci, udito questo, si sdegnarono con i due fratelli;
    ma Gesù, chiamatili a sé, disse: «I capi delle nazioni, voi lo sapete, dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere.
    Non così dovrà essere tra voi; ma colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo,
    e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo;
    appunto come il Figlio dell'uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti»

    Matteo 20,20-28

  35.  

    Colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo

    Man mano che si cresce nel lavoro e nella ricchezza si hanno sempre più persone sotto di noi in una scala gerarchica del tutto umana.
    Nel rapporto con gli altri dobbiamo però farci umili, mettersi al servizio del prossimo, rinunciare a tanti nostri benefici per soddisfare le esigenze primarie delle persone che incontriamo.
    Il mio nonno, quando io ancora ragazzino ero timidissimo ed intimorito dal rapporto con tutti, mi diceva "guarda la persona e vedrai che anche lui, come te, ha due gambe, due braccia e una testa". Mi insegnava l'uguaglianza.
    Se facessimo un sondaggio in tanti dichiarerebbero l'uguaglianza tra le persone, ma in pochi confesserebbero che sotto sotto si sentono superiori a chi ha un lavoro più umile, una macchina più piccola, una casa meno confortevole.
    Dobbiamo vedere l'altro come nello stesso modo in cui vorremmo essere visti noi. Anzi, dovremmo farci servi del nostro prossimo, farlo passare davanti a noi, condividere con lui ciò che abbiamo avuto.
    E' un concetto difficile da far capire ai ragazzi che vedono ogni giorno, anche con la complicità della televisione, che il più bravo è il più forte, il più ricco, il più bello, il più pagato. Ed allora si assiste a bambini che sognano di diventare calciatori o cantanti rock per avere una vita da sballo, ricoperti di oro e contratti milionari, mamme che si prendono per i capelli con gli allenatori perché non spingono i figli verso la carriera sportiva, uomini e donne che entrano in politica per avere un posto al sole ben pagato e con un potere forte da esercitare su tanti altri.
    Ai miei ragazzi, specie nel periodo di maggior convivenza che è quello estivo nella nostra casa di campagna, insegno sempre che il più grande deve essere al servizio del più piccolo, ma anche quest'ultimo deve darsi da fare per gli altri e non approfittarsi della sua giovane età o dell'inesperienza per farsi servire e riverire. A volte non capiscono, ma si adeguano, per poi scoprire la bellezza di poter aiutare gli altri. Così, nonostante siano divisi in turni, quando siamo a tavola si vorrebbero alzare tutti per servire i piatti. Imparano pian piano la condivisione, lo spirito di gruppo dove ognuno ha le sue doti, capacità, limiti e li offre al servizio della famiglia con l'umiltà di colui che ha capito quanto sia più bello dare che ricevere.

  36.  

    Addì 26 luglio 2013

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli : «Voi dunque intendete la parabola del seminatore.
    Tutte le volte che uno ascolta la parola del regno e non la comprende, viene il maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada.
    Quello che è stato seminato nel terreno sassoso è l'uomo che ascolta la parola e subito l'accoglie con gioia,
    ma non ha radice in sé ed è incostante, sicché appena giunge una tribolazione o persecuzione a causa della parola, egli ne resta scandalizzato.
    Quello seminato tra le spine è colui che ascolta la parola, ma la preoccupazione del mondo e l'inganno della ricchezza soffocano la parola ed essa non dà frutto.
    Quello seminato nella terra buona è colui che ascolta la parola e la comprende; questi dà frutto e produce ora il cento, ora il sessanta, ora il trenta

    Matteo 13,18-23

  37.  

    L'uomo che ascolta la parola e subito l'accoglie con gioia, ma non ha radice in sé ed è incostante

    Costanza è una parola difficile da digerire ed ancor più da mettere in pratica.
    Essere costanti significa non fermarsi all'entusiasmo del momento, alla gioia verso qualcosa di nuovo, magari legato alla speranza di una gratificazione.
    Costanza significa andare oltre il muro che si crea in un rapporto, svegliarsi al mattino belli carichi per ciò che dobbiamo fare, credere in qualcosa o in qualcuno anche quando una certa situazione potrebbe portarti a dubitare.
    Oggi l'incostanza è una malattia molto diffusa e, seguendo l'adagio "mal comune mezzo gaudio" in molti pensano che sia la normalità, che essere incostanti sia la cosa giusta. Oggi faccio una cosa, domani ne faccio un'altra. Così assistiamo a persone che iniziano una relazione, poi seguono il profumo tentatore di altri e cambiano strada: vediamo volontari iniziare un'attività con un'associazione, instaurare rapporti significativi con bambini in difficoltà che si affezionano e poi, da un giorno all'altro, spariscono nel nulla, solo per incostanza, per il desiderio egoistico di provare nuove esperienze, senza minimamente pensare al dolore che aggiungono a chi aveva creduto in loro.
    Costanza significa far parte di una famiglia, di un gruppo, di una comunità e sentirsi parte integrante di essa, nel bene e nel male, e svolgere qualunque servizio con il sorriso, con la gioia di chi sa di essere una particella importante di un meccanismo più ampio.
    Così è anche nella Fede. Chi crede con gioia, non sempre ha la costanza di andare avanti quando si trova dinanzi un problema, una tribolazione, un po' come un seme caduto nel terreno sassoso che subito germoglia, ma poi, privo di radice, subito appassisce.

  38.  

    Addì 27 luglio 2013

    Un'altra parabola espose loro così: «Il regno dei cieli si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo.
    Ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò.
    Quando poi la messe fiorì e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania.
    Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania?
    Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo. E i servi gli dissero: Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla?
    No, rispose, perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano.
    Lasciate che l'una e l'altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio»

    Matteo 13,24-30

  39.  

    Mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò zizzania

    Un ladro quando verrà in casa nostra per rubare? Quando non ci saremo o quando saremo addormentati. Chi potrà truffarci? Colui che si approfitterà della nostra debolezza perché vecchi, malati, bramosi per necessità di veder realizzato un qualche nostro desiderio.
    Rubare è facile, truffare è un attimo, basta solo aspettare il momento giusto, attendere che la nostra vittima si riposi dal proprio lavoro, si distragga per un attimo oppure sia troppo vecchio per reagire. Chi ruba e truffa, chi violenta o spaccia droga magari si sentirà pure un grande, il più furbo della situazione, il più forte, ma è solo uno squallido approfittatore della natura umana, e chi fa leva sulle nostre necessità per un proprio vantaggio personale va contro natura, contro Dio ed è perciò un suo nemico.
    Come ci si può difendere? Non si può perché la persona cattiva semina zizzania ovunque ed in continuazione, ma pazientemente aspettiamo e lasciamo che il Signore si preoccupi di noi, ci protegga, così che al momento opportuno possa sradicare il male e supportare il bene.
    In tanti, nel nostro cammino di Associazione, hanno provato a farci del male, ad osteggiarci, a derubarci e truffarci, ma seppur passando attraverso mille tribolazioni, siamo sempre riusciti a volgere tante situazioni a nostro favore, a difenderci dagli attacchi di chi voleva farci del male.
    Bisogna avere fiducia in Dio, non lasciarsi andare alla disperazione, alla facile sete di vendetta. Lasciamo fare a Lui e tutto si risolverà nel migliore dei modi.
    La mia mamma amava sempre ripetermi “Quando qualcuno ti fa qualcosa di male, mettiti sulla riva del fiume ed aspetta che passi il cadavere del tuo nemico”, non vendetta, ma attesa, non odio e rancore, ma fiducia.

  40.  

    Addì 28 luglio 2013

    Un giorno Gesù si trovava in un luogo a pregare e quando ebbe finito uno dei discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli».
    Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite: Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno;
    dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
    e perdonaci i nostri peccati, perché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore, e non ci indurre in tentazione».
    Poi aggiunse: «Se uno di voi ha un amico e va da lui a mezzanotte a dirgli: Amico, prestami tre pani,
    perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da mettergli davanti;
    e se quegli dall'interno gli risponde: Non m'importunare, la porta è gia chiusa e i miei bambini sono a letto con me, non posso alzarmi per darteli;
    vi dico che, se anche non si alzerà a darglieli per amicizia, si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono almeno per la sua insistenza.
    Ebbene io vi dico: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto.
    Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto.
    Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra? O se gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe?
    O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione?
    Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!»

    Luca 11,1-13

  41.  

    Insegnaci a pregare

    Molte persone si definiscono "atee" ma solo perché non conoscono Dio. Nessuno magari ha mai fatto leggere loro il Vangelo, parlato della vita di Gesù, insegnato i valori ed i principi che da duemila anni sono ogni giorno attuali, a vedere nelle pieghe della vita la bellezza della rinuncia per il bene del nostro prossimo. Per chi crede in Dio è un dovere, oltre che un piacere, insegnare ai bambini, ai ragazzi la gioia di avere Fede, la speranza che si può trovare anche dopo la morte di una persona cara, la felicità per aver conquistato un diritto per conto di chi era calpestato, di aver fatto ritrovare il sorriso ad un bambino maltrattato, ma più di tutto la gioia di operare, nel nostro piccolo, per Colui che ci dona tantissimo con infinito amore.
    Quanto è difficile ogni volta ripartire con i ragazzi nuovi, ogni volta pensiamo di non averne le forze, dover ripetere di nuovo tutte le cose che per i più grandi sono state conquiste realizzate in anni e anni di fatica, due passi avanti ed uno indietro, magari per precipitare nel burrone nel periodo dell'adolescenza e faticare non poco per riconquistare il terreno perduto, spesso precipitando con loro, piangendo con loro, contrastati da loro che non vogliono essere salvati. Ricominciare. Rimboccarsi le maniche pensando "ce la farò?", rimettendo la nostra opera nelle mani del Signore, affidandosi per ritrovare in Lui il coraggio e la spinta per andare avanti. La mia mamma mi diceva "E' giovane chi ha la forza di ricominciare". Essere giovani, avere quell'entusiasmo disarmante che inebria chi ti incontra, quella carica prorompente che ti fa abbattere mura e trovare altre strade, non dipende dall'età anagrafica, ma dalla forza che si mette nel riprendere dall'inizio un discorso, un insegnamento, la propria vita e quella di chi ti viene affidato. Si può essere giovani nella Fede anche a novanta anni suonati, basta avere la volontà di insegnare, di condividere con gli altri i valori ed i principi che si sono imparati nel corso della vita. Un libro, anche se stampato, può essere vecchio, brutto ed obsoleto già dopo un giorno, altri invece restano giovani ed attuali anche dopo secoli di vita, come il Vangelo.
    Non dobbiamo mai stancarci di insegnare certi valori ai nostri ragazzi, anche quando sembra che non ascoltino immagazzinano e prima o poi faranno tesoro dei principi che abbiamo donato loro.

    Questo è uno dei tanti dialoghi che la sera facciamo con i ragazzi, ogni giorno uno nuovo. Alcuni di questi sono stati raccolti in un libro "LACRIME SILENZIOSE" che vi invito ad acquistare.
    Richiedetelo ad info@zizzi.org

  42.  

    Addì 29 luglio 2013

    Venne dunque Gesù e trovò Lazzaro che era gia da quattro giorni nel sepolcro.
    Betània distava da Gerusalemme meno di due miglia e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria per consolarle per il loro fratello.
    Marta dunque, come seppe che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa.
    Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!
    Ma anche ora so che qualunque cosa chiederai a Dio, egli te la concederà».
    Gesù le disse: «Tuo fratello risusciterà».
    Gli rispose Marta: «So che risusciterà nell'ultimo giorno».
    Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo?».
    Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo»

    Giovanni 11,17-27

  43.  

    Tuo fratello risusciterà

    Ci sono dei momenti in cui è difficile andare avanti, tanti i problemi da risolvere, il lavoro che manca, la moglie o il marito che se ne vanno di casa, i figli che si perdono o muoiono. La disperazione in certi periodi della vita è tale e tanta che si ha come l'idea di essere morti, non si ha più voglia di reagire, di combattere, di andare avanti. Camminiamo senza nemmeno avere la forza di piangere, il nostro cuore batte ma è solo una formalità, quasi un dispiacere, che ci separa dalla morte reale, unica consolazione al nostro stato d'animo.
    In certi momenti non abbiamo nemmeno la forza di pregare, di chiedere aiuto a Dio, di alzare gli occhi al cielo perché il pessimismo ha pervaso anche la nostra anima.
    Ma se nella vita abbiamo seminato anche un solo piccolo semino, se c'è almeno una persona alla quale sta a cuore il nostro bene, qualcuno che almeno abbia pietà di noi nel vederci incedere con la coda fra le gambe e chiede aiuto al Signore a nome nostro, la resurrezione sarà certa. Si può morire dentro pur restando vivi fisicamente, ma dietro ogni angolo della nostra vita può esserci la ripresa, qualcosa che ci dia un motivo per andare avanti, per tornare tra i vivi, per ricominciare a lottare. Bisogna solo crederci, o avere qualcuno che creda per noi.
    Quante storie di maltrattamento sui bambini ho sentito raccontare, quante relazioni ho letto ed ogni volta è un pugno nello stomaco che mi fa male ed il dolore resta in me perché il male che hanno fatto a quei bambini lo sento sulla mia pelle e diventa parte integrante delle mie esperienze, come lo avessi vissuto. Vedo bambini rassegnati ad una vita di violenza, abbandono, abuso perché solo questo hanno conosciuto e pensano che il mondo sia così. Quanto potere abbiamo noi affidatari, abbiamo la possibilità di operare quel miracolo di cui ci parla Gesù, resuscitare una creatura data per morta, far venire fuori dal sepolcro un fanciullo semplicemente chiamandolo alla vita, una resurrezione voluta ed operata da Dio per nostro tramite. Basta crederci ed ognuno può far risorgere un bimbo attraverso l'affido.

    • CommentAuthorElen
    • CommentTime29 Jul 2013
     

    purtroppo spesso nemmeno noi famiglie affidatarie riusciamo a compiere quel miracolo... spesso è troppo tardi perchè loro riescano in pochi anni a dimenticare quello che hanno subito, il legame e la solidarietà nei confronti dei loro genitori è così forte che a fatica si lasciano andare per far uscire il loro dolore e quando il dolore rimane dentro , difficile è per noi capire cosa dobbiamo fare :face-sad:

  44.  

    Difficile si, ma non impossibile e poi ogni bambino ha il suo percorso.
    Dobbiamo cimentarci nella prova e avere il coraggio e la fede di credere in quel miracolo.
    Non dobbiamo lasciarci spaventare e continuare ad accogliere.
    Anche i bambini che sembra si siano persi, ne cono certo, conserveranno qualcosa di buono dell'esperienza dell'affido

  45.  

    Addì 30 luglio 2013

    Poi Gesù lasciò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si accostarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo».
    Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell'uomo.
    Il campo è il mondo. Il seme buono sono i figli del regno; la zizzania sono i figli del maligno,
    e il nemico che l'ha seminata è il diavolo. La mietitura rappresenta la fine del mondo, e i mietitori sono gli angeli.
    Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo.
    Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità
    e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti.
    Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, intenda!

    Matteo 13,36-43

  46.  

    Il campo è il mondo

    Camminiamo per le strade con il paraocchi, andiamo avanti senza curarci di quello che accade intorno, pensiamo al nostro piccolo orticello, ci preoccupiamo della nostra famiglia solamente, magari ci accaloriamo per problemi che problemi poi non sono, come le scarpe da mettere alla sera, non aver trovato al supermercato la merendina preferito dal figlio, non avere il tempo per andare in palestra. Dovremmo imparare ad aprire il cuore ad una visione più ampia del campo da seminare, dovremmo cominciare a dare uno sguardo con gli occhi dell'anima al mondo intero. Non però una fugace occhiata, solo per curiosità, attraverso le immagini che arrivano dalla tv, magari per indignarsi per pochi secondi per l'ennesimo omicidio o stupro e l'attimo dopo gridare allo scandalo perché la tal società calcistica non ha acquistato quel giocatore che avrebbe fatto vincere sicuramente il campionato.
    Giustamente viene prima la famiglia, ma quante famiglie sane ci sono? Tantissime con preoccupazioni "normali", facilmente superabili per chi abbia un po' di serenità e forza, doti che a noi possono apparire scontate, ma che purtroppo nono sono proprie di tutti, non per colpa, ma per il passato che hanno vissuto. Dobbiamo preoccuparci dei bambini che sono maltrattati, denutriti, non educati ai valori e principi umani basilari perché anche loro sono figli nostri, anche loro costituiscono la nostra famiglia, anche loro hanno diritto alle nostre cure come genitori. Il mondo è la nostra casa e chi vi appartiene è nostro figlio, madre, padre, fratello, sorella che non hanno bisogno del nostro giudizio, ma del nostro amore, comprensione, esperienza per potersi migliorare, per poter crescere e sopratutto per educare i bambini a diventare bravi genitori e costituire sane famiglie. Non solo tramite l'affido e l'adozione, ma anche attraverso la vicinanza alla famiglia con piccole azioni quotidiane. A volte anche semplicemente offrirsi di accompagnare qualcuno a fare una pratica burocratica che a noi può apparire noiosa è per molti un ostacolo insormontabile che toglie il sonno. Abbiamo le capacità e le potenzialità per seminare nel campo tanti semi che un domani potranno rinverdire la terra, non rinunciamo solo per egoismo, opportunismo o paura

  47.  

    Addì 31 luglio 2013

    Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia, e vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
    Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose;
    trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra

    Matteo 13,44-46

  48.  

    Vende tutti i suoi averi e la compra

    Sentiamo parlare di un sacerdote che ha lasciato tutto ed partito in missione, ci riferiscono del tal imprenditore che al culmine della sua carriera ha venduto la sua azienda e si è messo al servizio del più povero, vediamo persone perdere la testa rinunciando alla loro vita agiata per inseguire l’amore della loro vita, uomini e donne chiudersi in monasteri a pregare. A volte ascoltando queste storie scuotiamo la testa e diciamo “poveretti, sono ammattiti”. Ma chi è il sano? Colui che insegue per tutta la vita la chimera di diventare ricco perché solo così avrà la felicità, oppure chi la felicità l’ha trovata e investe tutto ciò che ha per mantenerla? Non è facile trovare la vera felicità, ma è impossibile raggiungerla se la cerchiamo nella direzione sbagliata, se pensiamo di trovarla alla fine dell’arcobaleno con le sembianze di una pignatta ricolma di tesori. La felicità, quella vera, quella duratura, è per forza di cosa quella che non si deteriora, quella che non passa di mano, ma che viene trasmessa agli altri raddoppiando la sua intensità e la sua forza di crescere e progredire.
    Stolto non è chi un giorno decide di lasciare le agiatezze materiali per alimentare una realtà, stolto è chi passa tutta la vita a volere più di ciò che ha inseguendo la carota che qualcuno ha voluto legare davanti al nostro viso, carota che mai riusciremo a raggiungere

  49.  

    Addì 1 agosto 2013

    Il regno dei cieli è simile anche a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci.
    Quando è piena, i pescatori la tirano a riva e poi, sedutisi, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi.
    Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni
    e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
    Avete capito tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì».
    Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».
    Terminate queste parabole, Gesù partì di là

    Matteo 13,47-53