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  1.  

    Addì 14 giugno 2013

    Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio;
    ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha gia commesso adulterio con lei nel suo cuore.
    Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna.
    E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geenna.
    Fu pure detto: Chi ripudia la propria moglie, le dia l'atto di ripudio;
    ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all'adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio

    Matteo 5,27-32

  2.  

    Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore

    Voglio oggi portare questa frase nella mia esperienza nel mondo dell'affido e dell'adozione.
    Sono felicissimo quando le persone dicono "io vorrei accogliere un bambino", mi piange però il cuore quando aggiungono "purché sia piccolino e senza genitori". Non è un atto di amore gratuito e senza limiti verso un bimbo, è una propria necessità di possedere in maniera totale ed esclusiva un bambino, spesso il desiderio di una genitorialità mancata e, nella maggior parte dei casi, chi adotta o prende un bimbo in affido con questi presupposti non avrebbe mai pensato all'accoglienza se avesse avuto figli propri.
    E' un peccato che molte persone oggigiorno vedano più a sé stessi che non agli altri, neppure quando si tratta di bambini abbandonati, malnutriti, maltrattati, abusati. Quando a ventuno anni ho iniziato ad occuparmi di queste piccole creature avevo l'idea che ci fosse una fila interminabile di persone pronte ad accoglierle, persone che, se opportunamente messe a conoscenza del problema dell'infanzia abbandonata, si sarebbero precipitate ad aprire le porte per far entrare nella propria famiglia almeno un piccolo. Ed invece non è proprio così. Sono quasi ventisette anni che mi batto per far conoscere l'affido, e molte sono le persone, le associazioni ed in teoria i servizi sociali che fanno altrettanto, portando quindi alla luce le problematiche legate al mondo dei minori, facendo luce su abusi, privazioni, violente coercizioni, eppure le famiglie affidatarie oggi sono in calo e moltissimi sono i bambini che restano in famiglie problematiche.
    Molte famiglie che vanno ad adottare all'estero, spendendo tantissimi soldi per iter burocratici non molto trasparenti, giustificano la loro scelta sulla base del fatto che in Italia non ci sono bambini da prendere in adozione. E' un'affermazione errata che semmai dovrebbe essere così corretta "non sono bambini piccoli da prendere in adozione", in quanto tanti sono i ragazzini più grandicelli per i quali il progetto di affido è fallito o non ha mai avuto ragione di esistere, con genitori che hanno perso la potestà genitoriale ed un futuro fatto di istituti. Bambini di otto, nove, dieci anni, preadolescenti di undici, dodici o tredici anni che nessuno vuole perché l'idea di accoglienza spesso non è vista come un aiuto al bambino, bensì come il raggiungimento di un proprio scopo, quello di essere genitori e "possedere" un bimbo che non abbia altri legami.
    Ma la vera accoglienza è quella gratuita, quella dove il proprio interesse o piacere non deve essere nemmeno guardato quando si parla di un bimbo. E' giusto valutare l'incompatibilità di una certa situazione con una preesistente, così come è giusto valutare le capacità personali delle singole persone, ma ritengo che laddove non ci siano impedimenti particolari, una famiglia debba essere disponibile ad aprire le porte del proprio cuore a bambini di tutte le età, disponibile a qualunque forma venga loro richiesta, sia che si tratti di adozione che di affidamento.

  3.  

    Addì 15 giugno 2013

    Avete anche inteso che fu detto agli antichi: Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti;
    ma io vi dico: non giurate affatto: né per il cielo, perché è il trono di Dio;
    né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran re.
    Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello.
    Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno.

    Matteo 5,33-37

  4.  

    Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no

    Ieri parlando con uno dei miei bimbi gli ho promesso una cosa e lui, subito di rimando, mi ha chiesto "quando?"
    Non lo so, gli ho risposto, ma stai certo che ciò che ti ho detto prima o poi lo faremo.
    Da sempre abituo i miei ragazzi a mantenere la parola data e sono il primo a non sgarrare mai, salvo le eccezioni che non dipendono dalla mia volontà, ed anche per questo non sono abituato a fare promesse, preferisco attendere a parlare.
    Se ade esempio decidiamo di portarli in vacanza, tengo la cosa per me fino all'ultimo perché l'impedimento è sempre dietro l'angolo.
    Loro sanno, nel bene come nel male, che quello che dico faccio, che si tratti di un premio o di una punizione.
    I bambini, specie chi arriva in affido senza nessuna regola, ha bisogno di certezze e se noi genitori le diamo loro, anche i ragazzi impareranno a rispettare la parola data.
    Dicevo proprio ieri ad una persona "se avessi un euro per ogni promessa che mi è stata fatta e non mantenuta, oggi sarei milionario". Purtroppo oggi si è perso il valore del rispetto della parola, ma se lo insegniamo ai nostri figli è un principio che tornerà ad esistere, basta impegnarsi noi per primi dando il buon esempio.

  5.  

    Addì 16 giugno 2013

    In quel tempo, uno dei farisei invitò Gesù a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola.
    Ed ecco una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, venne con un vasetto di olio profumato;
    e fermatasi dietro si rannicchiò piangendo ai piedi di lui e cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di olio profumato.
    A quella vista il fariseo che l'aveva invitato pensò tra sé. «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi e che specie di donna è colei che lo tocca: è una peccatrice».
    Gesù allora gli disse: «Simone, ho una cosa da dirti». Ed egli: «Maestro, dì pure».
    «Un creditore aveva due debitori: l'uno gli doveva cinquecento denari, l'altro cinquanta.
    Non avendo essi da restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi dunque di loro lo amerà di più?».
    Simone rispose: «Suppongo quello a cui ha condonato di più». Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene».
    E volgendosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Sono entrato nella tua casa e tu non m'hai dato l'acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli.
    Tu non mi hai dato un bacio, lei invece da quando sono entrato non ha cessato di baciarmi i piedi.
    Tu non mi hai cosparso il capo di olio profumato, ma lei mi ha cosparso di profumo i piedi.
    Per questo ti dico: le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato. Invece quello a cui si perdona poco, ama poco».
    Poi disse a lei: «Ti sono perdonati i tuoi peccati».
    Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è quest'uomo che perdona anche i peccati?».
    Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; và in pace!».
    In seguito egli se ne andava per le città e i villaggi, predicando e annunziando la buona novella del regno di Dio.
    C'erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria di Màgdala, dalla quale erano usciti sette demòni,
    Giovanna, moglie di Cusa, amministratore di Erode, Susanna e molte altre, che li assistevano con i loro beni

    Luca 7,36-50.8,1-3

  6.  

    Saprebbe chi e che specie di donna è colei che lo tocca: è una peccatrice

    Quante volte ho sentito critiche verso di noi allorquando abbiamo cercato il dialogo con persone che si sono macchiate anche di crimini orrendi, come la pedofilia o l'omicidio.
    Mi è sempre stato insegnato a odiare il peccato ed amare il peccatore. Ho ricevuto più amicizia da gente che ha fatto avanti e indietro con la galera, che non da tanti altri che magari sono cresciuti con me, partecipando a feste in casa mia e condividendo vacanze e confidenze. Come si fa a non amare chi sbaglia? Tempo fa una persona mi disse che aveva una lista di tipologie di persone che avrebbe voluto veder morire. Come si fa a giudicare?
    La pedofilia è per me il crimine più orrendo fra tutti, ma il pedofilo chi è? E' un uomo, un essere vivente, un figlio di Dio al pari di tutti noi. Ha certamente sbagliato, ma non per questo va odiato, non per questo deve essere messo da una parte o addirittura, come pensano n molti, ucciso. Significherebbe giudicare l'uomo nella sua essenza, giudicare le motivazioni, spesso frutto di malattia o di abusi subiti, ma questo spetta soltanto a Dio, non certo a noi.
    Nell'affidamento molte persone ritengono che non sia giusto avere rapporti con la famiglia di origine del ragazzo in affido, ma qui genitori naturali esistono, sono persone, sono figli di Dio che forse hanno sbagliato, che magari certamente hanno fatto errori, ma che nella maggior parte dei casi sono uomini e donne che da bambini non hanno ricevuto amore, regole, insegnamenti, esempi positivi. Vogliamo debellare la pedofilia? Vogliamo togliere di mezzo la mafia, la droga, le violenze? Accogliamo i bambini che oggi vivono in famiglie e ambienti problematici e trasformiamoli in futuri uomini e donne capaci di portare amore e speranza nel mondo. La pedofilia, le violenze, la droga presenti oggi nella nostra società forse non sono colpa vostra, ma se domani ci saranno pedofili, violentatori, omicidi, mafiosi sarà colpa di tutti coloro che sono rimasti a guardare, a giudicare senza muovere un dito, a criticare senza domandarsi "cosa posso fare io".

  7.  

    Addì 17 giugno 2013

    Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente;
    ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l'altra;
    e a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello.
    E se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne con lui due.
    Dà a chi ti domanda e a chi desidera da te un prestito non volgere le spalle

    Matteo 5,38-42

  8.  

    Dà a chi ti domanda e a chi desidera da te un prestito non volgere le spalle

    Ricordo da piccolo che la mia mamma si faceva in quattro per chiunque le domandasse aiuto, un favore per il figlio a scuola, una buona parola per un lavoro, qualche spicciolo di carità, impegno in parrocchia e così via.
    C'era un ragazzo di cui ricordo il soprannome "Calimero" perché era sempre imbronciato, arrabbiato, di carnagione scusa, bullo che avrebbe picchiato chiunque, sempre per la strada a fare danni. La mia mamma era insegnante e non so come fosse entrata in contatto con lui, fatto sta che lo fece entrare nella sua scuola, lo inserì a baseball dove giocavo io, spesso era a mangiare a casa nostra. Da essere scansato da tutti, a diventare l'amicone per tanti e l'idolo delle ragazze. Avrò avuto dieci anni e lui era già un adolescente, quindi no ricordo i particolari, ma ho visto questo ragazzo cambiare, e credo che l'amore della mia mamma abbia fatto la differenza.
    Mia madre non diceva mai di no a chi volesse qualcosa da lei, anche se valutava quale fosse l'aiuto migliore da poter dare a quella persona. Se le chiedevano del denaro per una bolletta, lei la pagava, se era per il mangiare invitava a pranzo quella persona.
    Non ha mai rinunciato a fare battaglie per valori e principi, ma è sempre riuscita a mantenere un buon rapporto anche con chi aveva qualcosa contro di lei.
    Quando ci fu il suo funerale c'erano in chiesa tantissime persone con le quali aveva avuto scontri anche durissimi, avversari nel lavoro, ma estimatori di una donna che ben sapeva coniugare forza e amore, determinazione ed elasticità.

    • CommentAuthorCarmen
    • CommentTime17 Jun 2013
     

    "Credo che l'amore della mia mamma abbia fatto la differenza".
    Molto toccante questo tuo pensiero in cui si racchiude il senso e l'importanza del vangelo di oggi.
    Penso che la tua mamma ti abbia lasciato una grande eredità che hai saputo coltivare giorno dopo giorno e che hai tirato fuori in un momento dolorosissimo e difficile.
    Quando si riceve una grande e ricca eredità si tende a tenerla per se. Tu hai voluto e hai saputo condividerla con gli altri senza volgere le spalle a nessuno.
    Questo per dire che ogni buon principio o valore vissuto in prima persona e in mezzo agli altri e per gli altri fa la differenza come dici tu e può cambiare le cose.
    "Dare a chi domanda ...". Si può domandare in tanti modi, facendo sentire la propria voce, con un comportamento sbagliato, chiedendo l'elemosina lungo le strade, piangendo, drogandosi, o anche soffrendo in silenzio con gli occhi tristi e desiderosi di incontrare uno sguardo amichevole, fraterno, materno o paterno... come un bambino che chiede aiuto senza fare troppo rumore. Ciò che conta è che io per prima, tu ovunque sei e chiunque tu sia, noi tutti siamo in grado di sentire e riconoscere quella voce che chiama, che chiede, che desidera e non passare oltre. E' questo il messaggio che si dovrebbe far passare anche ai giovani vivendolo noi per primi.
    Dare a chi domanda è mettere nelle sue mani un pezzo del proprio cuore e affidarglielo con la speranza di regalargli un respiro di serenità e amore perchè possa farlo anche lui un giorno.

  9.  

    Addì 18 giugno 2013

    Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico;
    ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori,
    perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti.
    Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani?
    E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?
    Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste

    Matteo 5,43-48

  10.  

    Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori

    Si usa oggigiorno la parola "amare" con assoluta leggerezza, ma ci siamo mai chiesti cosa significhi veramente?
    Una volta dissi ad una ragazza "tu non mi vuoi bene" e lei rispose "cosa vuoi saperne tu di ciò che provo?"
    Fu una semplice ma grande lezione che ancora oggi mi fa riflettere. Non c'è una definizione universale per "amare", ognuno ha il suo modo, le sue emozioni, le sue gradazioni e tonalità. Ritengo che nella nostra vita si debba essere sempre alla continua ricerca di un grado più alto in ogni cosa positiva, dalla cultura allo sport, dall'essere genitore alle relazioni con gli amici, dall'amare al perdonare. Purtroppo molti adulti si sentono arrivati, ritengono che ciò che pensano sia l'apice, il giusto e si fermano nella ricerca della verità, nella ricerca di un gradino più elevato, perdendo di fatto la possibilità di avere una vita più serena e di maggiori soddisfazioni e dei rapporti migliori.
    Pensate ad un sub che si immerge in apnea a dieci metri. Il fondale a quella profondità è bellissimo e passa la vita a scendere a quel livello. Ma ci sono pesci diversi da scoprire, anfratti meravigliosi a profondità diverse. Bisogna sforzarsi per scendere a quindici, venti e più metri, non bisogna crogiolarsi al sole per i risultati raggiunti perché possiamo fare di meglio. Non è arrivismo, è migliorarsi prima di tutto per noi stessi, ma poi per i nostri figli per dare loro di più, per la società affinché ci sia un miglioramento dei rapporti e meno lotte.
    Anche nell'amore bisogna crescere, capire che più si ama, migliore sarà la nostra vita e quella degli altri.
    Il Signore ci dice quale debba essere il traguardo da raggiungere, quello di amare tutti, amici e nemici, giusti e peccatori, bambini e adulti. Che si creda o meno in Dio, gli insegnamenti di Gesù sono veri perché sono di una semplicità disarmante. E' semplice capire che se tutti ci volessimo bene non ci sarebbero guerre, rivoluzioni, assassini, stupri, violenze di ogni ordine e grado. Se davanti a colui che si comporta male proviamo odio, come possiamo pensare di insegnare ai nostri figli ad amare, e se loro, che sono il futuro del mondo, non imparano a provare amore e perdono verso il prossimo, come possiamo sperare che le violenze diminuiscano?
    E' una sensazione comune che il mondo stia andando sempre più verso un'esasperazione dei rapporti, verso un sempre maggior ricorso alla violenza con grande ferocia. Noi possiamo e dobbiamo invertire questa tendenza, possiamo darci la mano, volerci bene sempre e comunque, perdonare gli errori fatti dal nostro prossimo.
    Come ha detto il Papa dobbiamo essere dei rivoluzionari

  11.  

    Addì 19 giugno 2013

    Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli.
    Quando dunque fai l'elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini. In verità vi dico: hanno gia ricevuto la loro ricompensa.
    Quando invece tu fai l'elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra,
    perché la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
    Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno gia ricevuto la loro ricompensa.
    Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
    E quando digiunate, non assumete aria malinconica come gli ipocriti, che si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. In verità vi dico: hanno gia ricevuto la loro ricompensa.
    Tu invece, quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto,
    perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo tuo Padre che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà

    Matteo 6,1-6.16-18

  12.  

    Quando tu fai l'elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra

    Ci sono azioni che è bene tenere nascoste, ma non sono quelle dove abbiamo colpe o pensiamo di essere giudicate, ma anche quelle dove facciamo del bene. A volte penso che sia giusto e necessario parlare di cosa facciamo. Parlare di adozione o affido signifca incentivare altri ad accogliere, far conoscere un mondo a molti sconosciuto. Parlare delle iniziative che facciamo con i ragazzi serve non solo a farci conoscere ed aiutare nei tanti progetto a favore dei bambini, ma anche a rendere conto del denaro e di altro aiuto che ci viene donato. Ma ci sono cose che fanno parte del nostro intimo, piccole storie, telefonate che salvano una vita, l'andare a trovare periodicamente una persona sola, aiutare qualcuno a portare un pacco pesante fino a casa. Queste azioni le vede Dio ed è solo a Lui che vanno offerte. Restano nel nostro intimo e danno goia a chi le riceve, ma sopratutto a chi le compie.
    Oggigiorno si fanno molte cose per farsi vedere, per sentirsi gratificati, per avere qualcosa in cambio. L'amore gratuito, la solidarietà silenziosa dovrebbero essere riscoperte.
    Quante cose ho saputo della mia mamma, quante opere buone ha fatto, in quante vite è riuscita a carezzare il cuore e l'anima, una volta che è morta. Allora c'era la gara a venirmi a raccontare quello che lei aveva fatto e molti si meravigliavano che non sapessi nulla, ma è bellissimo sapere che il suo cuore si è unito in silenzio a quello di tanti altri in un amore senza fine che ancora oggi dura nel tempo e nelle anime delle persone, ancora oggi quando trovo qualcuno che l'ha conosciuta, ha solo parole di lode nei suoi confronti, anche da parte di coloro con i quali ha avuto scontri per idee diverse.

  13.  

    Addì 20 giugno 2013

    Pregando poi, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole.
    Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate.
    Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome;
    venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra.
    Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
    e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori,
    e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male.
    Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi;
    ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe

    Matteo 6,7-15

  14.  

    Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi

    Quando si parla di perdono molti fanno orecchie da mercanti, oppure dicono "perdono, ma non dimentico" e così dicendo mantengono vivo il rancore che si alimenta ad ogni parola, cche è come ossigeno per il fuoco della rabbia.
    Cosa intendiamo per "perdono", ma sopratutto, cosa dobbiamo intendere con la parola perdono?
    Di noi livornesi dicono tante cose, molte sgradevoli, ma una cosa certa è che abbiamo l'arrabbiatura facile, ma difficilmente serbiamo rancore verso qualcuno. Fermo restando che non ci si dovrebbe arrabbiare e mantenere la tranquillità di un dialogo costruttivo, è umano che ogni tanto veniamo colti dall'ira ma, quando ciò dovesse accadere, ricordiamoci sempre di cercare la pace con quella persona.
    Ai miei ragazzi, così come la mia mamma faceva con me, cerco sempre di insegnare a fare pace il prima ossibile, a cercare il dialogo anche quando pensiamo di avere ragione perché se aspettiamo che l'altro venga da noi, potrebbe volerci molto, molto tempo o addirittura non accadere mai. I miei bimbi allora mi rispondono un po' sorpresi "dobbiamo chiedere scusa anche quando abbiamo ragione?" Certo che si, magarai potreste scusarvi del fatto di aver alzato la voce perché, a prescindere da chi abbia iniziato ad urlare, gridare non è mai una bella cosa. E' un po' come se qualcuno mi tirasse un pugno ed io facessi lo stesso. Il mio errore è comunque certo perché le mani non si devono mai alzare. Ritengo che in ogni discussione, lite o guerra che sia la ragione non risieda mai da una parte soltanto, e se cominciasse anche uno solo dei contendenti a chiedere scusa per la parte che palesemente ha errato, il dialogo sarebbe già iniziato.
    Al di là però delle scuse formali o meno, il perdono verso è un qualcosa che risiede nell'animo, che trova spazio nel cuore di ognuno di noi. Dobbiamo allenarci perché una delle cose più difficili da compiere sia proprio quella di perdonare fino in fondo, vedere l'altro come fratello, magari un fratello che ha sbagliato, ma sempre "carne della nostra carne": "fratello uomo". Guardiamo la nostra vita, analizziamola e ci accorgeremo che anche noi abbiamo tanto da farci perdonare, tanti errori in parole dette male, cose fatte con un secondo fine calpestando qualche diritto altrui, cose non fatte quando la nostra azione, magari con piccolo sacrifcio, avrebbe potuto fare la differenza per un altro.
    Se il mondo è dei furbi è solo perché anche noi, quando ne abbiamo l'opportunità, ci comportiamo come tali. Avendo tanto da farci perdonare da Dio, se credete, o dall'umanità ritengo che se cominciamo noi a perdonare, a nostra volta troveremo qualcuno, Dio in primis, disposto a passare sopra i nostri errori.

  15.  

    Addì 21 giugno 2013

    Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano;
    accumulatevi invece tesori nel cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove ladri non scassinano e non rubano.
    Perché là dov'è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore.
    La lucerna del corpo è l'occhio; se dunque il tuo occhio è chiaro, tutto il tuo corpo sarà nella luce;
    ma se il tuo occhio è malato, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!

    Matteo 6,19-23

  16.  

    Non accumulatevi tesori sulla terra

    Ci affanniamo ogni giorno per accaparrarci una poltrona, infoltire il conto in banca, possedere bei vestiti, mobilia di lusso, casa sempre più grande, auto più prestigiosa. Abbiamo sempre di più e vogliamo sempre più cose materiali. Ma cosa ci fa veramente felici? Se avessimo una bella villa alle Maldive, un aereo privato, un conto in banca da paura, ma ci mancasse l’amore di qualcuno, se avessimo una moglie o un marito che ci tradisce, un figlio con problemi di droga, tanta gente intorno che sta con noi solo per interesse, oppure se avessimo un tumore senza cura a cosa servirebbero tutti quei soldi? Potremmo aggiungere un solo giorno alla nostra esistenza? Ma anche se la nostra vita durasse cento anni, se non avessimo né malattie né problemi, prima o poi arriverebbe comunque il giorno in cui dovremmo staccarci dai nostri beni, lasciarli ad altri che magari non aspettano altro che la nostra morte per arraffare quanto più possibile. Quante volte ho sentito figli dire “non vedo l’ora che mio padre muoia per avere la sua eredità”. Sono davvero queste cose materiali che ci fanno ricchi? Sono queste a donarci la felicità, a toglierci i pensieri e le preoccupazioni? A che giova avere una bella casa se siamo immobili in un letto di sofferenza? Non sarebbe forse meglio accumulare altri tipi di tesori? Impegnarsi per avere l’amore di una persona, un buon rapporto con i figli, avere buoni valori e principi?
    Anche chi non crede in Dio, anche colui che pensa che una volta finita la vita non esista nulla come può pensare solo alle cose materiali? Non vi farebbe piacere essere ricordati per essere stati delle buone persone, generose, amorevoli, per aver tirato su dei figli che tutti additano come bravi ragazzi, degni figli vostri? Chi non crede, inoltre, può avere la piena certezza che al di là della vita terrena non esista nulla? E se ad attenderli ci fosse Dio che ci giudica per quello che siamo e non per quello che abbiamo? Quale è la regola per un buon investitore? Diversificare, non impiegare tutte le risorse in un unico investimento perché se quello dovesse crollare non si debba ritrovare senza nulla. Se proprio dovete accumulare tesori su questa terra, almeno un pezzettino della vostra vita impegnatelo per accumulare un tesoro in cielo, anche se non credete, non si può mai sapere. Chi crede, a maggior ragione, dovrebbe pensare che il Signore non valuta la nostra anima per le cose materiali che siamo riusciti ad ottenere, ma per il cammino che abbiamo fatto per migliorare la nostra vita e quella degli altri, per aver acquisito e trasmesso i valori di perdono, carità, solidarietà, speranza che Gesù ci ha insegnato con il suo esempio e la sua vita.

  17.  

    Addì 22 giugno 2013

    Nessuno può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro, o preferirà l'uno e disprezzerà l'altro: non potete servire a Dio e a mammona.
    Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito?
    Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro?
    E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un'ora sola alla sua vita?
    E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano.
    Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro.
    Ora se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede?
    Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?
    Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno.
    Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta.
    Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena

    Matteo 6,24-34

  18.  

    Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?

    Ci sentiamo realizzati quando arriviamo ad avere più di ieri, senza peraltro mai accontentarci. Raramente sento qualcuno essere pienamente soddisfatto della propria vita. Ieri ho svegliato i bimbi e prima di dar loro colazione li ho portati a fare il bagno in piscina. Erano radiosi e felici. Prima di tuffarsi, come di abitudine, sono andati a fare la doccia ed una delle bimbe ha brontolato perché l’acqua era fredda, ma altre due le hanno risposto di getto dicendole “bisogna accontentarsi, guarda che meraviglia che abbiamo”. E’ importante non cercare di avere sempre di più, non affannarsi per un lavoro migliore, per uno zero in più sul conto corrente, per la macchina più grande. Se dedichiamo la nostra vita agli altri, se smettiamo di pensare a noi stessi come centro dell’universo attorno al quale tutto e tutti debbano ruotare, ci accorgeremmo come Dio ci doni molto più di quanto noi si possa mai arrivare ad avere. Quando morì la mia mamma, dopo nove mesi di dolore e grande indecisione sul mio futuro, presi nuovamente in mano le redini della mia vita e reagii a quel momento così difficile. Da allora nacque l’Associazione “Amici della Zizzi”, ma non era ancora per me chiaro che fosse una scelta di vita così radicale come poi è stato. Passai diversi anni ad interrogarmi sul mio futuro, intanto studiavo e lavoravo in ufficio con mio padre, ma l’attrazione verso una scelta dedicata solo ai bambini era sempre più forte. Il dubbio più grande che avevo era quello relativo a come sbarcare il lunario nella quotidianità, come mi sarei guadagnato da vivere? Tutti mi dicevano, mio padre per primo che mi voleva commercialista al suo fianco, che avrei potuto seguire l’associazione nel tempo libero ed in molti pensavano che sarebbe stata una fuocata che avrebbe visto il termine nel giro di pochi anni, magari perché preso dai mille pensieri della vita. Il desiderio però in me cresceva ed un giorno d’estate il pensiero era martellante, indeciso davanti al bivio tra il dedicare la mia vita ai bimbi o diventare un dirigente d’azienda. La sera prima di andare a letto leggo sempre un passo del Vangelo per addormentarmi con la parola di Dio nel cuore, e quella sera dissi “Signore aiutami tu a capire cosa devo fare della mia vita” ed aprii il Vangelo a caso. C’era scritto “Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro?
    E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro.
    Ora se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi? Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Il Padre vostro celeste sa che ne avete bisogno.
    Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta”.
    Chiusi il Vangelo e ringraziai Dio per aver illuminato il mio cammino. La decisione fu presa e da allora ogni giorno è dedicato ai bambini, all’Associazione, all’affido, e se tornassi indietro, tanta è la gioia di questa scelta, la rifarei altre mille volte.

  19.  

    Addì 23 giugno 2013

    Un giorno, mentre Gesù si trovava in un luogo appartato a pregare e i discepoli erano con lui, pose loro questa domanda: «Chi sono io secondo la gente?».
    Essi risposero: «Per alcuni Giovanni il Battista, per altri Elia, per altri uno degli antichi profeti che è risorto».
    Allora domandò: «Ma voi chi dite che io sia?». Pietro, prendendo la parola, rispose: «Il Cristo di Dio».
    Egli allora ordinò loro severamente di non riferirlo a nessuno.
    «Il Figlio dell'uomo, disse, deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, esser messo a morte e risorgere il terzo giorno».
    Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua.
    Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà

    Luca 9,18-24

  20.  

    Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua

    Tutti noi, chi più chi meno, dobbiamo affrontare nel corso della nostra vita diverse tribolazioni, alcune piccole, altre più grandi, altre ancora al limite della sopportazione. Ogni giorno portiamo nel cuore qualche pena e non c’è periodo in cui non abbiamo qualcosa per cui soffrire. Abbiamo però la possibilità di fare una scelta, quella di non pensarci e godere la vita come viene, quando questo sia possibile, oppure piangersi addosso e soffrire ogni istante, oppure combattere per sorpassare le difficoltà e migliorare la nostra esistenza, che è un po’ la cosa che facciamo quasi tutti. Il Signore nel Vangelo, quando dice “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua” ci fornisce una chiave di lettura diversa, ci mostra come i dispiaceri della vita, la morte di una persona cara, un sopruso subito, una malattia, siano strumenti necessari per seguire Dio nel cammino verso una vita di immensa gioia. Come tutti gli strumenti dobbiamo però imparare ad usarli, non subendo gli aspetti negativi che incontriamo, ma usandoli per il bene del nostro prossimo. Uno degli aspetti più rivoluzionari della dottrina di Cristo è proprio questo: far si che ciò che a noi provoca dolore, possa portare gioia e sollievo ad altri. A ben guardare anche in natura questo esiste da sempre: una mamma che partorisce e attraverso il suo dolore dona la vita al figlio; il rinunciare alla bella vita spensierata per creare una famiglia, donare amore alla moglie o al marito, educare i figli; un predatore che uccide un animale per sfamarsi e far sopravvivere i propri piccoli. Ogni giorno il nostro dolore, le nostre lacrime si possono trasformare nel bene verso il prossimo. Quante persone, dopo la morte di qualcuno che riempiva la loro vita, che amavano da non riuscire ad immaginare un solo istante senza la sua presenza, si ritrovano a fare cose fino a quel momento inimmaginabili dando conforto e protezione a molti, gente che dopo un grave lutto si dedica anima e corpo ai più bisognosi. Ed ecco che il cerchio si chiude: Gesù ci dice “ama il prossimo tuo”, ma per amarlo si deve aver sofferto per potersi immedesimare in lui, per capire il suo dolore, la sua sete di amore, ed ecco perciò che la sofferenza, la croce che quotidianamente siamo chiamati a portare sulle nostre spalle ci da l’opportunità e la forza per amare il nostro prossimo, per seguire Dio e di conseguenza alleviare il nostro stare male elevando la nostra anima. Tutto questo non basta però se non rinneghiamo noi stessi, se non rinunciamo alle cose che ci fanno perdere tempo, che ci portano a sbagliare. Rinnegare sé stessi mettendo da parte le nostre cattive azioni, l’egoismo, l’opportunismo, la sete di vendetta, il rancore. Con i ragazzi che arrivano in affidamento la cosa più difficile è riportarli indietro, resettare le cose negative che hanno subito e, soprattutto, abbandonare quegli insegnamenti cattivi che sono stati loro impartiti, specie con l’esempio, nel loro breve ma intenso passato.

  21.  

    Addì 24 giugno 2013

    Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio.
    I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva esaltato in lei la sua misericordia, e si rallegravano con lei.
    All'ottavo giorno vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo col nome di suo padre, Zaccaria.
    Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni».
    Le dissero: «Non c'è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome».
    Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse.
    Egli chiese una tavoletta, e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati.
    In quel medesimo istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio.
    Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose.
    Coloro che le udivano, le serbavano in cuor loro: «Che sarà mai questo bambino?» si dicevano. Davvero la mano del Signore stava con lui.
    Il fanciullo cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele

    Luca 1,57-66.80

  22.  

    Giovanni è il suo nome

    Tra le persone si creano legami che sono di varia natura: amicizie, conoscenza, amore. I rapporti, lo vediamo nella vita di tutti i giorni, a volte funzionano, altre camminano a stento, spesso, purtroppo, si interrompono, talora anche in modo brusco e repentino, anche con strascichi pesanti. Ci sono delle unioni che durano nonostante le mille intemperie cui sono sottoposte. Piccoli litigi, incomprensioni, discordanze di opinioni, caratteri diversi non scalfiscono queste unioni. Possiamo dare il merito al feeling che abbiamo creato, alla scelta giusta della persona, alla situazione favorevole, ma dietro tutto c’è qualcosa di più. Chiamatelo destino o volere di Dio che quel giorno ci ha fatto trovare “casualmente” sulla nostra strada quel grande amico, quella stupenda fidanzata, quel magnifico sposo, quel meraviglioso bambino da accogliere, quel sacerdote così premuroso, ma è pur sempre un incontro tra due anime che si fondono insieme, che né il tempo, né la morte, né altri casi della vita potranno mai separare. Intesa è come noi chiamiamo comunemente questa grande unione. Intesa per la quale uno finisce la frase dell’altro, intesa perché al di là delle opinioni contrarie si trova sempre un modo per andare avanti, intesa per la quale basta uno sguardo per capire cosa l’altro provi, intesa per cui uno lavori a cento chilometri dall’altro ma con lo stesso scopo, con gli stessi valori e principi. Intesa è ciò che ci dona Dio, intesa è quando si soffre senza essere malati quando l’altro è in ospedale, intesa se la vita che finisce in uno continua nell’altro, intesa è non vedersi per anni e riabbracciarsi come l’ultimo giorno in cui ci siamo lasciati, intesa quando un genitore parla anche a nome dell’altro, intesa quando un bambino ti viene ad abbracciare dopo che lo hai brontolato, intesa quando un figlio si lascia guidare pur interagendo e cercando di capire. Intesa è la condivisione pura della vita, intesa è vivere in simbiosi come fossimo un’unica anima, un’unica persona nata il giorno in cui il Signore ci ha fatto incontrare.

  23.  

    Addì 25 giugno 2013

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: " Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi.
    Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge ed i Profeti.
    Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa;
    quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!

    Matteo 7,6.12-14

  24.  

    Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro

    Spesso i ragazzi mi domandano come si faccia a capire ciò che è giusto e ciò che non lo è. Rispondo loro che è molto semplice, basta che facciano agli altri quello che vorrebbero fosse fatto a loro. Ti piacerebbe se ogni volta che fai una cosa fatta bene ti venisse detto "bravo, ben fatto"? Ed allora anche tu dillo a chi vedi fare bene, indipendentemente che si tratti di un tuo compagno o di un adulto. Ti fa piacere ricevere un sorriso, una carezza? Anche tu quindi dona la tua gioia a chi incontri. Ti piace essere accolto, amato, rispettato? Anche tu perciò accogli, rispetta ed ama chiunque incontri.
    Non ci sono regole difficili da seguire per avere una bella vita, basta soltanto trattare gli altri come vorremmo essere trattati noi. Urlare, arrabbiarsi non è mai una cosa buona, eppure lo facciamo spesso, io per primo. Ma come ci rimarremmo se fossero gli altri ad urlare contro di noi? Come staremmo nell'essere ripagati con la stessa moneta? Ci può stare il nervoso, le preoccupazioni, i problemi, ma non bisogna eccedere, non bisogna trovare nelle pieghe della vita il pretesto per comportarsi male con il prossimo, altrimenti potremmo arrivare a giustificare tutto. Quante volte tra ragazzi sento dire "ho dato un pugno, una spinta, ho litigato perché lui mi ha offeso", o magari adulti che picchiano la moglie, o addirittura la uccidono, convinti di essere dalla parte della ragione per vari motivi. Ma qualunque sia la causa scatenante di un impeto d'ira, non può mai essere una giustificazione a trattare male chi abbiamo vicino, specie se ci vuole bene, ci porta rispetto e ci sopporta.

  25.  

    Addì 26 giugno 2013

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci.
    Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi?
    Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi;
    un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni.
    Ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco.
    Dai loro frutti dunque li potrete riconoscere

    Matteo 7,15-20

  26.  

    Dai loro frutti li riconoscerete

    In qualunque situazione ci si trovi, che si tratti di un'Associazione come la nostra, di un ente, di un politico, di una famiglia è facile trovare chi li osanni e chi magari abbia invece un'opinione negativa.
    Talvolta chi parla male è una malalingua, oppure si è fidato del parere di altri di cui ha fiducia, o ancora la sua esperienza e cultura lo porta a vedere nero laddove altri vedono bianco. Fa parte del gioco e chi è tutti i giorni sul palcoscenico della vita sa benissimo che riceverà più critiche che applausi. Molte persone purtroppo ricercano il male anche dove non ci sia. Non esistendo la perfezione c'è sempre qualcosa che non va bene, specie se il giudizio arriva da più fonti. Se adesso prendete la macchina, o la barca o la moto ed uscendo le forze dell'ordine vi facessero un controllo, quanti di voi sarebbero perfettamente in regola? Il battistrada delle gomme, l'assicurazione non esposta in barca, i fanali leggermente sporchi, il giubbotto per le soste d'emergenza. Ognuno di noi sarebbe passibile di critica, ma da cosa si vede se un politico, un medico, un'associazione sono meritevoli della nostra fiducia e supporto? Dai frutti. Un albero non lo giudicate dal tronco, dalla grandezza, dalla robustezza, dal colore delle foglie, ma dite "è un buon albero" se produce frutti che siano buoni da mangiare, fiori che odorino di buono, che diano un'ombra ampia, che vi diano quindi il frutto che da loro vi aspettate. La nostra Associazione produce frutti da 27 anni anni, ha accudito 500 bambini e ragazzi, ha fatto conoscere l'affidamento a centinaia di persone. Questi sono i nostri frutti. Purtroppo in Italia non esiste la meritocrazia. Il nostro compito non è quello di criticare a nostra volta chi ci denigra, chi cerca in noi qualcosa che non vada perché è inconcepibile per la gente che si possa crescere senza il supporto di un partito o della chiesa, ma è quello di andare avanti, di produrre ancora frutto, di rafforzare le radici dell'albero potandolo e dandogli il fertilizzante giusto in buon dosaggio affinché possa fornire supporto anche per gli anni a venire.
    Ancora oggi qualche istituzione ci guarda di traverso perché non siamo allineati con nessun partito, non abbiamo tessere di appartenenza e cerchiamo il dialogo con tutti. Ma i nostri frutti sono i nostri ragazzi, quelli di ieri e quelli di oggi. Bambini che già dopo pochi giorni di cure e di amore cambiano atteggiamento, tornano a sorridere, imparano a stare alle regole.
    Ma la gioia più grande si ha quando i bimbi che non sono in affidamento, che vivono con noi una liberissima situazione di diurno, che possono decidere giorno per giorno se stare in casa propria o frequentare noi e decidono di seguirci, a volte anche litigando con i genitori che vorrebbero portarli su altre strade. Che soddisfazione quando un'assistente sociale trova la ferma opposizione di un genitore che difende il nostro operato decantando i bei cambiamenti fatti dal proprio figlio.
    Dai frutti ci riconosceranno, ed è Gesù stesso a dire che "Ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco". Se dopo quasi 27 anni siamo ancora vivi e vegeti, se produciamo ancora frutto e la nostra passione non è scemata, anzi è aumentata, significherà pur qualcosa e chi denigra forse dovrebbe capire che il bene del prossimo passa anche attraverso noi.

  27.  

    Addì 27 giugno 2013

    Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.
    Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demòni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome?
    Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità.
    Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia.
    Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia.
    Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, è simile a un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia.
    Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde, e la sua rovina fu grande».
    Quando Gesù ebbe finito questi discorsi, le folle restarono stupite del suo insegnamento:
    egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità e non come i loro scribi

    Matteo 7,21-29

  28.  

    Un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia

    Con i miei ragazzi parlo tantissimo, cerco sempre il dialogo attraverso lo scherzo, i piccoli lavoretti in giardino, il dialogo serale. Sono addolorato quando vedo in loro una chiusura e cerco continuamente la chiave per aprire la porta del confronto. Ci sono fasi alterne in loro, caratteri differenti, modalità di espressione diversificate e non sempre è facile comunicare, ma lo ritengo necessario. Ogni genitore dovrebbe parlare con i propri figli, fare di tutto, non rinunciare mai, nemmeno quando il figlio sbatte la porta di casa e esce per non ascoltarti. Aspetti il momento giusto, cerchi di prenderlo nel momento in cui è più calmo, ma non devi mai lasciare che il dialogo si interrompa, sarebbe la fine di un rapporto e sopratutto avresti mancato al tuo ruolo di genitore che è quello di educare, di creare in lui saldi principi, dargli gli strumenti necessari per affrontare il futuro, allenarlo alla vita. Ogni genitore dovrebbe lasciare in eredità ciò che ha di più intimo, ciò che prova, gli errori fatti nella speranza che un figlio non li ripeta, l'umiltà di saper chiedere scusa, la solidarietà verso il prossimo, quei principi che fanno di una persona un Uomo o una Donna degni di tale nome. Noi genitori spesso siamo mesi da parte dai nostri figli, spesso criticati e l'errore che a volte facciamo è quello di rinchiudersi nel proprio angolo a leccarsi le ferite, ed ecco che si cercano alternative per sentirsi realizzati: si passa sempre più tempo al lavoro, si cerca uno sfogo al di fuori di casa, ci si concentra sulla tv o sul computer quando si è in casa, finanche a fuggire dalla nostra realtà per cercare qualcosa di meglio. E quali principi date ai vostri figli tenendo un comportamento del genere? Cosa gli insegnate? A scappare dinanzi ad un problema, ad abbandonare scelte di vita ormai prese solo perché la realtà non era come ce l'eravamo immaginata. E quando mai è così? Un lavoro è idilliaco nel giorno dell'assunzione, ma diventa pesante con il passare del tempo; una moglie o un marito sono le persone ideali per camminare insieme per una vita intera il giorno del matrimonio, ma poi le liti e i divorzi sono all'ordine del giorno; un bambino preso in adozione incarna gli ideali della coppia adottiva quando varcano tutti insieme la porta di casa, ma poi ci si accorge che ci sono differenze sostanziali che non saranno mai sanate. Scappare è facile, ma è anche molto egoistico. Ci porta a star meglio lì per lì, ma con un po' di coscienza arriveranno anche i rimorsi, ma sopratutto si fa molto del male alle persone che abbiamo intorno, ai figli specialmente, ai ragazzi in crescita. Ho sentito spesso dire ai genitori in fase di separazione, quando mi preoccupavo per ciò che il figlio avrebbe subito, che il ragazzo avrebbe capito, che se ne sarebbe fatta una ragione, che era in buona compagnia, che non avrebbe perso l'amore di babbo o mamma, e magari ci avrebbe guadagnato perché avrebbe raddoppiato la famiglia con i nuovi compagni di babbo e mamma. E come al solito si guarda all'immediato, si vede la parvenza, l'aspetto materiale, ma che ne sarà di quel ragazzo al quale viene insegnato a mollare, a rinunciare, a non lottare con le unghie e con i denti per un fine, per una promessa fatta, per un accordo stipulato? E se per una cosa così importante come il matrimonio gli viene insegnato che si può lasciare, cosa penserà di tutto il resto? Guardate nella scuola, si studia sempre meno, le amicizie e gli amori sono "usa e getta", nel lavoro l'impegno è sempre al minimo indispensabile.
    Se diamo ai nostri ragazzi dei validi principi sarà come aver costruito con loro e per loro una casa sulla solida roccia e quando arriverà la burrasca, e nella vita le intemperie sono molto soventi, la casa resterà ben salda; ma se non forniamo ai nostri figli dei valori su cui basarsi, sarà come se la loro casa, il loro futuro fosse costruito sulla sabbia e al momento della burrasca verrà spazzata via perché priva di fondamenta.
    Fortifichiamo anche le fondamenta della nostra vita con valori e principi ed elargiamoli a chi incontriamo, non per essere dei predicatori sul pulpito, ma per donare ciò che abbiamo ricevuto ed imparato, per rafforzare le fondamenta delle case attorno a noi e irrobustire così la città dove abitiamo, in modo che quando dovesse arrivare un terremoto non ci colga impreparati e faccia meno danni possibile.
    Chi è preparato alla morte di un figlio? Di un genitore mentre si è ancora adolescenti, ad una grave malattia? Ho visto persone sorridere e gioire dopo essere rimasti paralizzati perché le loro fondamenta erano forti ed hanno trovato la forza, dopo la sofferenza umana e le giuste lacrime, di rialzarsi; ma ho anche visto e vedo tutti i giorni persone tristi, arrabbiate con il mondo per delle piccolezze, per minuscole contrarietà della vita, persone che non hanno altro se non la parte superficiale, persone che dovrebbero gioire per aver trovato un qualcosa che li onora per il servizio che possono rendere agli altri, ma che si spaventano dinanzi alle difficoltà perché non sono abbastanza forti ed hanno continuamente bisogno di compensi, carezze, supporto.

  29.  

    Addì 28 giugno 2013

    Quando Gesù fu sceso dal monte, molta folla lo seguiva.
    Ed ecco venire un lebbroso e prostrarsi a lui dicendo: «Signore, se vuoi, tu puoi sanarmi».
    E Gesù stese la mano e lo toccò dicendo: «Lo voglio, sii sanato». E subito la sua lebbra scomparve.
    Poi Gesù gli disse: «Guardati dal dirlo a qualcuno, ma va a mostrarti al sacerdote e presenta l'offerta prescritta da Mosè, e ciò serva come testimonianza per loro».

    Matteo 8,1-4

  30.  

    Signore, se vuoi, tu puoi sanarmi

    Se dico a mio figlio di tre anni di buttarsi da una scala e apro le braccia come a fargli intendere che lo prenderò e non lo lascerò cadere, si butterà tanta è la fiducia che ha in me. Se dico a mio figliol di dieci anni di fare una cosa che a lui sembra pericolosa, come andare prendere una cosa fuori casa al buio, devo insistere perché lo faccia e poi, per niente convinto, ma abbastanza fiducioso in me lo fa. Verso i sedici, diciassette anni qualunque cosa noi genitori possiamo chiedere a nostro figlio, generalmente la risposta è un no secco e deciso. Verso i diciannove, vent’anni, dopo le prime delusioni, i primi tradimenti delle persone che per i figli erano importanti, tanto da essere pronti a lasciare la propria famiglia per loro, cominciano a guardare con un certo interesse l’adulto, capiscono che quella persona che avevano denigrato fino al giorno prima è l’unico che non li abbia mai traditi, e valutano con maggior attenzione i consigli elargiti da quella mamma e da quel papà nei quali da piccoli riponevano una fiducia infinita.
    Il rapporto con Dio segue lo stesso schema. Appena ci imbattiamo nella Fede, solitamente da piccoli, accettiamo tutto ciò che ci viene insegnato al catechismo come inconfutabile. A dieci anni cominciamo a porci i primi interrogativi, ma poi accettiamo di lasciarci guidare. A sedici anni c’è in tanti ragazzi il rifiuto di Dio, l’impossibilità a capire, la difficoltà ad aprire il cuore e lasciarsi andare, la polemica su tutto. Sono queste le basi della Fede, come fossimo piccole piante che sacerdoti e genitori debbano sapientemente potare, concimare, trapiantare, ma se anche una sola di queste operazioni dovesse essere mal eseguita e non prontamente corretta c’è il rischio di perdere quel ragazzo. Arriva poi un momento, la prima fase dell’essere adulto, il momento in cui si ha bisogno di avere la sicurezza di qualcuno, che si guarda a chi possa darci delle risposte. Inizialmente le cerchiamo in terra, ma ben presto ci accorgiamo che non c’è una spiegazione a ogni cosa, non possiamo capire tutto e pian piano ci lasciamo andare, prendiamo singoli pezzetti della nostra vita e concediamo a Dio di gestirceli. Questo è uno dei percorsi possibili, non certo l’unico e, al pari dei figli, alcuni dei quali si allontanano comunque dalla famiglia e con essa non vogliono più avere nessun rapporto, mentre altri, la maggior parte, mantengono una relazione significativa con i propri genitori perché gli unici che vorranno loro bene per sempre, disposti a starci vicino anche quando sbagliamo, sveltissimi a condannare un nostro atto sbagliato, ma mai disposti a condannarci, a giudicarci cattivi per quanti errori possiamo aver fatto. Così è con Dio. Qualcuno si allontana, ma molti mantengono, magari nascostamente per vergogna, un rapporto con Lui e si rivolgono al Signore quando hanno bisogno. Molti lo potrebbero definire opportunismo, ma al Signore non importa, Lui sa aspettare e quando arriverà il momento in cui saremo disponibili a riconoscerlo, a chiedergli aiuto, Lui ci sarà, sarà vicino a noi come un buon padre, come colui pronto a perdonare, a dimenticare il passato, gli insulti, l’egoismo di un figlio, felice che, dopo lunga attesa, sia tornato da lui, sia venuto a chiedere aiuto riconoscendo di fatto i propri limiti e confidando sinceramente in un porto sicuro ove rifugiarsi e trovare aiuto per la sua vita

  31.  

    Addì 29 giugno 2013

    In quel tempo, essendo giunto Gesù nella regione di Cesarèa di Filippo, chiese ai suoi discepoli: «La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?».
    Risposero: «Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti».
    Disse loro: «Voi chi dite che io sia?».
    Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».
    E Gesù: «Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli.
    E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa.
    A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli»

    Matteo 16,13-19

  32.  

    Voi chi dite che io sia?

    Anche il più ateo degli atei si sarà certamente interrogato, almeno una volta nella vita, su chi sia Gesù. E’ certamente un personaggio storico, una persona sulla quale sono stati scritti moltissimi libri, uno che ha fatto vedere la morale da un’ottica diversa, che ha fornito dei principi applicabili ancora oggi a duemila anni di distanza. Ma per noi, per ognuno di noi, chi è Gesù? Ritengo che si debba fornire ai nostri figli e ai bambini che per qualsivoglia motivo siamo chiamati a educare, perché sacerdoti, allenatori, insegnanti o altro, delle basi sulle quali ragionare. Non è giusto dar loro un prodotto preconfezionato, un indottrinamento e proporre una verità assoluta e inconfutabile. Penso che se oggi tanti giovani si allontanano dalla Chiesa è anche per questo motivo. A volte si fa l’errore di partire dall’alto, di indicare Dio come il nostro creatore e si forniscono dogmi da imparare a memoria. Non dimentichiamoci però che i bambini amano fare domande, capire il perché delle cose, apprendere giorno dopo giorno, e questa loro tendenza deve essere assecondata perché è il loro modo di capire. Tre professori alle superiori sono stati per me emblematici. Don Ordesio, insegnante di religione che parlava con noi dei fatti di tutti i giorni, rispondendo alle nostre domande su sesso, politica, attualità, cronaca e, senza che noi ce ne accorgessimo, alla fine della lezione aveva parlato di Gesù e dei valori sottesi nel Vangelo. Paolo Vannucci, professore di matematica che ci dava l’enunciato dei vari teoremi e ci stimolava a capire come si potesse arrivare a dimostrarli, promettendo la promozione immediata a chi ci fosse riuscito. Il professor Vernassa di filosofia che al suo primo giorno di lezione ci chiese di prendere la scrivania e metterla in mezzo ai banchi perché non voleva insegnare filosofia, ma voleva che insieme fossimo in grado di arrivare a capire quanto i filosofi volevano trasmetterci. Credo che nel donare la parola di Dio ai ragazzi si debba portar loro esempi di vita, mostrare la grandezza di Dio dalla base, così come Gesù ha fatto prima di noi per tutta la sua vita su questa terra. Saranno i ragazzi stessi un giorno a capire che Gesù è il Figlio di Dio attraverso l’Amore che ha per gli uomini, il perdono, la solidarietà e tutti gli altri valori positivi che ci ha trasmesso

  33.  

    Addì 30 giugno 2013

    Mentre stavano compiendosi i giorni in cui Gesù sarebbe stato tolto dal mondo, si diresse decisamente verso Gerusalemme
    e mandò avanti dei messaggeri. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per fare i preparativi per lui.
    Ma essi non vollero riceverlo, perché era diretto verso Gerusalemme.
    Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?».
    Ma Gesù si voltò e li rimproverò.
    E si avviarono verso un altro villaggio.
    Mentre andavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada».
    Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo».
    A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, concedimi di andare a seppellire prima mio padre».
    Gesù replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu va e annunzia il regno di Dio».
    Un altro disse: «Ti seguirò, Signore, ma prima lascia che io mi congedi da quelli di casa».
    Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che ha messo mano all'aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio»

    Luca 9,51-62

  34.  

    Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?

    La vendetta è diabolica. Un tarlo che ci rode dentro e pian piano ci mangia l'anima. La medicina è il Vangelo, la Parola di Dio che ci mostra che il mondo potrà cambiare solo saremo disposti ad amare. La vendetta, il rancore, l'odio, la violenza possono essere sempre giustificati, il nostro perverso meccanismo di ragionamento ci può sempre portare a dare ragione al compimento di un qualsiasi atto scellerato. Così il pedofilo dice "era la bambina ad essere provocante", il violentatore "quella donna vestiva in maniera succinta ed è una cosa che voleva", l'omicida a dire "mi aveva provocato con uno sguardo di troppo" e così via. Se tutto questo ci fa inorridire, pensiamo che anche noi facciamo lo stesso quando mettiamo in atto una vendetta, quando non rivolgiamo più la parola ad una persona perché ci ha fatto un torto, quando parliamo male di un'altra perché lo ha fatto con noi, quando tradiamo perché siamo stati traditi. E' tutto "non amore", "non dialogo". E ciò che è "non" è sempre qualcosa di negativo, qualcosa da non fare, qualcosa che porta solo a brutte conseguenze. Quanto sarebbe bello il perdono, che arma forte anche per combattere la cattiveria che invece alimentiamo e sfamiamo con altra cattiveria che a sua volta porta ad escalation senza fine. Penso sempre che se gli Stati Uniti non avessero iniziato la guerra contro i talebani dopo il bruttissimo e condannabile atto avverso le torri gemelle, ci sarebbero stati molti meno morti e coloro che avevano fatto del male sarebbero stati isolati. Invece violenza ha richiamato violenza, ed ora tutti usano le armi per uccidere, anche quelli che erano considerati i buoni, le vittime, in una commistione fra bene e male. Ognuno ha le sue ragioni, ma ognuno ha ucciso persone innocenti. Quanto sarebbe stato migliore il dialogo. Guardiamo ciò che succede in Israele, quanto sangue, quante guerre, quanta sofferenza. Ma perché non sedersi ad un tavolo, mettere una pietra sopra il passato e cominciare a parlare, a cercare veramente un accordo.
    Se forse possiamo fare poco per fermare le guerre nel mondo, però possiamo cominciare dal nostro cuore, fermiamo la violenza, l'ira che ci scatta dentro, fermiamo la nostra sete di vendetta e quando non ci riusciamo guardiamo a Dio, leggiamo il Vangelo e ritroveremo nelle sue parole la forza per non alzare la mano contro il nostro fratello se non per dargli una carezza.
    Don Luigi, un sacerdote del Santuario di Montenero nei pressi di Livorno, colui al quale devo l'inizio della mia strada verso i bambini aveva un potere enorme su di me.
    Nei primi anni di Associazione la rabbia mi prendeva spesso e per sfogarmi il più delle volte scappavo da quella situazione perché non ero in grado di gestirla. Il cuore mi portava sempre lì, dal mio amico Don Luigi. Ricordo in particolare una volta, avevo 24 anni, nella quale avevo litigato con Roberta, ero ad Orentano, pesi la macchina per venire a Livorno compiendo il tragitto come se fossi stato in formula uno. Arrivai in chiesa sparato come una furia, con la rabbia in corpo. Cercai Don Luigi ma non lo trovai subito. Lo vidi nella chiostra dove stava leggendo la bibbia in maniera assorta e mi sedetti, senza dire parola, accanto a lui. Ero arrabbiatissimo. Lui non mi guardò neppure e continuò a leggere. Passò un'ora, poi senza aprire bocca e senza guardarmi, pose la sua mano sul mio braccio destro, ed io sentì una tale pace che tutto svanì. Gli dissi "grazie Don Luigi", lui sorrise con gli occhi fissi sulla Bibbia, mi alzai e me ne andai.
    A volte non abbiamo bisogno di parole, abbiamo bisogno di amore.

  35.  

    Addì 1 luglio 2013

    In quel tempo, Gesù vedendo una gran folla intorno a sé, ordinò di passare all'altra riva.
    Allora uno scriba si avvicinò e gli disse: «Maestro, io ti seguirò dovunque tu andrai».
    Gli rispose Gesù: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo».
    E un altro dei discepoli gli disse: «Signore, permettimi di andar prima a seppellire mio padre».
    Ma Gesù gli rispose: «Seguimi e lascia i morti seppellire i loro morti»

    Matteo 8,18-22

  36.  

    Maestro, io ti seguirò dovunque tu andrai

    Cosa significa seguire una persona? Vuol dire andargli dietro sempre e comunque senza capire? Per qualcuno forse è così, ma credo che seguire qualcuno significhi ben altro. Seguire richiede il presupposto della fiducia, è cercare di capire il suo pensiero, ma anche accettare ciò che non si capisce. Un bambino segue il genitore e man mano che cresce si pone degli interrogativi, ma la sua fiducia è tale e tanta che se non comprende le motivazioni di un certo comportamento, comunque le accetta.
    Seguire una persona che professa un ideale, seguire Gesù per coloro che hanno fede, è comprendere quello che con la sua vita e con le parole ha voluto insegnarci.
    Quando un bambino arriva da noi, specie nel periodo estivo, si guarda intorno un po' spaesato. Solitamente lo lasciamo libero di agire i primi giorni sia per capire il suo comportamento, sia per lasciare che anche lui capisca noi. Per molte cose non c'è bisogno di dirgli nulla perché apprende dagli altri bambini e impara a comprendere di chi possa fidarsi. Le riunioni che ogni sera facciamo, unitamente al comportamento che cerchiamo di tenere durante il giorno, rafforzano questa fiducia. Anche i no, a volte più che i permessi, fanno capire al bambino che si può fidare di noi. Il genitore che promette una punizione e poi, quando il bambino se la merita, non la commina, o su richiesta di altri lo toglie dalla punizione, rischia di far perdere fiducia nel genitore stesso. Quando si fa una promessa la si deve mantenere per evitare che le nostre parole, un domani, si possano perdere nel vento e, rimanendo inascoltate, ci impediscano di poter educare nostro figlio.

  37.  

    Addì 2 luglio 2013

    Essendo poi salito su una barca, i suoi discepoli lo seguirono.
    Ed ecco scatenarsi nel mare una tempesta così violenta che la barca era ricoperta dalle onde; ed egli dormiva.
    Allora, accostatisi a lui, lo svegliarono dicendo: «Salvaci, Signore, siamo perduti!».
    Ed egli disse loro: «Perché avete paura, uomini di poca fede?» Quindi levatosi, sgridò i venti e il mare e si fece una grande bonaccia.
    I presenti furono presi da stupore e dicevano: «Chi è mai costui al quale i venti e il mare obbediscono?»

    Matteo 8,23-27

  38.  

    Salvaci, Signore, siamo perduti!

    Quante persone ho visto chiedere aiuto a Dio anche se non credenti. Quando ci si trova in pericolo di vita, quando qualcuno a noi molto vicino sta tanto male, quando i problemi ci attanagliano, anche il più miscredente alza gli occhi al cielo e chiede aiuto a Dio, magari solo come un tentativo in più. Gesù ci brontola se non abbiamo fede, ma poi da buon papà ci aiuta e ci sta vicino, non fosse altro per il fatto di aver chiesto aiuto e averlo riconosciuto.
    Un mio carissimo amico, ateo convinto, un giorno mi disse "sono in crisi" ed io gli risposi "chiedi aiuto a Dio". Di rimando replicò "non lo faccio perché mi sembrerebbe opportunismo, non mi sono mai rivolto a Lui e lo faccio proprio ora che ho bisogno?" Secondo voi è veramente ateo chi parla così? Se una persona parla di Dio e dice "non voglio importunarlo ora che ho bisogno" ne afferma l'esistenza e questo il Signore lo sa. Certamente è felice di questo suo figlio che in qualche modo lo cerca e sono certo che prima o poi si incontreranno e sarà gioia grande per questo ragazzo dal cuore d'oro che considera le nostre preghiere serali e il dialogo con i ragazzi che parte da una frase del Vangelo come il momento migliore della sua visita presso di noi, ciò che più gli dona gioia e condivisione. Una giorno eravamo io e lui nella casa di Orentano per fare dei lavoretti, da soli, e alla sera io gli do la buonanotte, ma mi domanda "la preghiera stasera non si fa?". "Beh, io vado a farla, ma non credevo volessi venire, pensavo ti facesse piacere farla solo quando ci sono i ragazzi come condivisione con loro", ma ha insistito ed è venuto a pregare il Signore con me. Potete crederci o meno, ma lui e la moglie cercavano di avere un figlio da anni e si erano avvicinati a noi proprio perché volevano orientarsi verso l'affido. Qualche giorno dopo quella sera, dopo quella preghiera, la moglie è rimasta incinta.
    Quando abbiamo paura, quando siamo in crisi e chiediamo al Signore aiuto, state certi che Lui sarà sempre pronto ad accogliere le nostre preghiere, anche se fino a quel giorno non lo abbiamo considerato, anche se abbiamo sempre pensato che stesse dormendo infischiandosene di tutti noi e ci risponde dandoci ciò che chiediamo.
    Non dobbiamo aver timore di rivolgerci a Dio, anche se no lo abbiamo mai fatto. Il Signore apprezzerà

  39.  

    Addì 3 luglio 2013

    Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
    Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».ero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li riconoscerete»

    Giovanni 20, 24-29

  40.  

    Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo

    Quando un genitore dice ad un figlio "studia perché se non ti fai una cultura nella vita avrai problemi", oppure "non frequentare certe persone perché poi ti trovi nei guai" molti ragazzi non credono, hanno bisogno di toccare con mano la realtà, sbatterci la testa, farsi del male. Ci sono tante situazioni in cui è bene farsi una propria opinione mediante un'esperienza diretta, ma tante altre nelle quali i ragazzi dovrebbero ascoltare maggiormente i genitori perché il momento della crescita è anche quello della formazione e non sempre è possibile riprender il filo di un discorso che possa interrompersi nell'adolescenza. La mia mamma smise di studiare a sedici anni, ma poi le tornò la voglia e arrivò, con enorme fatica mentre lavorava e aveva un figlio di dieci anni da accudire, fino alla laurea. Altri, e fra questi diversi dei miei ragazzi del passato, hanno smesso di studiare per inseguire il guadagno immediato o la voce della pigrizia ed oggi, quando ormai uomini e donne vengono a trovarmi mi dicono sempre "avessi studiate, vi avessi dato retta, adesso non sarei alla ricerca continua di lavoro ed avrei un futuro più roseo".
    Ma si impara solo domani ciò che dovremmo apprendere oggi.
    Questo vale anche per noi che spesso, nei confronti di Dio, siamo come adolescenti. Lui ci indica la strada, ci fa capire cosa sia giusto fare e cosa sbagliato, ma alla fine prevale in noi la pigrizia, l'arrendersi davanti alle difficoltà e preferiamo non credere alle parole aspettando i fatti, attendendo che il problema si presenti e allora, solo allora, siamo disposti, davanti all'evidenza, a riconoscere nella Parola di Dio la strada giusta da seguire.
    Così fece Tommaso, così facciamo anche noi ogni giorno, ma il Signore è paziente, come dovrebbe esserlo ciascun genitore con i propri figli, e perdona, seppur rimproverandoci, nella speranza che alla prossima occasione si sappia ascoltare maggiormente i consigli del Vangelo.
    Se per un adolescente è comunque necessario avere due genitori che lo seguono, oggi purtroppo non è così in moltissime famiglie, nei confronti di Gesù sappiamo che Lui è sempre presente, sempre attento, sempre disponibile.

  41.  

    Addì 4 luglio 2013

    In quel tempo, salito su una barca, Gesù passò all'altra riva e giunse nella sua città.
    Ed ecco, gli portarono un paralitico steso su un letto. Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: «Coraggio, figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati».
    Allora alcuni scribi cominciarono a pensare: «Costui bestemmia».
    Ma Gesù, conoscendo i loro pensieri, disse: «Perché mai pensate cose malvagie nel vostro cuore?
    Che cosa dunque è più facile, dire: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati e cammina?
    Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere in terra di rimettere i peccati: alzati, disse allora al paralitico, prendi il tuo letto e va' a casa tua».
    Ed egli si alzò e andò a casa sua.
    A quella vista, la folla fu presa da timore e rese gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini

    Matteo 9,1-8

  42.  

    Coraggio, figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati

    In molte occasioni i miei bimbi mi fanno delle richieste, ma spesso rispondo loro dando cose diverse da quelle che mi hanno domandato, e credo che sia l'atteggiamento di molti genitori che sanno quale sia il bene del figlio. Quale genitore darebbe la cioccolata al proprio bambino solo perché golosamente lui la richiede? Non gli darete piuttosto una dieta equilibrata, sicuramente inserendovi anche la cioccolata, ma non nella misura a voi richiesta. Se vi chiederanno di non studiare per andare a giocare a pallone non insisterete affinché prima compiano il loro dovere di studenti e si facciano una cultura? Certo non gli impedirete di giocare, ma alternerete lo studio con il gioco e spesso giocherete con loro seguendo le loro preferenze, ma anche facendo voi delle proposte per utilizzare il momento di divertimento per insegnar loro valori, ideali, regole di vita.
    Tante volte noi domandiamo a Dio mille cose, ma il Signore ci dona ciò che ritiene migliore per noi. Al pari di un bambino non sempre capiamo, non sempre condividiamo le scelte di Dio, ma al pari di un figlio dovremmo fidarci di Gesù e del suo operato e ringraziare per qualunque cosa ci venga elargita, anche se in quel momento non ci piace, ma con la consapevolezza che Cristo, come ogni buon genitore, non vuole il nostro male, ma il nostro bene che non sempre collima con la nostra idea di "bene" perché il Signore ha una visione più alta e più globale della nostra che siamo limitati alla nostra esperienza terrena. Dio ci prepara alla vita eterna, così come un buon genitore prepara i propri figli alla vita terrena.

  43.  

    Addì 5 luglio 2013

    In quel tempo, Gesù passando, vide un uomo, seduto al banco delle imposte, chiamato Matteo, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
    Mentre Gesù sedeva a mensa in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con lui e con i discepoli.
    Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Perché il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?».
    Gesù li udì e disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati.
    Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori»

    Matteo 9,9-13

  44.  

    Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati

    Se ci feriamo, se stiamo male fisicamente andiamo dal medico, ma se il nostro stare male dipende dal cuore, dalla nostra anima, dalle cose che non vanno nella vita, da un amore deluso a chi ci rivolgiamo? Se ne possono pensare tante, si può parlare con l'amico o l'amica del cuore, con uno psicologo, con l'insegnante o sfogarsi in qualche chat su internet, ma tutto è limitato. Nessuno ha la verità in tasca, nessuno ci conosce bene nel profondo, nemmeno noi stessi.
    Quando morì la mia mamma e la mia vita era a pezzi provai a rivolgermi a mio padre, ma anche lui soffriva e non poté aiutarmi; parlai con la mia ragazza di allora, ma era troppo piccola ed immatura per affrontare certi argomenti; guardai ai miei amici, ma erano troppo presi dai loro problemi per darmi ascolto; mi gettai a capofitto nelle care di pesca subacquea, ma anche in quel caso non bastavano per trovare una soluzione degna di essere chiamata tale. Non sapevo dove sbattere la testa. Pregavo Dio che mi indicasse la strada, ma tutto intorno a me era silenzio. Passarono così nove mesi, un periodo di buio, un momento della mia vita in cui ero sull'orlo di un precipizio ed il desiderio di suicidio era sempre molto forte in me, ogni istante. Un giorno di settembre andai a fare una girata e mi ritrovai a Montenero, nei pressi di Livorno, dove c'è un santuario mariano. Mi fermai ed entrai per fare una preghiera. Era in corso la Messa e la celebrava un sacerdote un po' pazzo. Era lui la risposta che stavo aspettando da tanto tempo da Dio. Da quel giorno la mia vita cambiò radicalmente ed ancor oggi sono a camminare su quella strada indicatami dal Signore.
    Come e quando aiutarci lo sa Gesù, noi dobbiamo avere fiducia in Lui e attendere che la sua cura faccia effetto. D'altra parte se vi sentite male allo stomaco e andate con fiducia dal medico, mica guarite all'istante. Vi darà delle medicine che faranno effetto pian piano. La differenza tra il medico ed il Signore è però che il primo può anche sbagliare, va a tentativi, cerca di capire cosa abbiamo, mentre Cristo sa esattamente di cosa abbiamo bisogno e ce lo dona quando sa che farà più effetto.
    Riguardando indietro, in quei nove mesi di sofferenza, se mi avesse indicato la strada dopo poco tempo e non avesse atteso tutto quel periodo, non avrei sofferto, non mi sarei lavato di dosso il mio passato, non avrei potuto gioire del dono fattomi. Se uno mangia tutti i giorni e salta un pasto uno o due giorni, quando ricomincia a mangiare nemmeno si ricorda di quel breve periodo in cui ha patito la fame. Ma se passano nove mesi senza potersi cibare adeguatamente, quando gli viene proposta una tavola imbandita saprà fare festa a quel regalo meraviglioso ed al suo donatore, ringraziandolo per tutta la vita.

  45.  

    Addì 6 luglio 2013

    Allora gli si accostarono i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché, mentre noi e i farisei digiuniamo, i tuoi discepoli non digiunano?».
    E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto mentre lo sposo è con loro? Verranno però i giorni quando lo sposo sarà loro tolto e allora digiuneranno.
    Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo squarcia il vestito e si fa uno strappo peggiore.
    Né si mette vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si rompono gli otri e il vino si versa e gli otri van perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi, e così l'uno e gli altri si conservano»

    Matteo 9,14-17

  46.  

    Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio

    Come è difficile vivere. In molti escono dalla vita, vuoi con il suicidio, andando a vivere per la strada, trovando soluzioni illegali ai problemi, chiudendosi in casa o in sé stessi. Ma la vita, per quanto difficile possa essere deve essere vissuta? Perché? Già, perché? Quante volte me lo sono domandato. Le belle parole di Madre Teresa in certi momenti non mi bastano, ma la risposta che mi do è perché tante persone hanno bisogno di me, così come io ho bisogno degli altri. Siamo uniti tutti come anelli di un’unica catena ed il nervoso, l’arrabbiatura, l’allontanarsi o il suicidarsi di uno è dolore, insegnamento negativo di altri, alimento negativo incessante che si propaga ad altissima velocità. E’ vero che nessuno è insostituibile, ma non siamo tutti facilmente sostituibili nell’immediato con ottimi risultati. Se ad esempio in una grande azienda c’è un leader, ed i suoi sottoposti non hanno ancora le capacità di un capo, la scomparsa di questo top manager potrebbe portare al fallimento dell’azienda, o comunque alla perdita di molte posizioni, con conseguente insorgere di problemi in molte famiglie: operai licenziati, aziende più piccole ad essa legate costrette a chiudere, fornitori in affanno perché non pagati. Se una persona con responsabilità muore è volere di Dio e poco ci si può fare, se non cercare soluzioni meno dannose possibili per tutti, ma se una persona si allontana volontariamente o si uccide lo fa con la consapevolezza che metterà in crisi tanta altra gente. Se la catena si interrompe e l’anello immediatamente vicino non è in grado di sostituire il pezzo mancante, come nella natura delle cose, si è costretti a mettere un anello nuovo che, con la sua forza, rischierà di rovinare i due anelli più vecchi ai quali viene intrecciato.

  47.  

    Addì 7 luglio 2013

    Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.
    Diceva loro: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe.
    Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi;
    non portate borsa, né bisaccia, né sandali e non salutate nessuno lungo la strada.
    In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa.
    Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi.
    Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l'operaio è degno della sua mercede. Non passate di casa in casa.
    Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo dinanzi,
    curate i malati che vi si trovano, e dite loro: Si è avvicinato a voi il regno di Dio.
    Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle piazze e dite:
    Anche la polvere della vostra città che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino.
    Io vi dico che in quel giorno Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città.
    I settantadue tornarono pieni di gioia dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome».
    Egli disse: «Io vedevo satana cadere dal cielo come la folgore.
    Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra i serpenti e gli scorpioni e sopra ogni potenza del nemico; nulla vi potrà danneggiare.
    Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli»

    Luca 10,1-12.17-20

  48.  

    L'operaio è degno della sua mercede

    Nella vita ognuno di noi ha un compito, un lavoro, una famiglia da mandare avanti, i genitori da accudire in vecchiaia, persone da accudire all'interno di un'associazione. Chi ha fede sente questo come una chiamata di Dio, chi non ha fede la sente come un dovere morale, ma alla fine lo scopo è lo stesso. Si prende il nostro operare come una missione per portare gioia e tranquillità a chi ha avuto meno di noi dalla vita. Nel Vangelo è il Signore a dirci che ogni operaio, ogni persona che lavora alla sua vigna, ha diritto ad essere pagato, ha diritto a ricevere una ricompensa per i suoi servigi. Purtroppo c'è chi prende alla lettera queste parole e di ciò che incassa per beneficenza una parte se la mette in tasca, una parte in un conto in Svizzera e una piccola parte la destina a qualche opera buona, magari stando attento a trarne qualche profitto in termini di favori. Ma la mercede di cui parla Dio è certamente la vita eterna, ma conoscendo la natura umana, il bisogno di avere delle gratificazioni in questa nostra esistenza terrena, ci paga per i nostri servigi. Non certo in termini economici, non facendo piovere la manna dal cielo, ma elargendoci monete di gioia che potremo spendere per acquistare amore, Quella gioia che ci deriva dal vedere un bambino felice nonostante una brutta situazione familiare, un anziano sorridente perché non più solo, un malato terminale consapevole che ci sarà in quel momento qualcuno a tenergli la mano per fargli coraggio, un carcerato che ha avuto il perdono e con esso il desiderio di cambiare vita.

  49.  

    Addì 8 luglio 2013

    Mentre diceva loro queste cose, giunse uno dei capi che gli si prostrò innanzi e gli disse: «Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano sopra di lei ed essa vivrà».
    Alzatosi, Gesù lo seguiva con i suoi discepoli.
    Ed ecco una donna, che soffriva d'emorragia da dodici anni, gli si accostò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello.
    Pensava infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita».
    Gesù, voltatosi, la vide e disse: «Coraggio, figliola, la tua fede ti ha guarita». E in quell'istante la donna guarì.
    Arrivato poi Gesù nella casa del capo e veduti i flautisti e la gente in agitazione, disse:
    «Ritiratevi, perché la fanciulla non è morta, ma dorme». Quelli si misero a deriderlo.
    Ma dopo che fu cacciata via la gente egli entrò, le prese la mano e la fanciulla si alzò.
    E se ne sparse la fama in tutta quella regione

    Matteo 9,18-26