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  1.  

    Che vi amiate gli uni gli altri

    L'amore di ognuno di noi verso gli altri è una delle cose più difficili che possano esserci, eppure la più semplice.
    Se infatti è assai semplice amare chi ci è vicino, colui che ci vuole bene, che si preoccupa della nostra salute e cammina a fianco a noi, ben più difficile è amare chi non conosciamo o, peggio, chi ci fa del male o ne ad altri.
    Eppure basterebbe poco, basterebbe non giudicare, non vedere il prossimo a seconda delle sue caratteristiche, non guardare i difetti o le sue azioni ed amarlo così come egli è.
    Ma cosa significa amare? Questa bellissima parola oggigiorno è usata impropriamente milioni di volte, ma amare significa volere il bene del prossimo senza pretendere nulla in cambio. Amare vuol dire avere il coraggio di lasciare andare via chi si ama se questo è il suo bene, significa denunciare un figlio se non riusciamo a fermare la sua aggressività da soli, vuol dire stare a dialogare con qualcuno che ti urla in faccia mille improperi, significa combattere per proteggere un debole. Amare non è tutto rose e fiori, anzi il più delle volte è pena e dolore, sacrificio e umiliazione.
    Con i figli si deve essere pronti ad amare incondizionatamente perché ricevere un sorriso da loro, a fronte di una vita spesa a crescerli, è già un grande ritorno. Fare il genitore non è cosa facile e ciò che si raccoglie è spesso una porta chiusa in faccia ed una serie di lamentele, è vedere due spalle che si allontanano e non fanno più ritorno, è osservare un ragazzo che butta via la sua vita senza voglia di studiare né di lavorare. Amare è continuare ad amare. Non c'è fine all'amore, a quello vero.

  2.  

    Addì 29 aprile 2013

    In quel tempo Gesù disse: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli.
    Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te.
    Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare.
    Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò.
    Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime.
    Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero»

    Matteo 11,25-30

  3.  

    Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò

    Periodo difficile per un’economia che va a rotoli, il lavoro che non si trova, i figli sempre più rivoluzionari ed i genitori sempre meno presenti, suicidi, omicidi, rapine, truffe, abusi, concussioni in preoccupante aumento.
    Tutto questo si ripercuote sul carattere delle persone che, almeno in facciata, diventano più chiuse, maggiormente egoiste, opportuniste, intransigenti verso chiunque.
    A vederla così ci sarebbe da dire “non vedo l’ora che finisca” e la morte potrebbe apparire per molti come l’unica soluzione al problema.
    Ma guardiamoci indietro, guardiamo a cento anni fa, vediamo in un secolo quante ne abbiamo passate, due guerre mondiali, crisi economica, fame e miseria, scontri tra generazioni, brigate rosse, guerra fredda, e quanto altro ancora. Eppure, anche se fanno parte del nostro recente passato, si leggono solo sui libri di storia.
    Chi ha passato quei momenti sa quanto sia stato difficile, ricorda come tutto potesse apparire senza via d’uscita, ma poi tutto si è risolto come neve al sole e tutto ha fatto esperienza positiva. Pensate alle dittature, oggi il solo parlarne fa drizzare i capelli a chiunque e sarà difficile che nel nostro paese possa nascere una dittatura che trovi tanto consenso come il fascismo ed il nazismo. Pensate ai ragazzi che nel ’68 hanno invaso le strade con i loro slogan ed i capelli lunghi chiedendo un cambiamento radicale della nostra società. Pensate alle brigate rosse che con forza e violenza avrebbero voluto cambiare l’Italia ed imporre le loro idee come abbiano trovato una ferma e strenua resistenza da parte di tutti anche a costo della propria vita.
    I momenti brutti ci sono e sempre ci saranno, bisogna imparare a saperne cogliere gli aspetti postivi ed avere la fede e la pazienza di saper vedere oltre lottando per le proprie idee, ma senza disperazione, combattendo per cambiare uno stato di fatto che non piace, ma con pacatezza e toni dialoganti.
    Manifestazioni di odio, inni alla rivoluzione, prese di posizione contro una o più persone ritenendole l’unico problema istigano alla violenza e all’odio ed i fatti di sangue che leggiamo ogni giorno sulla cronaca nera, l’attacco ai politici da parte di un disperato con pistola alla mano sono solo l’esempio di ciò che tante urla in piazza contro tutti possono portare.
    Viceversa parole distensive, seppur decise e opposte a quelle di altri, ma alla ricerca di una conciliazione per il bene comune, portano alla risoluzione dei problemi.
    Penso che chiunque con un po’ di buon senso capisca che la vera rivoluzione, il cambiare le cose, la si può ottenere solo dialogando e non combattendo con astio.
    Gesù lo diceva già duemila anni fa, quanto tempo ancora ci vorrà all’uomo per capirlo?

  4.  

    Addì 30 aprile 2013

    Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore.
    Avete udito che vi ho detto: Vado e tornerò a voi; se mi amaste, vi rallegrereste che io vado dal Padre, perché il Padre è più grande di me.
    Ve l'ho detto adesso, prima che avvenga, perché quando avverrà, voi crediate.
    Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il principe del mondo; egli non ha nessun potere su di me,
    ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato. Alzatevi, andiamo via di qui»

    Giovanni 14,27-31a

  5.  

    Vi lascio la pace

    Tanto è il rancore che fluttua nell’aria. Musi lunghi, pensieri negativi, propositi di vendetta sono propri di moltissime persone. Basta un niente per farci arrabbiare, per giudicare male, per contrariarsi e mettere al confine del nostro cuore chiunque ci abbia fatto un torto, anche un piccolo screzio. Nella vita si allacciano rapporti con le persone, poi ci si divide per futili motivi o per scelte di vita diverse e quando ciò accade resta sempre un po’ di malumore, se non addirittura un certo odio verso chi, a torto o a ragione, si è allontanato da noi. Con il passare degli anni si accumula tanta polvere dentro noi, tale da coprire i sentimenti. Ci facciamo più cupi in viso, abbiamo meno desiderio di conoscere gente per paura di essere traditi, offesi, abbandonati. Man mano che cresciamo la nostra lista di proscrizione aumenta e sono tante le volte che siamo costretti a cambiare marciapiede per non incrociare lo sguardo di qualcuno.
    Ma smettiamo. Facciamola finita di essere così ipocriti. Tante volte ci hanno tradito e chissà quante altre siamo stati noi a tradire, abbandonare, offendere, magari anche senza volerlo. Ed allora? Cosa dovremmo fare? Chiuderci in noi stessi? Smettere di amare, di accogliere, di voler bene?
    Seguire il Vangelo, che in molti avversano, ci renderebbe la vita più semplice e più bella.
    Chiudete gli occhi per un istante e pensate a tutte le persone che avete conosciuto, amici delle elementari, delle medie, delle superiori, compagni di viaggio, fidanzati, teneri amori adolescenziali, parenti vicini e lontani, sacerdoti, professori, assistenti sociali, genitori di altri bambini, allenatori, compagni di sport, amici di amici.
    Ci avete pensato bene? Avete fatto una lista mentale?
    Mamma mia quanti sono. Un’infinità. Ecco, ora pensate se con tutti loro aveste un buon rapporto, pensate a come sarebbe bella la vostra vita, a quanto aiuto potreste dare a quelli di loro che sono in difficoltà e quanta solidarietà potreste ricevere da chi abbia la capacità di aiutarvi. Pensate a quanti sorrisi ricevereste e donereste anziché nascondervi dietro una maschera di rancore quando li incontrate o qualcuno vi parla di loro.
    Gesù ci ha lasciato un messaggio di pace. Pace, capite questa parole nella sua essenza? Pace significa perdonare, chiedere scusa, sorridere, accogliere, amare chiunque, anche chi se ne è andato sbattendo la porta, anche colui che ti ha fatto del male togliendoti la gioia, anche l’assistente sociale che ha agito nei confronti di un bambino in affidamento in modo per te non idoneo.
    Pace significa “pace verso tutti ora e sempre” e non “voglio bene a chi non mi fa del male e odio chi mi osteggia chi si allontana da me”.
    “Pace” va a braccetto con “perdono”, se non impariamo a perdonare chiunque, come possiamo pensare di essere perdonati per i nostri errori? Se non siamo i primi a cercare di vivere in pace con tutti, come possiamo sperare di vivere in pace?

  6.  

    Addì 1 maggio 2013

    «Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo.
    Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto.
    Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato.
    Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me.
    Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla.
    Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
    Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato.
    In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli

    Giovanni 15,1-8

  7.  

    Il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite

    Accade sempre più spesso che i figli si stacchino dalla propria famiglia e recidano il cordone ombelicale. Si sentono così liberi di poter volare senza limiti, provare tutte le esperienze che vengono loro suggerite, senza però accorgersi che il legame che si è creato è un po’ come il riscaldamento nelle nostre case. La caldaia produce acqua calda che viene immessa nei radiatori attraverso un tubo, e nello stesso tempo, da un altro tubo esce dai radiatori l’acqua fredda che torna alla caldaia per essere riscaldata.
    La caldaia è la famiglia che genera il calore dell’amore, gli insegnamenti di vita, i buoni esempi, valori e principi; i radiatori sono i figli che ricevono il calore, lo usano, e si ribellano mandando acqua fredda alla caldaia. I genitori, coloro che sanno far funzionare la caldaia, con pazienza la alimentano affinché produca sempre quel calore di cui i figli necessitano.
    Arriva un momento nella vita in cui c’è il desiderio di vivere da soli, di non avere più legami con la caldaia, stufi di essere collegati da due tubi, uno di entrata e l’altro di uscita e c’è la voglia di creare un proprio equilibrio. E’ certamente giusto, ma ciò che è sbagliato è recidere quel legame, impedire che quella caldaia, che per anni ci ha riscaldato, possa ancora fornirci calore ed amore.
    Nell’affidamento la cosa si complica un poco perché le caldaie sono due, una un po’ malconcia, ma spesso in grado di donare emozioni. Quando il ragazzo diventa grande idealizza quella caldaia e pensa che possa scaldare meglio della prima, dare sensazioni mai provate. Non è certo sbagliato ricercare il contatto con la famiglia di origine, ma gli affidatari dovrebbero restare per lui una risorsa alla quale attingere. Ed invece si preferisce lasciare alla spalle quell’amore che per anni ci ha scaldato il cuore in nome di un qualcosa che non si conosce o lo si immagina migliore solo perché lo desidereremmo.

  8.  

    Addì 2 maggio 2013

    Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore.
    Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore.
    Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena

    Giovanni 15,9-11

  9.  

    Rimanete nel mio amore

    Bisogna guardare oltre l'aspetto materiale nella nostra vita, altrimenti nulla ha un senso. Come s fa ad accettare la morte di un figlio se non si guarda oltre quella morte? Non è solo una questione di vita eterna, di Fede in Dio che ci accoglie alla fine della nostra vita mortale. Rimanere nell'amore di uno nell'altro significa che ciò che ci viene insegnato, donato da chi non è più vicino a noi, perché morto o allontanatosi, oppure abbandonato per i mille casi della vita, non viene lasciato alle ortiche, ma anzi coltivato con amore e pazienza, fatto crescere dentro di noi. Come una talea, un pezzetto di pianta, che si stacca dalla pianta principale e va a formare un altro arbusto, che ciò accada all'ombra del primo o portato lontano e trapiantato altrove. Quando quel pezzettino di vegetale crescerà, manterrà le caratteristiche della pianta dalla quale ha preso vita, pur mantenendo la propria autonomia. Anche noi dovremmo rimanere nell'amore di chi ci lascia e di chi abbandoniamo perché, indipendentemente dalle motivazioni, è giusto continuare a far crescere dentro noi gli stessi principi e ideali che abbiamo imparato.
    Il giorno stesso in cui la mia mamma è morta ho sentito un profondo legame con lei, son rimasto nel suo amore e, indegnamente, provo a portare ai miei ragazzi e alle persone che incontro i valori che mi ha insegnato e che ho fatto miei, modificandoli forse nella forma in cui si manifestano, ma rimanendo gli stessi nella sostanza.

  10.  

    Addì 3 maggio 2013

    Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.
    Se conoscete me, conoscerete anche il Padre: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».
    Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta».
    Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre?
    Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere.
    Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse.
    In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre.
    Qualunque cosa chiederete nel nome mio, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio.
    Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò

    Giovanni 14,6-14

  11.  

    Qualunque cosa chiederete nel nome mio, la farò

    Qualche giorno fa sono rimasto scioccato dalla notizia che un bambino di 5 anni aveva ucciso la sorellina di due anni. Quando si sentono certe notizia non si può che rimanere allibiti, si pensa alla solita disattenzione dei genitori che tengono un'arma in casa incustodita. Mentre pensavo a queste cose ecco arrivare un'altra doccia fredda: il fucile con il quale la piccola era stata uccisa era di proprietà ... del bambino di cinque anni, dono dei genitori già l'anno prima, fucile con il quale il bimbo giocava continuamente.
    Ma dico io, come si può regalare un fucile vero ad un bambino? Un fucile con pallottole vere, che può uccidere non per gioco. Verrebbe da pensare alla stupidità di questi genitori, ma la mia riflessione va oltre. Rifletto su quanto noi genitori diamo ai nostri ragazzi, qualunque cosa ci chiedono apriamo il portafogli e la compriamo, permettiamo che passino ore ed ore davanti alla tv, giochino al computer con video games sempre più aggressivi, escano quando vogliano e vadano dove desiderino anche a dodici anni, abbiano facebook e cellulare senza alcuna limitazione. Ma questo è voler bene?
    Un no non è una privazione della libertà di un bambino, è un dono che si fa al pari di un si. Tutto deve essere ben dosato, conquistato, atteso.
    Molti si lamentano perché Gesù nel Vangelo ci dice "Qualunque cosa chiederete nel nome mio, la farò" e poi, pur chiedendola, non la ottengono. E chi ci dice che quel no non sia un dono di Dio? Avete mai accolto un rifiuto alle vostre preghiere come un insegnamento, o la preparazione alla vita, oppure, il bene per qualcun'altro che passi attraverso la vostra sofferenza?
    Quanto ho pregato il Signore affinché la mia mamma non morisse, eppure il Signore l'ha chiamata a sé quando aveva 47 anni. Sapevo che era la cosa giusta, sapevo che Gesù non mi aveva abbandonato, mi sono fidato di Lui e nove mesi dopo è nata l'Associazione che tanta gioia ha portato nel cuore di molte persone.
    Pregate ed otterrete, ma non pretendete ed accettate anche un rifiuto alle vostre richieste.

  12.  

    Addì 4 maggio 2013

    Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me.
    Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia.
    Ricordatevi della parola che vi ho detto: Un servo non è più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra.
    Ma tutto questo vi faranno a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato

    Giovanni 15,18-21

  13.  

    Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi

    Quando si è ragazzi ci sono cose alle quali non crediamo, non riteniamo possibile che ciò che ci viene detto dai nostri genitori possa essere vero. Ci sentiamo super e pensiamo che a noi non accadrà mai di trovarsi in una data situazione di difficoltà. Noi siamo bravi, intelligenti, furbi, sappiamo come va il mondo, cosa vuoi che capiscano i genitori, i nonni poi, lontani mille anni luce dalla nostra mentalità aperta al mondo.
    Basta però poco, qualche mese di vita nel mondo degli adulti, per capire che fuori della porta di casa non è tutto rose e fiori, che il ragazzo che reputavamo essere il migliore del mondo ha anche lui un bel po’ di difetti, che non c’è rispetto per le persone, che i datori di lavoro promettono e non mantengono, che nessuno ti fa lo sconto perché sei inesperto ho nella vita hai avuto problemi. Il mondo è duro ed i ragazzi se ne accorgeranno. E’ giusto che si facciano la loro esperienza, ma credo che se dessero più ascolto ai genitori, alle persone che da anni dimostrano quanto bene provano per loro, la vita risulterebbe meno complicata. Se non avessero fretta di provare tutto, di uscire di casa definitivamente, se continuassero ad allenarsi restando in seno alla famiglia e facessero le cose gradualmente, avrebbero messo in banca un piccolo tesoro di esperienza guidata e accompagnata a cui attingere in futuro.
    Quando ero ragazzo e leggevo il Vangelo laddove dice “se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi”, un po’ come la parola di un padre che avverte il figlio dei pericoli della vita, non lo credevo possibile, non pensavo che a comportarsi bene avremmo avuto tante persone contro.
    L’esperienza mi ha insegnato che se aiuti i bambini hai spesso contro le istituzioni che non hanno come scopo l’aiuto dei bambini, ma ben altri interessi, come il mantenimento del posto di lavoro, la minor spesa, l’immagine, il mantenimento di una situazione più tranquilla possibile. Se ti dai da fare cercano in tanti i difetti per annientarti, specialmente coloro che agiscono nello stesso campo. Invidia, gelosia, opportunismo sono “non-valori” piuttosto diffusi oggigiorno. Chi ha navigato nel mare della vita, attraccando nei porti della solidarietà, sa di cosa parlo.
    Ed anche nella Fede è così. Pensavo che professare il proprio credo non fosse motivo di odio e disprezzo, eppure basta andare a leggere in certi forum quanto accanimento ed astio c’è da parte di molti quando si parla di Dio. Un odio motivato solo dall’incapacità di dialogo e di tolleranza. Lo stesso odio che ha portato Gesù sulla croce, quello stesso odio che viene elargito a piene mani a chi si occupa del prossimo.

  14.  

    Addì 5 maggio 2013

    Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui.
    Chi non mi ama non osserva le mie parole; la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
    Queste cose vi ho detto quando ero ancora tra voi.
    Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.
    Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore.
    Avete udito che vi ho detto: Vado e tornerò a voi; se mi amaste, vi rallegrereste che io vado dal Padre, perché il Padre è più grande di me.
    Ve l'ho detto adesso, prima che avvenga, perché quando avverrà, voi crediate

    Giovanni 14,23-29

  15.  

    Se uno mi ama, osserverà la mia parola

    Il mio babbo, quando ero piccolo, prima che mi addormentassi, veniva a darmi la buonanotte e mi parlava dieci minuti ogni sera, lo chiamavamo “il discorsino”. Ricordo di un suo racconto: c’erano due bambini che stavano facendo ciascuno un disegno nella loro stanza, il papà li chiamò a tavola a mangiare. Uno andò subito, mentre l’altro si fece aspettare perché doveva finire il disegno. Quando ebbero terminato il pasto tornarono entrambi in camera e trovarono il disegno del primo terminato in maniera celestiale, mentre quello del secondo era tutto bruciacchiato.
    Ciò che mio padre cercava di trasmettermi è che l’essere ubbidienti a chi ci ama e ci sta insegnando a vivere dai suoi frutti. A volte non capiamo le motivazioni o l’importanza per cui una cosa ci viene richiesta, ma l’amore e la fiducia che proviamo verso coloro che ci ammoniscono devono avere il sopravvento perché nulla ci viene richiesto senza che ci sia una buona ragione, anche se ciò potrebbe sembrare dannoso o inconcepibile.
    Così fa Dio con noi e l’obbedienza al Vangelo, agli insegnamenti del Signore, porterà a buoni risultati, anche se lì per lì potremmo dover fare un sacrificio, alla pari del bambino che ha dovuto interrompere di disegnare per andare a tavola.
    Le parole di un genitore devono essere per i ragazzi una luce che loro stessi potranno poi trasmettere a chi incontrano ed ai loro figli, l’amore e la fiducia rappresentano le fondamenta di quell’ubbidienza. Quando un figlio non ascolta un genitore, quando pensa che altri facciano il suo interesse, significa che c’è poco amore, poca fiducia e tanta arroganza. Un figlio che è in crescita può anche attraversare un momento di ribellione, ma un adulto che continua a ribellarsi a Dio come sarà visto dal Signore?

  16.  

    Addì 6 maggio 2013

    Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza; e anche voi mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio.
    Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi.
    Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, verrà l'ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio.
    E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me.
    Ma io vi ho detto queste cose perché, quando giungerà la loro ora, ricordiate che ve ne ho parlato. Non ve le ho dette dal principio, perché ero con voi

    Giovanni 15,26-27.16,1-4a

  17.  

    Verrà l'ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio

    Oggi assistiamo ad un impazzimento collettivo. Forse saranno anche poche migliaia di persone, ma la cosa è scandalosa. Come è possibile inneggiare alla violenza, ad accettare un tentato omicidio premeditato, colpevolizzando la crisi e non il gesto di un uomo che con la pistola in mano ha fatto fuoco su due carabinieri, la cui unica colpa era quella di fare il proprio dovere, di lavorare per la sicurezza di noi cittadini? Ma anche se l'obiettivo fosse stato un delinquente, come è possibile pensare che la violenza, l'omicidio, possa risolvere qualcosa? La violenza genera violenza, l'odio chiama l'odio.
    Pensavo che il gesto di colui che a Roma ha sparato davanti alla Camera sarebbe stato condannato da tutti, che avrebbe unito il bianco ed il nero, la destra e la sinistra in un coro di "no alla violenza". Ed invece non è così. Leggo su internet di manifestazioni dove si inneggia a costui, gruppi con migliaia di utenti che lodano o quanto meno capiscono e condividono il gesto di questo signore (che fra le altre cose ha detto di aver sbagliato chiedendo perdono alla figlia del carabiniere). Insulti che corrono in rete fra i fautori dei diversi pensieri. E' vergognoso. Non ci dovremmo allora stupire se nelle nostre città c'è tanto odio e violenza, perché molti di noi inneggiano ad essa e la vedono come l'unica soluzione per risolvere i propri problemi. Vi ricordate come rimanevamo scandalizzati, leggendo i promessi sposi, quando si parlava di caccia agli untori? C'era la credenza popolare che alcune persone spargessero la peste utilizzando una sostanza giallastra che lasciavano nei luoghi più frequentati, provocando una vera e propria persecuzione, una caccia alle streghe. Oggi accade lo stesso. La politica è responsabile dell'attuale crisi? Ma lo è solo la politica? Quante volte ho sentito dire da amici e conoscenti che rifiutavano un lavoro perché non all'altezza della loro personalità, quante volte ho visto negli uffici pubblici e privati impiegati non fare il proprio dovere e stare a parlare senza lavorare, quante volte operai con le braccia conserte a chiacchierare per la strada, quante volte commercialisti che si sono messi in tasca i soldi destinati all'erario, quante volte i sindacati che si sono opposti a cambiamenti che portassero sacrifici, quante volte associazioni di beneficenza hanno truffato tante brave persone in buona fede. Ce n'è per tutti, non solo per i politici. Trovare in loro un capro espiatorio mi riporta la mente al periodo di caccia alle streghe. Avranno le loro colpe, ma non meno di tanti altri che hanno rubato o non hanno lavorato in modo adeguato. Non si può fare di tutta un'erba un fascio. Oggi siamo in una brutta situazione, ma solo restando uniti e dialogando ne potremo uscire, non certo inneggiando alla violenza o prendendo in mano una pistola per uccidere.

  18.  

    Addì 7 maggio 2013

    Ora però vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: Dove vai?
    Anzi, perché vi ho detto queste cose, la tristezza ha riempito il vostro cuore.
    Ora io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò.
    E quando sarà venuto, egli convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio.
    Quanto al peccato, perché non credono in me;
    quanto alla giustizia, perché vado dal Padre e non mi vedrete più;
    quanto al giudizio, perché il principe di questo mondo è stato giudicato

    Giovanni 16,5-11

  19.  

    Dove vai?

    Se andiamo alla stazione vediamo i treni pieni di persone che intraprendono un viaggio. Vi è mai capitato di interrogarvi su dove vanno, cosa faranno, quale sarà la loro vita, i progetti, le pene, gli amori? Non è curiosità o sete di conoscenza, ma interessamento verso la persona. Siamo troppo abituati a vedere la massa oppure i difetti di ciascuno che non guardiamo ciò che prova il singolo individuo. E' facile vedere un bambino e gioire, sorridere per la sua euforia per una nuova situazione, ma come è difficile immedesimarsi in colui che al mattino si sveglia ubriaco e pensare a cosa farà oggi della sua vita, è difficile pensare ad una persona che ti ha lasciato e alla sua felicità, è difficile pensare a come vivrà oggi nel campo nomadi uno zingaro che ieri ha rubato in casa nostra.
    Ci viene subito da pensare a cose brutte, critiche e maledizioni, ma non si riesce ad andare oltre il passato, oltre l'aspetto negativo, oltre l'abito logoro e puzzolente. Manca la pietà. Non il pietismo, bensì la pietà verso le debolezze umane.
    Quando muore una persona dovremmo pensare alla sofferenza della sua famiglia, a cosa si perde, al bene che ha fatto, ed invece, sempre più spesso, c'è la felicità, il godere per una sofferenza. Tempo addietro mi meravigliai per il tripudio suscitato alla morte di Margaret Tatcher, oggi mi indigno nel vedere la gioia di molti alla morte di Andreotti. Non spetta a me giudicare, avranno fatto cose buone o cose cattive, ma anche se la loro vita fosse stata tutta un susseguirsi di cattiverie non spetta a me, né a nessuno il giudizio che è solo di Dio. A noi spetta la pietà verso l'uomo, verso la sua sofferenza e quella della sua famiglia. Non bisognerebbe mai gioire delle disgrazie altrui perché ognuno di noi ha le sue debolezze, i suoi peccati, i suoi errori da scontare, ma con la morte tutto si chiude ed è il momento della pietà. Non lasciamoci sopraffare, non lasciamo che sentimenti di odio e rancore inquinino la nostra anima. Se colpevole sarà Dio a giudicarlo, non a noi.

  20.  

    Addì 8 maggio 2013

    Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
    Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future.
    Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l'annunzierà.
    Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà del mio e ve l'annunzierà

    Giovanni 16,12-15

  21.  

    Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso

    Una delle pene dei genitori è quella di non poter comunicare con i figli. Ci sarebbero da dire milioni di cose, ma capiamo che i ragazzi non hanno quella maturità per capirle tutte e quella forza per accettarne il peso. Così dobbiamo fare delle scelte, parlando di alcune cose, tacendone altre in attesa dei giusti tempi, trovando le parole adatte per spiegare qualcosa per loro difficile da comprendere. A volte c'è la necessità di comunicare alcune notizie ad un bambino e non è cosa facile. Come spiegare la morte di un genitore o di un fratellino, come dire al figlio della separazione, come fare per fargli accettare una brutta malattia?
    Spesso si rinuncia a parlare con i ragazzi perché si pensa che siano stupidi o non capiscano le cose "da grandi". E se anche è vero che qualcosa non capiscono, molto intuiscono e lasciarli da soli nell'interpretazione dei fatti non è mai cosa buona perché vuol dire farli crescere senza una guida, senza una direzione mirata verso i valori della vita.
    Io e la mia mamma avevamo un rapporto molto bello e lei si sforzava continuamente di parlare con me, di dialogare su ogni problema, stando sempre attenta alle parole che usava, evitando con molta cura di gravare sulle mie spalle ancora in formazione con i suoi problemi. Quando vedevo che era triste e sconsolata, quando aveva nel cuore un pensiero che la tormentava me ne accorgevo e le chiedevo cosa avesse. Per lei sarebbe stato forse più facile rispondermi con un "niente grazie, sto bene" oppure un "ora passa" e lasciarmi nell'ombra a decifrare quella tristezza che spesso, specie quando la malattia la stava portando via, cercava in tutti i modi di nascondermi. Invece utilizzava tutta la sua pazienza ed il suo amore per cercare le parole per farmi capire il suo problema. Ricordo che quando ero bambino mi parlava del suo rapporto con la mia nonna che vedeva invecchiare e la cosa la addolorava perché non poteva più parlare con lei come faceva un tempo, dei problemi a scuola con i colleghi e delle battaglie che doveva fare, dei suoi pensieri verso certi alunni indisciplinati che voleva aiutare. Non mi ha mai investito con tutto il peso che la opprimeva mi dava però quelle indicazioni che mi permettevano di avere un'idea del problema, ragionandoci e riflettendoci cominciando a capire che la vita non è tutta rose e fiori.
    Il Signore fa così con noi, ci fa capire alcune cose, ma utilizza modalità che ci portano a riflettere sulla realtà.
    Ci ama tantissimo, così come un genitore ama il proprio figlio, e ci protegge facendoci crescere pian piano nella Fede e nell'amore verso il prossimo. Se ascolteremo i nostri genitori, se seguiremo i loro insegnamenti anche quando non ci saranno più, diventeremo uomini e donne migliori. Così se ascolteremo gli insegnamenti di Gesù potremo capire meglio con il cuore questo pazzo mondo e quanti lo popolano accettandone i comportamenti, perdonandone le colpe, amand le persone così come sono.

  22.  

    Addì 9 maggio 2013

    In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Ancora un poco e non mi vedrete; un po' ancora e mi vedrete».
    Dissero allora alcuni dei suoi discepoli tra loro: «Che cos'è questo che ci dice: Ancora un poco e non mi vedrete, e un po' ancora e mi vedrete, e questo: Perché vado al Padre?».
    Dicevano perciò: «Che cos'è mai questo "un poco" di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire».
    Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: «Andate indagando tra voi perché ho detto: Ancora un poco e non mi vedrete e un po' ancora e mi vedrete?
    In verità, in verità vi dico: voi piangerete e vi rattristerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete afflitti, ma la vostra afflizione si cambierà in gioia.»

    Giovanni 16,16-20

  23.  

    Voi sarete afflitti, ma la vostra afflizione si cambierà in gioia

    E' bellissimo per i genitori vedere nei comportamenti dei figli dei principi di vita che sono stati trasmessi loro durante i tanti dialoghi. Oggi una delle mie bimbe si è fatta male, niente di grave, una puntura di un pesce che gli ha procurato per tutto il giorno un dolore che dalla mano ha raggiunto braccio e spalla, cosa già accaduta in precedenza. Ero preoccupato per lei e la sua risposta spontanea è stata "non importa, domani sarà già tutto passato".
    Il Signore ci dice nel Vangelo che l'afflizione di oggi si trasformerà domani in gioia. Si riferisce sopratutto alla vita eterna, ma possiamo vedere in molti esempi della nostra quotidianità il verificarsi di questo insegnamento. Quando è morta la mia mamma la tristezza, il dolore avevano preso il sopravvento, ma avevo fiducia in Dio e sapevo che quella mia disperazione si sarebbe trasformata in gioa, e così è stato. Non c'è gioia più grande di poter vivere la propria vita con e per i bambini, per tanti ragazzi che mi onorano del loro affetto, della loro fiducia.

  24.  

    Addì 10 maggio 2013

    In verità, in verità vi dico: voi piangerete e vi rattristerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete afflitti, ma la vostra afflizione si cambierà in gioia.»
    La donna, quando partorisce, è afflitta, perché è giunta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell'afflizione per la gioia che è venuto al mondo un uomo.
    Così anche voi, ora, siete nella tristezza; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e
    nessuno vi potrà togliere la vostra gioia. In quel giorno non mi domanderete più nulla. In verità, in verità vi dico: Se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà

    Giovanni 16,20-23a

  25.  

    Se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà

    Tanti sono i nostri desideri, tante le cose che vorremo che accadessero, tanti i problemi che vorremmo superare. Eppure, per molti aspetti, siamo sempre a chiedere le stesse cose. Chi ha Fede chiede a Dio, chi non ha Fede chiede al destino, alla vita, alla natura o non so a chi, ma ognuno spera sempre di ottenere ciò che domanda. Quante volte siete stati esauditi? Poche probabilmente. Quante volte ho pregato perché una persona a me cara non morisse, ed invece è accaduto; quante volte ho supplicato che un certo problema non si abbattesse sulle mie spalle e puntualmente invece è arrivato; quante volte ho chiesto di passare un esame e sono stato bocciato, o un'interrogazione dove magari poi ho preso un brutto voto. Tante volte preghiamo e pochissime otteniamo. Così accade con i figli. Chiedono tanto ai genitori e ottengono poco di ciò che vorrebbero. Perché accade? Perché spesso quello che chiediamo non è nei progetti di Dio. La mia mamma doveva morire affinché io maturassi una certa scelta di vita a favore dei bimbi, una bocciatura doveva arrivare affinché capissi i miei errori, un lavoro lo avrei dovuto perdere per poterne trovare un altro che mi avrebbe cambiato la vita, una moglie mi avrebbe dovuto lasciare affinché trovassi il vero amore. E quanti altri esempi la vita ci fornisce di cose negative che poi si trasformano in positive senza che noi si faccia nulla. Sono convinto che tutto ciò che ci accade è un progetto divino, e se sapessimo accogliere ciò che ci viene donato, se accettassimo tutto come un regalo, riusciremmo a vedere gli aspetti positivi di ogni situazione. Non c'è genitore che voglia bene ai propri figli che non farebbe di tutto per dare loro il massimo, ma non sempre "il massimo" è ciò che i figli chiedono, ed allora dona loro ciò che ritiene più giusto per farli crescere, maturare, entrare nella vita. Così fa Dio con noi, ci elargisce a piene mani ciò che Lui sa essere giusto per noi per entrare nella vita che Egli stesso ci ha preparato.
    Al pari dei figli che dovrebbero fidarsi dei genitori, noi dovremmo affidarci a Dio

  26.  

    Addì 11 maggio 2013

    Nessuno vi potrà togliere la vostra gioia. In quel giorno non mi domanderete più nulla. In verità, in verità vi dico: Se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà.
    Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena.
    Queste cose vi ho dette in similitudini; ma verrà l'ora in cui non vi parlerò più in similitudini, ma apertamente vi parlerò del Padre.
    In quel giorno chiederete nel mio nome e io non vi dico che pregherò il Padre per voi:
    il Padre stesso vi ama, poiché voi mi avete amato, e avete creduto che io sono venuto da Dio.
    Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo, e vado al Padre»

    Giovanni 16,23b-28

  27.  

    Chiedete e otterrete

    A volte ci vergogniamo di chiedere, altre volte ne abbiamo paura, altre ancora non domandiamo per paura di un rifiuto. Fino in terza superiore ero così timido che la mia mamma doveva telefonare alle mie amiche per invitarle alle feste che organizzavo, poi un giorno mi disse "arrangiati" e questo mi spronò. Chi mi conosce sa benissimo che la timidezza non fa proprio più parte del mio carattere. Quando mi piaceva una ragazza la prima cosa che facevo era di andare a presentarmi alla famiglia, anche se con lei c'era solo amicizia. Questo primo contatto mi serviva poi per avanzare richieste, e la cosa funzionava, ero considerato il "bravo ragazzo" al quale ogni genitore vorrebbe affidare la propria figlia. Non chiedere equivale a rinunciare e chi non cerca di perseguire un proprio obiettivo aspettando che le cose arrivino dall'alto, chi non lotta per vedere tutelati i suoi diritti, ma si affida ad altri oppure scappa dalle proprie responsabilità è una persona debole e immatura che non ha capito che l'amore di un genitore va al di là di ogni muro o barriera. I figli spesso si fanno castelli in aria, sia in positivo che in negativo. Configurano scenari oscuri solo se vedono il genitore aggrottare un sopracciglio, oppure pensano che ciò che vorrebbero sia cosa già ottenuta. Si scontrano poi con la realtà e questo li fa maturare, anche se purtroppo a volte questo scontro fa loro del male. Chi si fida maggiormente del genitore ha meno rischio di farsi male, chi fugge da lui può ottenere subito alcuni vantaggi, certamente una maggior libertà, ma perde molto, perde qualcosa che non troverà più.
    Nei confronti di Dio noi facciamo lo stesso: non chiediamo oppure ci allontaniamo per paura di ricevere un no, senza pensare che quando alle nostre richieste dovesse arrivare una risposta negativa, sarebbe sempre un bene per noi ed un momento di grande crescita.

  28.  

    Addì 12 maggio 2013

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno
    e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme.
    Di questo voi siete testimoni.
    E io manderò su di voi quello che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall'alto».
    Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse.
    Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato verso il cielo.
    Ed essi, dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con grande gioia;
    e stavano sempre nel tempio lodando Dio

    Luca 24,46-53

  29.  

    Voi siete testimoni

    Quale miglior testimonianza di una certa realtà ci può essere se non quella diretta da parte di chi ha visto e toccato con mano? Nel tempo ho visto che le critiche più accanite nei nostri confronti sono arrivate da chi nemmeno ci aveva mai incontrato. Abbiamo accolto in 26 anni di vita oltre 500 ragazzi in affidamento diurno e residenziale ed ancor oggi riscuotiamo la fiducia di tanti genitori e tribunali per i minorenni, una fiducia che abbiamo conquistato sul campo. Chi viene a conoscerci, parla con i nostri ragazzi, legge nel loro cuore gioie e dolori, si accorge subito che con loro si è creato un legame, una famiglia dove ci si vuole bene. Gli adolescenti prima o poi prendono il volo, ma è giusto che accada, che trovino la loro strada, che cerchino le loro origini, che desiderino maggior indipendenza. Quello che mi fa felice è sapere che comunque quei ragazzi porteranno in tasca i semini che abbiamo donato loro fatti di valori e principi, rametti che seppur staccatisi dalla pianta sono riconosciuti come bravi ragazzi, degni di essere amati ed aiutati: i nostri migliori testimoni fra la gente.
    Un giorno una delle ragazze mi chiese “cosa possiamo fare noi a 19 anni per aiutare il prossimo?” Risposi che con la loro testimonianza, con il loro comportamento già potevano fare tanto insegnando ai propri amici quel modo di vivere all’insegna dell’altruismo e non dell’egoismo ed opportunismo oggi tanto diffusi.

  30.  

    Addì 13 maggio 2013

    Gli dicono i suoi discepoli: «Ecco, adesso parli chiaramente e non fai più uso di similitudini.
    Ora conosciamo che sai tutto e non hai bisogno che alcuno t'interroghi. Per questo crediamo che sei uscito da Dio».
    Rispose loro Gesù: «Adesso credete?
    Ecco, verrà l'ora, anzi è gia venuta, in cui vi disperderete ciascuno per conto proprio e mi lascerete solo; ma io non sono solo, perché il Padre è con me.
    Vi ho detto queste cose perché abbiate pace in me. Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!»

    Giovanni 16,29-33

  31.  

    Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia

    Ogni giorno abbiamo a che fare con problemi piccoli o grandi, ogni giorno dobbiamo lottare contro qualcuno che voglia farci tacere, imporre la sua volontà, truffarci, denigrarci. Fa parte della vita e dobbiamo farci i conti. Come in molte situazioni abbiamo due scelte di massima da poter effettuare: lottare contro tutto e tutti, oppure subire e lasciar correre. Dovremmo trovare un equilibrio fra le due situazioni e lottare per certe cose, tralasciandone altre. E' un po' come essere un giocatore in campo e ricevere da tanti tifosi un bell'applauso, ma da altri, forse dell'altra squadra, vedersi tirare addosso ogni genere di cose e dover cercare di evitare di farsi colpire, ed è logico che laddove non riuscissimo ad evitarlo, cercheremmo almeno di schivare gli oggetti più pesanti e maggiormente dolorosi. Rientreremmo negli spogliatoi con lividi e cicatrici, ma ancora vivi. Il dolore per tanta cattiveria passerà, ma nel cuore resterà la gioia degli incitamenti e dei complimenti ricevuti dalla maggior parte degli spettatori.
    Tutto però deve essere condito con la fiducia, altrimenti alla prossima partita saremo ansiosi e timorosi e non giocheremmo bene provocando l'ira anche di coloro che fino a quel giorno ci avevano supportato.
    A volte mi domando che senso abbia lottare ogni giorno contro i servizi sociali che davanti ti fanno grandi sorrisi e alle spalle parlano male di te perché hai osato mettere in discussione il loro operato, contro i genitori che si ingelosiscono dei risultati che sei riuscito ad ottenere con i loro figli laddove essi avevano fallito, contro le amministrazioni che chiedono e pretendono ma non danno nemmeno quando ci sia un diritto acquisito, contro le maldicenze che di bocca in bocca in bocca diventano sempre più grandi, contro coloro che chiedono ed ottengono da te anche l'anima, ma non sono in grado di ricambiare nemmeno con un sorriso o un abbraccio.
    La risposta arriva quando vedo il volto sorridente dei miei ragazzi, quando li vedo rincorrersi in quel prato per il quale tanto lavoriamo, nascondersi dietro le panchine che con tanto amore abbiamo riparato e verniciato, tirare fuori valori che oggi si reputano scomparsi.
    Se nella partita della vita ricevessi soltanto fischi ed urla, ma ci fosse anche un solo spettatore che alzatosi in piedi battesse le mani, quella partita meriterebbe di essere giocata per lui, e sarebbe quell'applauso, quella fiducia a darmi la forza di fare gol.
    Il Signore ha fiducia in noi, applaude ai nostri umili passi ed è certo che se faremo deserto dentro noi, se non ascolteremo i fischi, le urla e le imprecazioni che ci vengono rivolti, ma soltanto quell'applauso, riusciremo a vincere la nostra partita, che non vuol dire far soccombere un avversario, ma più semplicemente restare in gioco e compiere le nostre azioni a favore dell'intera squadra, la squadra di Dio.

  32.  

    Addì 14 maggio 2013

    Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore.
    Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore.
    Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
    Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati.
    Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici.
    Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando.
    Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi.
    Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda.
    Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri

    Giovanni 15,9-17

  33.  

    Amatevi gli uni gli altri

    Siamo troppo abituati ad accendere il televisore ed ascoltare le brutte notizie, che spesso non riusciamo a cogliere la gioia di quelle belle. Il bene, l'amore si nascondono spesso nelle pieghe del dolore e della tragedia. In tanti reagiscono alla morte di un loro caro, un figlio, un amico, un genitore imprecando e maledicendo tutti, cercando un colpevole a tutti i costi e sfogando su di lui la propria rabbia. Ma non è sempre così, ci sono esempi di persone che guardano oltre, che affiancano ai propri cari la parola "amore" e la vivono donando luce, come un faro nella nebbia. Davanti a tragedie come quella di Genova siamo tutti smarriti, restiamo con il fiato sospeso incapaci di scegliere su quale strada incamminarci, quella della disperazione o quella dell'accettazione. Chi è maggiormente coinvolto ci può donare la risposta ai nostri interrogativi, può farci da guida verso il porto più sicuro e dare un bell'insegnamento. Ecco che i parenti delle vittime del capoluogo ligure ci porgono un pregiatissimo regalo, ci fanno sentire il loro amore, non parole di vendetta, di odio, di rancore, non imprecazioni urla disperate, bensì compostezza e gratitudine verso quegli angeli che con loro hanno condiviso, attimo dopo attimo, questa strada di dolore. Angeli che hanno alleviato le sofferenze di mamme, papà, fratelli, mogli, figli, sorelle, nonni accorsi a piangere i propri cari, salutati la mattina con un bacio e mai più rivisti tornare a casa. Un esempio di Amore con la A maiuscola, quell'Amore che è tanto apprezzato da Dio.
    Così scrivono: "Avvertiamo il profondo bisogno di ringraziare i soccorritori e gli operatori impegnati nelle ricerche dei nostri cari e abbracciare, ad uno ad uno, tutti coloro che durante questa terribile esperienza ci hanno fornito l'assistenza, la solidarietà e l'amore di cui avevamo bisogno. Queste persone non ci hanno abbandonato un solo istante. Non le abbiamo mai visto arrendersi, non le abbiamo mai viste riposare. Ci hanno accolto e ospitato e hanno condiviso con noi interminabili ore trascorse nelle sale della Capitaneria e nei locali della mensa equipaggio. Persone nei cui occhi abbiamo avvertito la nostra stessa sofferenza. Fino al punto di dover rendere, noi a loro, quel conforto e quell'amore che non ci hanno mai fatto mancare fin dal primo istante e che, ne siamo certi, ci accompagneranno per tutto il resto della nostra vita.
    Questo è amore vero. Le mamme che confortano i soccorritori tanta è l'empatia, tanta è la sofferenza che essi provano. La gratitudine, il pensare agli altri quando si soffre, onora queste persone ed è il modo più bello e puro per rendere omaggio ai propri ragazzi scomparsi.

  34.  

    Addì 15 maggio 2013

    Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi.
    Quand'ero con loro, io conservavo nel tuo nome coloro che mi hai dato e li ho custoditi; nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si adempisse la Scrittura.
    Ma ora io vengo a te e dico queste cose mentre sono ancora nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia.
    Io ho dato a loro la tua parola e il mondo li ha odiati perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo.
    Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno.
    Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo.
    Consacrali nella verità. La tua parola è verità.
    Come tu mi hai mandato nel mondo, anch'io li ho mandati nel mondo;
    per loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità

    Giovanni 17,11b-19

  35.  

    Come tu mi hai mandato nel mondo, anch'io li ho mandati nel mondo

    Capita di vedere in un contesto qualcuno che vi sia inserito, ma che non faccia parte. Sembra una contraddizione, ma tanti sono gli esempi. Lo vediamo nelle classi dove ci sono alcuni che vanno a scuola ma non fanno parte della classe perché disturbano e non si aggregano in un lavoro di crescita; lo osserviamo nelle nostre chiese dove alcuni di coloro che vanno a Messa stentano a dare la mano al vicino o a rivolgergli un sorriso; nelle famiglie dove i figli entrano ed escono come se la casa fosse un albergo, o nelle quali un genitore non condivide mediante il dialogo gli avvenimenti della famiglia restando in disparte. Inevitabilmente queste persone si troveranno sperse in quel contesto, verranno messe da parte, additate ed escluse: i ragazzi bocceranno, i figli avranno continue discussioni e litigate con i genitori, si assisterà a divorzi e separazioni, quei fedeli scontrosi non saranno chiamati alle iniziative della parrocchia.
    Tutti noi pensiamo di sapere come vada il mondo e come gestirlo, presumiamo di conoscere ogni singolo aspetto e di saper muoverci in ogni occasione, reputiamo di far parte del mondo. Sicuramente siamo inseriti nel contesto "mondo", ma non per questo ne facciamo parte.
    Il Signore, mediante il Vangelo, ci fornisce delle regole da seguire, ancora oggi valide ed attuali. Sono regole che vanno contro il nostro primo istinto primordiale: davanti ad un torto pensiamo alla vendetta, ed invece Gesù ci dice di amare chi ci fa del male; davanti ad un tradimento pensiamo all'abbandono, ed invece Gesù ci dice di dialogare; davanti alla possibilità di avere sempre di più, Gesù ci dice di dividere ciò che abbiamo con gli altri. Se agissimo secondo istinto ci sarebbe sempre maggior violenza perché la vendetta richiama altra vendetta in una faida senza fine, ci sarebbero sempre più coppie divorziate con figli infelici, ci sarebbe sempre maggior egoismo e sempre più persone che muoiono di fame. Seguendo le regole di Gesù un atto di odio sarebbe perdonato e forse colui che ci ha fatto del male diventerebbe un amico, uno scontro si trasformerebbe in dialogo costruttivo e motivo di crescita, un atto di generosità potrebbe cambiare la vita a qualcuno.
    Non certezze, ma speranza, ma chi vive nella speranza vedrà, prima o poi, che il mondo attorno a lui cambierà perché chi perdona è amato, chi dialoga è accolto, chi è generoso è stimato. Sperare in Dio significa avere Fede ed avere Fede ci da la certezza di una vita migliore, non per le agiatezze, ma per la pace che possiamo avere con noi stessi e con gli altri.

  36.  

    Addì 16 maggio 2013

    Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me;
    perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.
    E la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola.
    Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me.
    Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato; poiché tu mi hai amato prima della creazione del mondo.
    Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto; questi sanno che tu mi hai mandato.
    E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l'amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro»

    Giovanni 17,20-26

  37.  

    Tutti siano una sola cosa

    Braccia, gambe, testa sono parti individuali, ma sono tutte parte di un unico corpo, ognuna con una propria funzione, ma il corpo senza alcune di queste sarebbe menomato.
    Così è nella nostra vita. Ognuno di noi è un individuo con le proprie caratteristiche, ma è anche parte di un corpo che il mondo in cui siamo inseriti. Se ognuno facesse il proprio dovere con coscienziosità, onestà ed altruismo, tutto il corpo se ne avvantaggerebbe. Purtroppo oggi si assiste ad un forte individualismo ed egoismo, ognuno va per la sua strada senza preoccuparsi del prossimo, anzi in molti casi cerando di sopraffare gli altri per avere un maggior godimento. Questa divisione porta a cattive relazioni, diffidenza, sete di rivalsa e l'intera società rischia di andare a rotoli, perché se è vero che un corpo senza una mano o senza un braccio può vivere lo stesso, provate a vedere come possa essere la vita senza un rene, la milza, le gambe e le braccia. Quanta fatica, quanta sofferenza, eppure basterebbe un po' più di solidarietà per aiutare quei membri del corpo che più di altri faticano ad andare avanti.
    Quando da bambino andavo in montagna a camminare con la mia mamma correvo e saltavo, prima velocemente, poi rallentando, finanche a dovermi fermare per riposare. La mia mamma invece saliva lentamente, sempre con lo stesso passo e faceva molta più strada di me. A volte sembra che correre ci porti prima al traguardo, ci fa sembrare la vita più piena e gioiosa, ma la maturità ci insegna che l'incedere un passo alla volta, alla fine, darà risultati migliori.

  38.  

    Addì 17 maggio 2013

    In quel tempo quando si fu manifestato ai discepoli ed essi ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene tu più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli».
    Gli disse di nuovo: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci le mie pecorelle».
    Gli disse per la terza volta: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli dicesse: Mi vuoi bene?, e gli disse: «Signore, tu sai tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecorelle.
    In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi».
    Questo gli disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E detto questo aggiunse: «Seguimi»

    Giovanni 21,15-19

  39.  

    Sarai vecchio tenderai le tue mani

    Quando si è giovani si pensa che tutto sia facile, che le cose non potranno mai cambiare, che il mondo lo possiamo cambiare a nostro piacimento e che tutti sono pronti ad ascoltarci perché portiamo la novità, il cambiamento, la rivoluzione. Ma il nostro entusiasmo si scontra spesso con la maturità degli adulti e la flemma del più anziano. E’ un po’ come se Dio avesse messo un freno ad una macchina che si getta giù da una collina, un freno che se da una parte rallenta la corsa verso il cambiamento, dall’altro tutela i passeggeri dal rischio di andare fuori strada e farsi troppo male.
    Sono due forze uguali e contrarie che si contrappongono per creare una sinergia ottimale per fare si dei cambiamenti, ma ragionandoci e assaporandoli giorno per giorno. Il giovane ha come forza la vitalità e l’entusiasmo, l’anziano ha le chiavi della porta di casa ed è custode dell’abitazione. L’anziano dovrebbe far entrare i giovani, ma spesso ne ha paura e, quando ciò accade, la forza dirompente dei giovani sfonda la porta ed entra comunque in casa. Tanto varrebbe allora aprire sempre e comunque la porta alle idee dei giovani, pian piano farsi da parte non negando consigli e aiuto dettati dall’esperienza. Lo vediamo in questi tempi con la politica, ma in ogni contesto è così. Se un figlio fa mille richieste e da parte dei genitori c’è sempre un no, prima o poi il ragazzo si prenderà ciò che vuole e potrebbe avvenire con l’uscita di casa in maniera prematura. Se invece fossimo disponibili a fare qualche concessione, a mediare alle loro richieste, a cercare dei punti di contatto, allora le cose andrebbero meglio. Purtroppo, sempre più spesso, manca la capacità di mediazione tra due diverse generazioni, la forza dei ragazzi è legata alla loro emancipazione che avviene sempre più in fretta ed i genitori sono sempre più propensi a concedere tutto senza dare regole e consigli. Così vediamo bambini che passano ore a vedere film violenti alla tv, giocare troppo con i videogame, passare sempre più tempo su internet, mangiare cibi poco sani, uscire di casa e fare esperienza del mondo da soli sempre prima, bambini che a dieci, undici anni già sono a giro da soli per la città e rientrano a casa solo per mangiare e dormire, ragazzi che danno sempre meno importanza alla scuola.
    Genitori, non perdete il ruolo di educatori, non demandate ad altri un incarico che è prettamente vostro, correggete il tiro laddove arrivano a vostro figlio insegnamenti sbagliati, non stufatevi di discutere con loro, non smettete di mediare.
    E’ fatica? Certo, indubbiamente, ma è il nostro ruolo, ce lo siamo scelti il giorno che abbiamo deciso di avere un figlio, sia esso naturale, adottivo o l’accoglienza di un bimbo in affido.

  40.  

    Addì 18 maggio 2013

    Pietro allora, voltatosi, vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, quello che nella cena si era trovato al suo fianco e gli aveva domandato: «Signore, chi è che ti tradisce?».
    Pietro dunque, vedutolo, disse a Gesù: «Signore, e lui?».
    Gesù gli rispose: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, che importa a te? Tu seguimi».
    Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: «Se voglio che rimanga finché io venga, che importa a te?».
    Questo è il discepolo che rende testimonianza su questi fatti e li ha scritti; e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera.
    Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù, che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere.

    Giovanni 21,20-25

  41.  

    Signore, chi è che ti tradisce?

    Quando si parla di tradimento la prima cosa che ci viene alla mente sono le questioni di sesso, tradire moglie o marito, fidanzato o fidanzata, avere l'amante. Ma il tradimento è ben altro, è fuggire da una persona con il cuore pur restando sotto lo stesso tetto, è amare nel silenzio qualcuno che non sia chi abbiamo sposato, è andare contro un principio che sentiamo nostro solo per opportunismo o egoismo. Tradire è credere in Dio e bestemmiare o inseguire il denaro, il potere, il sesso senza limiti per un proprio tornaconto. Tradire è essere eletto ad una carica e non fare il bene della comunità ma il proprio o quello di una cerchia ristretta di persone. Tradire è non investire nell'affido da parte dei servizi sociali. Tradire è questo e molto, molto di più.
    Ogni tradimento comporta dolore in chi lo subisce nell'immediato, ma anche la persona che si allontana, prima o poi, capirà che il suo gesto, il suo andare via, il suo rinnegare valori, principi ed amore che ci sono stati dati, e quando ciò accadrà sarà come una montagna che ci frana addosso, sarà come svegliarsi da un sogno, da una vita idealizzata e capire che forse forse non era tutto così brutto come lo pensavamo.
    Tanti i ragazzi che in un modo o in un altro, come è nello spirito dell'affido, se ne sono andati per la loro strada, qualcuno con un abbraccio, altri sbattendo la porta, i più ricercando qualcosa che desse loro maggiore soddisfazione, più libertà, la maggior parte dei quali idealizzando la famiglia di origine, vedendola come la soluzione ai loro problemi: niente più regole, studiare basta grazie, lavorare ancora meno. Ma il mondo sappiamo bene cosa ci richiede e prima o poi saremo messi davanti alle nostre responsabilità.
    Molti i ragazzi, molte le "fughe" verso un mondo migliore, ma anche tante le lacrime che in seguito abbiamo dovuto asciugare di chi ha sposato la persona sbagliata e sono state botte e denunce e figli portati via, di chi ha rinunciato a studiare e oggi non trova lavoro facendo la fame, di chi ha lasciato una sicurezza per ritrovarsi in mezzo ad una strada.
    A. aveva 17 anni, un padre spacciatore e contrabbandiere di armi, una persona che aveva perso la potestà genitoriale (cosa rara nell'affido) e l'obbligo di non avere contatti con il figlio. La sorella di A, più grande di lui, una volta uscita dalla comunità dove era, contattò il padre che, tramite lei e di nascosto, si mise in contatto con A.
    Gli promise una bella vita fatta di ferrari, alberghi di lusso, soldi a palate e lui ci credette, tanto che al compimento del diciottesimo anno di età se ne andò via con lui rinnegando tutto, andando anche contro il parere di tribunale e servizi sociali. Un mese dopo l'idillio finì e si ritrovò per la stradaa vivere in una baracca nell'interland milanese. A volte il tradimento di valori e principi ha un costo molto alto nella vita.

  42.  

    Addì 19 maggio 2013

    Se mi amate, osserverete i miei comandamenti.
    Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre,
    Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui.
    Chi non mi ama non osserva le mie parole; la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
    Queste cose vi ho detto quando ero ancora tra voi.
    Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto

    Giovanni 14,15-16.23b-26

  43.  

    Egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre

    Vi è mai capitato di chiamare una persona a squarciagola, cercarla in ogni dove per poi accorgervi che era nella stanza accanto?
    Quante volte alziamo gli occhi al cielo per chiedere aiuto a Dio, magari lo sentiamo lontano, distaccato da noi, inconsapevole della nostra vita e delle nostre necessità quotidiane, senza renderci conto che Lui è vicino a noi, è dentro di noi.
    A volte pensiamo che basti uscire di chiesa per allontanarci dal Signore, ma Egli è sempre pronto, sempre vicino, peccato che ce ne rendiamo conto soltanto nel momento del bisogno, solo quando siamo al capezzale di un nostro caro, quando perdiamo il lavoro, quando le cose vanno male. Ma Lui è un Padre e ci perdona, ci è sempre accanto con il Suo Spirito.
    Con i miei ragazzi ho un bellissimo legame. Non sempre mi vedono perché sono in ufficio tutto il giorno, ma loro sanno che anche se fisicamente lontano io sono sempre vicino, sempre pronto a sostenerli, educarli, amarli. Io nella mia imperfezione di uomo sbaglio mille volte al giorno, Dio non sbaglia e se una cosa non ci viene concessa significa che un motivo c'è e non spetta a noi conoscerlo. Dobbiamo avere fiducia in Lui, così come un bambino ha la fiducia nel genitore e sa che sarà sempre con lui, pronto a soddisfare ogni sua esigenza, se reputata giusta.

  44.  

    Addì 20 maggio 2013

    E giunti presso i discepoli, li videro circondati da molta folla e da scribi che discutevano con loro.
    Tutta la folla, al vederlo, fu presa da meraviglia e corse a salutarlo.
    Ed egli li interrogò: «Di che cosa discutete con loro?».
    Gli rispose uno della folla: «Maestro, ho portato da te mio figlio, posseduto da uno spirito muto.
    Quando lo afferra, lo getta al suolo ed egli schiuma, digrigna i denti e si irrigidisce. Ho detto ai tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti».
    Egli allora in risposta, disse loro: «O generazione incredula! Fino a quando starò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatelo da me».
    E glielo portarono. Alla vista di Gesù lo spirito scosse con convulsioni il ragazzo ed egli, caduto a terra, si rotolava spumando.
    Gesù interrogò il padre: «Da quanto tempo gli accade questo?». Ed egli rispose: «Dall'infanzia;
    anzi, spesso lo ha buttato persino nel fuoco e nell'acqua per ucciderlo. Ma se tu puoi qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci».
    Gesù gli disse: «Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede».
    Il padre del fanciullo rispose ad alta voce: «Credo, aiutami nella mia incredulità».
    Allora Gesù, vedendo accorrere la folla, minacciò lo spirito immondo dicendo: «Spirito muto e sordo, io te l'ordino, esci da lui e non vi rientrare più».
    E gridando e scuotendolo fortemente, se ne uscì. E il fanciullo diventò come morto, sicché molti dicevano: «E' morto».
    Ma Gesù, presolo per mano, lo sollevò ed egli si alzò in piedi.
    Entrò poi in una casa e i discepoli gli chiesero in privato: «Perché noi non abbiamo potuto scacciarlo?».
    Ed egli disse loro: «Questa specie di demòni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera»

    Marco 9,14-29

  45.  

    Ho portato da te mio figlio, posseduto da uno spirito muto

    Immaginatevi la scena. Voi siete in cucina a preparare il pranzo, vostra figlia è nella sala a guardare la tv con i suoi due figli di tre e sei anni che fino a poco prima vi saltavano sulle ginocchia chiedendo la vostra attenzione. Ad un certo punto entrate in sala e vi accorgete che i nipotini non ci sono, domandate allora a vostra figlia dove siano e lei, che stava guardando la televisione, in maniera tranquillissima vi risponda "li ho buttati dalla finestra".
    Di primo istinto mi metterei a ridere e domanderei nuovamente dove siano, e solo dopo la risposta ripetuta dalla madre mi affaccerei dalla finestra per vedere se per caso fosse vera una cosa del genere. E vederli lì sul terrazzo di un altro inquilino del palazzo, otto metri più sotto.
    Non so come reagirei, non lo so davvero.
    Penso, e credo ci voglia poco per arrivarci, che quella mamma qualche problemino di testa debba averlo. Non possiamo farne una colpa a lei.
    Nella vita di Associazione, ormai quasi trentennale, ho visto tantissimi genitori "fuori di testa" fare cose veramente indicibili, ed essere convinti di essere dalla parte del giusto. Non è colpa loro, ci sono dei tarli che si insinuano nel nostro cervello, nella nostra psiche e mandarli via non è facile. A volte ci rivolgiamo a qualcuno perché ci aiuti, ma è cosa rara perché chi è malato psichico difficilmente si accorge di esserlo, ed ancor più difficilmente ha la capacità e la forza di chiedere aiuto. Ci vogliono interventi mirati, ormai tardivi, per calmierare la situazione e sperare in qualche lieve miglioramento, magari con l'aiuto di psicofarmaci.
    Ogni male ha però una radice, e molte di queste persone già da bambini avranno certamente manifestato un disagio, un problema di comportamento. Ho visto decine e decine di bimbi in diurno che in futuro sono diventati uomini e donne problematici, che hanno messo al mondo figli, che a loro volta hanno avuto seri comportamenti negativi. La catena non ha mai fine, anello dopo anello, l'unico modo per una soluzione definitiva è quella di spezzare la catena, tutelare quei bambini, avere il coraggio di proteggerli, di metterli in affido o in adozione nei casi più gravi. Ed invece lo stato nicchia, i comuni fanno finta di nulla, non si investe nella promozione all'affido e poi ci si trincera dietro la scusa "non ci sono abbastanza famiglie affidatarie".
    Non mi stancherò mai di gridare ai quattro venti questa necessità. Oggi tutti si indignano su questo ennesimo episodio di pazzia, ma se quei bimbi oggi sono all'ospedale, se tanti sono andati al cimitero, se tanti altri ancora non avranno una vita serena o verranno buttati giù dal terrazzo da un genitore pazzo, la colpa è si dello stato che dovrebbe tutelare, dei comuni che dovrebbero agire, ma è sopratutto nostra. I politici li mettiamo noi ai vari governi, chiediamo loro di essere più incisivi. Ma è nostra la colpa perché in pochi, troppo pochi, decidono di accogliere in casa un bambino, decidono di toglierlo dalle mani di chi, non per sua colpa, può fargli del male, non solo fisicamente, ma sopratutto rendendolo un adulto problematico.
    Ora, se questi bambini si salveranno, li toglieranno alla mamma, ma questo andava fatto prima. Non indignatevi solo per questo caso, pensate che situazioni come questa ce ne sono migliaia e migliaia in tutta Italia. Non indignatevi per quella che scoppia, agite per quelle che potrebbero scoppiare, date un futuro ad un bambino prima che venga buttato giù da un terrazzo dalla sua mamma.
    Ma abbiate anche il coraggio di denunciare chi abbia comportamenti quantomeno strani, abbiate il coraggio di denunciare anche vostra figlia se necessario. La mamma che ha gettato i figli forse non ha molte colpe, ma chi sapeva della sua pazzia, chi avrebbe potuto fare qualcosa e non lo ha fatto, forse un po' di rimorso oggi dovrebbe averlo.

  46.  

    Addì 21 maggio 2013

    Partiti di là, attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse.
    Istruiva infatti i suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell'uomo sta per esser consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma una volta ucciso, dopo tre giorni, risusciterà».
    Essi però non comprendevano queste parole e avevano timore di chiedergli spiegazioni.
    Giunsero intanto a Cafarnao. E quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo lungo la via?».
    Ed essi tacevano. Per la via infatti avevano discusso tra loro chi fosse il più grande.
    Allora, sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti».
    E, preso un bambino, lo pose in mezzo e abbracciandolo disse loro:
    «Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me; chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato»

    Marco 9,30-37

  47.  

    Essi però non comprendevano queste parole e avevano timore di chiedergli spiegazioni

    Le incomprensioni sono all'ordine del giorno. Si interpretano parole, a volte sguardi, in maniera negativa arrivando a pensare che una persona possa avere qualcosa contro di noi, ed una nostra reazione potrebbe scatenare un conflitto nel rapporto. A volte si preferisce tacere, ma anche questo è generalmente errato perché è importante fugare ogni dubbio, chiarirsi proprio per mantenere una buona relazione. Quanti matrimoni finiscono proprio per delle incomprensioni, per l'incapacità di dialogo, per la mancanza di coraggio per affrontare il prossimo. Si pensa che per il quieto vivere la fuga sia l'unica soluzione: si cambia ambiente, si cambiano persone ed il problema non c'è più. La vita ci insegna che le difficoltà da affrontare sono tante e non possiamo sperare di trovare situazioni in cui esse non ci siano, possiamo però trovare un metodo per affrontarle. Il dialogo, il chiedere spiegazioni ogni volta che non capiamo anche a costo di fare la figura degli stupidi è certamente vincente. E' chiaro che bisogna capire il momento, andare incontro anche all'altra persona, ma parlare è sempre importante per un buon rapporto personale.
    Un ragazzo che era con noi aveva difficoltà, come molti ragazzi oggi, a dialogare. Ingoiava ogni rospo e siccome era anche permaloso vedeva offese personali a lui rivolte in ogni situazione. A forza di sopportare, con la paura di dialogare, un giorno è scoppiato ed ha cominciato a prendersi le cose che non riusciva ad ottenere andando su una brutta strada. E' arrivato un momento, già abbondantemente maggiorenne, in cui se ne è andato tornando dalla madre. Anche lì ha avuto non pochi problemi arrivando a scontri anche fisici, ed è nuovamente scappato. Adesso ha trovato una ragazza, ma conoscendolo, spero di sbagliarmi con tutto il cuore, avrà problemi anche con lei allorquando non riuscirà a dirle ciò che pensa o a chiedere spiegazioni. Era un ragazzo intelligente, ma la matematica non la capiva bene come altre materie, ma anziché chiedere spiegazioni dovendo dimostrare alla classe di non aver capito ed essere considerato, secondo lui, uno stupido, preferiva non studiare, in modo da giustificare i suoi brutti voti con la decisione di non voler apprendere una materia, passando per guascone con i suoi amici, piuttosto che far vedere di non aver capito. Aveva però un sogno, quello di fare architettura, dove la matematica è alla base di tutto. Abbiamo provato a dissuaderlo da questa sua scelta, ma ha voluto seguire il suo sogno. Ho sperato che fosse la volta buona che per una giusta motivazione cambiasse indirizzo e si mettesse a studiare, a chiedere ai tanti professori e volontari disposti ad aiutarlo cosa non avesse capito. Ed invece la storia si è ripetuta ed il suo sogno si è infranto dopo aver tentato di dare l'esame di matematica più volte che, senza basi e senza studio, non poteva andare altro che male.
    Quello che dico sempre ai miei ragazzi è di non aver paura a chiedere, di insistere nel comprendere tutto quello che li circonda, nel capire i discorsi che vengono loro fatti.

  48.  

    Addì 22 maggio 2013

    Giovanni gli disse: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava i demòni nel tuo nome e glielo abbiamo vietato, perché non era dei nostri».
    Ma Gesù disse: «Non glielo proibite, perché non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito dopo possa parlare male di me.
    Chi non è contro di noi è per noi

    Marco 9,38-40

  49.  

    Chi non è contro di noi è per noi

    Qualche tempo fa abbiamo organizzato una conferenza sull'affido in una città diversa dalla nostra. Noi abbiamo provveduto a diramare gli inviti tra i nostri conoscenti, mentre l'ente che ci supportava nell'organizzazione ha mandato gli inviti istituzionali chiedendo al comune di riferimento di estendere l'invito alle associazioni del territorio. Qualcosa si è inceppato ed alcune associazioni non sono state chiamate a partecipare per tempo. Hanno però saputo della cosa il giorno prima e alcune sono venute ad ascoltare la conferenza. Alla fine, quando tutti i relatori avevano parlato ed era giunto il momento di dare la parola al pubblico per un sano dibattito, arriva sul palco una signora inviperita. Non ha parlato di affido, di quanto sia bello, delle difficoltà, bensì ha polarizzato l'attenzione, in mezz'ora di polemica, sul fatto di non essere stata invitata, sul fatto che noi da Livorno si fosse osato andare a fare una conferenza sul loro territorio.
    Ci capita spesso di subire o vedere tra le varie associazioni o enti degli scontri legati non ad un'ideologia, ma al desiderio di primeggiare, di avere il merito di essere i portatori sani di una bandiera, nel nostro caso dell'affidamento.
    Già sono tante le difficoltà che dobbiamo affrontare, tantissimi i bambini in cerca di famiglia, poche le persone disposte all'accoglienza. Dovremmo unire le forze per combattere insieme una guerra su più fronti: miglioramento della legge, ricerca di risorse, promozione dell'affido, ed invece ci troviamo in mezzo a faide di persone che pensano di avere la verità in tasca e ti attaccano per non si sa bene quale motivo.
    Da parte nostra alziamo le spalle e andiamo avanti, ormai non replichiamo neanche più, quantomeno per la mole di lavoro che abbiamo dinanzi che non ci permette di fermarci a discutere di piccole gelosie di fazione.
    Molte persone si occupano del prossimo, siano essi bambini, anziani, tossicodipendenti, per motivi personali, vuoi per avere voti in politica, oppure per un certo prestigio nella società civile. Ritengo che il vero spirito sia quello di chi aiuta il prossimo per la gioia di vederlo sorridere ancora, di sanare una situazione, di trovare soluzioni ai suoi problemi.
    Gesù rimproverò i suoi discepoli allorquando mandavano via le persone che aiutavano il prossimo in nome di Gesù stesso, come se gli unici portatori sani della Parola di Dio fossero soltanto loro.
    Anche oggi assistiamo a questa arroganza, a molte persone che pensano di avere la verità in tasca e solo il loro metodo è quello giusto. Pazienza, ce ne faremo una ragione e andremo avanti in nome di Dio e dei piccoli che Egli ha voluto copiosamente inviarci.

  50.  

    Addì 23 maggio 2013

    Chiunque vi darà da bere un bicchiere d'acqua nel mio nome perché siete di Cristo, vi dico in verità che non perderà la sua ricompensa.
    Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, è meglio per lui che gli si metta una macina da asino al collo e venga gettato nel mare.
    Se la tua mano ti scandalizza, tagliala: è meglio per te entrare nella vita monco, che con due mani andare nella Geenna, nel fuoco inestinguibile.
    Se il tuo piede ti scandalizza, taglialo: è meglio per te entrare nella vita zoppo, che esser gettato con due piedi nella Geenna.
    Se il tuo occhio ti scandalizza, cavalo: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, che essere gettato con due occhi nella Geenna,
    dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue.
    Perché ciascuno sarà salato con il fuoco.
    Buona cosa il sale; ma se il sale diventa senza sapore, con che cosa lo salerete? Abbiate sale in voi stessi e siate in pace gli uni con gli altri»

    Marco 9,41-50