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  1.  

    Addì 5 aprile 2013

    Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così:
    si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli.
    Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma in quella notte non presero nulla.
    Quando già era l'alba Gesù si presentò sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù.
    Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No».
    Allora disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non potevano più tirarla su per la gran quantità di pesci.
    Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «E' il Signore!». Simon Pietro appena udì che era il Signore, si cinse ai fianchi il camiciotto, poiché era spogliato, e si gettò in mare.
    Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: infatti non erano lontani da terra se non un centinaio di metri.
    Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane.
    Disse loro Gesù: «Portate un po' del pesce che avete preso or ora».
    Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatrè grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si spezzò.
    Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», poiché sapevano bene che era il Signore.
    Allora Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede a loro, e così pure il pesce.
    Questa era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risuscitato dai morti

    Giovanni 21,1-14

  2.  

    Sapevano bene che era il Signore

    Quasi tutti abbiamo un cervello che lavora e chi non ha ricevuto il dono dell'intelligenza capisce con il cuore meglio degli altri, siamo praticamente tutti in grado di comprendere perfettamente ciò che accade intorno a noi, o almeno coglierne l'essenza ed il significato. A volte però non vogliamo credere. Quando la mia mamma è morta era da oltre un anno che stava male e da cinque mesi che le avevano scoperto il tumore. Era sempre stata per me il mio baluardo, la mia forza e non era possibile che stesse male. Figuriamoci, lotterà, mi dicevo, e sconfiggerà la malattia. Anzi, non mi ponevo nemmeno il problema, per me quella malattia non esisteva. E' andata a Parigi a curarsi tre volte ed io continuavo a vivere la mia vita come se nulla fosse. A Natale '85 è stata ricoverata per una seconda operazione e fino al 28 è andata migliorando, tanto che proprio quel giorno mi sono persino arrabbiato con lei per delle stupidaggini, per una sua attenzione verso di me - nell'adolescenza ogni carezza della mamma davanti a tutti ci infastidisce. Dal 29 ha cominciato a stare sempre peggio, ma facevo finta di nulla e pensavo alle mie cose. La notte fra il 30 ed il 31 dicembre andò in coma ed io andai ad una festa.
    La notte, ero ospite in una casa in montagna, mi assalirono dubbi e rimorsi ed in quel momento capii che la mia mamma avrebbe potuto morire. All'alba tornai a casa e nei quattro giorni che seguirono non la lasciai un minuto. ma dico io, ci voleva tanto a capire che stava morendo? A darle un po' di affetto dicendole "ti voglio bene" e tenerle la mano mentre lasciava questa vita? Giocava con le parole e spesso diceva a chi le domandava della sua salute "sto bene, grazie, ho un tumore e fra poco devo morire, ma ora sto bene" e tutti pensavano che scherzasse, che non potesse avere così tanta forza e Fede. In pochi, ed io non ero fra questi, hanno capito veramente l'essenza di quei discorsi che volevano tranquillizzare coloro che le volevano bene.
    Non vedevo? Non sapevo? No, purtroppo non credevo, non volevo credere, rifiutavo una realtà che mi faceva soffrire.
    Spesso facciamo così, spesso non vediamo chi sta male, pensiamo che certi comportamenti, reazioni negative, a volte esagerate, siano frutto di un momento di squilibrio e si lascia correre, si aspettano tempi migliori, ci si allontana da quella persona che è scontrosa, ruvida e non ci interessa di capire, non si vuole comprendere cosa provi e si resta ancorati alla superficialità "buongiorno, buonanotte, come stai, bene grazie, ti piace il sugo". E' più facile non sapere, non domandare, non interagire.

    • CommentAuthorCarmen
    • CommentTime5 Apr 2013
     

    A volte è difficile pensare che una persona che per noi è stata sempre una guida, un punto di riferimento, una forza possa stare male. Non si tratta di non credere o non voler credere. E’ vero basterebbe chiedere, capire, ma quando quella persona si mostra sempre forte, come una roccia, proprio in nome del bene che gli vogliamo, per noi diventa quasi intoccabile da ogni problema o malattia o morte... Forse è per questo che di fronte a una situazione difficile come la malattia della tua mamma si arriva a credere che non ci sia ostacolo che quella persona non possa superare. Forse a volte basterebbe farsi vedere anche piangere o non nascondersi per non fare del male alle persone che amiamo perché gliene facciamo anche tenendole fuori dal nostro dolore. Anche Gesù ha fatto vedere il suo dolore pur accettandolo e mostrando così il suo lato umano a tutta l’umanità. Anche questo ci avvicina all’altro e rende più facile accettare una realtà seppur difficile. Forse saper di non saper cosa l’altro può provare o prova in certi momenti come saper di non sapere cosa sia giusto o meno per il bene dell’altro ci aiuta a capire o a volerci comprendere venendoci incontro e riconoscendoci per ciò che siamo.

  3.  

    Si Carmen ma a volte ci sono cose che non si possono esternare, a volte ci sono momenti in cui anche un semplice "come stai" disturba. E' difficile stare vicino agli altri, ma per farlo bisognerebbe capire che non siamo tutti uguali e che ciò che potrebbe far piacere ad uno, potrebbe non far piacere ad un altro, oppure che una cosa detta in un momento può far piacere, mentre in un altro può disturbare.
    Farsi vedere piangere o preoccupati ... ci sono mille modi per farlo, bisognerebbe che le persone capissero che la sofferenza non si misura solo in quantità di lacrime. Io ad esempio non piango mai, non ho pianto nemmeno al funerale della mia mamma, non vuol dire che non soffra o che non manifesti questa mia sofferenza. A volte saper capire gli altri è difficile, ma è necessario onde evitare di entrarci in collisione o di ferirsi a vicenda

  4.  

    Addì 6 aprile 2013

    Risuscitato al mattino nel primo giorno dopo il sabato, apparve prima a Maria di Màgdala, dalla quale aveva cacciato sette demoni.
    Questa andò ad annunziarlo ai suoi seguaci che erano in lutto e in pianto.
    Ma essi, udito che era vivo ed era stato visto da lei, non vollero credere.
    Dopo ciò, apparve a due di loro sotto altro aspetto, mentre erano in cammino verso la campagna.
    Anch'essi ritornarono ad annunziarlo agli altri; ma neanche a loro vollero credere.
    Alla fine apparve agli undici, mentre stavano a mensa, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risuscitato.
    Gesù disse loro: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura

    Marco 16,9-15

  5.  

    Li rimproverò per la loro incredulità

    Siamo così tanto permalosi che ogni volta che ci viene fatta un'osservazione, magari con il cuore in mano, con l'affetto di un padre, di un amico, di un compagno, pensiamo sempre di essere giudicati, molto probabilmente perché siamo i primi a giudicare e, di conseguenza, pensiamo che tutti agiscano allo stesso modo.
    Ma non è sempre così. Chi ci è amico, chi ci vuole bene non ci giudica per le nostre azioni, tantomeno per una. Don Luigi mi diceva sempre "giudica il peccato e non il peccatore" ed è una cosa che da risultati sorprendenti. Quando ero ragazzo e vedevo uno che si vestiva male lo immaginavo come la persona peggiore della terra, un drogato, un delinquente; se una ragazza sorrideva a tutti per me era una poco di buono; se la ragazza una sera non voleva uscire con me pensavo che aveva un altro.
    Se rimprovero uno dei miei ragazzi per una cosa fatta male, oppure per una mancanza non metto certo in discussione l'ottima considerazione che ho di loro o il bene che nutro, e così con chiunque mi capiti di interagire. E' un insegnamento di Dio che ci richiama quando facciamo qualcosa di sbagliato, ma non smetterà di amarci mai perché siamo suoi figli, diventassimo anche assassini o stupratori il Signore ci vorrà sempre bene ed il suo predono non mancherà mai.
    Impariamo dal Vangelo, che crediate o meno in Dio, nel quale il racconto di questo Gesù che è nato, vissuto e morto ci da tanti spunti di riflessione.
    Voi che non credete avete mai preso il Vangelo in mano? Lo avete mai meditato? Non si può dire "non mi piace" se prima non si conosce. Leggere il Vangelo non significa credere, ma è come leggere la vita di un filosofo. Avete forse paura?

  6.  

    Addì 7 aprile 2013

    La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!».
    Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
    Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi».
    Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo;
    a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi».
    Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù.
    Gli dissero allora gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò».
    Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!».
    Poi disse a Tommaso: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!».
    Rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!».
    Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!».
    Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro.
    Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome

    Giovanni 20,19-31

  7.  

    Pace a voi

    Il Signore è venuto a portare la pace dandoci gli strumenti e lo Spirito per poterla perseguire.
    Avete mai giocato ad acchiapparello, nel quale quando chi insegue tocca una persona la trasforma in inseguitore ed ogni tocco della mano trasforma il bimbo raggiunto in inseguitore.
    Ecco Dio fa così con noi, ci passa la pace, gli insegnamenti, i valori e ci chiede di toccare altri con il nostro amore in una catena senza fine.
    Molte sono le persone che venendo da noi tornano a casa dicendo di aver ricevuto qualcosa, degli spunti di riflessione, dei principi su cui meditare. Non è certo merito nostro ma della persona che giunge nella nostra casa perché ha deciso di mettersi in gioco, di ascoltare le nostre regole, i dialoghi con i ragazzi, di condividere momenti di gioia e di tristezza. Chi, con noi o in mille altre situazioni, accetta di scendere in campo e giocare la partita non può non restare coinvolto, non può mettersi in panchina ed aspettare che il tempo passi, che il gioco finisca perché viene coinvolto con forza, con quella passione che l'amore che ci lega e ci anima e ci fa andare verso coloro che incontriamo nel nostro cammino.
    Ma è vero anche il contrario. Quando un volontario, una bambino nuovo o chiunque varca la nostra porta d'ingresso porta con sé qualcosa di positivo e lo deposita nei nostri cuori donandoci la sua esperienza, le risorse, le critiche costruttive arricchendoci con quella pace che il Signore per primo ha portato a tutti noi, quella pace che oggi ci chiama a distribuire a piene mani in nome suo

    Nella giornata di oggi Papa Francesco ha detto

    Non perdiamo mai la fiducia nella misericordia paziente di Dio non è impaziente come noi, che spesso vogliamo tutto e subito, anche con le persone. Questo è lo stile di Dio: Dio è paziente con noi perché ci ama e chi ama comprende, spera, dà fiducia, non abbandona, non taglia i ponti, sa perdonare. Ricordiamolo nella nostra vita di cristiani, Dio ci aspetta sempre, anche quando ci siamo allontanati. Lui non è mai lontano e se torniamo a Lui è pronto ad abbracciarci.

  8.  

    Addì 8 aprile 2013

    Nel sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret,
    a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria.
    Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te».
    A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto.
    L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio.
    Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.
    Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre
    e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
    Allora Maria disse all'angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo».
    Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio.
    Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile:
    nulla è impossibile a Dio».
    Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». E l'angelo partì da lei

    Luca 1,26-38

  9.  

    Nulla è impossibile a Dio

    Quando si cerca di imparare a fare qualcosa è normale trovare delle difficoltà. Pensate se volete arrampicarvi sulle rocce, prima di affrontare l'Himalaya dovrete avvicinarvi pian piano a questo sport iniziando a muovere i primi passi in palestra o su pareti rocciose con piccola pendenza. Se desiderate scendere sott'acqua per ammirare il fondale marino ed i suoi abitanti dovrete apprendere le nozioni elementari di subacquea in piscina. Se volete diventare professori di qualche materia dovrete iniziare a studiare le basi e via di seguito.
    La vita è esattamente la stessa cosa con due differenze sostanziali, la prima è che ci troviamo già inseriti in questo mondo e non è una scelta come per uno sport o una materia da studiare, la seconda è che per il fatto di essere già in corsa, pensiamo di sapere come muoverci e spesso non ci poniamo domande sul come fare una cosa, la facciamo e basta.
    Sarebbe come se fossimo alle Maldive in vacanza, e per il solo fatto di essere in un posto fantastico con un mare che è una favola avessimo l'errata certezza che possiamo indossare maschera e pinne e andare in apnea a venti metri senza allenamento né insegnamento alcuno. Potrebbe anche andare bene, ma normalmente non arriveremo a venti metri, oppure avremmo dei problemi di compensazione e magari resteremmo delusi, amareggiati o impauriti dall'esperienza e ci allontaneremmo dal mare perdendoci per sempre le sue meraviglie nascoste.
    Nella vita è la stessa cosa, se ci buttiamo a capofitto, se pensiamo di poter cambiare il mondo senza allenamento, senza capire le regole di vita, senza alcun principio, ma agendo d'istinto magari ci va bene, ma quante volte soffriamo perché non siamo preparati a trattare con le persone, non conosciamo il modo di dare un senso alla nostra vita attraverso l'amore, la solidarietà, la pace.
    Così come per le arrampicate in montagna e per le discese subacquee occorre un istruttore, qualcuno che ne sappia più di noi e ci insegni le tecniche per salire o per scalare o per immergerci, anche nella vita occorre un maestro che ci faccia vedere il bene ed il male, ci insegni a trattare con la gente, ci aiuti e ci sostenga nei momenti difficili in cui vorremmo mollare tutto e una corda al collo potrebbe apparirci come l'unica soluzione possibile.
    Per tutti noi, quando siamo bambini, gli insegnanti per eccellenza sono, o dovrebbero essere, i genitori e più in generale gli adulti di riferimento. E' per questo che nel caso di una bambino in affido sia preferibile una famiglia ad una comunità perché in quest'ultima c'è necessariamente un turn-over di educatori che, per quanto bravissimi, non potranno mai essere un punto di riferimento sicuro, stabile, quotidiano per i ragazzi.
    Crescendo dovremo staccarci pian piano dalla mano di questi insegnanti e cominciare a muovere i primi passi nella vita, ma avremo sempre bisogno di un maestro che ci guidi e ci aiuti ad affinare le nostre tecniche. Se pensiamo di poter fare da soli, quasi certamente falliremmo.
    Per chi ha Fede il Maestro per eccellenza è Dio e materia di studio saranno i principi ed i valori che Gesù ci ha insegnato, il libro di testo il Vangelo, ed i suoi assistenti saranno coloro che ci parlano di Lui e ci mostrano le applicazioni pratiche della sua dottrina.
    Per chi non ha Fede maestro può essere chiunque, da un professore del liceo ad un guru indiano, da un dirigente di un partito ad un filosofo della new age.
    Una differenza tra chi si considera ateo e chi ha Fede in Dio, a qualunque religione appartenga, è che il credere ti permette di ampliare i tuoi orizzonti oltre la vita e questa sarà affrontata in visione dell'eternità.
    Avremo sempre bisogno di una guida, di un Maestro con il quale confrontarci, chiedere aiuto, piangere per gli insuccessi e gioire per l'emozione di un traguardo raggiunto.
    Il mio Maestro è Dio, anche se sono un cattivo scolaro che ha solo pregio di non arrendersi mai, qual'è il vostro?

  10.  

    Addì 9 aprile 2013

    Non ti meravigliare se t'ho detto: dovete rinascere dall'alto.
    Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito».
    Replicò Nicodèmo: «Come può accadere questo?».
    Gli rispose Gesù: «Tu sei maestro in Israele e non sai queste cose?
    In verità, in verità ti dico, noi parliamo di quel che sappiamo e testimoniamo quel che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza.
    Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo?
    Eppure nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell'uomo che è disceso dal cielo.
    E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo,
    perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna»

    Giovanni 3,7-15

  11.  

    Dovete rinascere dall'alto

    L'acqua è l'elemento nel quale si genera la vita più di ogni altro. L'acqua arriva dall'alto con la pioggia, con la cascata, sgorgando dalle rocce in cima ai monti. Il Signore ci dice di rinascere dall'alto. Come l'acqua rinasce continuamente in un ciclo senza fine, anche noi siamo chiamati a rinnovare la nostra vita. Ognuno di noi compie delle scelte e non sempre sono quelle giuste. Capita di accorgerci dell'errore nel momento in cui le mettiamo in atto, ma il più delle volte ci rendiamo conto del nostro sbaglio solo a cose compiute, e spesso è tardi per rimediare. Possiamo così scegliere di continuare nei nostri errori, oppure piangerci addosso come se quell'errore ci avesse condannato per l'eternità, oppure possiamo rinascere dall'alto. L'acqua del mare sale al cielo per formare le nubi grazie al calore del sole, così anche noi dobbiamo elevarci dalla nostra condizione di errore e salire in alto facendoci aiutare dal calore di Dio, dalle sue parole, dai valori che ci sono stati insegnati quali la solidarietà e l'amore verso il prossimo. Una volta raggiunte le nubi saremo pronti a tornare, a rinascere appunto, nella nostra condizione umana ormai purificati e pronti a donare linfa vitale a quanti riusciremo a bagnare, a coinvolgere nella nostra vita, al apri della pioggia che irriga i terreni e li rende fertili. Dovremo continuamente rinascere perché la nostra condizione umana ci porta a sbagliare in continuazione, ma non dovremo mai arrenderci così come l'acqua non cessa mai di evaporare e poi ridiscendere portando la vita sulla terra.

  12.  

    Addì 10 aprile 2013

    Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna.
    Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui.
    Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è gia stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio.
    E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie.
    Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere.
    Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio

    Giovanni 3,16-21

  13.  

    Chiunque fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere

    I ladri agiscono di notte, gli stupratori in luoghi appartati, gli assassini lontani dalle telecamere di sorveglianza perché sanno che stanno compiendo azioni malvagie e non vogliono essere visti. Quando qualche scafista o spacciatore viene intervistato in tv da giornalisti in cerca del servizio sulla criminalità accetta solo gli oscurano il viso e camuffano la voce.
    Chi viceversa fa del bene e segue buoni principi si manifesta davanti a tutti senza timore né vergogna, anela a parlare delle sue esperienze per trasmettere la gioia e la passione che sono così vivi in lui. Più parla e più vorrebbe raccontare perché crede veramente in quello che fa. Con i ragazzi ormai ho imparato a carpire ogni singolo gesto e vedo subito se mi stanno mentendo, se sono timorosi o se hanno combinato qualcosa di sbagliato. Spesso lascio perdere, non li contraddico, non li brontolo, ma cerco di far loro capire che ciò che stanno facendo è sbagliato, accendo una luce per mostrare la strada da prendere, lascio che siano loro a capire l'errore e andare verso la fonte di calore. I miei ragazzi molto spesso si incamminano sul sentiero illuminato, titubanti, ma al contempo fiduciosi in chi sta loro mostrando una via di uscita da una certa situazione.
    Purtroppo non è così fra gli adulti. C'è sempre la paura di essere giudicati nel nostro insieme per un errore fatto e ci rifugiamo nel nostro dolore, ci rinchiudiamo sempre più fino ad isolarci e se qualcuno ci mostra la luce, ci chiama a raccolta, lo ignoriamo, facciamo finta di non aver né visto né sentito, e restiamo nelle tenebre. Ci fortifichiamo nel nostro errore e aspettiamo tempi migliori, non pensando che quel male che abbiamo ci cova dentro e ci mangia come un tarlo, portandoci a fare gesti che possano far soffrire il prossimo.

  14.  

    Addì 11 aprile 2013

    Chi viene dall'alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla della terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti.
    Egli attesta ciò che ha visto e udito, eppure nessuno accetta la sua testimonianza;
    chi però ne accetta la testimonianza, certifica che Dio è veritiero.
    Infatti colui che Dio ha mandato proferisce le parole di Dio e dà lo Spirito senza misura.
    Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa.
    Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l'ira di Dio incombe su di lui»

    Giovanni 3,31-36

  15.  

    Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa

    E' nella natura delle cose che un padre passi al figlio responsabilità, valori e beni. Sarà poi lui a portare avanti il nome e quei principi di famiglia. E' logico che ciò avviene quando ci sia sintonia, o almeno non ci sia conflitto. Ci sono dei figli che non vedono l'ora di ereditare i beni di famiglia e poterseli godere autonomamente. Che stolti siamo a voler vedere nei beni materiali la soluzione a tutti i nostri problemi. Forse che con i soldi potete non ammalarvi? Forse con i soldi avrete più amici veri? Forse con il denaro e le case avrete un carattere migliore?
    Si guarda sempre a domani, al poi, ma non ci accorgiamo che i nostri genitori ci donano molto più dei beni materiali, ci danno quei valori e principi che ci servono per camminare a testa alta nel mondo, a farci apprezzare per il nostro cuore, ad avere successo con le persone, ad essere amati dal prossimo e sopratutto a prenotare un posto nell'eternità che, se avete Fede è il Paradiso, se non l'avete è la memoria che in tanti potranno avere di voi.

  16.  

    Addì 12 aprile 2013

    Dopo questi fatti, Gesù andò all'altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade,
    e una grande folla lo seguiva, vedendo i segni che faceva sugli infermi.
    Gesù salì sulla montagna e là si pose a sedere con i suoi discepoli.
    Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei.
    Alzati quindi gli occhi, Gesù vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?».
    Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva bene quello che stava per fare.
    Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo».
    Gli disse allora uno dei discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro:
    «C'è qui un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesci; ma che cos'è questo per tanta gente?».
    Rispose Gesù: «Fateli sedere». C'era molta erba in quel luogo. Si sedettero dunque ed erano circa cinquemila uomini.
    Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li distribuì a quelli che si erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, finché ne vollero.
    E quando furono saziati, disse ai discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto».
    Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d'orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.
    Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, cominciò a dire: «Questi è davvero il profeta che deve venire nel mondo!».
    Ma Gesù, sapendo che stavano per venire a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sulla montagna, tutto solo

    Giovanni 6,1-15

  17.  

    Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto

    Se andiamo in un ristorante e diamo uno sguardo alle stoviglie che i camerieri portano via dai tavoli, difficilmente vedremo piatti vuoti. In ognuno potremo osservare del cibo lasciato che verrà gettato via. Che vergogna vedere tanto spreco. E nelle nostre case non è forse la stessa cosa? Non buttiamo via ogni giorni avanzi di cibo ancora buono? Oggi, con la crisi economica che ci attanaglia, forse questo fenomeno è minore, ma purtroppo dove c'è abbondanza c'è quasi sempre anche tanto spreco. Risorse che potrebbero sfamare tante persone, cibo che per molti rappresenterebbe la possibilità di non andare a letto a stomaco vuoto.
    Sin da quando ero piccolo sono stato abituato a non buttare via nulla. Mia madre diceva sempre "quello che prendi poi lo devi mangiare" e quando proprio non ce la facevo più, mi brontolava e mi diceva "hai gli occhi più grandi dello stomaco" per farmi capire che spesso prendevo tanto cibo per golosità, senza fare i conti con la capienza della mia pancia.
    Sin dall'inizio del nostro cammino di Associazione abbiamo stabilito la regola che non si debba mai buttare via il cibo. Periodi di abbondanza o di carestia non ci hanno fatto cambiare parere su questa idea, abbinata a quella per la quale ciò che viene portato in tavola si mangia, anche se non piace, magari prendendone poco. Regole che sono difficili da insegnare ad un bambino che arriva da situazioni in cui, nonostante la povertà della famiglia, è abituato a mangiare solo quello che vuole, magari rimpinzandosi di merendine, e a buttare via quello che non gli va più. Le prime volte di ogni bimbo è una guerra, ma pian piano capiscono le ragioni e si adeguano, anche perché spesso dicono "non mi piace" senza mai aver assaggiato quel cibo. L'esempio dei bimbi che mangiano tutto e lasciano i piatti puliti educa anche quegli adulti che vengono da noi che, per non sentirsi in imbarazzo e sopratutto non essere un cattivo esempio per i nostri ragazzi, restituiscono i piatti completamente vuoti. L'educazione ad una sana alimentazione e sopratutto ai valori e ai principi parte dalle piccole cose, anche a tavola con il mangiare.
    Purtroppo siamo talmente abituati a sprecare, grazie al consumismo dilagante e ben supportato dai mille luccichii della pubblicità ingannevole e menzognera che promette miglioramenti della vita se compriamo il nuovo prodotto, che gettiamo alle ortiche tutto ciò che abbiamo. Figli che sprecano l'occasione di cibarsi dei valori della famiglia, ragazzi che abbandonano il lavoro per inseguire sogni irrealizzabili, mariti e mogli che lasciano il coniuge per volere sempre di più. Sprechiamo a non finire le occasioni che la vita ci fornisce, i doni che il Signore ci elargisce a piene mani. Egli trasforma le nostre minime risorse in abbondanza, ma noi come ringraziamento gettiamo per terra e calpestiamo i suoi regali. Pensate a quante case in vendita perché molte famiglie non possono pagare il mutuo. Non sarebbe forse stato meglio comprare vestiti meno costosi, non fare colazione al bar tutte le mattine, andare una volta in meno in vacanza, continuare a tenere il vecchio telefonino, piuttosto che non avere più una casa dove dormire?

  18.  

    Addì 13 aprile 2013

    Venuta intanto la sera, i suoi discepoli scesero al mare
    e, saliti in una barca, si avviarono verso l'altra riva in direzione di Cafarnao. Era ormai buio, e Gesù non era ancora venuto da loro.
    Il mare era agitato, perché soffiava un forte vento.
    Dopo aver remato circa tre o quattro miglia, videro Gesù che camminava sul mare e si avvicinava alla barca, ed ebbero paura.
    Ma egli disse loro: «Sono io, non temete».
    Allora vollero prenderlo sulla barca e rapidamente la barca toccò la riva alla quale erano diretti

    Giovanni 6,16-21

  19.  

    Il mare era agitato, perché soffiava un forte vento

    Vi siete mai ritrovati su una barchetta in mezzo al mare quando il vento cambia direzione, si rafforza ed improvvisamente il mare si ingrossa? A me più di una volta e non è una situazione piacevole. Quando sei a terra e arriva il vento forte al massimo ti può buttare per terra, ma quando sei in mare è tutt'altra cosa. Vedi la tua vita in un attimo, la frenesia di togliere l'acqua dalla barca ti fa inciampare da ogni parte, devi restare freddo e nello stesso tempo senti l'adrenalina che scorre nel sangue, ma devi stare calmo o perdi anche quelle poche possibilità di sopravvivenza.
    Oggi apro il giornale e leggo la storia delle due quindicenni che hanno ucciso, l'omicidio di un ragazzo, e di un altro, i politici che litigano, l'economia che va male e ci sarebbe da dire "ok, ho capito, apriamo la finestra e facciamola finita, che razza di mondo è questo". Quando vedevamo gli altri paesi in difficoltà, la gente che moriva di fame in Africa, i bambini che rovistavano nella spazzatura nelle favelas brasiliane, le donne stuprate ed i bambini uccisi in Kosovo non rimanevamo colpiti più di tanto. Indignazione sul momento, ma non credo che nessuno si sia mai strappato i capelli o sia andato nel panico per notizie simili. Eppure chi le ha vissute sulla propria pelle ha sofferto, ha lottato, ha pianto la morte di qualcuno.
    Oggi tocca a noi, oggi il vento soffia forte in casa nostra, il mare è agitato, le nostre barchette sono deboli e rischiano di farci annegare. Chi è sulla riva e vede da lontano la forza dirompente del mare assiste come spettatore, ma allo stesso modo di come ci siamo comportati noi in passato verso gli altri paesi, non interviene, non si immedesima in noi.
    Così accade quando vediamo un povero, lo osserviamo e altezzosamente andiamo avanti.
    La povertà oggi tocca a noi, la violenza per le strade ci attanaglia sempre più, il lavoro non si trova e chi abbiamo chiamato a darci una mano ad uscire dalla crisi litiga anziché rimboccarsi le maniche e togliere l'acqua dalla barca.
    I politici di oggi hanno il loro obbiettivo di partito e quello vogliono conseguire, per quello lottano non per l'Italia, non per la gente che muore di fame, non per i bambini che sono in situazioni di sempre maggior disagio.
    Nuove elezioni? Per cosa? Per ritrovarci con qualche politico diverso e ricominciare da zero?
    Forza signori politici, fateci vedere cosa sapete fare, fateci vedere che il vostro stipendio, pagato da tutti noi, serve a qualcosa. Vi siete riempiti la bocca con la gente che rubava, ma come chiamate il fatto di prendere uno stipendio, e che stipendio, senza lavorare?
    Basta con gli interessi di partito, fate l'interesse della gente.
    Basta con il reciproco accusarsi di chi sia stata la colpa se abbiamo preso una barchetta piuttosto che un'altra e siamo andati una direzione piuttosto che in un'altra.
    Ormai siamo in mezzo al mare, il vento è forte, la barca rischia di rovesciarsi e voi state a litigare per chi debba prendere la gottazza per togliere l'acqua dalle sentine. Ognuno faccia il suo, insieme, perché quando si è in un momento di difficoltà l'unica arma per uscirne è la solidarietà.
    Anche voi gente, siate solidali fra voi, accogliete chi ha bisogno di una casa, sfamate chi non mangia, consolate chi ha perso il lavoro.
    Solidarietà signori, solidarietà.

    Mi sono appena divertito a fare un semplice conto.
    945 parlamentari percepiscono 6.000 euro al mese.
    Se ogni parlamentare desse un solo mese di stipendio, avremmo tutti i soldi per costruire Casa Zizzi, progetto per accogliere 40 bimbi tra residenziale e diurno, creare aggregazione, dare lavoro a 25 persone, dare una mano all'ambiente con il il riciclo dell'usato per l'autofinanziamento, avere una palestra che serva anche alle scuole dei quartieri vicini, ambienti per iniziative che migliorino la cultura delle persone.
    Sarebbero certamente spesi meglio.

  20.  

    Addì 14 aprile 2013

    Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così:
    si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli.
    Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma in quella notte non presero nulla.
    Quando già era l'alba Gesù si presentò sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù.
    Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No».
    Allora disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non potevano più tirarla su per la gran quantità di pesci.
    Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «E' il Signore!». Simon Pietro appena udì che era il Signore, si cinse ai fianchi il camiciotto, poiché era spogliato, e si gettò in mare.
    Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: infatti non erano lontani da terra se non un centinaio di metri.
    Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane.
    Disse loro Gesù: «Portate un po' del pesce che avete preso or ora».
    Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatrè grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si spezzò.
    Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», poiché sapevano bene che era il Signore.
    Allora Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede a loro, e così pure il pesce.
    Questa era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risuscitato dai morti.
    Quand'ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene tu più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli».
    Gli disse di nuovo: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci le mie pecorelle».
    Gli disse per la terza volta: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli dicesse: Mi vuoi bene?, e gli disse: «Signore, tu sai tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecorelle.
    In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi».
    Questo gli disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E detto questo aggiunse: «Seguimi»

    Giovanni 21,1-19

  21.  

    Mi vuoi bene?

    E' nella natura umana ricercare nel prossimo la continua verifica dei suoi sentimenti nei nostri confronti. Vorremmo avere ogni giorno la prova che l'amore per noi non è venuto meno, ricerchiamo continuamente nell'altro frasi, atteggiamenti, pensieri che ci indichino i suoi sentimenti, finanche a chiedere "Mi vuoi bene?".
    Abbiamo bisogno di sentirci amati, di non essere una routine per l'altro, abbiamo bisogno di attenzione e considerazione.
    Purtroppo siamo così presi da mille cose che ci scordiamo di amare. Ci dimentichiamo di dare cibo alle persone a noi vicine e ce ne rendiamo conto solo quando questo alimento dell'anima non ci viene più elargito. Come spesso accade ci accorgiamo di quanto una cosa che abbiamo sia importante solo quando questa non c'è più. Il mio amore per la mia mamma era senza confini, smisurato, ma poche volte, specie nell'adolescienza, negli ultimi anni della sua vita, mi sono ricordato di dirlo, di dimostrarlo. Eppure basta così poco. Basta un semplice "ti voglio bene" sussurrato nell'orecchio della moglie mentre cucina o del marito mentre sta al computer, un "grazie di esserci" ad un papà o ad una mamma che ti svegliano al mattino presto lottando contro il sonno, un "che bello averti vicino" ad un figlio anche se ci fa arrabbiare.
    Di cosa abbiamo paura? Di farci vedere deboli? Per me era così. Nella mia adolescienza credevo di essere il padrone del mondo e che tutti mi dovessero qualcosa, che qualunque cosa avessi era scontata e dovuta.
    Quanto mi sbagliavo. Il Signore nel chiamare a sé la mia mamma mi ha dato un grande insegnamento di vita, quello di non dare mai nulla per scontato. Mai. Dietro ogni angolo ci può essere una sorpresa, sia essa un bell'incontro, sia una brutta malattia di qualcuno che amiamo e che lo porterà inesorabilmente alla morte.
    Credetemi, tutte le parole che non avete detto diventeranno pesanti come macigni allorquando non avrete più la possibilità di pronunciarle per donare il vostro amore.
    Oggi avete la possibilità di dimostrare il vostro amore alla mamma, al papà, ai figli, agli amici, ai compagni di vita. Oggi sicuramente l'avete, ma domani?
    Forza, andate in cucina a dire a vostra moglie "ti voglio bene", stupitela portando a casa un fiore, meravigliatela scrivendole un biglietto con la prima frase che sgorga dal cuore. E voi figli non siate scontrosi, un abbraccio non è sintomo di debolezza, ma è fortificarsi in un bellissimo rapporto di amore, e chi ve lo dice è uno che una sera mise un disco e prese fra le sue braccia la mamma e la fece ballare. Le vennero le lacrime ed era felice e disse "ci voleva un tumore per ballare con mio figlio". Era felice, nonostante fosse il giorno in cui le avevamo detto che aveva un tumore

    • CommentAuthorCarmen
    • CommentTime14 Apr 2013
     

    Volersi bene è un grande dono ricevuto dal Signore. Senza amore nulla avrebbe senso ed ogni cosa, ogni rapporto prima o poi si scioglierebbe come neve al sole. Tutti abbiamo bisogno di sentirci amati perché è proprio quell’amore che ci viene donato che alimenta la nostra anima, ci fa sentire vivi e desiderosi di donarci anche agli altri. Sentirsi dire “ti voglio bene” in qualsiasi modo, con le parole o con i fatti ci fa respirare, ci fa sentire liberi e animati da una gioia che coinvolge chiunque è attorno a noi.
    Qualche settimana fa rovistavo in un cassetto per cercare alcune cose. Mi sono ritrovata tra le mani dei bigliettini, dei disegni, delle lettere. Ho cominciato a leggerle come se fosse stata la prima volta. Parole d’affetto, di amicizia, di solidarietà ho ritrovato fra quelle righe. Tanti ricordi sono riaffiorati alla mente. Quando ci si vuole bene ogni momento passato insieme a una persona, bello, brutto, gioioso, triste che sia diventa una parte importante della nostra vita perché ciò che siamo o ciò che diamo è anche grazie a chi ci ha voluto bene e ci ha lasciato in eredità un qualcosa di suo che abbiamo fatto nostro e che oggi trasmettiamo anche agli altri.
    Tempo fa un ragazzino di sedici anni dopo aver litigato con la sorella se la prese anche con me, trattandomi male e prendendomi a parolacce e altro. Mi ferì questo suo atteggiamento, ma molto di più il fatto che passò il giorno del suo compleanno arrabbiato e senza l’affetto altrui. Cosa feci io per fargli sapere che non ce l’avessi con lui poco importa. Conta tanto per me il fatto che dopo qualche giorno mi lasciò queste parole “Non so se avrò il coraggio di chiederti scusa (lo stava già facendo) e non devi farlo tu perché ho sbagliato io. Non volevo farti del male. Ti voglio bene”. La gioia è stata tanta e non per il messaggio ricevuto, ma perché quel ragazzo che tutti consideravano perso, aggressivo e solo con la rabbia in corpo era riuscito ad esprimere un sentimento d’affetto sorprendendo tutti. Quel giorno quel ragazzino tanto arrabbiato con il mondo mi ha lasciato un bel insegnamento.
    Tanti sono i modi per dirsi “ti voglio bene” , “ti amo”, la cosa importante non è la forma, ma farlo sentire conquistando ogni giorno le persone che abbiamo al nostro fianco con i gesti, le parole, i fatti perché quell’amore si possa rinnovare e diventare più solido e forte. Quello che mi sento di dire soprattutto ai più giovani è di non vergognarsi mai di amare o della persona che sceglieranno di avere al proprio fianco o di un amico o un’amica che gli altri hanno emarginato. Di non nascondere i propri sentimenti per paura o per altro. Di far vedere al mondo il bene che vogliono alla propria amata o amato o amico o amica o moglie o marito o figlio o figlia o qualsiasi altra persona sia perché l’amore è coinvolgente. Il volersi bene e il poterlo esprimere senza veli rende liberi l’anima e capaci di amare anche gli altri.
    Anche il Signore dimostra ancora una volta ai suoi apostoli il suo amore per loro. Forse chiedendo a Pietro “Mi ami?” non ha voluto solo metterlo alla prova, Lui sa cosa c’è nel cuore di ognuno, ma lo ha amato per primo e glielo ha dimostrato affidandogli una grande missione “pasci le mie pecore”.
    L’amore che ci investe ci permette anche di prenderci cura dell’altro, di sorridere, di gioire, di andare avanti quando c’è qualche difficoltà, di alzarci ogni mattina con il desiderio di abbracciare gli altri... Ma anche lasciarsi amare è importante, è un dare e un darsi all’altro.

  22.  

    Addì 15 aprile 2013

    Il giorno dopo, la folla, rimasta dall'altra parte del mare, notò che c'era una barca sola e che Gesù non era salito con i suoi discepoli sulla barca, ma soltanto i suoi discepoli erano partiti.
    Altre barche erano giunte nel frattempo da Tiberìade, presso il luogo dove avevano mangiato il pane dopo che il Signore aveva reso grazie.
    Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafarnao alla ricerca di Gesù.
    Trovatolo di là dal mare, gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».
    Gesù rispose: «In verità, in verità vi dico, voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati.
    Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna, e che il Figlio dell'uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo».
    Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?».
    Gesù rispose: «Questa è l'opera di Dio: credere in colui che egli ha mandato»

    Giovanni 6,22-29

  23.  

    Questa è l'opera di Dio: credere in colui che egli ha mandato

    Proprio ieri Papa Francesco ha detto che in molti non credono e si allontanano dalla Chiesa per l'incoerenza dei fedeli e dei pastori tra quello che dicono e quello che fanno, tra la parola e il modo di vivere.
    Gesù ci ha dato l'esempio con la sua vita, ci ha fatto mostrato la carità verso il prossimo, il perdono, l'accoglienza, la povertà e tutti noi che crediamo ci siamo fatti prendere la mano vivendo cercando di dare un'interpretazione tutta nostra, adattata alle nostre esigenze, della Parola del Signore.
    Un giorno in chiesa un sacerdote disse che la povertà di Gesù non andava imitata in senso letterale, ma dovevamo dare la nostra offerta a favore del povero. Capisco che oggi spogliarsi dei propri averi per metterli a disposizione del prossimo non sia facile, ma anche questa è incoerenza.
    Il perdono poi non è cosa che ci riesca molto bene e spesso dai pulpiti si sentono sermoni sulla rappacificazione, ma poi è quello stesso sacerdote che rifiuta di darti la mano in segno di pace o ti accusa di nefandezze verso il prossimo senza conoscerti, o rifiuta il dialogo che gli proponi in segno di distinzione.
    Si parla nel Vangelo di fratellanza, ma quante porte chiuse troviamo tra gli stessi cattolici o da parte di molti sacerdoti?
    L'intenzione del Papa non era certo quella di essere accusatore nei confronti di nessuno, se non di un modo di vita che purtroppo, tra noi cattolici, spesso è presente: dire belle cose e poi non farle per opportunismo, convenienza, egoismo, cupidigia.
    Molte persone si stanno riavvicinando alla Fede grazie alle parole di Papa Francesco, ma sopratutto all'esempio che ci da ogni giorno. Sono simboli perché un'istituzione grande e complessa come è la Chiesa non può essere trasformata in un giorno, ma l'arrivo del bel tempo lo si vede dal volo di una rondine, dalle prime timide gemme che compaiono sui rami teneri, dal cinguettio degli uccellini al mattino. Segni di un cambiamento, l'annuncio di una nuova e luminosa stagione.
    Non possiamo più nasconderci dietro alle nostre interpretazioni personalizzate del Vangelo, il Signore attraverso il Papa ci chiedere coerenza.

  24.  

    Addì 16 aprile 2013

    In quel tempo, la folla disse a Gesù: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: "Diede loro da mangiare un pane dal cielo"».
    Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo».
    Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane».
    Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!»

    Giovanni 6,30-35

  25.  

    Non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo

    Spesso pensiamo che sia l'uomo a compiere miracoli, a darci le cose di cui necessitiamo e tendiamo ad osannarlo, a idolatrarlo, ma non ci accorgiamo che ognuno di noi è uno strumento nelle mani di Dio. Tutto ciò che ci accade di buono è dono del Signore che si serve di tutti noi per elargire il suo amore sull'umanità.
    L'incontro con una persona che si rivelerà un buon compagno di viaggio, o che semplicemente ci donerà un momento di tranquillità nel bel mezzo di una tempesta, non è mai un caso, è volere di Dio, il pane ricevuto dagli ebrei in fuga dall'Egitto che ci necessita per sfamarci, per ritemprarci, per darci quella forza necessaria a proseguire il nostro viaggio della vita.
    Anche se non credete dovrete però convenire che ci sono avvenimenti che tenderemmo a definire casuali, ma quante probabilità ci sono che questi avvengano? Un caso, è un caso; due casi sono fortuna; ma quando le casualità si ripetono nel tempo sempre più spesso, non vi viene il sospetto che possa esserci una regia, un volere superiore?
    Quando da adolescenti ci piace una ragazza cerchiamo di capire tutto di lei e "per caso" ci troviamo nella pasticceria dove tutti i giorni entra a comprare la merenda per scuola, oppure "per caso" la incontriamo sul percorso che da scuola fa per andare a casa, o magari, "sempre per puro caso" ci ritroviamo ad una festa dove è stata invitata anche lei, o al posto vicino in pizzeria. Quale ragazza, che non sia completamente scema, può pensare che siano casualità e non il desiderio di quel ragazzo di starle vicino, di darle il suo amore?
    Anche noi dovremmo allora pensare che tutto nella vita non avviene per caso, nemmeno quelle cose brutte che poi con il tempo acquistano valore per noi e per gli altri, così come avvenuto con la morte della mia mamma.

  26.  

    Addì 17 aprile 2013

    Gesù rispose: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete.
    Vi ho detto però che voi mi avete visto e non credete.
    Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me; colui che viene a me, non lo respingerò,
    perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.
    E questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell'ultimo giorno.
    Questa infatti è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell'ultimo giorno»

    Giovanni 6,35-40

  27.  

    Che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato

    Quando nasciamo riceviamo (chi crede dice da Dio, e chi non crede dalla vita) diversi doni: intelligenza, capacità di camminare, vista, casa. Chi più e chi meno. Ma sono questi i doni che dovremo mantenere, conservare con cura, far crescere? Sono i beni materiali i regali che Dio ci fa? I veri doni sono l'amore delle persone, la capacità di entrare in relazione con loro, il sorriso che elargiamo agli altri, il carattere. Nel cammino ci porge su un piatto d'argento altri valori e tante persone che riempiranno la nostra esistenza, cammineranno con noi, ci faranno riflettere, cresce, maturare. E' sempre Natale nella nostra vita, perché non passa giorno che non riceviamo qualcosa da Dio. Non fareste così anche con i vostri figli? Non comprereste loro ogni cosa che li farebbe felici? Forse però non sarebbe giusto, sarebbe un po' come viziarli, non dar loro la capacità di imparare a conquistare l'oggetto del desiderio, cosa importantissima in quanto da adulti dovranno camminare da soli. Così fa Dio con noi noi. Ci dona ogni cosa che ci possa dare la felicità, ma senza viziarci, insegnandoci a camminare da soli. Pensate come sarebbe fin troppo facile se ogni volta che pregassimo ottenessimo ciò che vorremmo, non ci sarebbe fine alla nostra fantasia e avremmo una vita monotona. Questi scarsi cento anni sulla terra dobbiamo costruire una casa, un mondo migliore per chi verrà dopo di noi. Chi ne avrà le capacità costruirà città intere e altissimi grattacieli, chi avrà meno risorse edificherà una capanna un po' storta, ma si tratterà sempre di aver aggiunto un riparo per i nostri figli.
    Le persone che incontriamo in questo nostro cammino, coloro che il Signore ci manda a darci una mano a costruire, sono amici preziosi, un grande dono di Gesù e non possiamo permetterci di perderli, non possiamo offenderli, tradirli, rifiutarli. Come ci rimarreste voi se vi presentaste ad una persona per dargli una mano nel suo lavoro e questa vi mandasse via preferendo continuare da sola?
    Ogni incontro non avviene per caso. Alcuni ci vengono inviati per incontri fugaci, per darci una mano in un particolare momento, e così come arrivano se ne vanno, ma altri ci affiancano per sostenerci. Non importa se sono simpatici, affettuosi, di buon carattere, belli o brutti, alti o bassi, intelligenti o scemi, questi sono solo aspetti di facciata, solo abiti che possono anche cambiare, ma ognuno ha un cuore, dei sentimenti, delle capacità. Come possiamo costruire una casa da soli? Potremmo essere buoni progettisti, ma sappiamo mescolare il cemento, allacciare la linea elettrica, far funzionare una caldaia, assemblare le finestre? E se anche ci riuscissimo, da soli quanto tempo impiegheremmo? Non sarebbe meglio essere veloci a costruire una casa per poi poterne costruire un'altra?
    In Associazione lo vedo molto bene, ci sono persone diverse, differenti culture, sensibilità, capacità, ma ognuno di loro è un bellissimo dono inviato da Gesù per aiutare tanti bambini. Non c'è uno più bravo di un altro, non uno più disponibile o migliore in qualcosa, ci sono solo tante persone che hanno risposto all'appello di Dio e sono venute ad offrire quello che avevano per collaborare alla costruzione di una, due, tre case, a edificare una città dove tanti bimbi possano trovare sollievo, a donare una carezza che dia forza a tutti noi.
    Grazie a tutti voi di esserci e che il Signore ci aiuti a non perdervi, a farvi sempre sentire in famiglia, a darvi il calore ed il rispetto umano che meritate.

  28.  

    Addì 18 aprile 2013

    Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno.
    Sta scritto nei profeti: E tutti saranno ammaestrati da Dio. Chiunque ha udito il Padre e ha imparato da lui, viene a me.
    Non che alcuno abbia visto il Padre, ma solo colui che viene da Dio ha visto il Padre.
    In verità, in verità vi dico: chi crede ha la vita eterna.
    Io sono il pane della vita.
    I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti;
    questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia.
    Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo»

    Giovanni 6,44-51

  29.  

    Io sono il pane della vita

    L'alimento base dell'alimentazione dell'uomo, dalla notte dei tempi, è sempre stato il pane. Pensate a quante rivoluzioni sono state fatte in nome di questo alimento primario.
    Tutti noi siamo fatti di corpo e spirito, guardiamo a cose materiali e a cose relative alla nostra spiritualità, alla ricerca del bene, qualcuno alla ricerca dell'eternità.
    Qual'è dunque l'elemento base per cibare la nostra necessità di sopravvivenza spirituale? Di cosa ci alimentiamo per far crescere la nostra anima?
    Un bambino che arriva in affido ha bisogno del pane dell'amore, quel calore che non aveva trovato nella situazione in cui versava precedentemente.
    Chi soffre in un letto d'ospedale, cerca la consolazione, una carezza, un sorriso, un po' di compagnia.
    Quanti hanno fatto un errore cercano il perdono.
    Tutte queste cose chi ha Fede le trova in Dio: l'amore di un Padre per il figlio, la consolazione quando stiamo male, il perdono quando sbagliamo.

  30.  

    Addì 19 aprile 2013

    Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».
    Gesù disse: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita.
    Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno.
    Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
    Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui.
    Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me.
    Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
    Queste cose disse Gesù, insegnando nella sinagoga a Cafarnao

    Giovanni 6,52-59

  31.  

    La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda

    Carne e sangue. Si può pensare a qualcosa di più umano di questo? Carne e sangue rappresentano tutta la nostra essenza di uomini e donne: la carne che si lacera, che cresce, che muore; il sangue che scorre, che da linfa vitale, che sgorga dalle ferite. Anche la nostra anima, la spiritualità, il nostro essere è fatto di carne e sangue, intesi non in senso materiale, ma nel senso di gioia e dolori, pace e sofferenza. Chi non ha mai sofferto nella vita? Ovviamente tutti abbiamo patito per un amore finito, per la morte di una persona, per una malattia, per la perdita del lavoro, per una brutta risposta del figlio. Un insieme di situazioni che tutti noi affrontiamo più o meno quotidianamente e con le quali doverci interfacciare esaminando la nostra vita.
    Roberta dice sempre "sono fatta di carne e se qualcuno mi da un pizzicotto io dico ahi perché mi ha fatto male" riferendosi ad una parola, un atteggiamento, un disinteresse.
    Un dolore che passa dalle orecchie, attraversa il cuore e fa sanguinare l'anima.
    Davanti al dolore le reazioni sono diverse, ma dietro ognuna di esse, vuoi che siano di rabbia o di silenziosa chiusura, di pianto o di strilla, c'è sempre una grande sofferenza.
    Se ci facciamo male ad una mano o a qualsiasi altra parte del corpo ci sono delle cure per lenire il dolore, ma quando un cuore sanguina quali sono i rimedi per curarlo?
    Noi uomini possiamo arrivare fino ad un certo punto, possiamo stare vicino a chi soffre, ma talvolta non è possibile perché ogni cosa che diciamo o facciamo è letta in negativo, anzi spesso siamo proprio noi la causa di quel dolore e ci troviamo impotenti perché non sappiamo come comportarci, pare che qualsiasi atteggiamento teniamo provochi altro dolore, altra sofferenza, ed invece di arginare la ferita prodottasi nel cuore, peggioriamo la situazione provocando un'emorragia. Anche mettersi da parte sembra non bastare ed alimenta il dolore.
    In questi momenti, quando tutto sembra crollare addosso a due o più persone, quando pare che per certi problemi non ci sia soluzione, bisognerebbe guardare in alto ed affidarsi alla Volontà di Dio, pregarlo perché ci mandi un'idea su come dirimere una controversia, parlargli con il cuore in mano e chiedere il suo aiuto.
    Da sempre ho questa forza, di non abbattermi mai davanti a nessun problema, di cercare sempre una soluzione avendo ben presente che da solo non potrei mai farcela, che in certi momenti della nostra vita dobbiamo lasciarci andare tra le sue braccia, accettare le soluzioni che non mancherà di metterci dinanzi.
    E' nota la storia dell'Associazione, che coincide con la mia personale, e di come Gesù sia intervenuto nella mia vita allorquando ero disperato per la morte della mia mamma, in un momento in cui la cosa migliore sembrava essere quella di scomparire per sempre, di fuggire lontano da una realtà che mi faceva male. Sono rimasto dinanzi al problema, con la mia sofferenza, con la carne lacerata ed il sangue che scorreva a fiotti da ogni dove. Sono rimasto in piedi, inebetito, ma con gli occhi sempre rivolti a Dio, l'ho pregato tantissimo di intervenire nella mia vita, ed allora come oggi e in tutto il mio cammino l'ho sempre avuto al mio fianco. Non mi ha spianato la strada, non sempre almeno, mi ha anche tirato le orecchie, mi ha sgridato, ma sempre con l'amore di un padre, sempre con infinita dolcezza anche quando urlavo la mia rabbia e il mio dolore. Il mio obbiettivo principale non è quello di far crescere l'associazione, ma quello di essere un bravo babbo, generoso, disponibile, pieno di attenzioni, dolce e dialogante, brontolone quel tanto che basta per far crescere ed educare con valori e principi i figli che il Signore mi ha mandato. La strada è in salita e sono lontanissimo da quell'obbiettivo ideale che mi sono posto, ma con l'aiuto di Dio e delle persone che Lui mi ha posto accanto, ne sono certo, riuscirò nell'intento rispettando il prossimo e non calpestandolo per arrivare laddove vorrei.
    Vi chiedo una preghiera per me, per farmi capire meglio la sofferenza che è nascosta dietro ogni persona che incontro, siano essi i miei ragazzi o i volontari dell'Associazione, gli amministratori pubblici o i contatti virtuali su internet.
    Esserci per gli altri, così come il Signore c'è sempre per noi.

  32.  

    Addì 20 aprile 2013

    Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?».
    Gesù, conoscendo dentro di sé che i suoi discepoli proprio di questo mormoravano, disse loro: «Questo vi scandalizza?
    E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima?
    E' lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita.
    Ma vi sono alcuni tra voi che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito.
    E continuò: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre mio».
    Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui.
    Disse allora Gesù ai Dodici: «Forse anche voi volete andarvene?».
    Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna;
    noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio»

    Giovanni 6,60-69

  33.  

    Forse anche voi volete andarvene?

    Gli amici si vedono nel momento del bisogno.
    Avete visto quante persone vi sono vicine quando le cose vanno bene, quando siete allegri e sorridenti, pieni di energia e vitalità, spiritosi, senza problemi a spendere. Ma quante vi sono accanto nel momento del bisogno? Chi è disposto a sopportare la tristezza che aleggia in voi? Chi vi tiene la mano se soffrite o avete paura? Chi vi consola se perdete il lavoro o se dovete subire un processo? Tutti si allontanano dalla tristezza, quasi fosse una malattia infettiva senza cura.
    Perché molti politici parlano a mezzi termini e non sono chiari sulle cose che vogliono? per la paura di perdere consensi. Spesso non prendiamo posizioni per timore che la gente ci possa giudicare o allontanare.
    Dico sempre ai miei ragazzi che la qualità di un rapporto è molto più importante della quantità di amici che si possano avere. A cosa varrebbe avere cento amici che ogni giorno ti cercano perché sei l'anima della compagnia, ma poi quando hai un momento di tristezza ti girano tutti le spalle?
    Prima che morisse la mia mamma ero pieno di amici, la mia casa era un luogo dove si faceva una festa quasi tutte le settimane, varcavano la porta gli amici degli amici e tutti erano accolti con grande gioia. Tutti bravi ragazzi, ben educati, con bei valori. Il giorno del funerale la chiesa era invasa da persone di tutte le età ed ero attorniato da tutti coloro che mi conoscevano. Ma il giorno dopo tanti di loro avevano da fare, e così il giorno dopo ancora, ed il sabato successivo, i giorni di festa. Pian piano si erano defilati tutti. La mia casa non era più aperta alle feste e c'era aria di tristezza. Certamente stavo attraversando un momento non facile della mia vita ed ero molto difficile da trattare.
    Le disavventure, la tristezza, gli ostacoli costituiscono nel nostro percorso un filtro attraverso il quale in pochi decidono di passare.

  34.  

    Addì 21 aprile 2013

    Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
    Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano.
    Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio.
    Io e il Padre siamo una cosa sola»

    Giovanni 10,27-30

  35.  

    Nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio

    Quando siamo bambini la nostra mano si unisce a quella del nostro papà. Per noi è l'uomo più forte del mondo, colui in grado di difenderci sempre da ogni attacco esterno, la persona che più di tutte ci può proteggere. Affidarci a lui, mettersi nelle sue mani, addormentarsi tra le sue braccia tranquilli, senza pensieri è una sensazione che da adulti vorremmo continuare a provare. Vorremmo, ma siamo presi da mille preoccupazioni, dal lavoro, dai figli, dalle malattie, dalla paura della morte, e quanto altro ancora. Eppure abbiamo un Padre che ci protegge, che ci ama perché suoi figli, un Padre forte dalla cui mano nessuno potrà rapirci.
    Molti bambini non hanno avuto un papà, non hanno conosciuto l'amore di Dio e sono cresciuti senza sentirsi protetti, abituati a difendersi da soli sin da piccoli. Si fortificano, maturano prima, devono farlo per sopravvivere in un mondo di adulti che li vorrebbe sfruttare. Molti non ce la fanno ad uscire da questo tunnel se non trovano una mano disposta ad aprirsi per loro. Dapprima una mano che si apre mostrando da lontano che è vuota, che non stringe una cinghia. Poi una mano che si avvicina lentamente e li sfiora per dar loro una carezza, e non un movimento forte che porta dolore su ogni parte del corpo. Infine una mano capace di abbracciarli e donare loro quel calore che mai hanno provato.
    Vedo chi è lontano da Dio, chi non lo conosce come un bambino che il Signore vuole prendere in affidamento, al quale si avvicina lentamente per non impaurirlo, con il quale ha pazienza nell'attesa che sia pronto a farsi abbracciare.
    Pensate a quanto bisogno abbiamo di amore, di protezione, di sicurezza e doniamo la nostra forza ed il nostro cuore a tutti quei bambini che non hanno avuto la fortuna di nascere in una famiglia che li ami e li rispetti.

  36.  

    Addì 22 aprile 2013

    «In verità, in verità vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante.
    Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore.
    Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori.
    E quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina innanzi a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce.
    Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei».
    Questa similitudine disse loro Gesù; ma essi non capirono che cosa significava ciò che diceva loro.
    Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore.
    Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati.
    Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo.
    Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza

    Giovanni 10,1-10

  37.  

    Io sono la porta delle pecore

    Spesso, rinchiusi nel recinto della vita, relegati in un angolo dai nostri problemi non vediamo l'ora di uscirne, di godere della libertà, di brucare felici fuori dall'ovile. Ed è giusto anelare ad avere la possibilità di muoverci in libertà ed autonomia, smettere di ricevere ciò che altri pensano sia giusto per noi e cercarci il cibo per conto nostro, decidere quale sia l'erba migliore per noi.
    Così quando qualcuno arriva ad aprirci siamo ben felici di seguirlo. Non ci facciamo molti problemi perché apertura significa libertà, ed essa è per noi fonte di gioia. Poco importa se il pertugio da quale veniamo fatti uscire sia o meno la porta, in cancello principale, l'importante è andare fuori.
    Ma dovremmo riflettere sul perché non veniamo fatti uscire dall'ingresso principale, perché la voce di chi ci chiama è così diversa dal solito e, sopratutto, renderci conto che uscendo da un'altra parte non sappiamo dove andremo, mentre se uscissimo dal cancello saremmo al sicuro con il pastore che sempre ci ha ricondotto a casa sani e salvi, protetti dai lupi famelici che altro non aspettano che approfittarsi di un nostro sbandamento.
    Così molti ragazzi che arrivano all'adolescenza idealizzano ogni forma di vita che non sia quella che passa attraverso un sacrificio. Molti abbandonano la scuola perché i loro amici dicono di farlo e passano giornate belle e spensierate al mare, a fumare, a divertirsi sessualmente, senza pensare al domani, senza riflettere sulle conseguenze della loro ingenuità. Genitori che li richiamano all'ordine, professori che li consigliano restano inascoltati perché il desiderio di inebriarsi di vita è troppo forte per loro.
    Molti sono coloro che, magari anche in buona fede, tentano di sottrarci alla nostra famiglia, al nostro ruolo nella società. Si mostrano come coloro che possono darci gioie e piaceri, ci illustrano un mondo dove ci sia gioia e nessun dolore. Ma la realtà è ben diversa dalla fantasia e prima o poi l'amore dell'amante svanisce ed arrivano i problemi, la bella vita spensierata finisce ed arriva la ricerca di un lavoro per mantenersi, il desiderio di avere un consiglio si fa prepotente ma nessuno ha la parola giusta per rinfrancare lo spirito ferito.
    E' indubbiamente faticoso attendere il pastore, passare dalla porta grande all'ora stabilita, andare sempre nello stesso prato a strappare l'erba, ma alla lunga tutto ciò avrà un senso, impareremo a conoscere la vita e riusciremo a cavalcare l'onda e a non farci travolgere, saremo sempre protetti dal pastore e potremo usare le armi dei valori e dei principi imparati con il Vangelo per fronteggiare i nostri nemici, coloro che vorrebbero mangiarci approfittandosi di noi e della nostra debolezza.
    Qualunque ragazzo scalpita per il desiderio di avere una propria vita indipendente, si schiera con chiunque gli prometta ciò che desidera, è pronto a rinunciare alla sicurezza in cambio di una vita che pensa possa essere migliore.
    Quanti vedono in altre famiglie la soluzione ai loro problemi, quanti credono che l'erba del vicino sia sempre più verde e si avvicinano a quel prato. Ma ogni pascolo ha l'erba buona e quella cattiva, ha i suoi problemi e lasciare una sicurezza per qualcosa che non si conosce può essere pericoloso.

  38.  

    Addì 23 aprile 2013

    Ricorreva in quei giorni a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era d'inverno.
    Gesù passeggiava nel tempio, sotto il portico di Salomone.
    Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando terrai l'animo nostro sospeso? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente».
    Gesù rispose loro: «Ve l'ho detto e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste mi danno testimonianza; ma voi non credete, perché non siete mie pecore.
    Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
    Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano.
    Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio.
    Io e il Padre siamo una cosa sola»

    Giovanni 10,22-30

  39.  

    Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute

    Dare la vita per una persona, per un figlio, per la moglie, per il marito, per i propri genitori.
    Questa frase richiama alla mente l'estremo sacrificio: morire al posto di qualcuno. Gettarsi in acqua per salvare chi sta annegando, proporsi per la fucilazione al posto di un altro, scagliarsi contro l'assassino per far fuggire la vita designata.
    Sono atti estremi, di grande eroismo, ma che accadono raramente, eppure ogni giorno c'è chi da la vita per gli altri, il dono piccolo, silenzioso quotidiano, una lacrima di linfa vitale ogni giorno. Provate a mettere in un bicchiere una goccia d'acqua, una sola. Chi passerà e vedrà quella coppa non si accorgerà di quella minuscola quantità di acqua. Il giorno dopo aggiungetene un'altra, e poi un'altra ancora il dì seguente, e così via. Dopo un anno ci sarà una buona quantità di liquido che chiunque potrà vedere, sarà sotto gli occhi di tutti, ma nessuno potrà mai dire quante lacrime ci siano dentro, quanto sacrificio in quel bicchiere per far crescere un figlio. E mentre sei lì che ancora continui a donare la tua vita, che fai progetti sul bicchiere quando sarà pieno, arriva qualcuno che lo beve in un sol sorso, senza centellinarlo, senza assaporarlo. Il nome di colui che beve può essere "droga", oppure "sbando", ma anche "fidanzato o fidanzata". Non è sbagliato, fa parte della libertà che lasciamo ai figli, vi inseriamo la nostra linfa vitale, con sacrificio, giorno dopo giorno, privandoci di tutto per donare loro valori, educazione, principi, cultura. Quelle gocce, che sono diventate una gustosa bevanda dissetante, vogliono uscire dal bicchiere, farsi assaporare da altri, una forza che i nostri figli vogliono giustamente condividere con coloro che, per brevi o lunghi tratti, saranno compagni di vita.
    Ci sono figli che pur dandosi agli altri restano legati alla famiglia, ne condividono gioie e dolori, discutono e magari litigano per riconquistare un rapporto bruscamente interrotto perché sono grati a chi ha dato loro la linfa vitale che oggi li vede uomini e donne rispettati ed amati. Altri che purtroppo covano sotto la cenere odi e rancori, ingigantiscono i no vedendoli come gravi limitazioni alla loro vita sociale, che si fidano di chiunque fa loro un sorriso, e si dimenticano di chi li ha accolti, amati, sostenuti, consolati vedendo nel prossimo, in chiunque, la via di fuga per la salvezza eterna, per il compimento della loro vita di adulti.
    La differenza sta nel dialogo. Chi parla, si confronta ed anche litiga aggiunge valore e sapore a quella bevanda che tutti, genitori, insegnanti, allenatori, amici hanno contribuito a confezionare. Ma chi non dialoga, chi costruisce i propri castelli in aria ed autonomamente prende le proprie decisioni senza parlarne rischia di ritrovarsi lontano dall'amore e di ritrovarsi solo a piangere per aver sprecato la propria vita, incapace di tornare sui propri passi per l'incapacità di chiedere scusa ed affrontare una discussione che possa essere costruttiva.

  40.  

    Addì 24 aprile 2013

    Gesù allora gridò a gran voce: «Chi crede in me, non crede in me, ma in colui che mi ha mandato;
    chi vede me, vede colui che mi ha mandato.
    Io come luce sono venuto nel mondo, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre.
    Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo.
    Chi mi respinge e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho annunziato lo condannerà nell'ultimo giorno.
    Perché io non ho parlato da me, ma il Padre che mi ha mandato, egli stesso mi ha ordinato che cosa devo dire e annunziare.
    E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico come il Padre le ha dette a me»

    Giovanni 12,44-50

  41.  

    Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno

    Chi siamo noi per poter condannare qualcuno?
    Se per ogni nostra azione sbagliata ricevessimo il giudizio non tanto sull'azione, quanto sulla nostra persona, chi si salverebbe?
    Purtroppo capita spesso di condannare qualcuno per qualcosa che ha fatto, metterlo da parte, indicarlo come il grande peccatore, l'errore vivente, la persona da non frequentare e da scansare. Ma chi siamo per fare questo? Nel Vangelo anche il Signore ci dice "Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo. Chi mi respinge e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho annunziato lo condannerà nell'ultimo giorno". Nell'ultimo giorno, alla fine di tutto spetterà a Dio fare un giudizio sul bene e sul male che abbiamo fatto, non certo a noi ad ogni azione del nostro prossimo.
    E' facile cadere in tentazione e puntare il dito quando vediamo brutte azioni nell'altro, ma nostro dovere di cristiani se credete, ma anche se non avete Fede per migliorare la nostra società, è quello di correggere con pazienza gli errori degli altri, dei nostri figli, dei genitori, degli insegnanti.
    Quando un bambino arriva da noi, sia in diurno che in residenziale, ha una valigia più o meno grande piena di errori. E' colpa loro? Certo che no, gli è stato insegnato a comportarsi in un certo modo. Allora è colpa dei genitori? Certo che no, perché anche a loro è stato insegnato un certo comportamento. Ed allora di chi è la colpa?
    Ma cosa ve ne importa di chi lo sia, cosa vi importa di giudicare e addossare sempre una colpa a qualcuno? Non giochiamo a fare Dio, ad essere i salvatori dell'umanità, limitiamoci a correggere il tiro, ad insegnare a chi possiamo che certe azioni non sono buone, che ci sono alternative al loro comportamento. Insegniamolo con l'esempio e con la parola, facciamo loro vedere e provare come l'amore vinca sull'odio.
    Ma se giudichiamo, se condanniamo riusciremo solo ad impartire loro una lezione, quella di cercare di essere più furbi degli altri, di comportarsi in maniera truffaldina.
    Pensate che esempio e dialogo bastino a cambiare qualcuno, a spezzare una catena che dura da generazioni?
    A volte si, a volte no, ma quale alternativa abbiamo?
    Difficilmente chi entra in prigione ne esce migliore, ma chi viene messo alla prova, colui al quale viene data un seconda possibilità, la capacità di dimostrare quanto egli valga, si impegnerà fino allo spasimo per far vedere il suo valore.

  42.  

    Addì 25 aprile 2013

    Gesù disse loro: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura.
    Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato.
    E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove,
    prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
    Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio.
    Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l'accompagnavano

    Marco 16,15-20

  43.  

    Partirono e predicarono dappertutto

    Se crediamo in qualcosa abbiamo il desiderio di comunicare ciò in cui crediamo a tutti coloro che incontriamo, anzi andiamo a bussare alle porte per raccontare la nostra gioia.
    Così è certamente per la Fede, ma non solo, anche per ogni principio fatto nostro. Io credo nell'affido e cerco ogni luogo ove poterne parlare, ogni testata giornalistica dove poter fare un articolo, ogni forum o gruppo nel quale far ascoltare la voce silenziosa di tanti bambini maltrattati. C'è chi crede nella natura, nella tutela degli animali, nel disarmo, nella politica. Ognuno a proprio modo sparge il seme di ciò che ha imparato e condiviso. Così chi ha Fede farà di tutto per far conoscere al prossimo ciò che prova e che sente, non per convincere, ma per dare un proprio punto di vista.
    La sera con i ragazzi, quando facciamo la nostra riunione serale, prendiamo una frase del Vangelo e la commentiamo cercando in essa i valori che siano validi non solo per chi creda in Dio, ma sopratutto per chi non crede. Altrimenti sarebbe come parlare di affidamento con chi ha già accolto un bimbo nella propria famiglia. Utile fortificarsi e parlarne, certamente, ma è sicuramente più importante confrontarsi con chi sia lontano da tale esperienza, non per convincerlo, ma per fargli capire che esiste una realtà ed una chiave di lettura che forse ancora non conoscono, non per colpa, ma per le circostanze della vita.
    Il dialogo sulla Fede deve essere instaurato con tutti, ma in special modo con coloro che sono lontani da Dio per i motivi più disparati che non spetta certo a noi giudicare. Non è convincimento, ma amore nel donare quello che per noi è passione, spiegazione della vita, valori da seguire, proposta per un continuo miglioramento e crescita.

  44.  

    Addì 26 aprile 2013

    «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me.
    Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l'avrei detto. Io vado a prepararvi un posto;
    quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io.
    E del luogo dove io vado, voi conoscete la via».
    Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?».
    Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me

    Giovanni 14,1-6

  45.  

    Non sia turbato il vostro cuore

    Quando capita una disgrazia, quando vediamo davanti a noi il peggio che la vita possa riservarci, quando il pessimismo ci assale le gambe tremano, le ginocchia si piegano ed il cuore è turbato da mille incubi. Ciò che è male diventa il peggio del peggio e non riusciamo a scorgere una via d’uscita a quella situazione tanto dolorosa. Ti interroghi se avessi potuto fare di più, se un rimprovero in meno avrebbe cambiato la situazione, se un consulto preventivo avrebbe portato ad una guarigione. Tutte domande che non troveranno risposta. Ed allora quale strada seguire? Come affrontare le situazioni che ci fanno stare male?
    Ognuno forse ha trovato il suo modo per reagire, per non soffrire, per accettare ciò che ci capita. Io leggo nel Vangelo questa frase “Non sia turbato il vostro cuore”. A dirmelo non è uno chiunque, è questo Gesù che ci ha lasciato valori e principi, che ha parlato di amore, che ha dato una speranza. Si può non credere che sia figlio di Dio, ma non possiamo non credere alla sua dottrina, a ciò che ha insegnato con la parola e con la sua stessa vita.
    Quando siete bambini vi fidate ciecamente delle parole dei vostri genitori, così faccio io nei riguardi di Dio che considero mio Padre. Siamo immaturi rispetto a Lui e dobbiamo fidarci delle sue parole.
    Per esperienza posso dire che ogni volta che ho affrontato un brutto momento, ho sempre guardato in alto e ho affidato la mia sofferenza al Signore. Gli ho chiesto di trasformarla in amore e Lui lo ha fatto. Non bisogna pensare che il male si trasformi in situazioni a noi favorevoli, ma è certo che ogni dolore, ogni dispiacere porta con sé il germe dell’amore. Magari non ne saremo noi i befeciari, forse i nostri figli, o forse un nostro fratello che ha sofferto più di noi. A me non importa saperlo perché ho la certezza che quel dolore si trasformerà in gioia ed amore per qualcuno, e tanto mi basta affinché il mio cuore non sia turbato.

  46.  

    Addì 27 aprile 2013

    Se conoscete me, conoscerete anche il Padre: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».
    Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta».
    Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre?
    Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere.
    Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse.
    In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre.
    Qualunque cosa chiederete nel nome mio, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio.
    Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.

    Giovanni 14,7-14

  47.  

    Chi crede in me, compirà le opere che io compio

    Da bambini leggiamo un libro sui pirati e subito fantastichiamo di essere il terrore dei sette mari, sfogliamo le pagine dei tre moschettieri e ci ritroviamo a sventolare un bastone credendolo una spada con la quale sconfiggere i cattivi. Da grandi ci immedesimiamo in artisti di successo, grandi imprenditori, chirurghi di fama mondiale o premi nobel. Ci vediamo nei panni di questo o quello e ci caliamo nella parte sognando grandi successi. Come sarebbe bello se i nostri figli si calassero nei panni di Gesù. Credere o non credere non è importante per calcare le orme di questo grande uomo che ha fatto grandi prodigi, ha amato anche chi lo perseguitava, ha insegnato la non violenza, il perdono, l'amore verso il prossimo, la solidarietà, l'attaccamento ai bambini e ai più deboli.
    Che bello cercare nella nostra vita di assomigliare a Gesù.
    Credere in Lui, credere nelle sue opere, credere nei suoi insegnamenti e cercare di imitare le opere da Lui compiute migliorerebbe il mondo, anche senza necessariamente credere che sia il figlio di Dio.
    Quando un bambino arriva in affido o in adozione non conosce il luogo dove è stato inserito, non conosce valori e principio che animano quella famiglia e tanto meno conosce le persone che lo hanno accolto. Pian piano li studia, li apprezza, li accetta e nasce così la fiducia in loro. Il bambino è portato ad imitare i loro gesti, adeguarsi alle loro abitudini, cominciare a ragionare come loro.
    Così dovrebbe essere per noi. Siamo figli di Dio e come tali dovremmo guardare al Signore, imitarlo, fare nostri i suoi principi e riproporli ad altri.
    Se facessimo così, credenti e non credenti, costruiremmo un mondo migliore, fatto di amore, perdono, pace, altruismo.

  48.  

    Addì 28 aprile 2013

    Quando Giuda fu uscito, Gesù disse : «Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e anche Dio è stato glorificato in lui.
    Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.
    Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete, ma come ho già detto ai Giudei, lo dico ora anche a voi: dove vado io voi non potete venire.
    Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri.
    Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri»

    Giovanni 13,31-33a.34-35