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  1.  

    Addì 14 marzo 2013

    Se fossi io a render testimonianza a me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera;
    ma c'è un altro che mi rende testimonianza, e so che la testimonianza che egli mi rende è verace.
    Voi avete inviato messaggeri da Giovanni ed egli ha reso testimonianza alla verità.
    Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché possiate salvarvi.
    Egli era una lampada che arde e risplende, e voi avete voluto solo per un momento rallegrarvi alla sua luce.
    Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato.
    E anche il Padre, che mi ha mandato, ha reso testimonianza di me. Ma voi non avete mai udito la sua voce, né avete visto il suo volto,
    e non avete la sua parola che dimora in voi, perché non credete a colui che egli ha mandato.
    Voi scrutate le Scritture credendo di avere in esse la vita eterna; ebbene, sono proprio esse che mi rendono testimonianza.
    Ma voi non volete venire a me per avere la vita.
    Io non ricevo gloria dagli uomini.
    Ma io vi conosco e so che non avete in voi l'amore di Dio.
    Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi ricevete; se un altro venisse nel proprio nome, lo ricevereste.
    E come potete credere, voi che prendete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene da Dio solo?
    Non crediate che sia io ad accusarvi davanti al Padre; c'è già chi vi accusa, Mosè, nel quale avete riposto la vostra speranza.
    Se credeste infatti a Mosè, credereste anche a me; perché di me egli ha scritto.
    Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?»

    Giovanni 5,31-47

  2.  

    Se fossi io a render testimonianza a me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera

    Come non commentare oggi l'elezione di Papa Francesco?
    Il Signore ci parla in mille modi diversi, con avvenimenti, coincidenze, allusioni.
    In un momento di crisi ci vogliono dei cambiamenti radicali e tutti noi speriamo che l'elezione di Papa Francesco sia indice di questa innovazione.
    I presupposti ci sono tutti, un percorso che parte dalla povertà, il primo ad essere eletto dal nuovo mondo, un nome che riporta il pensiero alla grande rivoluzione messa in atto dal poverello di Assisi, un cardinale che doveva essere eletto papa già sette anni fa, ma forse non era ancora il momento giusto, forse c'era bisogno di Benedetto XVI per staccare da Giovanni Paolo II, forse c'era un progetto nel cuore di molti o forse solo nel cuore di Dio, ma una cosa è certa, oggi abbiamo tra noi Papa Francesco ed è come un nuovo inizio, così come per un bambino è cominciare un quaderno nuovo con tutti i migliori propositi di fare bene.
    Il Signore ci parla e chiede a tutti noi e alla Chiesa di fare un passo indietro, alla povertà e non alla ricchezza, all'umiltà e non alle conferenze politiche, non fosse altro per quel nome, Francesco, che sarà sempre un monito per tutti qualsiasi cosa il Papa potrà fare da oggi fino alla fine dei suoi giorni.

  3.  

    Addì 15 marzo 2013

    Dopo questi fatti Gesù se ne andava per la Galilea; infatti non voleva più andare per la Giudea, perché i Giudei cercavano di ucciderlo.
    Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, detta delle Capanne;
    Ma andati i suoi fratelli alla festa, allora vi andò anche lui; non apertamente però: di nascosto.
    Intanto alcuni di Gerusalemme dicevano: «Non è costui quello che cercano di uccidere?
    Ecco, egli parla liberamente, e non gli dicono niente. Che forse i capi abbiano riconosciuto davvero che egli è il Cristo?
    Ma costui sappiamo di dov'è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia».
    Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò: «Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure io non sono venuto da me e chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete.
    Io però lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha mandato».
    Allora cercarono di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettergli le mani addosso, perché non era ancora giunta la sua ora

    Giovanni 7,1-2.10.25-30

  4.  

    Ecco, egli parla liberamente, e non gli dicono niente

    Insegno sempre ai miei ragazzi che quando non abbiamo nulla da nascondere, quando riteniamo di aver fatto bene il nostro dovere, anche se qualcuno parla male di noi, anche se le istituzioni ci osteggiano, la cosa giusta da fare è quella di non nascondersi, di mostrarsi agli altri, in pubblico, come si è veramente, in modo che le persone possano farsi una propria opinione obbiettiva sul nostro operato e sulla nostra persona.
    E' la miglior arma contro coloro che vogliono il nostro male.
    La nostra Associazione è stata bersaglio per anni di persone maldicenti con le quali non riuscivamo mai ad avere un dialogo perché si rifiutavano di affrontarci a viso aperto. La costanza e la perseveranza, unite ai buoni risultati ottenuti con i ragazzi, hanno portato tanti muri a cadere, a sgretolarsi, ed oggi si assiste all'approvazione del nostro operato, anche se qualche sacca di invidia rimane in alcune persone.
    La nostra forza è stata sempre quella di non nasconderci, di permettere a chiunque di venire a toccare con mano la nostra realtà, di dire a chi ci parlasse male di noi di fare una qualche denuncia. Mai niente, mai nessuna denuncia, mai nero su bianco. Anzi, un isolamento sempre maggiore di chi voleva per forza vedere qualcosa di marcio nei nostri confronti. L'ultima che ho sentito, per interposta persona quindi andrebbe verificata, è che noi agiamo per interesse. Su questo devo dire che hanno ragione. Agiamo per interesse, interesse per i bambini, interesse per un cambiamento radicale del modus operandi dei servizi sociali. Abbiamo bilanci pubblici ed è facile vedere che sono più i soldi che spendiamo, compresi quelli di tasca nostra, di quanto incassiamo. E' facile vedere che di otto bambini in affido attualmente percepiamo la retta per uno solo di loro. E' facile, ma qualcuno preferisce non guardare e parlare male tanto per dare fiato alla bocca.
    Ma noi, forti dell'esempio di Gesù, non ci scoraggiamo e se qualcuno ci schiaffeggia gli domandiamo, con tranquillità guardandolo negli occhi "Se ho sbagliato, dimmi dove ho sbagliato; ma se non ho sbagliato, perché mi ostacoli?"
    E come Gesù andremo avanti portando ben salde le nostre idee, i nostri principi, consci che potremo sbagliare, ma che alla fine l'amore per i bambini trionferà ed anche i più accaniti delatori dovranno farci passare.

  5.  

    Addì 16 marzo 2013

    All'udire queste parole, alcuni fra la gente dicevano: «Questi è davvero il profeta!».
    Altri dicevano: «Questi è il Cristo!». Altri invece dicevano: «Il Cristo viene forse dalla Galilea?
    Non dice forse la Scrittura che il Cristo verrà dalla stirpe di Davide e da Betlemme, il villaggio di Davide?».
    E nacque dissenso tra la gente riguardo a lui.
    Alcuni di loro volevano arrestarlo, ma nessuno gli mise le mani addosso.
    Le guardie tornarono quindi dai sommi sacerdoti e dai farisei e questi dissero loro: «Perché non lo avete condotto?».
    Risposero le guardie: «Mai un uomo ha parlato come parla quest'uomo!».
    Ma i farisei replicarono loro: «Forse vi siete lasciati ingannare anche voi?
    Forse gli ha creduto qualcuno fra i capi, o fra i farisei?
    Ma questa gente, che non conosce la Legge, è maledetta!».
    Disse allora Nicodèmo, uno di loro, che era venuto precedentemente da Gesù:
    «La nostra Legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?».
    Gli risposero: «Sei forse anche tu della Galilea? Studia e vedrai che non sorge profeta dalla Galilea».
    E tornarono ciascuno a casa sua

    Giovanni 7,40-53

  6.  

    Questi è davvero il profeta!

    Tanti sono stati profeti e qualcuno pensa che Gesù sia stato uno dei tanti.
    La cosa che mi ha sempre colpito è come si faccia a giudicare Cristo come uno dei tanti. Isaia, Geremia, lo stesso Giovanni il Battista e gli altri grandi profeti dicevano "verrà il Figlio di Dio", mentre Lui ha detto "Io sono il Figlio di Dio".
    Non sono nate religioni attorno ai grandi profeti, ma solo attorno alla figura di Gesù, una religione, quella cattolica, che ha resistito alle intemperie del tempo, agli scandali, agli attacchi esterni per duemila anni.
    Ma tutto questo vorrà pur dire qualcosa. Come si fa a non credere a Gesù? Non ha creato un movimento politico, non ha fatto guerre, non è entrato nel governo della città, non è divenuto re, eppure con amore e perseveranza, con il dialogo e la pace in pochi anni del Suo girovagare in un pezzetto di mondo assai limitato ha cambiato il modo di pensare, ha fatto milioni e milioni di seguaci, ha dato speranza e fiducia a chi altrimenti sarebbe nel buio e nella disperazione.
    Ora che si sia tutti dei creduloni, tutti presi da un abbaglio colossale, che tutti i miracoli che sono stati fatti abbiano una ragione scientifica che però da duemila anni nessuno riesce a svelare, mi sembra un non voler ragionare. Non dico che si debba credere per forza, ma anche il non credere è comunque un estremo parimenti irrazionale.
    Sono gli altri a darne testimonianza, sono gli altri a dichiarare che Gesù è il Figlio di Dio.
    I miei ragazzi spesso si abbattono e pensano di non valere, di essere grandi peccatori, incapaci di risorgere, di migliorare, di riuscire nella scuola così come nella vita, ma io dico sempre a ognuno di loro "Tu sei Bruno". "Tu sei Rebeka!", "Tu sei Eleni". Tu... vali tantissimo e loro spesso non ci credono. Pensano che sia abbagliato dall'amore di un padre per i propri figli, che non sia obiettivo, ma quante persone invece mi parlano di loro, dell'educazione ed il rispetto che hanno, dei principi che portano avanti, del coraggio delle loro idee. Sono orgoglioso di loro, di quello che sono oggi, con pregi e difetti. Non so se mai diventeranno grandi medici, scienziati, professori universitari e nemmeno mi interessa. Saranno quello che vorranno essere, saranno quello che il Signore vorrà che siano. Io li vedo oggi, vedo come sono e vedo solo cose belle perché quello che conta è il cuore, tutto il resto è contorno. Ed anche se sbagliano, anche se non si impegnano, anche se sbuffano, anche se si lamentano perché vorrebbero avere sempre di più al pari di ogni adolescente, io vedo il loro cuore, lo tocco con mano ogni giorno e sono certo che se tutti avessero la metà dei loro sentimenti, il mondo sarebbe senz'altro migliore.

  7.  

    Addì 17 marzo 2013

    In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi.
    Ma all'alba si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui ed egli, sedutosi, li ammaestrava.
    Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo,
    gli dicono: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio.
    Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?».
    Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra.
    E siccome insistevano nell'interrogarlo, alzò il capo e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei».
    E chinatosi di nuovo, scriveva per terra.
    Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi. Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo.
    Alzatosi allora Gesù le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?».
    Ed essa rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù le disse: «Neanch'io ti condanno; và e d'ora in poi non peccare più»

    Giovanni 8,1-111

  8.  

    Chi di voi è senza peccato, scagli la prima pietra

    Quante pietre lanciamo ogni giorno, quante volte condanniamo il nostro prossimo, quante volte giochiamo a fare Dio. Eppure Gesù ci insegna in modo inequivocabile a non giudicare. Senza andare tanto lontano guardiamo nelle nostre parrocchie, nel proprio ambiente, sul posto di lavoro, tra i banchi di scuola quante dita puntate contro questo o quello. Non si guarda a quanto di buono abbia fatto una persona, si cerca il male per poterlo giudicare, per farlo passare per "cattivo" per "peccatore".
    Per cosa lo facciamo? E' evidente, perché giudicando gli altri, sminuendoli possiamo esaltare la nostra persona. E' un po' come dire "vedi quello ha fatto questo" e con ciò si lascia intendere che noi quella cosa non la facciamo, anche se magari ne facciamo di peggio.
    A volte penso che la Chiesa stessa sia pronta a giudicare, come nel caso di persone separate. E' un peccato, è vero, ma non così grande da impedire a quella persona di avvicinarsi ai sacramenti. E se poi la separazione è stata subita? Se quella persona non voleva, ma il coniuge se ne è andato da anni? Senza considerare che chi si separa fa un peccato, grave quanto volete, ma uno soltanto, una volta. Ma non era forse Gesù che diceva "perdona settanta volte sette"? Come può la Chiesa arrogarsi il diritto di giudicare? Eppure la stessa Chiesa si contraddice quando accetta, come insegnato nel Vangelo, la confessione come remissione di tutti i peccati che sono stati dichiarati.
    Da oltre ventisei anni mi occupo di bambini e ragazzi che provengono da situazioni difficili, da famiglie problematiche. Di questi nessuno, a memoria mia, ha una famiglia canonica, regolare, con un papà ed una mamma regolarmente sposati. In moltissimi casi le mamme sono coloro che hanno più subito la violenza del marito, spesso picchiate, violentate, abusate in mille modi, fatte prostituire e qualora abbiano il coraggio di ribellarsi, di fuggire dal loro aguzzino, magari anche per proteggere i propri figli, vengono condannate a restare fuori dai sacramenti, viene detto che la Chiesa non perdona il loro peccato. Quale peccato? Quello di voler evitare a sé e al figlio ulteriori violenze?
    Purtroppo quest'aria di giudizio e di condanna è nell'aria e si avvisa bene in certi momenti della nostra vita, un'aria che i ragazzi respirano. Come possiamo poi far loro capire che devono perdonare i torti subiti perché ce lo insegna il Signore, quando proprio la Chiesa non persona i loro genitori?
    Non lamentiamoci poi se nelle nostre parrocchie i giovani sono sempre meno, la colpa è anche nostra perché la Chiesa siamo noi. Noi accettiamo e spesso subiamo. Non si devono fare le rivoluzioni, ma si deve avere il coraggio di dire la propria, anche se questo vuol dire attirarsi qualche antipatia, ma il dialogo passa attraverso le opinioni contrarie ed è così che cresciamo, con il dialogo.

  9.  

    Addì 18 marzo 2013

    Di nuovo Gesù parlò loro: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita».
    Gli dissero allora i farisei: «Tu dai testimonianza di te stesso; la tua testimonianza non è vera».
    Gesù rispose: «Anche se io rendo testimonianza di me stesso, la mia testimonianza è vera, perché so da dove vengo e dove vado. Voi invece non sapete da dove vengo o dove vado.
    Voi giudicate secondo la carne; io non giudico nessuno.
    E anche se giudico, il mio giudizio è vero, perché non sono solo, ma io e il Padre che mi ha mandato.
    Nella vostra Legge sta scritto che la testimonianza di due persone è vera:
    orbene, sono io che do testimonianza di me stesso, ma anche il Padre, che mi ha mandato, mi dà testimonianza».
    Gli dissero allora: «Dov'è tuo padre?». Rispose Gesù: «Voi non conoscete né me né il Padre; se conosceste me, conoscereste anche il Padre mio».
    Queste parole Gesù le pronunziò nel luogo del tesoro mentre insegnava nel tempio. E nessuno lo arrestò, perché non era ancora giunta la sua ora


    Giovanni 8,12-20

  10.  

    Io sono la luce del mondo

    Avete presente quelle strade buie di periferia, oppure di collegamento tra un paese ed un altro?
    Se non conosciamo il percorso ci prende un po' di paura, anche se abbiamo il navigatore. Pensiamo "E se adesso mi si ferma la macchina?".
    Se il cammino della nostra vita è regolare, è tranquillo magari non ci spaventiamo più di tanto, convinti di avere dalla nostra la buona sorte, il telefono carico, il pieno di benzina, l'auto appena revisionata.
    Ma il buio spaventa maggiormente quando arrivano le intemperie, un forte vento che sposta l'auto, il cellulare che non prende, il navigatore satellitare che continua a dirmi "se possibile effettuare inversione a U". Guardiamo l'orologio e vediamo che il sole ci metterà ancora parecchio tempo prima di sorgere.
    Ecco allora che in quel momento pensiamo "Che bello sarebbe avere un po' di luce che illumini il cammino".
    Immaginatevi su quella strada buia, con la macchina che fa i capricci, senza campo sul cellulare ed il navigatore in tilt, e ad un certo punto arrivasse un fascio di luce potentissimo dall'alto che rischiarasse il cammino davanti a voi. Che gioia sarebbe, come ci si sentirebbe sollevati ed avremmo la forza di reagire a quel momento di sconforto che ci stava attanagliando e togliendo il respiro. Una speranza, quella di vedere meglio la strada da percorrere, o di poter capire nel motore cosa c'è che non va, o vedere qualcuno in lontananza che possa darci una mano. Forse la luce non rappresenterà la fine dei miei problemi, ma certamente mi darà maggior coraggio per affrontare le insidie della vita.
    E se è difficile trovarsi con l'auto in certe condizioni oggigiorno, non è certo improbabile avere un periodo difficile da affrontare per una malattia, la morte di qualcuno caro, la perdita del lavoro, lo sfratto da casa, il marito o la moglie che ci lasciano. Ed ecco che la luce, i principi che Dio ci manda attraverso il Vangelo, ci daranno forza e sostegno per reagire alle avversità, la speranza in un domani più sereno.

  11.  

    Addì 19 marzo 2013

    Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo.
    Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo.
    Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto.
    Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo.
    Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
    Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.

    Matteo 1,16.18-21.24a

  12.  

    Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati

    Lo Spirito Santo ci indica la strada ogni giorno. Il Vangelo di oggi ci porta alla nascita di Gesù, Colui che salverà il mondo dai suoi peccati. Gesù nasce ogni giorno in mezzo a noi e non è certo un caso che oggi, 19 marzo 2013, ci sia l'intronizzazione di Papa Francesco, colui al quale tutti guardano come a colui che in nome del Signore avrà la possibilità di salvare tante persone, dando speranza a chi ha sbagliato, certezze a chi vacilla, indirizzo a chi cerca la propria strada, operai per la messe del Signore.
    Oggi è anche il giorno in cui si celebra San Giuseppe, al quale Papa Francesco è devoto, tanto da inserire nel suo stemma il fiore di nardo che rappresenta proprio il padre "terreno" di Gesù.
    San Giuseppe è il primo papà affidatario della storia, il primo a ricevere questo grande incarico dal più alto dei Giudici.
    Una figura che è presente nella vita di Gesù, fondamentale per la Sua crescita, ma sempre un passo indietro rispetto al padre vero di Cristo.
    Così deve essere nell'affidamento, si deve accudire il bambino che ci viene dato come se fosse un figlio, proteggerlo, amarlo, insegnargli, ma essere pronti a lasciarlo andare per la sua strada che lo condurrà a creare una sua famiglia e ad andare verso la famiglia di origine, mantenendo un legame con quella affidataria, un legame indissolubile e diverso, ma non per questo meno forte ed intenso.
    Auguri a tutti i papà, specie quelli affidatari, ma in fin sei conti tutti i papà sono "affidatari" perché tutti i figli sono figli di Dio.

  13.  

    Addì 20 marzo 2013

    Gesù allora disse a quei Giudei che avevano creduto in lui: «Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli;
    conoscerete la verità e la verità vi farà liberi».
    Gli risposero: «Noi siamo discendenza di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi tu dire: Diventerete liberi?».
    Gesù rispose: «In verità, in verità vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato.
    Ora lo schiavo non resta per sempre nella casa, ma il figlio vi resta sempre;
    se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero.
    So che siete discendenza di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova posto in voi.
    Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro!».
    Gli risposero: «Il nostro padre è Abramo». Rispose Gesù: «Se siete figli di Abramo, fate le opere di Abramo!
    Ora invece cercate di uccidere me, che vi ho detto la verità udita da Dio; questo, Abramo non l'ha fatto.
    Voi fate le opere del padre vostro». Gli risposero: «Noi non siamo nati da prostituzione, noi abbiamo un solo Padre, Dio!».
    Disse loro Gesù: «Se Dio fosse vostro Padre, certo mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato

    Giovanni 8,31-42

  14.  

    Chiunque commette il peccato è schiavo del peccato

    Ci vantiamo tanto di essere liberi. Liberi dal giogo di una dittatura, liberi nelle nostre abitudini, liberi di fare qualunque cosa ci passi per la mente. Ma siamo sicuri di essere veramente liberi? Non sarà piuttosto un'illusione per addolcire un'amara realtà?
    Ditemi se vi sentite liberi dalla cupidigia, dall'alcool, dalla droga, dalla bramosia di potere, dal voler tenere tutto sotto controllo, liberi di dire la vostra opinione qualunque essa sia in qualunque circostanza a qualunque persona, fosse anche il vostro datore di lavoro o colui che può decidere se darvi un permesso o meno per la vostra attività.
    No, non siamo completamente liberi, ci illudiamo di esserlo perché "libertà" è una bella parola, suona bene, ti fa credere di poter fare qualunque cosa. L'adolescente lo impara alla svelta, è su questo valore che si gioca la vita. Quante volte un ragazzo di circa sedici, diciotto anni decide di prendere un bivio piuttosto che un altro, quante volte decide se studiare o ascoltare la musica, giocare al computer, evitare la scuola per uscire con gli amici. Una volta rappresenta un'eccezione, la seconda un piccolo svago, ma ripetere costantemente questa scelta, anche se in piena libertà, lo condurrà ad essere schiavo della propria ignoranza, perderà l'occasione di farsi una cultura, imparare un mestiere, costruirsi il proprio futuro.
    Una volta cresciuto sarà imprigionato, schiavo dell'errore fatto da ragazzo, gli mancherà qualcosa, avrà poca libertà di poter scegliere un lavoro e dovrà accontentarsi di svolgere mansioni che avrebbe volentieri evitato, costretto ad accettarle per necessità, per sopravvivenza. Quelle catene le ha costruite lui e solo lui potrà spezzarle riprendendo in mano i libri di studio e migliorando le proprie conoscenza. Più tardi lo farà e maggiore sarà il peso che dovrà sopportare.
    La mia mamma smise di studiare a sedici anni, andò a lavorare, poi un giorno la provincia le disse "signora lei è un'ottima professoressa di stenografia e dattilografia, ma per continuare ad insegnare deve prendere un diploma". Con grandissima fatica, io avevo otto, dieci anni, il lavoro, la casa da mandare avanti, un marito ed un figlio da accudire si iscrisse alle serali. Quei due anni che la portarono a prendere il diploma in maniera forzata le insegnarono quanto fosse bello studiare, approfondire, imparare al di là del proprio ambito, così si iscrisse all'università conseguendo la laurea in lettere quattro anni dopo con un voto vicinissimo al massimo. La laurea le aprì nuove opportunità lavorative e si sentì libera di decidere della propria vita, libera di andarsene da un ambiente ostile, libera di fondare una scuola per aiutare tanti ragazzi in difficoltà, sogno che si infranse contro il muro del cancro, ma è morta da donna libera.
    E' così per tutti noi. Siamo legati a mille debolezze e solo abbandonando, non senza lotta e senza fatica, il nostro peccato saremo veramente liberi di poter agire a testa alta senza doversi nascondere, senza la paura che qualcuno ci punti il dito contro e infici il nostro operato.

  15.  

    Addì 21 marzo 2013

    In verità, in verità vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà mai la morte».
    Gli dissero i Giudei: «Ora sappiamo che hai un demonio. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: "Chi osserva la mia parola non conoscerà mai la morte".
    Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti; chi pretendi di essere?».
    Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria non sarebbe nulla; chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: "E' nostro Dio!",
    e non lo conoscete. Io invece lo conosco. E se dicessi che non lo conosco, sarei come voi, un mentitore; ma lo conosco e osservo la sua parola.
    Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e se ne rallegrò».
    Gli dissero allora i Giudei: «Non hai ancora cinquant'anni e hai visto Abramo?».
    Rispose loro Gesù: «In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono».
    Allora raccolsero pietre per scagliarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio

    Giovanni 8,51-59

  16.  

    Se uno osserva la mia parola, non vedrà mai la morte

    Da sempre l'uomo ha accarezzato il mito dell'immortalità per sconfiggere la morte. Addormentarsi con l'idea di un risveglio in terre dove tutte le cose belle della vita possano continuare o avverarsi. Dai Faroni che si facevano mummificare e chiudere con i propri servi e tesori nelle piramidi, fino ai musulmani che credono nel risveglio tra belle donne pronte a soddisfare ogni loro piacere, passando attraverso la reincarnazione in animali.
    Tutto parte da un profondo desiderio egoistico ed è dovuto all'uomo senza alcun giudizio da parte di altri. Se si verificano certe condizioni è automatico che una volta morti ci accada una certa cosa.
    Parlare di morte oggi spaventa, ma per chi ha Fede la morte è il giorno del ricongiungimento a Dio, è il momento della nuova rinascita.
    Il parlare di resurrezione, di Paradiso, di incontro con Dio è diverso per un cattolico rispetto alle altre religioni perché non parte da una nostra esigenza, ma da una promessa fatta da Gesù. In tanti non ci avrebbero nemmeno pensato ad una vita eterna se Cristo non fosse venuto a dirci "guardate che se vi comportate bene ci sarà una gioiosa eternità davanti a voi", quindi, altra differenza, dobbiamo impegnarci tutta la vita per meritarci un così grande premio e sarà Dio a giudicare.
    Infine non si parla di corpo ma di spirito, di una nuova vita, di qualcosa che non conosciamo e non possiamo nemmeno immaginare.
    Ognuno di noi, nel proprio percorso su questa terra muore tantissime volte in varie e diverse occasioni. Muore il bambino per diventare ragazzo, poi muore il ragazzo per divenire uomo. Si chiude con un modo di vivere per abbracciarne un altro. Si cambia lavoro per cercare una situazione che ci dia maggior soddisfazione. A volte sono morti naturali, normali, altre sono da noi provocate come fossero un suicidio, come ad esempio quando si decide di ripudiare moglie o marito a favore di una persona la cui compagnia ci dia maggior piacere.
    Sono tutti esempi di morte e resurrezione, di cambiamento.
    Pensate ad un bambino che viene preso in adozione o in affidamento.
    Lui vive la sua quotidianità che ai nostri occhi può sembrare brutta, ma nella quale il bimbo ha trovato una sua dimensione ed equilibrio.
    Qualcuno decide per lui ed egli non può ribellarsi, qualunque sforzo faccia per restare con la sua famiglia di origine è inutile. Così come sarà Dio a decidere quando giungerà la nostra ora e sarà sempre lui, senza che noi ci si possa ribellare, a decidere cosa ne sarà di noi.
    Il bambino che viene preso da una famiglia adottiva o affidataria è comprensibilmente spaventato, talvolta terrorizzato, come accade ad ognuno quando arriva la morte, perché non sa, non capisce dove andrà a stare, cosa gli accadrà.
    Ci dovrebbero essere delle persone in grado di tranquillizzarlo, di prendergli la mano, di spiegargli cosa gli accadrà. La fiducia in quella persona farà la differenza per la serenità di quel bimbo nel momento del cambiamento, così come la fiducia nelle persone che ci parlano di Dio e della vita eterna farà la differenza nella serenità che avremo andando incontro alla morte.
    Parlare di morte non deve essere un tabù perché è l'unica cosa certa che abbiamo nella vita, ma dobbiamo avere fiducia in Dio, nelle parole proferite da Gesù nel Vangelo, e solo così potremo affrontare la vita a testa alta, senza paura del domani, con gioia e sicurezza, continuando a progettare per il bene degli altri anche a novant'anni perché chi costruisce qualcosa di buono su questa terra a favore del prossimo troverà l'amore di Dio ad accoglierlo in Paradiso.

  17.  

    Addì 22 marzo 2013

    I Giudei portarono di nuovo delle pietre per lapidarlo.
    Gesù rispose loro: «Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre mio; per quale di esse mi volete lapidare?».
    Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un'opera buona, ma per la bestemmia e perché tu, che sei uomo, ti fai Dio».
    Rispose loro Gesù: «Non è forse scritto nella vostra Legge: Io ho detto: voi siete dei?
    Ora, se essa ha chiamato dei coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio (e la Scrittura non può essere annullata),
    a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo, voi dite: Tu bestemmi, perché ho detto: Sono Figlio di Dio?
    Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi;
    ma se le compio, anche se non volete credere a me, credete almeno alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io nel Padre».
    Cercavano allora di prenderlo di nuovo, ma egli sfuggì dalle loro mani.
    Ritornò quindi al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui si fermò.
    Molti andarono da lui e dicevano: «Giovanni non ha fatto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero».
    E in quel luogo molti credettero in lui

    Giovanni 10,31-42

  18.  

    Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non volete credere a me, credete almeno alle opere

    Uno dei nostri ragazzi non va benissimo a scuola, ha un impegno saltuario e discontinuo, ma ieri andando a parlare con i professori ci è stato detto che è maturato tanto rispetto allo scorso anno, che sta crescendo ed ha dentro di sé valori e principi ben radicati improntati all'aiuto del prossimo, accompagnati e sostenuti da una grande Fede.
    Oggi si parla tanto male dei giovani, che sono maleducati, pieni di superbia ed arroganza, senza valori ed in buona misura è vero, ma sono abituato a valutare la parte buona di ogni cosa e devo dire, con grande orgoglio, che i nostri ragazzi portano tutti avanti gli stessi valori, hanno la stessa educazione e rispetto per gli altri. A cosa è dovuto? Principalmente alle loro scelte e alla fatica che hanno accettato di fare nel crescere, nel mettersi in gioco, nell'evitare brutte e spiacevoli situazioni e compagnia, ma molto è dovuto al dialogo, all'ambiente che attraverso la nostra Associazione hanno frequentato, all'amore che è stato loro donato.
    Una delle nostre ragazze ieri diceva "Ho il desiderio di formare una mia famiglia, ma ho il dispiacere nel cuore di lasciare questa". Nella nostra società i ragazzi non vedono l'ora di uscire di casa, di avere la loro libertà, di potersi gestire, di tenere i genitori lontani dalla propria vita il più possibile per poi ricorrervi solo in caso di necessità. I nostri hanno anche delle limitazioni, delle regole che i loro coetanei non hanno, come ad esempio non possiedono il cellulare, e pertanto avrebbero diversi motivi in più per volersene andare. Ma allora cosa li trattiene? Cosa gli impedisce, una volta raggiunta la maggiore età, di andarsene?
    Credo che il collante sia l'amore, il dialogo che in molte famiglie manca, quello spirito che porta molti volontari a desiderare di restare con noi, molti ragazzi ad accettare regole e punizioni. Si rendono conto che stanno crescendo, che la loro maturità è diversa da quella dei compagni di scuola, che la droga, il furto, il razzismo, il rifiuto del prossimo non fanno parte della loro indole.
    Possono arrivarci mille critiche, mille giudizi negativi, ma il frutto del nostro lavoro si vede e si può toccare con mano e questo ci porta ad andare avanti, a passare oltre quando un'assistente sociale dice che facciamo tutto per interesse, oppure una persona a mettere in giro voci cattive.
    Chiunque voglia può venire a trovarci, conoscerci, toccare con mano la nostra realtà ed il comportamento dei ragazzi, gli occhi che brillano, i sorrisi continui parleranno per noi.

  19.  

    Addì 23 marzo 2013

    Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di quel che egli aveva compiuto, credettero in lui.
    Ma alcuni andarono dai farisei e riferirono loro quel che Gesù aveva fatto.
    Allora i sommi sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dicevano: «Che facciamo? Quest'uomo compie molti segni.
    Se lo lasciamo fare così, tutti crederanno in lui e verranno i Romani e distruggeranno il nostro luogo santo e la nostra nazione».
    Ma uno di loro, di nome Caifa, che era sommo sacerdote in quell'anno, disse loro: «Voi non capite nulla
    e non considerate come sia meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera».
    Questo però non lo disse da se stesso, ma essendo sommo sacerdote profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione
    e non per la nazione soltanto, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi.
    Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo.
    Gesù pertanto non si faceva più vedere in pubblico tra i Giudei; egli si ritirò di là nella regione vicina al deserto, in una città chiamata Efraim, dove si trattenne con i suoi discepoli.
    Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione andarono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi.
    Essi cercavano Gesù e stando nel tempio dicevano tra di loro: «Che ve ne pare? Non verrà egli alla festa?»

    Giovanni 11,45-56

  20.  

    Se lo lasciamo fare così, tutti crederanno in lui e verranno i Romani e distruggeranno il nostro luogo santo e la nostra nazione

    Paura è la parola che allontana il cambiamento. Se c'è una situazione sbagliata c'è sempre qualcuno che ha trovato una sua nicchia per star comodo, per trarre vantaggio da quella situazione, qualcuno che ovviamente osteggerà il cambiamento per non vedersi togliere i suoi privilegi. Poche persone, ma forti e al potere al punto da essere in grado di decidere della vita di moltissimi altri.
    E' sempre stato così. Ai tempi di Gesù i farisei decisero di farlo morire perché molti giudei credevano alle sue opere e parole e questo avrebbe inevitabilmente portato alla perdita della loro posizione, del loro potere.
    Pensiamo alle dittature, oppure ai paesi arabi dove pochi comandano e sono nel lusso, mentre milioni di persone soffrono la fame e sono sottomessi.
    Guardiamo anche in casa nostra laddove le persone che molti di coloro che hanno governato, per quanto democraticamente elette, abbiano sempre cercato di trarre vantaggio e profitto dal proprio ruolo a svantaggio degli altri con scambio a pioggia di bustarelle, leggi e favoritismi.
    Anche in molti comuni avviene la stessa cosa, basti pensare a quelle realtà dove i servizi sociali vengono utilizzati al minimo indispensabile per evitare dei costi ed accaparrarsi voti spendendo denaro pubblico in opere spesso inutili. Così a rimetterci sono i bambini, gli anziani e tutte le categorie di persone che avrebbero bisogno di una maggior protezione.
    Ed ecco che però arriva il raggio di luce, la persona che promette un cambiamento ed è logico che tutti coloro che vivono in una situazione di disagio e sottomissione tendano a credere a questa persona, che sia uno che crede veramente in quel che dice o un millantatore. Maggiore è la sua forza e determinazione, maggiore sarà il numero delle persone che crederanno in lui e maggiore sarà la possibilità che un cambiamento possa avvenire.
    Ci sono rivoluzioni pacifiche, come avvenne per alcuni paesi dell'est e sopratutto come nel caso di Gesù che con la sua bontà, coraggio e determinazione ha cambiato il mondo.
    Ci sono altre rivoluzioni che avvengono con guerre e crudeltà come in alcuni casi della primavera araba.
    Altre infine che sono culturali e politiche come quella che stiamo vivendo nel nostro paese in questo periodo.
    Tutte hanno un punto in comune, sono osteggiate da pochi e viste bene da molti.
    Oggi la Chiesa ha un nuovo Papa, una persona che con le sue opere prima ancora che con le parole ci sta facendo sognare una rivoluzione, ma c'è una cosa strana in questo vento di cambiamento, un qualcosa che diverge da tutte le altre "sommosse": il rivoluzionario, colui che professa la povertà della Chiesa non ha fatto una marcia su Roma, non si è imposto a suon di urla e di proclami promettendo mari e monti, non è sceso in piazza dicendo "votate per il mio movimento", anzi ha vissuto la sua vita in umiltà ed in pochi conoscevano il Cardinal Bergoglio ed il suo pensiero prima che divenisse Papa.
    Questa differenza è legata ad una volontà superiore, quella di Dio che ha preparato il terreno per un cambiamento radicale della Chiesa che tutti stavamo aspettando. Se si realizzerà o meno sarà la storia a dirlo, ma chi ha Fede vede in certi segni la presenza e la volontà di Dio e quindi la certezza di un cammino lento ma inesorabile che vedrà l'abbattimento di molti privilegi. Papa Francesco è solo uno strumento nelle mani del Signore, ma il vero autore è Dio stesso e ciò che ha iniziato con lui potrebbe anche terminarlo con altri, ma la cosa bella e importante è che la sua Chiesa ha iniziato a cambiare.

  21.  

    Addì 24 marzo 2013

    Quando fu l'ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui,
    e disse: «Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione,
    poiché vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio».
    E preso un calice, rese grazie e disse: «Prendetelo e distribuitelo tra voi,
    poiché vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non venga il regno di Dio».
    Poi, preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me».
    Allo stesso modo dopo aver cenato, prese il calice dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi».
    «Ma ecco, la mano di chi mi tradisce è con me, sulla tavola.
    Il Figlio dell'uomo se ne va, secondo quanto è stabilito; ma guai a quell'uomo dal quale è tradito!».
    Allora essi cominciarono a domandarsi a vicenda chi di essi avrebbe fatto ciò.
    Sorse anche una discussione, chi di loro poteva esser considerato il più grande.
    Egli disse: «I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno il potere su di esse si fanno chiamare benefattori.
    Per voi però non sia così; ma chi è il più grande tra voi diventi come il più piccolo e chi governa come colui che serve.
    Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve.
    Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove;
    e io preparo per voi un regno, come il Padre l'ha preparato per me,
    perché possiate mangiare e bere alla mia mensa nel mio regno e siederete in trono a giudicare le dodici tribù di Israele.
    Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano;
    ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli».
    E Pietro gli disse: «Signore, con te sono pronto ad andare in prigione e alla morte».
    Gli rispose: «Pietro, io ti dico: non canterà oggi il gallo prima che tu per tre volte avrai negato di conoscermi».
    Poi disse: «Quando vi ho mandato senza borsa, né bisaccia, né sandali, vi è forse mancato qualcosa?». Risposero: «Nulla».
    Ed egli soggiunse: «Ma ora, chi ha una borsa la prenda, e così una bisaccia; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una.
    Perché vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: E fu annoverato tra i malfattori. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo termine».
    Ed essi dissero: «Signore, ecco qui due spade». Ma egli rispose «Basta!».
    Uscito se ne andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono.
    Giunto sul luogo, disse loro: «Pregate, per non entrare in tentazione».
    Poi si allontanò da loro quasi un tiro di sasso e, inginocchiatosi, pregava:
    «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà».
    Gli apparve allora un angelo dal cielo a confortarlo.
    In preda all'angoscia, pregava più intensamente; e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra.
    Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza.
    E disse loro: «Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione».
    Mentre egli ancora parlava, ecco una turba di gente; li precedeva colui che si chiamava Giuda, uno dei Dodici, e si accostò a Gesù per baciarlo.
    Gesù gli disse: «Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell'uomo?».
    Allora quelli che eran con lui, vedendo ciò che stava per accadere, dissero: «Signore, dobbiamo colpire con la spada?».
    E uno di loro colpì il servo del sommo sacerdote e gli staccò l'orecchio destro.
    Ma Gesù intervenne dicendo: «Lasciate, basta così!». E toccandogli l'orecchio, lo guarì.
    Poi Gesù disse a coloro che gli eran venuti contro, sommi sacerdoti, capi delle guardie del tempio e anziani: «Siete usciti con spade e bastoni come contro un brigante?
    Ogni giorno ero con voi nel tempio e non avete steso le mani contro di me; ma questa è la vostra ora, è l'impero delle tenebre».
    Dopo averlo preso, lo condussero via e lo fecero entrare nella casa del sommo sacerdote. Pietro lo seguiva da lontano.
    Siccome avevano acceso un fuoco in mezzo al cortile e si erano seduti attorno, anche Pietro si sedette in mezzo a loro.
    Vedutolo seduto presso la fiamma, una serva fissandolo disse: «Anche questi era con lui».
    Ma egli negò dicendo: «Donna, non lo conosco!».
    Poco dopo un altro lo vide e disse: «Anche tu sei di loro!». Ma Pietro rispose: «No, non lo sono!».
    Passata circa un'ora, un altro insisteva: «In verità, anche questo era con lui; è anche lui un Galileo».
    Ma Pietro disse: «O uomo, non so quello che dici». E in quell'istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò.
    Allora il Signore, voltatosi, guardò Pietro, e Pietro si ricordò delle parole che il Signore gli aveva detto: «Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte».
    E, uscito, pianse amaramente.
    Frattanto gli uomini che avevano in custodia Gesù lo schernivano e lo percuotevano,
    lo bendavano e gli dicevano: «Indovina: chi ti ha colpito?».
    E molti altri insulti dicevano contro di lui.
    Appena fu giorno, si riunì il consiglio degli anziani del popolo, con i sommi sacerdoti e gli scribi; lo condussero davanti al sinedrio e gli dissero:
    «Se tu sei il Cristo, diccelo». Gesù rispose: «Anche se ve lo dico, non mi crederete;
    se vi interrogo, non mi risponderete.
    Ma da questo momento starà il Figlio dell'uomo seduto alla destra della potenza di Dio».
    Allora tutti esclamarono: «Tu dunque sei il Figlio di Dio?». Ed egli disse loro: «Lo dite voi stessi: io lo sono».
    Risposero: «Che bisogno abbiamo ancora di testimonianza? L'abbiamo udito noi stessi dalla sua bocca».
    Tutta l'assemblea si alzò, lo condussero da Pilato
    e cominciarono ad accusarlo: «Abbiamo trovato costui che sobillava il nostro popolo, impediva di dare tributi a Cesare e affermava di essere il Cristo re».
    Pilato lo interrogò: «Sei tu il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici».
    Pilato disse ai sommi sacerdoti e alla folla: «Non trovo nessuna colpa in quest'uomo».
    Ma essi insistevano: «Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea fino a qui».
    Udito ciò, Pilato domandò se era Galileo
    e, saputo che apparteneva alla giurisdizione di Erode, lo mandò da Erode che in quei giorni si trovava anch'egli a Gerusalemme.
    Vedendo Gesù, Erode si rallegrò molto, perché da molto tempo desiderava vederlo per averne sentito parlare e sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui.
    Lo interrogò con molte domande, ma Gesù non gli rispose nulla.
    C'erano là anche i sommi sacerdoti e gli scribi, e lo accusavano con insistenza.
    Allora Erode, con i suoi soldati, lo insultò e lo schernì, poi lo rivestì di una splendida veste e lo rimandò a Pilato.
    In quel giorno Erode e Pilato diventarono amici; prima infatti c'era stata inimicizia tra loro.
    Pilato, riuniti i sommi sacerdoti, le autorità e il popolo,
    disse: «Mi avete portato quest'uomo come sobillatore del popolo; ecco, l'ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in lui nessuna colpa di quelle di cui lo accusate;
    e neanche Erode, infatti ce l'ha rimandato. Ecco, egli non ha fatto nulla che meriti la morte.
    Perciò, dopo averlo severamente castigato, lo rilascerò».
    .
    Ma essi si misero a gridare tutti insieme: «A morte costui! Dacci libero Barabba!».
    Questi era stato messo in carcere per una sommossa scoppiata in città e per omicidio.
    Pilato parlò loro di nuovo, volendo rilasciare Gesù.
    Ma essi urlavano: «Crocifiggilo, crocifiggilo!».
    Ed egli, per la terza volta, disse loro: «Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato nulla in lui che meriti la morte. Lo castigherò severamente e poi lo rilascerò».
    Essi però insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso; e le loro grida crescevano.
    Pilato allora decise che la loro richiesta fosse eseguita.
    Rilasciò colui che era stato messo in carcere per sommossa e omicidio e che essi richiedevano, e abbandonò Gesù alla loro volontà.
    Mentre lo conducevano via, presero un certo Simone di Cirène che veniva dalla campagna e gli misero addosso la croce da portare dietro a Gesù.
    Lo seguiva una gran folla di popolo e di donne che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui.
    Ma Gesù, voltandosi verso le donne, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli.
    Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: Beate le sterili e i grembi che non hanno generato e le mammelle che non hanno allattato.
    Allora cominceranno a dire ai monti: Cadete su di noi! e ai colli: Copriteci!
    Perché se trattano così il legno verde, che avverrà del legno secco?».
    Venivano condotti insieme con lui anche due malfattori per essere giustiziati.
    Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero lui e i due malfattori, uno a destra e l'altro a sinistra.
    Gesù diceva: «Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno». Dopo essersi poi divise le sue vesti, le tirarono a sorte.
    Il popolo stava a vedere, i capi invece lo schernivano dicendo: «Ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il suo eletto».
    Anche i soldati lo schernivano, e gli si accostavano per porgergli dell'aceto, e dicevano:
    «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso».
    C'era anche una scritta, sopra il suo capo: Questi è il re dei Giudei.
    Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!».
    Ma l'altro lo rimproverava: «Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena?
    Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male».
    E aggiunse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno».
    Gli rispose: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso».
    Era verso mezzogiorno, quando il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio.
    Il velo del tempio si squarciò nel mezzo.
    Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo spirò.
    Visto ciò che era accaduto, il centurione glorificava Dio: «Veramente quest'uomo era giusto».
    Anche tutte le folle che erano accorse a questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornavano percuotendosi il petto.
    Tutti i suoi conoscenti assistevano da lontano e così le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, osservando questi avvenimenti.
    C'era un uomo di nome Giuseppe, membro del sinedrio, persona buona e giusta.
    Non aveva aderito alla decisione e all'operato degli altri. Egli era di Arimatèa, una città dei Giudei, e aspettava il regno di Dio.
    Si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù.
    Lo calò dalla croce, lo avvolse in un lenzuolo e lo depose in una tomba scavata nella roccia, nella quale nessuno era stato ancora deposto.
    Era il giorno della parascève e gia splendevano le luci del sabato.
    Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse osservarono la tomba e come era stato deposto il corpo di Gesù,
    poi tornarono indietro e prepararono aromi e oli profumati. Il giorno di sabato osservarono il riposo secondo il comandamento

    Luca 22,14-71.23,1-56

  22.  

    Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi

    Quando stiamo male, quando abbiamo un problema, quando la nostra vita sembra essere arrivata alla fine oppure ad una scelta dolorosa chi vorremmo avere vicino a noi? Le persone più care, i nostri affetti, gli amici più fidati. Ecco che Gesù, nell'ora della Sua morte, ha voluto ardentemente la vicinanza degli apostoli, coloro che Lui aveva scelto tra gli uomini, una rappresentanza. Il Signore ha voluto l'uomo vicino a sé nel momento doloroso, e l'uomo duemila anni fa ha risposto al Suo appello, gli è stato vicino, ha condiviso con Lui la sofferenza e la tristezza. Gesù quel giorno più che mai ha stabilito un'alleanza.
    Da sempre invitiamo le persone a venirci a trovare, a sedere con noi a tavola, a consumare un pasto in armonia.
    I motivi sono tanti, ma principalmente c'è il forte desiderio di avere vicino a noi le persone, sentire il loro abbraccio, avere una pacca sulla spalla per andare avanti, stringere alleanze per camminare insieme.
    Sostanzialmente "Fare Famiglia", così come Gesù ha fatto famiglia con i discepoli e con l'umanità intera, anche tutti noi dovremmo tendere a "Fare Famiglia" con le persone che incontriamo perché solo così potremo sopportare i malanni che la vita ci proporrà

  23.  

    Addì 25 marzo 2013

    Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti.
    Equi gli fecero una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali.
    Maria allora, presa una libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì del profumo dell'unguento.
    Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che doveva poi tradirlo, disse:
    «Perché quest'olio profumato non si è venduto per trecento denari per poi darli ai poveri?».
    Questo egli disse non perché gli importasse dei poveri, ma perché era ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro.
    Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché lo conservi per il giorno della mia sepoltura.
    I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me».
    Intanto la gran folla di Giudei venne a sapere che Gesù si trovava là, e accorse non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti.
    I sommi sacerdoti allora deliberarono di uccidere anche Lazzaro,
    perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù

    Giovanni 12,1-11

  24.  

    Tutta la casa si riempì del profumo dell'unguento

    Il Signore ci dice "non sappia la tua destra ciò che fa la sinistra" perché ciò che facciamo per il prossimo deve essere un dono fatto non per farsi ammirare o per ricevere qualcosa in cambio, ma è comunque importante che ciò che viene fatto serva da esempio agli altri per migliorarsi aiutando il prossimo. Ci sono certi insegnamenti che sembrano andare in contraddizione con altri, ma non è così.
    Avete mai attraversato la città alla mattina presto verso le cinque in bicicletta o a piedi?
    Si sente, in certi punti, un fortissimo odore di pane appena sfornato, un aroma delizioso che invoglia ad andare a prendere un pezzo di schiacciata, soffice, calda, profumata.
    Eppure il fornaio ha cotto il pane nel silenzio e nel nascondimento del suo forno, magari in una viuzza laterale e ben poco frequentata, ma l'aroma che deriva dal suo lavoro parla per lui, racconta di come quella farina sia stata impastata con il lievito e con l'acqua, racconta di quanta fatica occorra la sua preparazione, la sveglia presto, il forno da accendere, i locali da pulire. Ecco, il panettiere non ha detto a nessuno del suo lavoro, ma chiunque passi lì vicino sa tutto, gioie e dolori.
    Non lo avvertono tutti, ma solo coloro che si svegliano presto, che vanno peregrinando per la strada con calma e tranquillità
    Certo coloro che escono alle otto, che prendono l'autobus o la macchina, che sono distratti da mille luccichii e discorsi difficilmente potranno carpire la fragranza di quell'aroma, a meno che non entrino nel panificio, magari per un loro interesse.
    Non c'è bisogno di gridare ai quattro venti il nostro operato verso chi curiamo, l'aroma di una tale azione si effonde nell'aria e raggiunge coloro che sono attenti, alla ricerca di qualcosa che dia loro pace e serenità.
    Ultimamente sono molte le persone che ci chiedono di fare volontariato con noi e tratto comune a tutti è il dire che in casa nostra si respira una bella atmosfera.
    I nostri sforzi, le fatiche nel quotidiano per far si che i ragazzi siano sempre ben lavati, nutriti, vestiti, preparati a scuola, ma sopratutto che abbiano valori dentro di loro, principi che emanino un buon profumo e attirino altri verso l'affidamento.
    Pensiero sbagliato comune a tante persone che non conoscono il mondo dell'affido se non per sentito dire, è che i ragazzi siano tutti difficili, pieni di rabbia, problematici e che accoglierne uno in casa vorrebbe dire rovinarsi la vita.
    Stupidaggini. Certo, ci sono ragazzi difficili, così come possono esserci all'interno di famiglie "normali", ma sono una piccola percentuale. I ragazzi che arrivano in affidamento hanno alle spalle una famiglia non facile, ma hanno anche tanta voglia di essere amati e di amare. Con l'affido il nostro compito è quello di accoglierli e cospargerli di tutti quei profumi che la vita ci ha donato a piene mani. Quell'unguento che metteremo loro addosso sprigionerà un aroma così buono da invogliare tante altre persone all'accoglienza.

  25.  

    Addì 26 marzo 2013

    Dette queste cose, Gesù si commosse profondamente e dichiarò: «In verità, in verità vi dico: uno di voi mi tradirà».
    I discepoli si guardarono gli uni gli altri, non sapendo di chi parlasse.
    Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù.
    Simon Pietro gli fece un cenno e gli disse: «Dì, chi è colui a cui si riferisce?».
    Ed egli reclinandosi così sul petto di Gesù, gli disse: «Signore, chi è?».
    Rispose allora Gesù: «E' colui per il quale intingerò un boccone e glielo darò». E intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda Iscariota, figlio di Simone.
    E allora, dopo quel boccone, satana entrò in lui. Gesù quindi gli disse: «Quello che devi fare fallo al più presto».
    Nessuno dei commensali capì perché gli aveva detto questo;
    alcuni infatti pensavano che, tenendo Giuda la cassa, Gesù gli avesse detto: «Compra quello che ci occorre per la festa», oppure che dovesse dare qualche cosa ai poveri.
    Preso il boccone, egli subito uscì. Ed era notte.
    Quando Giuda fu uscito, Gesù disse : «Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e anche Dio è stato glorificato in lui.
    Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.
    Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete, ma come ho già detto ai Giudei, lo dico ora anche a voi: dove vado io voi non potete venire.
    Simon Pietro gli dice: «Signore, dove vai?». Gli rispose Gesù: «Dove io vado per ora tu non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi».
    Pietro disse: «Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!».
    Rispose Gesù: «Darai la tua vita per me? In verità, in verità ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m'abbia rinnegato tre volte»

    Giovanni 13,21-33.36-38

  26.  

    Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!

    Sentiamo spesso dentro di noi un grande entusiasmo, un desiderio fortissimo di fare mille cose, un amore spassionato per gli altri, per Dio. Buoni propositi che spesso si risolvono in bolle di sapone. Perché accade? perché non siamo abbastanza forti nella Fede verso Dio, nella fiducia verso il prossimo, nella consapevolezza di sé stessi o semplicemente per paura.
    Vergognarsi? No davvero, non ci si deve vergognare delle nostre debolezze, se non sappiamo stare vicino ad una persona, se non abbiamo il coraggio di lottare, la tenacia per studiare, la grinta per andare avanti. E' tutto molto umano. Sbagliato sarebbe non capire il proprio errore e continuare a commetterlo all'infinito senza pentirsene, senza cercare di migliorare, di cambiare il nostro modo di fare e di interagire con le persone che ci sono vicine e che ci vogliono bene. Il Signore non ci condanna per le nostre mancanze. Pietro lo tradì per tre volte, per tre volte rinnegò il Signore dicendo "io non lo conosco", eppure era quello a Lui più vicino, il più devoto, il discepolo della prima ora, colui al quale Gesù aveva nominato suo primo rappresentante sulla terra. Il Signore non ha cambiato idea su di Lui, pur sapendo del suo tradimento, perché capisce le debolezze umane. Non vuol dire che per questa mancanza di Pietro Gesù non abbia sofferto, ma sapeva anche che dentro di lui c'era un seme buono che con fatica sarebbe nato in mezzo ai mille rovi della vita.
    Tutti noi, lo dico spesso ai ragazzi, siamo umanamente soggetti a sbagliare, a fare buoni propositi e poi a non mantenerli, ma la cosa importante è non perdere di vista la Fede per Dio e la fiducia nelle persone. Possiamo anche tradirle, deluderle, farle soffrire, ma alla fine se c'è la fiducia c'è anche il perdono, il chiedere scusa, il trovare altre strade per andare avanti e volersi bene ed allora sarà pace, collaborazione, amore, amicizia.

  27.  

    Addì 27 marzo 2013

    Allora uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai sommi sacerdoti
    e disse: «Quanto mi volete dare perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d'argento.
    Da quel momento cercava l'occasione propizia per consegnarlo.
    Il primo giorno degli Azzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che ti prepariamo, per mangiare la Pasqua?».
    Ed egli rispose: «Andate in città, da un tale, e ditegli: Il Maestro ti manda a dire: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli».
    I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua.
    Venuta la sera, si mise a mensa con i Dodici.
    Mentre mangiavano disse: «In verità io vi dico, uno di voi mi tradirà».
    Ed essi, addolorati profondamente, incominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?».
    Ed egli rispose: «Colui che ha intinto con me la mano nel piatto, quello mi tradirà.
    Il Figlio dell'uomo se ne va, come è scritto di lui, ma guai a colui dal quale il Figlio dell'uomo viene tradito; sarebbe meglio per quell'uomo se non fosse mai nato!».
    Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l'hai detto»

    Matteo 26,14-25

  28.  

    Colui che ha intinto con me la mano nel piatto, quello mi tradirà

    Quante volte siamo stati traditi e le persone che lo hanno fatto sono state spesso quelle a noi più vicine, quelle alle quali avevamo dato fiducia, per le quali avevamo aperto le nostre barriere difensive.
    Il tradimento dei propri valori è sempre una cosa brutta, ma quando questo avviene per mano di amici diventa difficile sopportarlo e spesso risulta difficile riprendersi e andare avanti.
    Ma il mondo va avanti, la vita è piena di persone che vale la pena conoscere, amare, sostenere, non lasciamo che coloro che ci hanno fatto del male una volta, tanto male, possano continuare a farcelo per tutta la vita, non permettiamo loro di insinuarsi nel cuore e nel profondo della nostra anima e lì prendere dimora. Lasciamo da parte i risentimenti, i propositi di vendetta, gli insulti e le maledizioni e guardiamo avanti. Se proseguiamo a pensare a costoro perdiamo di vista la nostra vita, perdiamo le occasioni di essere ancora felici. Ci è arrivato uno schiaffo? Ormai è cosa passata, la guancia farà ancora male, ma si devono andare a cercare carezze ed unguenti per lenire la nostra ferita.
    So che non è facile, ma dobbiamo trasformare il pensiero negativo verso quella persona in pensiero positivo, nel perdono, nel dispiacere per lui di essersi comportato male ed aver perso l'occasione di amare ed essere amato.
    Pensiamo poi a quante volte noi tradiamo il nostro prossimo, quante volte tradiamo Dio, i suoi insegnamenti, i valori ed i principi trasmessi dai genitori. Purtroppo tutti noi vediamo il male quando lo subiamo, ma facciamo finta di non vederlo quando siamo noi ad infliggerlo. Pensate a quante volte avreste potuto aiutare qualcuno a risollevarsi e non lo avete fatto, quanti bambini avreste potuto prendere in affido e non lo avete fatto, quanti soldi avete speso in cose futili che avrebbero potuto fare la differenza per chi vive nella miseria. Anche chi non crede deve fare i conti con la propria coscienza e la società in cui viviamo ci mostra ogni giorno cosa e quanto possiamo fare per gli altri.
    Per me è facile perdonare chi mi fa un torto perché nella mia vita ho sbagliato tanto che ho moltissimo da farmi perdonare da Dio, e se riesco ad aprire il cuore a chi mi ha fatto un torto ho la speranza che il Signore possa scusare qualche mia colpa.
    Perdonate se volete essere perdonati perché tutti abbiamo subito torti, ma parimenti ne abbiamo inflitti, fosse anche in modo involontario.

  29.  

    Addì 28 marzo 2013

    Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine.
    Mentre cenavano, quando già il diavolo aveva messo in cuore a Giuda Iscariota, figlio di Simone, di tradirlo,
    Gesù sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava,
    si alzò da tavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita.
    Poi versò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugatoio di cui si era cinto.
    Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?».
    Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci, ma lo capirai dopo».
    Gli disse Simon Pietro: «Non mi laverai mai i piedi!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me».
    Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i piedi, ma anche le mani e il capo!».
    Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto mondo; e voi siete mondi, ma non tutti».
    Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete mondi».
    Quando dunque ebbe lavato loro i piedi e riprese le vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Sapete ciò che vi ho fatto?
    Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono.
    Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri.
    Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi

    Giovanni 13,1-15

  30.  

    Come ho fatto io, facciate anche voi

    Papa Francesco sta dando alla Chiesa, prima ancora che ai fedeli, un grande esempio. Non usa tanto le parole, ma affida ai gesti quotidiani un messaggio che possa volare sulle ali del tempo e riportare la mente alle origini, a quel Gesù che nella sua quotidianità era umile, vicino al povero, amorevole verso il malato, pronto al perdono, capace anche di dare quel che sferzata ma con l'amore di un padre, prodigo di consigli che Lui stesso metteva in pratica.
    Oggi ci meravigliamo di Papa Francesco perché non abbiamo mai visto un cardinale o un vescovo, e quasi mai un sacerdote, comportarsi con tanta umiltà, spogliarsi delle belle vesti per cingersi i panni di colui che lava i piedi ai suoi nel silenzio e nel nascondimento, che cura le piaghe, che fa visita ai poveri nelle loro case. Ma non dovremmo meravigliarci di chi con grande amore segue l'esempio di Gesù.
    E' per questo che in tanti lo amano, credenti e non credenti, perché la critica verso la Chiesa è da tanti anni quella di non fare quello che il Signore ci ha insegnato.
    Ognuno poi prende insegnamento dalle parole e dai gesti del Papa, il quale parla a tutti.
    Gesù ha voluto perfezionare la sua Chiesa, i suoi apostoli, a uno ha detto mi tradirai ma ti perdono, ad un altro ha detto sii libero di fare quello che vorrai, anche di sbagliare, e a tutti ha detto "andate per le strade a portare amore" e si è fatto loro servo per far capire in quale modo si deve amare. E' per questo che il Papa oggi insegna a quelli a lui vicini, ai suoi cardinali, vescovi, sacerdoti, religiosi ancor prima che ai fedeli, perché dovranno essi stessi portare il vero messaggio di Gesù nel mondo, saranno loro a dover dare il buon esempio alla gente, e le persone li seguiranno, come oggi seguono Papa Francesco, se saranno i primi a caricarsi le spalle dei fardelli che oggi, troppo spesso, chiedono ad altri di portare.
    Questa è la forza della Fede cristiana, questo è il messaggio di Gesù, un messaggio per tutti, anche per coloro che non credono che Gesù sia Figlio di Dio, perché la dottrina che ci ha insegnato è una filosofia di vita che porta verso la pace e l'amore per il prossimo.

  31.  

    Addì 29 marzo 2013

    Detto questo, Gesù uscì con i suoi discepoli e andò di là dal torrente Cèdron, dove c'era un giardino nel quale entrò con i suoi discepoli.
    Anche Giuda, il traditore, conosceva quel posto, perché Gesù vi si ritirava spesso con i suoi discepoli.
    Giuda dunque, preso un distaccamento di soldati e delle guardie fornite dai sommi sacerdoti e dai farisei, si recò là con lanterne, torce e armi.
    Gesù allora, conoscendo tutto quello che gli doveva accadere, si fece innanzi e disse loro: «Chi cercate?».
    Gli risposero: «Gesù, il Nazareno». Disse loro Gesù: «Sono io!». Vi era là con loro anche Giuda, il traditore.
    Appena disse «Sono io», indietreggiarono e caddero a terra.
    Domandò loro di nuovo: «Chi cercate?». Risposero: «Gesù, il Nazareno».
    Gesù replicò: «Vi ho detto che sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano».
    Perché s'adempisse la parola che egli aveva detto: «Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato».
    Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori e colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l'orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco.
    Gesù allora disse a Pietro: «Rimetti la tua spada nel fodero; non devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?».
    Allora il distaccamento con il comandante e le guardie dei Giudei afferrarono Gesù, lo legarono
    e lo condussero prima da Anna: egli era infatti suocero di Caifa, che era sommo sacerdote in quell'anno.
    Caifa poi era quello che aveva consigliato ai Giudei: «E' meglio che un uomo solo muoia per il popolo».
    Intanto Simon Pietro seguiva Gesù insieme con un altro discepolo. Questo discepolo era conosciuto dal sommo sacerdote e perciò entrò con Gesù nel cortile del sommo sacerdote;
    Pietro invece si fermò fuori, vicino alla porta. Allora quell'altro discepolo, noto al sommo sacerdote, tornò fuori, parlò alla portinaia e fece entrare anche Pietro.
    E la giovane portinaia disse a Pietro: «Forse anche tu sei dei discepoli di quest'uomo?». Egli rispose: «Non lo sono».
    Intanto i servi e le guardie avevano acceso un fuoco, perché faceva freddo, e si scaldavano; anche Pietro stava con loro e si scaldava.
    Allora il sommo sacerdote interrogò Gesù riguardo ai suoi discepoli e alla sua dottrina.
    Gesù gli rispose: «Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non ho mai detto nulla di nascosto.
    Perché interroghi me? Interroga quelli che hanno udito ciò che ho detto loro; ecco, essi sanno che cosa ho detto».
    Aveva appena detto questo, che una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù, dicendo: «Così rispondi al sommo sacerdote?».
    Gli rispose Gesù: «Se ho parlato male, dimostrami dov'è il male; ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?».
    Allora Anna lo mandò legato a Caifa, sommo sacerdote.
    Intanto Simon Pietro stava là a scaldarsi. Gli dissero: «Non sei anche tu dei suoi discepoli?». Egli lo negò e disse: «Non lo sono».
    Ma uno dei servi del sommo sacerdote, parente di quello a cui Pietro aveva tagliato l'orecchio, disse: «Non ti ho forse visto con lui nel giardino?».
    Pietro negò di nuovo, e subito un gallo cantò.
    Allora condussero Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio. Era l'alba ed essi non vollero entrare nel pretorio per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua.
    Uscì dunque Pilato verso di loro e domandò: «Che accusa portate contro quest'uomo?».
    Gli risposero: «Se non fosse un malfattore, non te l'avremmo consegnato».
    Allora Pilato disse loro: «Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra legge!». Gli risposero i Giudei: «A noi non è consentito mettere a morte nessuno».
    Così si adempivano le parole che Gesù aveva detto indicando di quale morte doveva morire.
    Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Tu sei il re dei Giudei?».
    Gesù rispose: «Dici questo da te oppure altri te l'hanno detto sul mio conto?».
    Pilato rispose: «Sono io forse Giudeo? La tua gente e i sommi sacerdoti ti hanno consegnato a me; che cosa hai fatto?».
    Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».
    Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».
    Gli dice Pilato: «Che cos'è la verità?». E detto questo uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: «Io non trovo in lui nessuna colpa.
    Vi è tra voi l'usanza che io vi liberi uno per la Pasqua: volete dunque che io vi liberi il re dei Giudei?».
    Allora essi gridarono di nuovo: «Non costui, ma Barabba!». Barabba era un brigante.
    Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare.
    E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora; quindi gli venivano davanti e gli dicevano:
    «Salve, re dei Giudei!». E gli davano schiaffi.
    Pilato intanto uscì di nuovo e disse loro: «Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui nessuna colpa».
    Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: «Ecco l'uomo!».
    Al vederlo i sommi sacerdoti e le guardie gridarono: «Crocifiggilo, crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io non trovo in lui nessuna colpa».
    Gli risposero i Giudei: «Noi abbiamo una legge e secondo questa legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio».
    All'udire queste parole, Pilato ebbe ancor più paura
    ed entrato di nuovo nel pretorio disse a Gesù: «Di dove sei?». Ma Gesù non gli diede risposta.
    Gli disse allora Pilato: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?».
    Rispose Gesù: «Tu non avresti nessun potere su di me, se non ti fosse stato dato dall'alto. Per questo chi mi ha consegnato nelle tue mani ha una colpa più grande».
    Da quel momento Pilato cercava di liberarlo; ma i Giudei gridarono: «Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque infatti si fa re si mette contro Cesare».
    Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette nel tribunale, nel luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà.
    Era la Preparazione della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: «Ecco il vostro re!».
    Ma quelli gridarono: «Via, via, crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Metterò in croce il vostro re?». Risposero i sommi sacerdoti: «Non abbiamo altro re all'infuori di Cesare».
    Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso.
    Essi allora presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo del Cranio, detto in ebraico Gòlgota,
    dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall'altra, e Gesù nel mezzo.
    Pilato compose anche l'iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei».
    Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove fu crocifisso Gesù era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco.
    I sommi sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: «Non scrivere: il re dei Giudei, ma che egli ha detto: Io sono il re dei Giudei».
    Rispose Pilato: «Ciò che ho scritto, ho scritto».
    I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una per ciascun soldato, e la tunica. Ora quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d'un pezzo da cima a fondo.
    Perciò dissero tra loro: Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca. Così si adempiva la Scrittura: Si son divise tra loro le mie vesti e sulla mia tunica han gettato la sorte. E i soldati fecero proprio così.
    Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala.
    Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco il tuo figlio!».
    Poi disse al discepolo: «Ecco la tua madre!». E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa.
    Dopo questo, Gesù, sapendo che ogni cosa era stata ormai compiuta, disse per adempiere la Scrittura: «Ho sete».
    Vi era lì un vaso pieno d'aceto; posero perciò una spugna imbevuta di aceto in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca.
    E dopo aver ricevuto l'aceto, Gesù disse: «Tutto è compiuto!». E, chinato il capo, spirò.
    Era il giorno della Preparazione e i Giudei, perché i corpi non rimanessero in croce durante il sabato (era infatti un giorno solenne quel sabato), chiesero a Pilato che fossero loro spezzate le gambe e fossero portati via.
    Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe al primo e poi all'altro che era stato crocifisso insieme con lui.
    Venuti però da Gesù e vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe,
    ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua.
    Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera e egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate.
    Questo infatti avvenne perché si adempisse la Scrittura: Non gli sarà spezzato alcun osso.
    E un altro passo della Scrittura dice ancora: Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto.
    Dopo questi fatti, Giuseppe d'Arimatèa, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù.
    Vi andò anche Nicodèmo, quello che in precedenza era andato da lui di notte, e portò una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre.
    Essi presero allora il corpo di Gesù, e lo avvolsero in bende insieme con oli aromatici, com'è usanza seppellire per i Giudei.
    Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora deposto.
    Là dunque deposero Gesù, a motivo della Preparazione dei Giudei, poiché quel sepolcro era vicino

    Giovanni 18,1-40.19,1-42

  32.  

    Chi mi ha consegnato nelle tue mani ha una colpa più grande

    Rimango allibito quando vedo delle ingiustizie, ma sconcertato quando a perpetrarle sono organi dello stato che dovrebbero essere a tutela dei diritti e non marciarvi contro.
    Ma la cosa ancor più incredibile non è tanto l'ingiustizia in sé stessa, quanto che a metterla in atto siano persone che si servono di altre.
    Pilato non riconobbe in Gesù alcuna colpa, ma lo mise ugualmente a morte per compiacere i farisei e non incollarsi addosso l'appellativo di "nemico di Cesare".
    Nel Vangelo leggiamo la risposta che il Signore da a Pilato "Chi mi ha consegnato nelle tue mani ha una colpa più grande" e queste parole richiamano alla mente la cronaca di questi giorni, nella quale un sindacato di polizia organizza una manifestazione contro una sentenza passata in giudicato che ha sancito la colpevolezza di alcuni poliziotti condannati per aver fatto morire un ragazzo per le percosse inflitte.
    Sarebbe questo il momento della riconciliazione, del chiedere scusa a questa mamma per il male che alcuni membri dello stato hanno fatto a lei e alla sua famiglia, ed invece c'è un accanimento e una cattiveria che fa male al cuore.
    La mente va anche a quei comuni che preferiscono usare il denaro pubblico per compiere opere che possano portare loro benefici in termini di consenso, piuttosto che investirli nel sociale, in particolar modo nei confronti dei bambini facenti parte di famiglie con forti disagi.
    Spesso puntiamo il dito contro i servizi sociali perché non intervengono per proteggere un bambino da abusi e maltrattamenti non inserendolo in un programma di affido familiare. La loro colpa è evidente, ma ricordiamoci che sono dipendenti comunali, quindi la colpa maggiore è di chi dice loro come comportarsi o non li riprenda sui loro errori.

  33.  

    Addì 30 marzo 2013

    Il primo giorno dopo il sabato, di buon mattino, si recarono alla tomba, portando con sé gli aromi che avevano preparato.
    Trovarono la pietra rotolata via dal sepolcro;
    ma, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù.
    Mentre erano ancora incerte, ecco due uomini apparire vicino a loro in vesti sfolgoranti.
    Essendosi le donne impaurite e avendo chinato il volto a terra, essi dissero loro: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo?
    Non è qui, è risuscitato. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea,
    dicendo che bisognava che il Figlio dell'uomo fosse consegnato in mano ai peccatori, che fosse crocifisso e risuscitasse il terzo giorno».
    Ed esse si ricordarono delle sue parole.
    E, tornate dal sepolcro, annunziarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri.
    Erano Maria di Màgdala, Giovanna e Maria di Giacomo. Anche le altre che erano insieme lo raccontarono agli apostoli.
    Quelle parole parvero loro come un vaneggiamento e non credettero ad esse.
    Pietro tuttavia corse al sepolcro e chinatosi vide solo le bende. E tornò a casa pieno di stupore per l'accaduto

    Luca 24,1-12

  34.  

    Trovarono la pietra rotolata via dal sepolcro

    Quando mi cerco di immaginare questa pietra, penso ad un grosso macigno che solo con la forza può essere scalzato dal posto dove è stato messo.
    Lo immagino come il nostro peccato, pesante fardello che ci opprime, un peccato accettato da noi per chiudere dentro il nostro cuore il dolore, la sofferenza, la paura della morte.
    Ma ciò che dentro è rinchiuso per la paura di affrontarlo marcisce e corrompe il nostro corpo e la nostra anima. Occorre una grande forza per far rotolare quel macigno, ed è fin troppo chiaro che da soli non potremo mai farlo rotolare via. Abbiamo bisogno di aiuto e l'unico che ha la forza necessaria per sollevarci da tale impedimento è il Signore. La forza dell'amore vale molto di più della forza fisica perché, come ha detto Papa Francesco, è con il bene che si combatte il male. Non ho mai visto una vera pace dopo una guerra, ma solo vincitori e vinti, tensioni, propositi di vendetta, attentati, fazioni e divisioni. Quando invece un cambiamento avviene con amore, dialogo, ricerca di soluzioni comuni si assiste ad una pace che porta a costruire un futuro buono per tutti, senza imposizioni.
    Che brutto spettacolo stanno offrendo i politici di oggi ai giovani. Da una parte ci sono coloro che sono ancorati al potere e dettano legge, dall'altra invasati che dichiarano "la democrazia siamo noi". Facciamo rotolare questo masso che ci opprime e dialoghiamo cercando soluzioni comuni per il bene del prossimo, sarebbe un bell'insegnamento per i ragazzi di oggi.
    Eppure basta vedere come il Papa in pochi giorni di pontificato abbia già ricevuto un altissimo consenso anche tra coloro che non credono, significa che l'amore può molto più della prepotenza, della forza fisica, dell'imposizione di regole.

    • CommentAuthorlory66
    • CommentTime30 Mar 2013
     

    Mi chiedo perché sia così difficile,per alcuni, capire quanto sia bello l 'amore semplice!
    Ho un desiderio per questa Pasqua, vorrei che l'esempio di Papa Francesco entrasse nel cuore di quelle persone che non vogliono o non sanno amare, così riusciranno a vedere quanto è meravigliosa la vita!
    Buona Pasqua

  35.  

    Speriamo Lory.
    Parlando con tante persone vedo e sento che a molti piace, anche a coloro che non hanno Fede e questo è un bene, ma purtroppo girovagando su internet vedo che in tanti lo criticano, lo prendono in giro, lo accusano.
    Penso che oggigiorno fare qualcosa di buono sia veramente difficile perché da una parte c'è il male che dilaga da troppo tempo e le persone sono stanche e vorrebbero che tutto cambiasse in un sol attimo, dall'altra parte c'è la cattiveria che dilaga e che si oppone per principio a tutto ciò che è bene.

  36.  

    Addì 31 marzo 2013

    Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand'era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro.
    Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!».
    Uscì allora Simon Pietro insieme all'altro discepolo, e si recarono al sepolcro.
    Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro.
    Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò.
    Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra,
    e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte.
    Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.
    Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti

    Giovanni 20,1-9

  37.  

    Risurrezione del Signore

    A volte ci pare che le cose di cui ci parla il Vangelo siano lontane anni luce. Quando si ascolta la parola "risurrezione" pensiamo che avverrà se abbiamo fede, ma ne siamo un po' distaccati perché tendiamo ad allontanare dal nostro pensiero l'idea della morte.
    Eppure Gesù ci ha abituati a vedere ogni fatto occorso duemila anni fa, ogni sua parola, ogni sua promessa per il futuro come un qualcosa di attuale, un qualcosa che continuamente ci viene proposta e si rinnova periodicamente.
    Così è per la morte e risurrezione. Quante persone vicino a noi, nella nostra città, nel nostro quartiere muoiono ogni giorno, e non parlo del decesso fisico, ma di quello più umano come una persona sola che si svegli la mattina e speri di poter avere un po' di compagnia, ma arrivata a sera entra nel letto senza aver scambiato una parola con qualcuno ed è morte nel cuore. Come chi va in cerca di lavoro e dopo una giornata di colloqui, di mille curriculum consegnati torna a casa la sera sconsolato per non aver trovato nessun impiego per poter mantenere la propria famiglia. Come un bambino che viene picchiato, ingiuriato, deriso, violentato, abusato, odiato dalle stesse persone che con amore lo avevano messo al mondo che spera che quel giorno qualcuno verrà a prenderlo per dargli una nuova famiglia che lo ami e lo rispetti, ma alla sera va a letto con la morte dentro la propria anima, il dolore per le percosse, la fame, la visione di una mamma che si prostituisce e di un babbo ubriaco e manesco.
    Ogni giorno muoiono se qualcuno non si prende cura di loro, ma hanno dentro la speranza, la speranza della Risurrezione. Gesù è morto anche per loro, ha dato a tutti noi la speranza di una vita migliore, la speranza di alzarsi una mattina e vedere che tutto è cambiato, la speranza della Risurrezione già in questa vita.
    A volte basta la speranza perché ti da la forza per andare avanti un altro giorno, ricominciare al mattino a sperare che una persona verrà a trovarci, che troveremo un lavoro, che una famiglia decida di accogliere un bambino in affidamento.
    Il Signore da a molti di noi un grandissimo potere, ci da la possibilità di donare la Risurrezione a qualcuno, un potere che non possiamo disconoscere, non possiamo far finta di non avere.
    Nella stessa misura con cui misureremo saremo misurati.
    Oggi abbiamo la possibilità di far risorgere una persona, la possibilità di migliorare la sua vita, domani sarà il nostro turno ed il Signore ci risolleverà dai nostri problemi, ci consolerà, ci darà il suo aiuto nella misura in cui noi avremo aiutato il nostro prossimo.
    Risorgete, ma sopratutto fate risorgere coloro che incontrate col vostro cammino.

  38.  

    Addì 1 aprile 2013

    Abbandonato in fretta il sepolcro, con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l'annunzio ai suoi discepoli.
    Ed ecco Gesù venne loro incontro dicendo: «Salute a voi». Ed esse, avvicinatesi, gli presero i piedi e lo adorarono.
    Allora Gesù disse loro: «Non temete; andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea e là mi vedranno».
    Mentre esse erano per via, alcuni della guardia giunsero in città e annunziarono ai sommi sacerdoti quanto era accaduto.
    Questi si riunirono allora con gli anziani e deliberarono di dare una buona somma di denaro ai soldati dicendo:
    «Dichiarate: i suoi discepoli sono venuti di notte e l'hanno rubato, mentre noi dormivamo.
    E se mai la cosa verrà all'orecchio del governatore noi lo persuaderemo e vi libereremo da ogni noia».
    Quelli, preso il denaro, fecero secondo le istruzioni ricevute. Così questa diceria si è divulgata fra i Giudei fino ad oggi

    Matteo 28,8-15

  39.  

    Gesù venne loro incontro dicendo: «Salute a voi»

    A tutti noi piace farsi cercare, desiderare, ma quando veniamo corteggiati ci fa piacere uscire allo scoperto e andare incontro alle persone che ci vogliono bene. E' un atteggiamento che ho trovato spesso negli altri, anche nei miei ragazzi, ed ho imparato ad andare sempre verso di loro, anche quando si nascondono da me, anche quando preferiscono fare altro perché so che il primo passo lo devo fare io. Se aspettassi gli altri, potrei, in certe situazioni, attendere per anni e rovinare un rapporto. Non vorrei mai un giorno guardarmi indietro e capire che potevo fare qualcosa e non l'ho fatto per migliorare la gioia e la condivisione di una relazione.
    Se andiamo verso l'altro, se facciamo il primo passo, è facile che la persona, il ragazzo, il figlio si muova verso di te capendo le tue intenzioni e intuendo il tuo amore per lui. A volte si ha paura a muoversi per primi non perché non proviamo buoni sentimenti, ma perché abbiamo timore di essere respinti, non amati, non voluti e vogliamo vedere se l'amore per noi è così grande da spingerlo a cercarci. Una volta accertato siamo ben disponibili ad andargli incontro a braccia aperte.
    Se tutti facessimo così non ci sarebbero più rapporti umani. E' giusto attendere, ma bisogna imparare a fare il primo passo, a mettere l'orgoglio o la paura di un fallimento da parte e tirare fuori l'amore che alberga dentro di noi.
    Così dobbiamo fare con Gesù. In tutta la Sua vita ci ha insegnato a cercarlo, ha sempre voluto che fossimo noi a chiedere di Lui, a pregarlo di darci una mano, ma se ci mettiamo in cammino verso di Lui, state certi che non tarderà a mostrarsi e a darci tutta la sua grande e profonda Amicizia, così come ha fatto con le donne che, trovato il sepolcro vuoto, andarono a cercarlo senza indugio.

  40.  

    Addì 2 aprile 2013

    Maria invece stava all'esterno vicino al sepolcro e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro
    e vide due angeli in bianche vesti, seduti l'uno dalla parte del capo e l'altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù.
    Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto».
    Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù che stava lì in piedi; ma non sapeva che era Gesù.
    Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Essa, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l'hai portato via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo».
    Gesù le disse: «Maria!». Essa allora, voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico: «Rabbunì!», che significa: Maestro!
    Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma và dai miei fratelli e dì loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro».
    Maria di Màgdala andò subito ad annunziare ai discepoli: «Ho visto il Signore» e anche ciò che le aveva detto

    Giovanni 20,11-18

  41.  

    Donna, perché piangi?

    Quante volte ci prende la tristezza, lo sgomento, l'angoscia davanti alla morte, allo scoprire una brutta malattia, alla perdita del lavoro in età avanzata. Piangiamo, ci disperiamo, a volte pensiamo al suicidio perché per noi non ci sono altre soluzioni, altre vie e come bambini piccini non vediamo sbocco a quel problema. Per noi, non per Dio. Il Signore ci fa sempre la stessa domanda, da sempre "Perché piangi?".
    Quando uno dei miei bimbi più piccoli cade e piange, oppure davanti ad una brontolata pensa che nessuno gli voglia bene, o magari per un no crede che la sua vita sia finita sono pronto a soccorrerlo, a chiedergli "Perché piangi?". Non è una presa di giro, so benissimo quale sia il motivo, ma serve a farlo ragionare, a fargli sentire che qualcuno che gli vuole bene è vicino a lui, che lo capisce, ma anche a dirgli che non è la fine del mondo, che la vita prosegue, che il dolore poi passa, la brontolata serve a crescere, il no è per il suo bene. Ecco che il bimbo si asciuga le lacrime, ti guarda e accenna un timido sorriso perché il peso della sua sofferenza è stato diviso tra me e lui. Con gli adolescenti è meno facile perché hanno delle difese nei confronti dell'adulto, sono sempre sospettosi e la fiducia incondizionata del bimbo non è più presente in loro. Il mio ruolo è quello di conquistare ogni giorno, un pezzetto alla volta, la loro fiducia nei miei confronti, in modo che le mie parole, anche quando sono in un momento di disperazione, appaiano più come quelle di un amico che di un adulto. Dall'alto della nostra esperienza vediamo e capiamo che i problemi che li affliggono sono superabili ed il sole tornerà presto a brillare nel loro universo. I miei ragazzi si affidano alle mie parole e, asciugate le lacrime, riprendono il cammino con più tranquillità, anche loro consapevoli di averci al loro fianco fin tanto che avremo fiato per respirare.
    Il Signore fa così anche con noi che siamo ai suoi occhi a volte bambini, a volte adolescenti ribelli e ci domanda "Perché piangi?" ed è come ci dicesse "non c'è motivo, io ci sono e ci sarò sempre ed il mio appoggio non mancherà mai fin tanto che vorrai ascoltarmi".
    Nessun genitore ha la possibilità di imporsi nel farsi ascoltare e i ragazzi, raggiunta una certa età, sono liberi anche di allontanarsi fisicamente da noi, ma quale genitore smetterà di amarli? E se anche noi ci allontanassimo da Dio, Il Signore continuerà ad amarci, consigliarci, starci vicino.

    • CommentAuthorCarmen
    • CommentTime2 Apr 2013
     

    “...perché piangi?” . E se al posto di Maria di Màgdala ci fossimo stati noi o meglio se quelle parole fossero state rivolte a noi come avremmo reagito?
    Gesù più che consolarci ci dà ancora una volta un messaggio di speranza. La speranza che Colui che credevamo morto è invece vivo ancora oggi in mezzo a noi. Ma sappiamo riconoscerLo ogni qualvolta ci parla, o ci chiede di rialzarci o ci chiede perché piangiamo attraverso gli altri? Gli altri chi?
    Quando la morte o un problema o una difficoltà … prendono il sopravvento e ci fanno sentire smarriti o senza una via di uscita il Signore asciuga ogni nostra lacrima attraverso chi ci è vicino ogni giorno, madre, padre, amico, sacerdote, collega di lavoro, figlio, compagno, compagna, marito, moglie … e a volte ci parla, ci incoraggia, ci esorta a reagire anche attraverso qualcuno che incontriamo per la prima volta. Saper cogliere nelle parole e nei gesti altrui la voce e l’amore di Gesù ci può infondere coraggio e forza per guardare avanti con speranza. La speranza che la nostra vita senza fede (o una fede) è come appesa a un filo sottilissimo che da un momento all’altro potrebbe spezzarsi e farci precipitare.
    Peccato, però quando voltiamo le spalle a chi si mostra sensibile a ciascuno di noi o a chi ci chiede “Perché piangi?”. Speriamo solo che quel qualcuno non getti la spugna con chi in un certo momento non riesce ad ascoltare.
    Mi viene da pensare soprattutto a chi non ha nessuno che gli possa chiedere “perché piangi?” . Quanti bambini o quante donne o giovani o uomini o anziani sono abbandonati a se stessi? Quante lacrime versate e non asciugate ci sono in questo mondo? Il Signore non ci chiede di fare miracoli o grandi cose. Nel nostro piccolo o angolo di vita quotidiana ci chiede di farci interpreti di Se attraverso una dolce parola o un gesto che potrebbe cambiare la vita di qualcuno e sicuramente in meglio se ciò che diamo o portiamo di noi stessi è semplicemente un po’ d’amore. Il Signore manda Maria a portare l’annuncio ai discepoli così come manda noi che Lo abbiamo conosciuto tra coloro che non sanno.

  42.  

    Addì 3 aprile 2013

    Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus,
    e conversavano di tutto quello che era accaduto.
    Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro.
    Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo.
    Ed egli disse loro: «Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?». Si fermarono, col volto triste;
    uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: «Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?».
    Domandò: «Che cosa?». Gli risposero: «Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo;
    come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l'hanno crocifisso.
    Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute.
    Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro
    e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo.
    Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l'hanno visto».
    Ed egli disse loro: «Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti!
    Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?».
    E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
    Quando furon vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano.
    Ma essi insistettero: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno gia volge al declino». Egli entrò per rimanere con loro.
    Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro.
    Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista.
    Ed essi si dissero l'un l'altro: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?».
    E partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro,
    i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone».
    Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

    Luca 24,13-35

  43.  

    Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino

    Leggendo il Vangelo di oggi sui discepoli di Emmaus ho pensato di iniziare una nuova raccolta, una collezione di sorrisi.
    Se vi fate un giro tranquillo in città, senza fretta, potrete incontrare tantissime persone, vedere i loro volti e quello che vi apparirà sarà una chiusura totale da parte della maggior parte di loro. Ed anche voi apparirete loro nello stesso modo. Ma avete mai pensato che ognuno di essi, dietro la facciata da "passeggiata in mezzo alla gente" spesso cupa e triste, ha un mondo che ruota attorno a loro? Sono padri, madri, nonni, figli, nipoti, hanno parenti, amici, persone che dipendono da loro o dai quali dipendere. Amori che si intrecciano, amicizie che nascono, tristezze infinite che giacciono in fondo al cuore. Provate a camminare affiancato ad uno, andare allo stesso passo, non ci farà nemmeno caso tanto è inserito nella folla tumultuosa che vaga da un lato all'altro della strada. Provate a rivolger loro parola, a chiedere l'ora, a dire "che bella giornata" oppure "la vita è sempre più cara" e vedrete che nelle grandi città nemmeno vi risponderanno, mentre nelle piccole accenneranno un timido "eh si" guardandovi con aria infastidita e pensando "ma cosa vorrà questo qui da me?".
    E lo stesso fareste voi.
    Ma che peccato! Che dispiacere gettare a terra qualcosa di prezioso che ci viene donato.
    Ricerchiamo i sorrisi, doniamoli, cerchiamo di interagire con le persone, proviamo a far brillare il sole nei nostri cuori e in coloro che troviamo sul cammino della vita.
    I discepoli di Emmaus andavano per la loro strada pensierosi, tristi, senza speranza nel cuore e non si sono accorti nemmeno che Gesù stava camminando accanto a loro, che stava donando un sorriso e tanto amore, quel sentimento che avrebbe cambiato la loro vita, trasformato la tristezza in gioia.
    A volte siamo troppo presi dai nostri pensieri per accorgerci del prossimo e perdiamo tante occasioni per essere felici, perdiamo la possibilità di donare e di ricevere qualcosa di importante per la nostra vita.
    Non siate chiusi verso gli altri, aprite il vostro cuore, non temete l'aspetto menefreghista del prossimo perché dentro di lui c'è tanto amore, tanto desiderio di aprirsi, così come in voi. Iniziate per primi e vedrete che qualcuno vi risponderà almeno con un sorriso, un sorriso che sarà il miglior viatico per ogni male.

    • CommentAuthorCarmen
    • CommentTime3 Apr 2013
     

    Questa frase mi fa pensare a delle persone che si rivedono dopo un po’ di tempo. Ma non mi riferisco a persone che si sono conosciute per caso e hanno scambiato qualche parola sull’autobus o sul treno o per strada o in un negozio o sul luogo di lavoro o ovunque si può incontrare qualcuno per la prima volta. Penso a persone che per un certo periodo di tempo hanno condiviso insieme esperienze importanti, che hanno pianto e riso insieme e mangiato alla stessa tavola e dello stesso pane. A persone che per un motivo qualsiasi si sono poi separate, allontanate e non più viste. Un giorno colui che era andato via riappare e senza indugio si rimette in cammino con gli altri suoi amici come se non li avesse mai lasciati. Ma cosa succede? Gli altri a stento gli rivolgono la parola e si comportano come se l’altro fosse un estraneo, qualcuno che hanno incontrato per la prima volta (pur ricordandosi di lui). Come ci rimarreste voi se un amico o una qualsiasi altra persona con la quale avevate instaurato un legame forte e intenso all’improvviso si comporta come se non vi avesse mai visto? Penso che il non essere riconosciuti per quello che si è o si è stati in nome dei vecchi tempi e del bene che ci si è voluti farebbe male a chiunque. Quale la nostra reazione di fronte a una simile situazione? Andarsene, restare, ma con la tristezza nel cuore per essere trattato come uno sconosciuto, continuare il cammino insieme facendo finta di nulla, cercare di far ricordare agli altri ciò che è stato, arrabbiarsi, sorridere lo stesso con la gioia di aver ritrovato due amici anche se non condividono gli stessi sentimenti … come ci comporteremo noi? Ognuno potrebbe reagire in maniera diversa e umana. Gesù invece sa aspettare e non abbandona i discepoli di Emmaus pur se non lo hanno riconosciuto a primo impatto. Forse Gesù ha voluto dirci di non voltare le spalle a chi inizialmente non ci riconosce o non riconosce in noi le buone intenzioni o a chi inizialmente non si lascia trascinare dal nostro entusiasmo o dalla nostra fede. Chissà forse ha voluto dirci che bisogna imparare ad aspettare che l’altro apra il proprio cuore prima di lasciarlo perdere. Forse ha voluto dirci di non lasciar perdere alcuno se prima non abbiamo provato a lasciare un’impronta di noi, della nostra fede nella sua vita. Un’impronta che potrebbe coinvolgere chi distratto da mille altre cose ha forse perso di vista le cose più significative della vita e si è smarrito lungo il cammino. Solo così potremmo avere la speranza che anche lui farà lo stesso con gli altri.

  44.  

    Hai ragione Carmen, l'esempio è importante e quello che tutti noi cerchiamo di fare con i ragazzi è lasciare quell'impronta di cui parli.

    • CommentAuthorCarmen
    • CommentTime3 Apr 2013
     

    I miei sono pensieri, opinioni ma quello che tu fai con i ragazzi e quello che fanno gli altri è molto più che lasciare un'impronta. E' una grande impresa affidatavi dal Signore dalla quale prendere esempio e dalla quale non vi tirate e non vi siete mai tirati indietro. Il mondo ha bisogno di queste testimonianze :face-smile:

  45.  

    Addì 4 aprile 2013

    Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
    Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!».
    Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma.
    Ma egli disse: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore?
    Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho».
    Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi.
    Ma poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?».
    Gli offrirono una porzione di pesce arrostito;
    egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
    Poi disse: «Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi».
    Allora aprì loro la mente all'intelligenza delle Scritture e disse:
    «Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno
    e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme.
    Di questo voi siete testimoni

    Luca 24,35-48

  46.  

    Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma

    Quando i bambini fanno il loro ingresso in una famiglia affidataria sono spaventati perché escono da una situazione che conoscono per entrare in una della quale ignorano quasi ogni cosa. La famiglia naturale, per quanto possano aver subito, resta comunque l'unica realtà di famiglia di cui hanno una conoscenza diretta. Platone, nel mito della caverna, spiega molto bene questo fenomeno. Gli adulti decidono per loro la necessità di un cambiamento, di un'uscita forzosa da quella casa per entrare in un'altra, ma la paura di passare da un seppur blando equilibrio ad una situazione di completo disagio resta tanta. Alla famiglia affidataria questo viene spiegato e si richiede la massima pazienza, specie in un primo periodo di inserimento.
    Allo spavento iniziale si affianca però ben presto lo stupore. Una casa pulita e ordinata, persone che parlano con calma, visi amorevoli, parole di comprensione ed amore, da non crederci. Ma come può esistere una realtà del genere? Se noi ci stupiamo se veniamo a sapere di una mamma che fa violentare il figlio dai suoi compagni, che si prostituisce portandosi nel letto il figlioletto, un padre che si droga o si ubriaca e lascia i figli piccoli soli in casa a giornate intere, pensate che lo stesso accade per coloro che da sempre hanno visto quella realtà quando vengono a contatto con situazioni diametralmente opposte. Spavento e stupore.
    Il compito della famiglia affidataria diventa pertanto quello di tranquillizzare il bambino, fargli capire che quello che vede è la realtà, che da quel giorno stesso anche lui fa parte di quel contesto, di quella famiglia. Non è facile per il bimbo accettarlo, ma pian piano, se si fida di quella coppia che lo ha accolto, capirà che è tutto reale, pur continuando a non comprendere da dove tutto questo possa nascere.
    Così è per noi con Dio. Entra nella nostra vita anche se teniamo chiusa la porta, ci mostra una realtà diversa fatta di amore, valori, vita eterna, perdono e, sapendo della nostra paura e stupore, ci parla dolcemente, ci mostra le sue ferite, il dolore che ha provato, ci fa vedere le sue piaghe attraverso coloro che soffrono vicino casa nostra e ci invita ad uscire, a toccare con mano quelle ferite, a prenderci cura di Lui attraverso i malati, i bambini, gli immigrati, i poveri.
    Accogliere Gesù ci viene richiesto da Lui stesso ogni volta che vediamo la sofferenza dipinta sul volto delle persone, non abbiamo paura, non pensiamo che sia un fantasma, non restiamo stupiti dalla sua presenza e dalle sue parole, ma lasciamo che ci guidi, come un genitore affidatario dovrà fare con il bambino in affido.