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  1.  

    Addì 17 febbraio 2013

    Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto
    dove, per quaranta giorni, fu tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni; ma quando furono terminati ebbe fame.
    Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, dì a questa pietra che diventi pane».
    Gesù gli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l'uomo».
    Il diavolo lo condusse in alto e, mostrandogli in un istante tutti i regni della terra, gli disse:
    «Ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni, perché è stata messa nelle mie mani e io la do a chi voglio.
    Se ti prostri dinanzi a me tutto sarà tuo».
    Gesù gli rispose: «Sta scritto: Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo adorerai».
    Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul pinnacolo del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, buttati giù;
    sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordine per te, perché essi ti custodiscano;
    e anche: essi ti sosterranno con le mani, perché il tuo piede non inciampi in una pietra».
    Gesù gli rispose: «E' stato detto: Non tenterai il Signore Dio tuo».
    Dopo aver esaurito ogni specie di tentazione, il diavolo si allontanò da lui per ritornare al tempo fissato

    Luca 4,1-13

  2.  

    Fu tentato dal diavolo

    Madre Teresa diceva che non è bravo chi resiste alle tentazioni, ma chi non ne ha.
    Come è difficile per noi uomini fatti di impulsi, istinti, desideri, immersi in una società consumistica dove ogni cosa è tentazione. Come è difficile passare attraverso il fuoco senza bruciarsi, eppure è così necessario.
    Carlo Carretto diceva che la nostra vita è un cammino per migliorarsi cercando di seguire la Parola di Dio e saremo già stati bravi se alla fine della vita saremo riusciti a mettere in pratica una parte degli insegnamenti di Gesù.
    Cadere nelle tentazioni per noi uomini è fin troppo facile ed è solo con tanto allenamento, con la preghiera, con il dialogo che riusciremo a resistere e forse un giorno a non essere tentati dalle mille luci colorate di questo mondo. In molti, con grande umiltà ed umanità, si allontanano, a volte a piccoli passi, altre volte con decisioni repentine, da Dio per aver peccato, per essere caduti in tentazione senza pensare che il Signore perdona i nostri peccati se chiediamo scusa con il cuore e che non spetta a noi giudicarci, lo farà Cristo quando sarà il momento. Quante volte ho visto non fare la comunione ad un amico oppure ad uno dei ragazzi perché erano i primi a non perdonarsi certi cattivi comportamenti, che magari a ben vedere non erano poi così cattivi, a punirsi impedendo al Signore di entrare in loro, magari senza accorgersi che questo loro modo di fare feriva le persone che volevano loro bene e certamente rattristavano Gesù.
    Quale padre o madre non sta male nel vedere il proprio figlio chiuso a riccio nei suoi problemi, ammusonito da pensieri negativi verso se stesso, incapace di dialogare e di esprimere le sue emozioni e ricevere amore ed aiuto.
    Essere chiusi agli altri è una tentazione molto forte perché è più facile far finta che un problema non esista piuttosto che affrontarlo, magari ricevendo critiche, piangendo, sentendo fitte al cuore, ma è l'unico modo per crescere e non c'è nessuno abbastanza grande da pensare di essere arrivato e non aver bisogno di migliorarsi sia nel rapporto con Dio, con se stesso, con gli altri.
    Il dialogo rende liberi, ci da la gioia di condividere, ci dona la speranza di una soluzione, ci fornisce le basi per il perdono.
    Il chiudersi agli altri fa male a sé stessi, fa male alle persone che ci amano, fa male ai rapporti che si sciupano e non crescono

  3.  

    Addì 18 febbraio 2013

    Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria.
    E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri,
    e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra.
    Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo.
    Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato,
    nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi.
    Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere?
    Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito?
    E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti?
    Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me.
    Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli.
    Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere;
    ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato.
    Anch'essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito?
    Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me.
    E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna»

    Matteo 25,31-46

  4.  

    Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare

    Siamo troppo abituati a guardare con gli occhi e ci scordiamo che le cose buone si ammirano con il cuore.
    Se con i vostri occhi vedete un povero, osserverete soltanto una persona mal vestita, maleodorante, una persona da scansare per la paura che possa importunarvi, ma se lo guarderete con il cuore vi accorgerete di avere davanti un uomo che ha bisogno di voi, del vostro aiuto, un uomo che chiede una piccola moneta per poter sopravvivere.
    Se con le vostre orecchie sentirete parlare di un bambino che nella sua famiglia è picchiato, abusato, non amato sarete portati a dire "ci pensino i servizi sociali", ma se ascolterete la sua storia con il cuore non potrete far altro che innamorarvi di lui e desiderare di accoglierlo nella vostra casa non pensando al domani perché è oggi che lui ha bisogno di voi.
    Se andando in ospedale a trovare un amico coglierete la sensazione che l'ammalato del letto vicino è solo, senza un conforto non ve ne occuperete perché già lo fanno le infermiere, ma se vi farete toccare le corde del vostro cuore dalla sua solitudine prederete la sua mano per infondergli coraggio e alleviare le sue sofferenze.
    Se in televisione verrà narrata la violenza, il furto, l'abuso perpetrato da qualcuno ed il suo conseguente arresto penserete che giustizia è fatta e spererete che resti in prigione il più possibile, ma se con il cuore vedrete in quell'arrestato la sua sofferenza prescinderete dal male che lui possa aver fatto ed avrete compassione per lui che verrà privato della sua libertà, al di là della giustizia terrena, e vorrete dirgli "ti sono vicino per il tuo dolore".
    Se una persona ci ha fatto del male saremo portati all'odio, alla vendetta, al rancore per la nostra natura umana, ma se vedremo in quell'individuo un uomo che ha sbagliato, così come tante volte abbiamo errato noi, il perdono sarà l'unica strada che vorremo percorrere.
    Non bisogna necessariamente credere in Dio per guardare il nostro prossimo con il cuore ed il mondo sarebbe migliore se imparassimo ad aiutare chi ha bisogno, accogliere chi è maltrattato, accudire chi è abbandonato, visitare chi è solo, perdonare chi ha sbagliato perché se diamo amore agli altri, ne riceveremo anche noi.
    Per chi ha Fede è il Signore stesso a dirci che in ogni persona ritroviamo Dio. E' nel povero che chiede da mangiare, nel bambino che desidera una famiglia, nell'ammalato che ha bisogno di cure, nel carcerato che necessita di comprensione, nel peccatore che vuole il perdono.
    Spesso ci lamentiamo perché non vediamo il Signore nella vita di tutti i giorni, crediamo che ci abbia abbandonato, reputiamo la Sua presenza come eterea, ma non ci accorgiamo che Gesù è sempre in mezzo a noi.

  5.  

    Addì 19 febbraio 2013

    Pregando poi, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole.
    Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate.
    Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome;
    venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra.
    Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
    e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori,
    e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male.
    Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi;
    ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe

    Matteo 6,7-15

  6.  

    Credono di venire ascoltati a forza di parole

    Nella politica vediamo tante persone che parlano, parlano parlano.
    Così pure in televisione, e in tante altre circostanze.
    Quale è il risultato? Che la gente è stufa di sentir parlare e passa da un politico ad un altro, da un partito ad un altro, cambia canale in continuazione per trovare qualcosa di interessante, qualcuno che agisca anziché parlare, qualcuno che abbia fiducia nel prossimo e con le sue opere trasmetta la richiesta dei suoi bisogni.
    Le parole alla fine fluttuano nell'aria, qualcuna arriva a destinazione, ma una su un milione, mentre le cose concrete, le azioni arrivano al cuore della gente con minor rapidità, ma con maggior efficacia.
    In questo periodo stiamo incontrando tanti politici perché è il momento in cui prestano maggior attenzione ai bisogni della gente e delle associazioni.
    Spesso, per motivi organizzativi, ci propongono incontri nella mattinata, ma cordialmente rifiuto perché non voglio essere uno dei tanti che li inonda di richieste e lamentele, ma voglio che tocchino con mano la nostra realtà, che guardino negli occhi i nostri ragazzi, si confrontino con loro, che facciano un esame di coscienza e capiscono che la politica non è una teoria filosofica di destra, centro o sinistra, ma deve essere la risposta ai bisogni concreti delle persone ed è per questo che bisogna lottare.
    Ammetto che tra i miei tanti peccati ho quello di essere un grandissimo chiacchierone perché in fondo, come tutti, spero che dicendo tanto, almeno una parte possa essere ascoltata, in un mondo dove tutti urlano per farsi sentire.
    Alle mie parole però unisco il lavoro di tutti i giorni, mio e di coloro che in silenzio dedicano la loro vita ai ragazzi senza apparire, senza urlare e spesso senza parlare, persone senza le quali l'associazione non esisterebbe.
    Sono loro, unitamente ai ragazzi, che voglio che i politici e le persone che a noi si accostano, possano vedere, ascoltando il loro silenzio, vedendo cosa hanno costruito.
    Il Signore ascolta il nostro cuore, legge nella nostra anima il desiderio di vivere, capisce le esigenze di ciascuno e ci sarà vicino per consolarci, sostenerci o donarci ciò di cui abbiamo bisogno, che non sempre è quello che crediamo di volere.
    Quando è che parliamo tanto? Quando non ci fidiamo delle persone che abbiamo dinanzi, quando reputiamo che non ci ascoltino, quando non confidiamo nel fatto che possano capirci attraverso uno sguardo, quando una parola di tristezza, delusione, amarezza non viene raccolta.
    Ma Dio non è come le persone che spesso non ascoltano prese dai loro problemi tanto da non vedere quelli degli altri, il Signore ascolta le parole non dette, i pensieri non palesati, le lacrime silenziose di chi nella notte si svegli con gli incubi e guarda il soffitto per ore. Lui è lì, vicino a chi soffre e non c'è bisogno di chiamarlo, di invocare il Suo aiuto, di gridare la nostra rabbia perché Gesù conosce tutto di noi e non saranno certo le nostre parole a cambiare il Suo giudizio nei nostri confronti, bensì le azioni che ogni giorno svolgiamo.

  7.  

    Addì 20 febbraio 2013

    Mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire: «Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato nessun segno fuorché il segno di Giona.
    Poiché come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell'uomo lo sarà per questa generazione.
    La regina del sud sorgerà nel giudizio insieme con gli uomini di questa generazione e li condannerà; perché essa venne dalle estremità della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, ben più di Salomone c'è qui.
    Quelli di Nìnive sorgeranno nel giudizio insieme con questa generazione e la condanneranno; perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, ben più di Giona c'è qui

    Luca 11,29-32

  8.  

    Questa generazione è una generazione malvagia

    Quanta cattiveria vediamo, quanta malvagità. Non c'è bisogno di dirlo per vedere egoismo, rapine, stupri, violenze, menefreghismo, furti più o meno legalizzate, abbandono di bambini e tanto altro ancora. E' un crescendo di brutte situazioni, ma non dobbiamo sgomentarci davanti alla malvagità.
    Ai miei ragazzi dico sempre che ad ogni problema c'è sempre una soluzione, basta volerla trovare, cercare, non lasciarsi abbattere e sopratutto non lasciarci trascinare dalla corrente e rischiare di perdersi nel mare della cattiveria.
    Quando tutti attorno a noi urlano, gridano la loro rabbia, si disperano noi dobbiamo restare calmi per affrontare la situazione difficile del momento.
    Il Vangelo ci da le indicazioni per emergere da questo fango che sta invadendo la nostra vita.
    All'atto pratico basta vedere nel prossimo che ha bisogno di noi il volto di Dio, prendere la sua mano per aiutarlo e sarà lui ad aiutare noi.
    Quando morì la mia mamma ero precipitato in un profondo sconforto, tutto mi sembrava nero, impossibile andare avanti con serenità, ero perennemente arrabbiato con il mondo e non c'era persona capace di farmi uscire dal pessimismo in cui ero precipitato.
    Quando ho deciso di smettere di piangermi addosso ed ho iniziato a guardarmi attorno ho ricevuto un consiglio, lo stesso che do oggi ai miei ragazzi: "guarda quante mani sono protese verso di te, sembra che chiedano aiuto, ma tutte insieme sono la Mano di Dio che è pronta ad aiutarti. L'unico sforzo che devi fare è quello di fare il primo passo verso di loro, poi non ti lasceranno più solo e ti saranno di grande conforto ed aiuto".
    Così è stato. Ho deciso di fare quel passo verso i bambini ed ho creduto di essere io ad aiutare loro, ma non è mai stato così, loro hanno aiutato me a cambiare la mia vita e la prospettiva del mondo, donandomi una speranza, quella che un mondo migliore è possibile se ognuno di noi, anziché piangersi addosso, decidesse di fare quel primo piccolissimo passo verso la Mano di Dio.

  9.  

    Addì 21 febbraio 2013

    Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto;
    perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto.
    Chi tra di voi al figlio che gli chiede un pane darà una pietra?
    O se gli chiede un pesce, darà una serpe?
    Se voi dunque che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele domandano!
    Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge ed i Profeti

    Matteo 7,7-12

  10.  

    Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro

    Ci sono nella vita delle piccole, semplicissimi regole che valgono per un ateo, per un cattolico, per un ebreo, per un islamico, per chiunque.
    La principale è "ama il prossimo tuo come te stesso".
    Se la rispettassimo nel mondo non ci sarebbero guerre, violenze, cattiverie, perché chi sarebbe così stolto da volersi far del male? E partendo dal fatto che tutti noi vogliamo stare bene, amare il prossimo come noi stessi significa farlo stare bene.
    Da questa deriva un'altra regola, anch'essa applicabile in qualsiasi cultura o contesto sociale, che se noi vogliamo qualcosa dagli altri, dobbiamo farlo noi per primi, per dare l'esempio e perché colui che riceve sia pieno di gioia nel ricevere e capisca che anche l'altro potrebbe gioire se noi usassimo nei suoi confronti la stessa cortesia.
    Questo non significa che io dia per ricevere, e nemmeno che possa dare a tutti coloro che incontro le stesse attenzioni, a volte ne manca il tempo, ma vuol dire che io debba fare una cosa ad almeno una persona in rappresentanza di tutti. Logicamente se non mi mancano il tempo e le forze non ad uno solo devo donare, a ma a quanti più possibile, certamente è impossibile a tutti.
    Se sono al pubblico ed incontro mille persone al giorno, devo dare un sorriso a ciascuno, non mi porta via tempo o risorse, perché è ciò che vorrei ricevere io da ciascuno. Ma se qualche persona non ricambia, o è scortese, pazienza, io sono chiamato a dare l'esempio, se poi l'altro non lo segue non devo farmene un cruccio. Non si da per ricevere, si da per amore verso il prossimo.
    Se una persona mi scrive le rispondo, ma se conosco mille persone ed ogni giorno mi scrivono in cento, non a tutte riuscirò a rispondere, la cosa importante è comunque cercare di rispondere a qualcuno.

  11.  

    Addì 22 febbraio 2013

    In quel tempo, essendo giunto Gesù nella regione di Cesarèa di Filippo, chiese ai suoi discepoli: «La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?».
    Risposero: «Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti».
    Disse loro: «Voi chi dite che io sia?».
    Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».
    E Gesù: «Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli.
    E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa.
    A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli»

    Matteo 16,13-19

  12.  

    Voi chi dite che io sia?

    Non vi è mai capitato di domandarvi cosa rappresentate voi per le persone che vi sono più vicine come i figli, il marito o la moglie? Spesso non ci rendiamo conto che la nostra vita, le nostre relazioni con gli altri con il tempo tendono a cambiare perché i protagonisti della storia della nostra vita, noi compresi, tendiamo ad essere diversi. Se per i figi è cosa naturale e ben visibile perché maturano un carattere, passano da fasi di euforia a quelle di contrasto, per noi adulti non è così facile vederlo e sopratutto accettarlo. Quando vedo le persone che si divorziano e penso al loro matrimonio dove filmati e vecchie foto sono lì a testimoniare la gioia di un momento, la felicità di un periodo che ha portato alla promessa "con te per sempre fino alla morte", mi domando, ma cosa è cambiato, cosa li ha portati al litigio, alla separazione? Tutti noi vogliamo vedere l'altro come fosse idealizzato, puro, incontaminato dalle vicende del mondo, come fosse lo stesso del giorno del matrimonio, ragazzo o ragazza spensierata, oppure il figlio tenero e coccolone dei primi anni di vita, ma non ci rendiamo conto, o non ci vogliamo rendere conto che il cambiamento è continuo e costante, anche se non ce ne accorgiamo perché troppo immersi in una realtà alla quale anche noi apparteniamo. In un qualunque rapporto dovremmo imparare ad accettarci ogni giorno e non dare per scontato nulla, cercare di costruire con il dialogo, con la tenerezza, con le piccole attenzioni, con la comprensione del problema dell'altro un rapporto continuo. Facile? Tutt'altro, ma riuscirci significa amare ed essere amati, non riuscirci significa separazione e talvolta odio e violenza. Quindi forza e coraggio che la vita è questa e va affrontata a testa alta, ma il risultato è bello e grande e vale la pena andare avanti con la persona che si ama.
    Anche Gesù ci chiede di capire il prossimo ed attraverso di lui si arriva a capire anche il Signore. Facile non è davvero perché il povero, il bambino maltrattato, il drogato ti mettono spesso a dura prova, ma si deve continuare a cercare di scoprire la sua natura perché è così che ci avvicineremo sempre più a Dio e la ricompensa sarà amore senza fine.

  13.  

    Addì 23 febbraio 2013

    Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico;
    ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori,
    perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti.
    Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani?
    E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?
    Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste

    Matteo 5,43-48

  14.  

    Fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni

    Il sole e la pioggia non guardano in faccia a nessuno, arrivano per i buoni e per i meno bravi, per i poco peccatori (uomini senza peccati non ne esistono) e per i peccatori. Irradiano i loro effetti benefici senza giudicare nessuno, in piena democrazia. In questa vita siamo tutti uguali agli occhi di Dio, tutti Suoi figli degni di essere amati, consolati, rimproverati, sollecitati a far del bene. Il giudizio arriverà alla fine dei nostri giorni, ma così come il Signore tratta tutti noi con grandissimo amore, anche noi dobbiamo trattare gli altri allo stesso modo.
    Un segno distintivo di chi crede in Dio, ancor prima della croce appuntata sul petto o penzolante da una catenina d'oro, dovrebbe essere l'amare coloro che sentiamo nostri nemici, quelli che in molti disprezzano, le persone che più di altre si sono distinte per delle azioni ignobili. E' facile giocare a fare Dio con la vita degli altri, è facile puntare il dito e condannare chi la pensa diversamente da noi, chi si macchia di un qualche orribile delitto, ma se giochiamo a fare Dio, se possiamo permetterci di giudicare tutti, facciamo Dio fino in fondo e aiutiamo gli altri, non abbassiamoci a chiedere aiuto per noi perché essendo Dio non dovremmo avere difficoltà a toglierci d'impaccio da soli. Il Signore invece per noi esiste solo quando abbiamo bisogno, ma quando ci detta una regola, quando ci insegna ad amare tutti perché fratelli di un unico Padre, ci ribelliamo ed allora prendiamo della Fede ciò che ci fa comodo. Quante divisioni all'interno della Chiesa, quante all'interno delle stesse parrocchie con gente che durante la Messa non si saluta neppure, figuriamoci fuori di chiesa quanti nemici ci creiamo.
    I peccati vanno condannati, ma va fatto con amore, non urlando nelle piazze. Bisogna donare speranza a chi ha sbagliato perché è un nostro fratello. L'odio chiama l'odio e se uccidiamo chi ha ucciso diamo il via ad una faida senza fine, se condanniamo una famiglia che non accudisce il proprio figlio facciamo nascere altri bambini figli della disperazione e dell'abbandono, ma se abbracciamo il peccatore dicendogli che ciò che ha fatto è sbagliato, ma che vogliamo che lui capisca ed esca da una certa situazione avremo recuperato alla vita una persona. Capite? Una persona. Oggi si gioca con le parole, si gioca con la vita degli altri "questo lo ucciderei, questo bene che sia morto, questo meno male che lo hanno messo in galera". Ma dico, scherziamo? Sono persone come noi. ma se noi sbagliassimo e per questo ci ritrovassimo da soli, per questo ci togliessero la vita, la libertà, l'amore del prossimo, che ne sarebbe di noi? Avete mai provato ad immedesimarvi in un assassino, in una prostituta, in un pedofilo? Avete mai cercato di capire perché ha preso una strada sbagliata? Tanti i motivi e quasi sempre perché nessuno lo ha aiutato prima, nessuno ha capito la sua sofferenza ed il disagio in cui affogava, nessuno lo ha difeso quando abusavano di lui o lo picchiavano. Quanti bambini ho visto sofferenti, alcuni ho potuto abbracciarli ed educarli, per altri non mi è stato concesso e in quanti si sono rovinati per il solo fatto di non essere stati amati, seguiti, accuditi.
    Ma i vostri figli, pur criticando il loro operato quando sbagliano, non siete disposti ad amarli sempre e comunque? A perdonarli ogni volta che cascano nell'errore sperando che quella sarà l'ultima volta? Ed anche se un giorno sarete costretti a denunciarli, non starete loro vicino con amore nella speranza che possano redimersi capendo il loro errore?
    Amate i vostri nemici, le persone che vi fanno del male, gli uomini che si macchiano di delitti perché è così che il Signore tratta noi ed è solo così che potremo aiutare l'umanità ad uscire da tanta cattiveria. L'odio genera soltanto odio, mentre l'amore dona speranza e produce amore, pace, serenità di cui tutti noi abbiamo grandissimo bisogno.
    Oggi è di moda urlare nelle piazze il proprio odio, il proprio malcontento verso tutti, ma dove ci potrà portare tutto questo? Porterà altri a gridare più forte per farsi sentire, fino a che non arriveremo allo scontro fisico e a cercare di ridurre al silenzio chi la pensa diversamente da noi ed osa contraddirci.
    Non spetta a noi giudicare, a noi spetta soltanto amare.

  15.  

    Addì 24 febbraio 2013

    Circa otto giorni dopo questi discorsi, prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare.
    E, mentre pregava, il suo volto cambiò d'aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante.
    Ed ecco due uomini parlavano con lui: erano Mosè ed Elia,
    apparsi nella loro gloria, e parlavano della sua dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme.
    Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; tuttavia restarono svegli e videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui.
    Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi stare qui. Facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli non sapeva quel che diceva.
    Mentre parlava così, venne una nube e li avvolse; all'entrare in quella nube, ebbero paura.
    E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo».
    Appena la voce cessò, Gesù restò solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto

    Luca 9,28b-36

  16.  

    Egli non sapeva quel che diceva

    Quante volte ci è capitato di dire cose senza pensarci, per la troppa gioia o forse più spesso per la rabbia di un momento. Avrete sentito dire spesso "azionare il cervello prima di aprire la bocca" ed è giusto, prima di parlare è meglio riflettere molto attentamente sulle cose che stiamo per dire. Oggi questa misura viene presa sempre più alla lettera e così in molti perdono il dialogo. Tra una lite che porta ad un chiarimento ed un silenzio che fa passare un brutto momento ma fa restare nel cuore sentimenti inespressi, sceglierei la lite. Certo la via di mezzo è sempre preferibile, un dialogo sereno, pacato e costruttivo, ma non siamo automi e non possiamo prescindere dai sentimenti, dal momento di gioia o di ira, dal farsi rapire da un'emozione come piangere davanti ad un film, oppure scandalizzarsi se vediamo un'ingiustizia perpetrata ai danni di qualcuno più debole.
    I bambini per me sono sempre l'esempio migliore. Noi adulti troppo spesso guardiamo il comportamento dei nostri piccoli e pensiamo che siano in torto, che dovranno crescere e maturare ed allora capiranno come si comporta un adulto. A vedere oggi il mondo verrebbe da pensare che sarebbe stato quasi meglio se i bambini di ieri non avessero capito come diventare adulti. Pensate ad un bimbo che vede qualcosa che gli piace, grida, si entusiasma, lo chiede, non si fa problemi di etichetta, non pensa che soddisfare quella gioia potrebbe portare a qualche altra privazione. Gioisce perché nel suo cuore si è aperta una finestra e da quell'apertura vede il sole, il sereno, l'aria pulita e la parte bella del mondo, tutto il resto è fuori dalla sua portata, almeno in quel momento, e l'unica cosa che conta è ciò che ha visto e che gli ha dato una grande soddisfazione. Sarà l'adulto a raffreddaare i bollenti spiriti del figlio nella praticità della vita quotidiana e nel suo ruolo di educatore. Così dovremmo fare noi, essere sempre pronti a gridare la nostra gioia per ogni cosa che vediamo, appassionarci alle cause a favore del prossimo senza rabbia ma con il desiderio di voler condividere quello che abbiamo nel cuore, anche un po' idealizzando, invitando chi abbiamo vicino ad affacciarsi insieme a noi da quella finestra che si è appena aperta. Sarà Dio a calmierarci, a dirci di andare più adagio o addirittura in altra direzione, ma sicuramente sarà contento di vederci così entusiasti nella gioia e nell'amore.
    Quando morì la mia mamma, dopo essermi pianto addosso per diversi mesi, preso dall'entusiasmo all'uscita da una conferenza di una frate sulle missioni in Camerun, decisi di partire per l'Africa e accarezzai questo sogno per i mesi estivi. Incrocia poi sul mio cammino un sacerdote che alla mia domanda "come posso fare, a chi devo rivolgermi per partire come missionario laico" mi rispose "Tu sei scemo" e mi propose qualcosa più alla mia portata (avevo 21 anni, l'università a metà percorso, un padre vedovo e di sessant'anni che sarebbe rimasto da solo). Ma sono certo che il mio entusiasmo di voler partire sia piaciuto al Signore che ha raccolto la mia gioia e la mia forza di voler fare qualcosa indirizzandola verso altri lidi.
    Così quando Pietro, nell'entusiasmo di essersi trovato davanti Mosè ed Elia ed aver visto la trasfigurazione di Gesù, propone di piantare tre tende Gesù non lo rimprovera, ma lo guarda con il cuore di un Padre che apprezza e sorride per il concitato entusiasmo del figlio.
    Ancora una volta il Signore ci fa vedere la bellezza di restare come bambini nel vedere il mondo con la purezza di un fanciullo. Sia per noi un monito a restare entusiasti, a non vergognarci dei nostri sentimenti, a dire "ti voglio bene" quando ce lo sentiamo nel cuore senza fare troppi calcoli di convenienza o di opportunità.
    Abbiamo una forza dentro, quella del nostro essere bambini, scateniamola che da sola basterebbe a cambiare il cuore della gente ed il mondo intero.

  17.  

    Addì 25 febbraio 2013

    Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro.
    Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato;
    date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio»

    Luca 6,36-38

  18.  

    Siate misericordiosi

    La misericordia è frutto di un sentimento, l'empatia con altre persone, il mettersi al loro posto.
    Misericordia letteralmente significa avere compassione per gli altri dentro il nostro cuore. Non un sentimento di pietà verso qualcuno che consideriamo inferiore, anzi è un immedesimarsi in qualcuno che vediamo uomo come noi, nostro fratello. Vedere le sue sofferenze ci fa guardare dentro l'anima, ci fa capire quanto si è fortunati nell'avere tante cose più degli altri, nell'aver avuto una famiglia che ci abbia amato, una cultura che ci ha dato dei valori, una casa, una tavola imbandita, una buona salute, persone care che lotterebbero per noi fino alla morte, e se ci riflettiamo non riusciamo a capire perché a noi è stato dato tanto e ad altri così poco. E se fosse stato il contrario?
    A me capita ogni giorno di fare delle cose naturalissime, come ripararmi dal freddo e dalla pioggia, lavarmi facendo una bel bagno caldo al mattino, scegliere cosa mangiare ed alzarmi da tavola sempre sazio, indossare il vestito che più mi aggrada, correre, giocare con i miei ragazzi, ed in questi momenti penso a chi dorme fuori al freddo e alle intemperie, a chi non può lavarsi, a chi mangia quando può ciò che trova o che elemosina, a chi indossa ogni cosa che gli viene donata o che trova ad un cassonetto, a chi non può correre perché paralizzato o senza forze, a chi no ha nessuno con cui giocare o condividere un solo momento della sua giornata.
    Provate a pensarci anche voi, immedesimatevi in queste persone, avvicinatevi a loro e guardate nella loro anima attraverso i loro occhi. Vedrete tanta sofferenza, capirete il perché a volte di tanto odio, di comportamenti squilibrati. Se capitasse a voi di dover elemosinare un pezzo di pane, o di non avere una casa dove rifugiarvi o persone amiche come vi comportereste? Il Signore ha distribuito i Suoi doni tra gli uomini, il come ed il perché sono un mistero che solo Lui conosce fino in fondo. Possiamo ragionarci per tutta la nostra vita, pensare che al povero, all'emarginato abbia dato di più che a noi perché la sua sofferenza è già una conquista della vita eterna, ma sono ragionamenti umani e solo quando saremo alla presenza di Dio, forse, capiremo il vero motivo. Oggi siamo su questa terra e dobbiamo fare i conti con la nostra coscienza, dobbiamo guardare la sofferenza delle persone che incontriamo e capire cosa provano. capita spesso che quando un attore deve interpretare un personaggio si cali nella parte ancor prima di recitare cercando di vivere come ha vissuto quella persona, cercando di rassomigliare a lui anche nell'aspetto, nella gestualità, nel modo di vestire e di mangiare, nel relazionarsi agli altri. Cerca in altre parole empatia con la sua anima. E' così che si può cominciare a capire cosa provi quell'uomo ogni giorno, quali ostacoli deve affrontare ogni giorno, di quanto aiuto abbia bisogno per svolgere funzioni vitali per noi del tutto naturali.
    Ricordo sempre ai miei ragazzi di non giudicare le persone perché dietro a loro c'è un mondo a noi sconosciuto, un passato impossibile da immaginare, una cultura figlia di una storia complessa e intricata. Possiamo giudicare il peccato, ma non il peccatore che dobbiamo sempre e comunque amare, anche dovesse sbagliare cento volte al giorno. Non dobbiamo condannarlo, relegarlo ad una vita lontano da noi, anzi dobbiamo dargli parte di noi, parte del nostro tempo, delle nostre risorse, del nostro cuore perché ogni persona ha diritto ad essere amata, anche il più crudele degli assassini. Facile? Certamente no, ma tutte le storie hanno un inizio e l'allenamento non finisce mai. Si inizia così dal poco, dal donare pochi centesimi al povero che tende la mano, per poi proseguire con un sorriso ogni mattina alla donna che spinge un carrello del supermercato con dentro tutta la sua vita, a scambiare qualche parola con uno zingaro fuori dalla chiesa. Un passo alla volta ed un giorno potremo amare ogni nostro fratello, anche colui che ci ha fatto del male.
    Il Signore fa così con noi, non ci condanna per i nostri peccati, perché se così fosse ditemi chi supererebbe l'adolescenza senza essere bruciato vivo. Dio con noi non perde mai la speranza ed è sempre pronto a guardare nella nostra anima, a perdonare ogni nostro errore, ad esserci amico e sostegno per ricominciare ogni volta, anche se sbaglieremo di continuo.
    Come potremo chiedere il perdono di Dio e degli altri se non siamo noi i primi a perdonare?

  19.  

    Addì 26 febbraio 2013

    Allora Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:
    «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei.
    Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno.
    Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito.
    Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini: allargano i loro filattèri e allungano le frange;
    amano posti d'onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe
    e i saluti nelle piazze, come anche sentirsi chiamare "rabbì''dalla gente.
    Ma voi non fatevi chiamare "rabbì'', perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli.
    E non chiamate nessuno "padre" sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo.
    E non fatevi chiamare "maestri", perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo.
    Il più grande tra voi sia vostro servo;
    chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato

    Matteo 23,1-12

  20.  

    Chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato

    Ma davvero pensate che ogni cosa che avete sia per merito vostro? Certo, mi si dirà "ho lavorato una vita per avere una casa", ma avete mai pensato se invece di essere nati a Roma, Salerno, Torino, Firenze, Livorno da una buona famiglia che vi ha permesso di andare a scuola foste cresciuti in un quartiere malfamato della periferia di Palermo, con un padre violento ed una mamma prostituta? Vi siete mai domandati di chi sia il merito se avete avuto una vita facile? O vi siete mai chiesti di chi sia la colpa di altri per aver visto nella propria esistenza solo maltrattamenti, abusi, privazioni dal momento in cui siete stati partoriti?
    Il Signore per chi crede, la vita per chi non abbia Fede ci mette alla prova. Dona tanto ad alcuni e poco ad altri e aspetta paziente di vedere come ognuno di noi investa ciò che ha ricevuto. Molte persone tengono stretti i propri averi, condividono con pochi il loro sapere, distribuiscono affetto con il contagocce come se ogni stilla che esce dalla propria persona fosse un dolore immenso, attaccati alle cose materiali di questa vita, non disposti a condividere con altri la fortuna che hanno ricevuto. Per di più nasce in tanti la superbia, il disprezzo verso chi abbia avuto meno fortuna di altri, verso chi sia nato in situazioni di degrado. Il mondo, lo vediamo in ogni aspetto della natura, ha un suo equilibrio e ciò che sale prima o poi scende, per quanto in alto possa essere mai salito. Quanto può durare la nostra vita? Ottanta, cento anni? Forse anche di più, ma poi? Cosa ne sarà di voi dopo la vita terrena? Per chi crede ci sarà Dio e la vita eterna che ci ha promesso, ci sarà un giudizio e chi avrà aperto il cuore agli altri ne troverà giovamento, chi avrà sofferto sarà consolato, chi si sarà abbassato sarà innalzato e chi si sarà innalzato verrà abbassato. Per chi non ha Fede, per coloro che pensano che finita la propria vita terrena tutto si risolva in polvere, capiscano che l'unica cosa che rimarrà di loro sarà il ricordo delle persone, l'esempio che avranno dato per costruire il futuro ed almeno per questo dovrebbero imparare a condividere le proprie gioie con coloro che poco hanno ricevuto. A chi non ha Fede chiedo "e se poi, alla fine della vita, doveste ritrovarvi davanti a Dio? Mica potete escluderlo a priori. Allora pensate a cosa fa un buon investitore, punta tutto su uno stesso titolo oppure diversifica il suo patrimonio, in modo tale che se un'operazione risultasse fallimentare non vada in rovina. Pensate agli altri finché potete, mettetevi alla loro altezza, dialogate con tutti coloro che incontrate. Con la prudenza del buon investitore mettete parte di voi nella cassetta di sicurezza che alla vostra nascita è stata aperta nella banca del cielo, e vi accorgerete che non è poi così male vivere con umiltà donando parte della propria vita, del proprio amore, del proprio tempo agli altri. Gli interessi arriveranno subito e vedrete che accogliere un bambino in affido, dare una casa ad una famiglia, condividere il pasto con chi è povero, confortare un ammalato vi faranno provare emozioni che tutti i beni della terra non potranno mai farvi sentire.

  21.  

    Addì 27 febbraio 2013

    Mentre saliva a Gerusalemme, Gesù prese in disparte i dodici e lungo la via disse loro:
    «Ecco, noi stiamo salendo a Gerusalemme e il Figlio dell'uomo sarà consegnato ai sommi sacerdoti e agli scribi, che lo condanneranno a morte
    e lo consegneranno ai pagani perché sia schernito e flagellato e crocifisso; ma il terzo giorno risusciterà».
    Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli, e si prostrò per chiedergli qualcosa.
    Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Dì che questi miei figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno».
    Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo».
    Ed egli soggiunse: «Il mio calice lo berrete; però non sta a me concedere che vi sediate alla mia destra o alla mia sinistra, ma è per coloro per i quali è stato preparato dal Padre mio».
    Gli altri dieci, udito questo, si sdegnarono con i due fratelli;
    ma Gesù, chiamatili a sé, disse: «I capi delle nazioni, voi lo sapete, dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere.
    Non così dovrà essere tra voi; ma colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo,
    e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo;
    appunto come il Figlio dell'uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti»

    Matteo 20,17-28

  22.  

    Il Figlio dell'uomo sarà consegnato ai sommi sacerdoti e agli scribi, che lo condanneranno a morte

    Spesso ci domandiamo quale sia la strada che dovremo prendere nella nostra vita. Durante la nostra esistenza ci troviamo spesso davanti ad un bivio e siamo chiamati necessariamente a scegliere, ed è facile che si opti per il sentiero meno faticoso senza pensare troppo a dove possa portare, si fanno delle scelte che spesso condizioneranno la nostra vita a cuor leggere solo perché vediamo un percorso in salita ed uno in piano. Si sceglie ad esempio il fidanzato guardando ad aspetti esteriori oppure al carattere più mite senza soffermarci troppo a pensare se quello più difficile da trattare non sia in realtà soltanto ombroso, ma magari migliore come futuro marito e padre dei miei figli. Si va a fare volontariato presso un'associazione che ha fama nazionale perché lì van tutti e non guardiamo che magari ci sono altre associazioni più piccole che hanno un reale bisogno di volontari per crescere ed aiutare con passione tante persone e per le quali il nostro aiuto sarebbe determinante, mentre per quelle più famose saremmo solo uno dei tantissimi volontari e l'impegno a noi richiesto sarebbe minimo, così dicasi per il cinque per mille o altri aiuti. Davanti alla morte di una persona a noi cara potremmo scegliere di continuare al nostra vita senza troppi scossoni, aspettando che quella ferita si rimargini da sola, oppure prendere forma da quella mancanza e creare in noi una nuova vita al servizio degli altri. Se scegliamo un fidanzato tranquillo, magari poi abbiamo una vita tranquilla; se scegliamo di aiutare un'associazione ben inquadrata ed organizzata, magari poi ci dicono cosa fare e ci sentiamo utili; se non ci spostiamo più di tanto davanti ad un evento che ci rivoluziona la vita, magari proseguiamo il nostro cammino senza troppi scossoni. Cosa c'è di male? In fin dei conti a noi basta vivacchiare, camminare tranquilli su un tappeto erboso, e se vediamo o sentiamo qualcosa che richiama la nostra attenzione, qualcosa che ci faccia sobbalzare basta tapparsi le orecchie e chiudere gli occhi per non vedere e non sentire e proseguire così la nostra vita vivacchiando.
    Che bischeri che siamo, ma non ci rendiamo conto che non possiamo essere passivi? Che la vita è lì, davanti a noi per essere vissuta. Quante persone, una volta sposatesi con la persona pantofolaia e metodica passano anni nella tranquillità ed un mattino si svegliano e guardando indietro vedono una vita insignificante e si domandano che senso abbia vivere in quel modo? Quanti dopo anni di aiuti ad associazioni blasonate si accorgono di essere solo dei numeri? Quanti dopo anni dalla morte di una persona cara si accorgono che il ricordo sta svanendo e di lui o di lei non rimane quasi più traccia nelle persone che conosciamo? Ma che senso ha vivere una vita così? Non sarebbe forse più bello sposare qualcuno che ci faccia sentire vivi ogni giorno, che ci stimoli continuamente, che ci dia la carica ed il sostengo spronandoci continuamente magari anche con piccole liti, ma con il quale crescere e costruire insieme un mondo diverso? Non sarebbe forse più bello far parte di associazioni per le quali possiamo essere parte integrante ed importante di una realtà, parte di una grande famiglia capaci di costruire insieme un futuro per tante persone che vediamo e tocchiamo con mano gioendo e soffrendo con loro? Non sarebbe forse più bello che sempre più persone possano conoscere attraverso di voi le persone care che hanno lasciato questo mondo ed in nome delle quali si possa costruire, non senza sacrifici e lotte, un mondo migliore?
    A voi la scelta, siete ovviamente liberi di percorrere la strada che preferite, quella in piano senza scossoni, oppure quella in salita irta di ostacoli e faticosa che vi porterà sopra una vetta dalla quale potrete godere della gioia delle vostre fatiche.
    Due aspetti sono da prendere in considerazione: costruzione e sofferenza
    Ai miei ragazzi dico sempre che quando si trovano dinanzi ad un bivio valutino bene, e non con leggerezza, ogni possibile soluzione ed implicazione partendo dall'idea che quasi sempre la strada più difficile è quella più bella e la migliore da prendere per la nostra vita e per quella degli altri, difficile inizialmente ma piena di soddisfazioni in seguito.
    Il percorso dove costruiamo con sofferenza è qualcosa che ci fa sentire vivi ogni giorno e la morte ci troverà attivi e operativi al punto che non riuscirà a farci morire perché il nostro spirito continuerà ad aleggiare su questa terra attraverso le nostre opere.
    Gesù ha percorso una strada in salita, una strada che lo ha portato in vetta ad un monte sul quale lo hanno crocifisso. Possiamo credere o meno che fosse il Figlio di Dio, ma questo non cambia la grandezza di quella vita. Pensate a quante persone abbiano seguito il suo esempio aiutando tante persone e cambiando un pezzo di mondo. Madre Teresa poteva essere una delle tantissime suore che si allineano a certi schemi, invece ha lottato per percorrere la strada difficile che aveva scelto, ma pensate a quante gioie ha avuto, a quanto bene abbia fatto, a come il suo nome rimarrà per sempre con noi e le sue opere verranno imitate e serviranno ad aiutare l'umanità. Quanti esempi nel nostro quotidiano di persone che abbiano fatto scelte coraggiose, non adeguandosi a schemi e formalismi, che nonostante le difficoltà continuano con caparbietà a seguire la strada contro vento. Difficile? Si, certamente, ma quante soddisfazioni. Quanta gioia nel vivere una vita del genere. Moriamo tutti prima o poi, ma abbiamo un dovere morale, quello di mettere a frutto i doni che Dio (la natura se non credete) ci ha dato. Pensateci bene, se avete mille euro a disposizione cosa credete sia meglio fare? Prendere pochi spiccioli ogni giorno e comprarci quel che vi basta per vivere, oppure investirli e con gli interessi mangiare in abbondanza voi ed altre persone? Nel primo caso mangiate subito, ma mangiate poco e alla fine non vi resta nulla in mano. Nel secondo caso farete la fame nei primi tempi, ma poi vivrete nell'abbondanza e alla fine della vostra vita potrete lasciare una bella eredità a chi vi è stato vicino.
    La scelta è vostra, ma pensateci oggi per non avere rimpianti domani.

  23.  

    Addì 28 febbraio 2013

    C'era un uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente.
    Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe,
    bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco. Perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe.
    Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto.
    Stando nell'inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui.
    Allora gridando disse: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura.
    Ma Abramo rispose: Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora invece lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti.
    Per di più, tra noi e voi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi non possono, né di costì si può attraversare fino a noi.
    E quegli replicò: Allora, padre, ti prego di mandarlo a casa di mio padre,
    perché ho cinque fratelli. Li ammonisca, perché non vengano anch'essi in questo luogo di tormento.
    Ma Abramo rispose: Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro.
    E lui: No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvederanno.
    Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi»

    Luca 16,19-31

  24.  

    Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi

    In ventisei anni di Associazione abbiamo raccontato ad ogni persona che abbiamo incontrato, ad ogni conferenza alla quale abbiamo partecipato, ad ogni evento che abbiamo organizzato la pena di tantissimi bambini che soffrono all'interno delle loro stesse famiglie per i maltrattamenti, gli abusi, la mancanza di amore da parte di adulti che nessuno ha amato quando erano bambini. Tanti sorrisi compiacenti, ma quanti ci ascoltano? Quanti valutano l'idea di prendere un bambino in affido? Quanti si incamminano sul sentiero dell'accoglienza? Purtroppo pochi. Alcuni avranno sicuramente delle impossibilità oggettive, come l'età avanzata o i figli troppo piccoli, ma gli altri? Quanti preferiscono andare all'estero a prendere un bambino in adozione, pagando tantissimo denaro che potrebbe servire a costruire case ed ospedali anziché finire nelle tasche di varie organizzazioni, piuttosto che rivolgere lo sguardo alle necessità della famiglia della porta accanto. Ma di cosa avete paura? Che vi tolgano il bambino dopo qualche anno? Pensate a quanto egoismo è implicito in questa frase. La paura di soffrire in futuro, cosa nemmeno certa visto che molti bambini in affido poi restano nelle famiglie affidatarie anche dopo la maggiore età, quando il bambino tornerà a casa dai suoi genitori, cosa che avverrà solo se la situazione familiare sarà migliorata al punto da permettere il rientro del figlio. Ma vi rendete conto che voi, adulti, con una famiglia serena, con un passato tranquillo senza abusi e privazioni, lasciate che un bambino muoia ogni giorno perché avete paura di un po' di sofferenza (che tale non è se ci mettiamo nella giusta ottica di aiutare non solo un bambino, ma anche la sua famiglia, anzi, non potete nemmeno immaginare quanta gioia possa darvi un bimbo in affidamento). Nel Vangelo si parla del ricco che mangiava a crepapelle e non dava ai poveri nemmeno le briciole. Magari per molti di voi Dio nemmeno esiste, ma se esistesse? Se una volta passati a miglior vita vi trovaste di fronte il Signore? Se vi dicesse "Hai fatto una bella vita, hai lasciato che altri subissero violenze di ogni tipo per non soffrire, adesso è il tuo turno, accomodati pure nella sofferenza eterna", non varrebbe la pena non rischiare? Ma a quanti credono dico di aprire il Vangelo, di leggere la pagina dove si parla dell'uomo ricco e del povero Lazzaro, di ascoltare Gesù quando parla dei bambini con quanto amore lo fa, di meditare sulla frase "Chi avrà dato da bere anche solo un bicchiere d'acqua fresca a uno di questi piccoli, non perderà la sua ricompensa”.
    Quanti di voi pur potendo accogliere un bambino non lo fanno? Eppure il messaggio di Dio è forte e chiaro, non si potrà dire un giorno "non lo sapevo, non avevo capito".
    Purtroppo non c'è peggior sordo di colui che non vuole sentire e, dice il Vangelo, "nemmeno se uno resuscitasse dai morti lo ascolterebbero".
    Non siate sordi alle richieste di aiuto che silenziosamente si levano dai cuori dei bambini maltrattati.
    Se non potete accoglierli, almeno supportate con la vostra presenza prima che con il vostro denaro, chi è in prima fila per aiutarli. E' facile tacitare la propria coscienza facendo una donazione o firmando per il cinque per mille, è cosa che è apprezzata e necessaria, ma da sola non basta, bisogna combattere in prima fila, rimboccarsi le maniche e mettersi davanti al problema per sconfiggerlo, magari anche solo parlandone, sarebbe già qualcosa.

  25.  

    Addì 1 marzo 2013

    Ascoltate un'altra parabola: C'era un padrone che piantò una vigna e la circondò con una siepe, vi scavò un frantoio, vi costruì una torre, poi l'affidò a dei vignaioli e se ne andò.
    Quando fu il tempo dei frutti, mandò i suoi servi da quei vignaioli a ritirare il raccolto.
    Ma quei vignaioli presero i servi e uno lo bastonarono, l'altro lo uccisero, l'altro lo lapidarono.
    Di nuovo mandò altri servi più numerosi dei primi, ma quelli si comportarono nello stesso modo.
    Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: Avranno rispetto di mio figlio!
    Ma quei vignaioli, visto il figlio, dissero tra sé: Costui è l'erede; venite, uccidiamolo, e avremo noi l'eredità.
    E, presolo, lo cacciarono fuori della vigna e l'uccisero.
    Quando dunque verrà il padrone della vigna che farà a quei vignaioli?».
    Gli rispondono: «Farà morire miseramente quei malvagi e darà la vigna ad altri vignaioli che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
    E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: La pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d'angolo; dal Signore è stato fatto questo ed è mirabile agli occhi nostri?
    Perciò io vi dico: vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che lo farà fruttificare.
    Udite queste parabole, i sommi sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro e cercavano di catturarlo; ma avevano paura della folla che lo considerava un profeta

    Matteo 21,33-43.45-46

  26.  

    La pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d'angolo

    Sembra di ascoltare una favola quando leggiamo di persone che nate nella povertà hanno creato grandi imperi, di ragazze di umili origini divenute principesse, di bambini che giocavano nelle favelas contesi da grandi squadre sportive.
    Una favola che pensiamo possa capitare soltanto a pochi eletti, a persone baciate dalla sorte e sospirando continuiamo a vivere nella nostra quotidianità, sperando magari un giorno di essere baciati dalla sorte con un biglietto vincente della lotteria o attraverso l'eredità di un lontano parente a noi sconosciuto.
    Eppure non ci rendiamo conto che è alla portata di tutti poter cambiare le sorti della nostra esistenza, da ultimi diventare primi.
    Olimpia ha vissuto la sua vita nella piena umiltà dando tutta sé stessa per il prossimo, non è mai andata sui giornali, non ha mai fatto l'assessore o il consigliere comunale, men che mai ha cercato posti di potere, eppure le cronache del cielo parlano di lei ed ha conquistato agli occhi di Dio un posto di rilievo.
    Ognuno di noi può divenire pietra angolare, ma non cercando il potere, non lottando per una poltrona in parlamento, non rubando o corrompendo, ma semmai in modo diametralmente opposto.
    Chi si umilia, chi si mette al servizio degli altri sarà considerato importante nel Regno di Dio, ma se non credete nella vita eterna pensate all'importanza che avrete per i poveri che sfamerete, per le lacrime che asciugherete, per i bambini che salverete, e quale ricompensa migliore di un sorriso si può pensare di avere in questa nostra vita?

  27.  

    Addì 2 marzo 2013

    Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo.
    I farisei e gli scribi mormoravano: «Costui riceve i peccatori e mangia con loro».
    Allora egli disse loro questa parabola:
    Disse ancora: «Un uomo aveva due figli.
    Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze.
    Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto.
    Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno.
    Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci.
    Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava.
    Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame!
    Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te;
    non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni.
    Partì e si incamminò verso suo padre. Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò.
    Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio.
    Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi.
    Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa,
    perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa.
    Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze;
    chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò.
    Il servo gli rispose: E' tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo.
    Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo.
    Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici.
    Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso.
    Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo;
    ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato»

    Luca 15,1-3.11-32

  28.  

    Padre ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio

    La parabola del figliol prodigo offre miriadi di spunti di riflessione, oggi uno in particolare ha toccato le corde del mio cuore, quello del perdono nei confronti di noi stessi. Tutti noi, più o meno consapevolmente, facciamo danni, offendiamo, umiliamo il nostro prossimo, in altre parole siamo peccatori, fa parte della nostra natura umana. Ogni volta che faccio un errore nei confronti delle persone e me ne rendo conto, ogni volta che tradisco l'amore di Dio compiendo azioni che non dovrei commettere mi si sgonfiano le ruote, mi abbatto, non riesco a perdonarmi e mi riesce difficile accettare che il Signore perdoni le mie colpe. In grado di perdonare coloro che mi hanno fatto del male, non è nella mia natura perdonare me stesso. Non mi sono mai posto la domanda sul perché ciò avvenisse, vedendo in questo mio comportamento un'autopunizione alle colpe commesse, ma qualche giorno fa, parlando con un sacerdote, mi ha fatto vedere un altro punto di vista che mi ha sconvolto i pensieri, "non perdoni te stesso perché sei orgoglioso, pensi di essere uno che non può sbagliare" e a supporto di questo mi ha fatto leggere il capitolo 8 della lettera ai Romani scritta da San Paolo, nella quale appare chiaro che laddove ci sia peccato il Padre perdona se c'è consapevolezza e pentimento sincero delle proprie colpe.
    D'altra parte questo è anche nella natura umana, quale buon genitore infatti non è disposto a perdonare il proprio figlio sempre e comunque? Aspetta di vedere in lui il pentimento sincero, il riconoscimento del proprio errore affinché possa far tesoro dell'esperienza negativa che ha fatto, del dolore che ha inflitto, per poi azzerare tutto con il perdono e da quel punto ricominciare. Quante volte saremo disposti a perdonare gli errori di nostro figlio? Innumerevoli perché l'amore, quello vero, travalica ogni confine. Così il Signore è disposto a perdonarci, in quanto Suoi figli, ogni volta che sinceramente Gli chiederemo scusa dal profondo del cuore, avviliti ed amareggiati per averLo offeso, tradito, dimenticato.
    In casa nostra, con i ragazzi in affido, c'è un buon dialogo ed inevitabilmente ci sono alti e bassi, momenti di nervoso e di arrabbiatura, cose fatte che non vanno bene, ma aleggia lo spirito del perdono continuo e reciproco. Non ho mai visto uno dei miei ragazzi scontroso nei miei confronti più di tanto, né io lo sono con loro dopo una brontolata. Arrabbiarsi spesso significa chiarire un punto, far capire che le cose non stanno andando bene, significa fare una tappa forzata, lungo una marcia che dura una vita, per riprendere fiato e capire in quale direzione dobbiamo andare, riflettere sulla meta che vogliamo perseguire. Importante per noi adulti, fondamentale per i ragazzi in crescita. Non si deve aver paura di amare, non si deve aver paura di dire ciò che si pensa. A volte la paura nasce dalla poca fiducia nell'altro, si ha paura che facendo un'osservazione, brontolando per qualcosa si possa incrinare un rapporto. Il dialogo è un allenamento continuo, un momento che deve essere quotidiano di confronto. Abituate i vostri ragazzi a dialogare con voi, imponeteglielo se necessario quando cercano di svicolare dalle loro responsabilità, ma non rinunciate al dialogo per paura, pigrizia, mancanza di tempo. Mancanza di dialogo significa inevitabilmente sfilacciamento dei rapporti, incomprensioni che si accumulano che portano alla rottura di un'unione, tanto più grave quanto maggiore è stato il tempo che non ci siamo confrontati.
    I vostri figli crescono ogni giorno molto velocemente, sono spugne che assimilano gli input che arrivano dall'esterno in modo impressionante. Se lasciate che crescano da soli, senza commentare un fatto del giorno, senza parlare di valori e principi, senza vedere insieme a loro la differenza tra il bene ed il male. Se date per scontato ciò che per voi ormai è acquisito li perderete e quando torneranno da voi saranno uomini e donne che forse vi rimprovereranno di essere cresciuti da soli, troppo soli per avere un legame significativo con voi.
    Purtroppo il dialogo da solo non basta, entra in gioco anche il carattere, la capacità di riflettere perché le parole sono il nostro cibo e senza esse si muore, ma la digestione di esse dipende da ognuno di noi. Ci sono coloro che si nutrono di parole legati a riflessioni e valori, le digeriscono, le assimilano, le fanno proprie e si fortificano crescendo in saggezza, altri che le rifiutano arrivando ad ascoltarle per abitudine, ma non a sentirle con il cuore e, alla pari di un anoressico, una volta soli le eliminano lasciando spazio al nulla o, peggio, a modalità di vita non proprio edificanti.
    Avete il tempo per andare in palestra? Il tempo per andare a fare shopping o a correre? Il tempo per uscire con gli amici? Genitori, avete un ruolo che vi siete scelti e come in tutte le cose non ci sono solo diritti, ma anche, e sopratutto, doveri. Siete obbligati a parlare con i vostri figli se volete costruire con loro un rapporto, se volete donar loro la vita, se volete dar loro una possibilità per camminare nel mondo a testa alta, consci dei propri difetti e forti dei propri valori. Create in loro le fondamenta per gli uomini e le donne che saranno.
    Non basta donare la vita una volta sola nel giorno del parto, bisogna donar loro la nostra vita ogni giorno della nostra esistenza.

  29.  

    Addì 3 marzo 2013

    In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli circa quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici.
    Prendendo la parola, Gesù rispose: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte?
    No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.
    O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Sìloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme?
    No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
    Disse anche questa parabola: «Un tale aveva un fico piantato nella vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò.
    Allora disse al vignaiolo: Ecco, son tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico, ma non ne trovo. Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno?
    Ma quegli rispose: Padrone, lascialo ancora quest'anno finché io gli zappi attorno e vi metta il concime
    e vedremo se porterà frutto per l'avvenire; se no, lo taglierai»

    Luca 13,1-9

  30.  

    Vedremo se porterà frutto per l'avvenire

    Davanti ad una persona che si comporta male nei nostri confronti siamo pronti a perdere la pazienza, ad arrabbiarci, ad alzare la voce. Subito giudichiamo e spesso mettiamo un muro a quella persona legandoci al cuore il torto subito e non dandogli la possibilità di cambiare e rimediare. Il consumismo nel quale siamo inseriti oggi ci porta a buttare ogni cosa che non funziona e facciamo così anche nei rapporti. Davanti ad una lite ce ne andiamo e sbattiamo la porta in faccia al dialogo, e cosa otteniamo?
    E' già difficile instaurare un rapporto significativo, sia esso di amore o di amicizia, ma davanti ad un problema tendiamo a chiuderlo con una facilità estrema, anche se abbiamo impiegato anni a costruirlo. E' un po' come incendiare un bosco di querce secolari, poche ore per distruggere il lavoro che la natura ha fatto in centinaia di anni. Ma in nome di cosa facciamo questo? In nome di cosa soffriamo e facciamo soffrire? Perché è più facile chiudere una porta andandosene piuttosto che tenerla aperta con il dialogo quotidiano fatto di alti e bassi, lacrime e sorrisi. Oggi sembra che siamo tutti pieni di orgoglio ed ogni onta debba essere lavata con gesti estremi, ma non ci è forse stato insegnato che la pazienza è la virtù dei forti? Non stanno forse i pescatori ore ed ore al freddo nell'attesa della preda? Non sono forse pazienti i genitori davanti alle intemperanze di un bambino? Che ne sarebbe di loro se rifiutandosi di imparare un insegnamento venissero allontanati dalla propria famiglia?
    A tutto ovviamente c'è un limite, ma il Signore è molto paziente nei nostri confronti ed anche noi siamo chiamati a sopportare gli abusi e le cattive azioni degli altri. Anzi, siamo chiamati a zappare il terreno, a smuovere le radici, a concimare quell'albero che oggi si rifiuta di dare frutti, ma che un domani, grazie anche alla nostra azione, potrebbe produrre e darci grandi gioie.
    I tanti ragazzi che sono passati dai nostri cuori hanno ricevuto tanto amore ed affetto, ma non tutti lo hanno recepito subito. Con qualcuno è bastato esserci, con altri le discussioni erano all'ordine del giorno, ma non abbiamo mai desistito cercando sempre di donare loro tutte le cure che ritenevamo essere necessarie alla loro buona crescita affinché un domani potessero produrre frutti da spendere nella loro vita.
    Se in certi casi non ci siamo riusciti, non ci arrendiamo perché è dovere di tutti noi migliorare la vita del prossimo se abbiamo le possibilità per farlo. Chi si occuperà di bambini, chi di anziani, altri di carcerati o drogati, ma tutti siamo chiamati a zappare la terra vicino a questi alberi che per vari motivi hanno smesso di produrre perché il loro ritorno alla vita sarà un valore aggiunto per tutta la società, così come recuperare un figlio che ha sbagliato strada sarà una gioia per tutta la famiglia

  31.  

    Addì 4 marzo 2013

    Poi aggiunse: «Nessun profeta è bene accetto in patria.
    Vi dico anche: c'erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese;
    ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova in Sarepta di Sidone.
    C'erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo, ma nessuno di loro fu risanato se non Naaman, il Siro».
    All'udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno;
    si levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio.
    Ma egli, passando in mezzo a loro, se ne andò

    Luca 4,24-30

  32.  

    Lo cacciarono fuori della città

    A volte è difficile capire quale sia la cosa giusta da fare. Se si è sinceri con una persona si rischia di attirare il litigio, se si blandisce si è falsi. Le persone sono contente quando diciamo ciò che fa loro piacere ed in pochi hanno il coraggio di confrontarsi seriamente ed in maniera costruttiva. Finché due persone, due schieramenti si contrappongono urlandosi addosso le proprie ragioni, cercando di distruggere l'altro, tentando di sopravanzare, il mondo sarà sempre pieno di guerre e di violenza. La famiglia è un indicatore del mondo e se capissimo come gestirla, capiremmo anche come cambiare il mondo. Purtroppo il gran numero di divorzi e separazioni la dice lunga sulla nostra incapacità di creare e far crescere nell'amore una famiglia. Dovremmo essere grati a chi ci critica, a chi lo fa con amore, senza astio, senza rivalità, per cercare di costruire un futuro. Quante volte i genitori rinunciano a dire ai propri figli ciò che sbagliano per paura di una lite, per paura di perderli e così, con grande codardia, li perdono davvero. Lo stesso accade con il coniuge.
    Come i nostri figli, anche noi spesso ci tappiamo le orecchie davanti ai consigli, agli insegnamenti che ci arrivano da Dio. Ci fanno male perché mettono a nudo le nostre imperfezioni, i difetti, le mancanze ed allora ci ribelliamo e l'unica cosa che riusciamo a fare è la più stupida, quella di allontanare Dio dalla nostra vita, allontanare le persone che ci parlano di Lui. Eppure in famiglia abbiamo un esempio di come sia disastroso questo comportamento. Pensate ad un figlio al quale donate insegnamenti, amore, regole per il suo bene, per insegnargli a volare e immaginatevi, come purtroppo spesso accade, che vi chiuda il dialogo, che si allontani da voi, che arrivi ad escludervi dalla vostra vita. Quanto ciò sia sbagliato è anche inutile dirlo, ma cosa dovrebbe allora fare un genitore? Smettere di insegnare? dire sempre si? Molti papà e mamme lo fanno, danno al figlio tutto ciò che desidera, lo lasciano libero e senza regole, diventano compagni di gioco e non più educatori. E' giusto questo? No, questa è codardia, è paura di perdere l'oggetto del nostro amore, paura del dialogo. Dobbiamo perseverare nel fare la cosa giusta, ed i frutti arriveranno. Non smettete mai di insegnare a vostro figlio la differenza tra bene e male, dategli delle regole, siategli vicini con la forza di un educatore e la dolcezza di un amico. Se qualcuno si perderà, state certi che si sarebbe perso anche se gli aveste dato tutto ciò che desiderava, ma nel primo caso avrete perlomeno tentato e, sono sicuro, quei semi, quegli insegnamenti che gli avete donato saprà farli fruttare nel momento opportuno.
    Non solo con i figli, anche con i coniugi, con i compagni, con i fidanzati, con gli amici dovrete usare l'arma del dialogo e non mettersi da parte con il viso imbronciato perché chiudersi agli altri significa una cosa sola, creare un muro e farsi mettere da parte oppure farsi sopportare.

  33.  

    Addì 5 marzo 2013

    Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: «Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?».
    E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette.
    A proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi.
    Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti.
    Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito.
    Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa.
    Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito.
    Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi!
    Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito.
    Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito.
    Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto.
    Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato.
    Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?
    E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto.
    Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello»

    Matteo 18,21-35

  34.  

    Perdonerete di cuore al vostro fratello

    Come cambierebbe il mondo se imparassimo a perdonare "di cuore".
    Spesso si vedono mani che si stringono, grandi sorrisi, parole di circostanza, ma il pensiero è legato a sentimenti di odio, di chiusura verso il nostro interlocutore. Avviene a tutti i livelli, in politica in special modo, ma spesso anche nelle nostre stesse famiglie. Il perdono, ci dice Gesù nel Vangelo, non è vero perdono se non viene dal cuore. Quante volte ognuno di noi avrà detto "perdono, ma non dimentico". E' molto umano, ma non è vero perdono, è solo un tentativo di mandare avanti un rapporto che si arenerà prima o poi se i risentimenti non verranno appianati, chiariti e sopratutto perdonati.
    A me risulta molto facile perdonare chi mi fa un torto perché il Signore mi perdona da sempre ogni cosa che faccio e non c'è da meravigliarsi, non farebbe così ogni buon genitore nei confronti del proprio figlio che sbaglia ogni giorno? Come potrei non perdonare quando io sono il primo dei peccatori che riceve dal Signore ogni bene pur non meritandoselo?
    Mi fanno ridere i politici di oggi, tutti pronti ad insultarsi, a prendersi in giro, a rifiutare il dialogo. Ognuno che grida la propria vittoria cercando di imporsi sugli altri. Ma chi ci rimette? Il cittadino, la nazione. Non sarebbe più semplice mettersi tutti ad un tavolo e cercare i punti in comune anziché litigare? Tutto parte dal perdono, non quello di circostanza per avere maggior consenso tra la popolazione, ma quello che proviene dal cuore. Se una persona è capace di perdonare l'altro per i torti subiti o presunti tali avrà un animo ben predisposto al dialogo che potrà servire a costruire un futuro migliore per tutti. Se invece si proverà a fare un governo con i presupposti del litigio, del rivangare vecchi rancori, nel voler primeggiare e non lasciare spazio agli altri, chi ci rimetterà saremo tutti noi.

  35.  

    Addì 6 marzo 2013

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: " Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento.
    In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto.
    Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli

    Matteo 5,17-19

  36.  

    Sono venuto per dare compimento

    Se facciamo un dono a nostro figlio pensiamo alla cosa più bella che possa essergli utile e nel contempo fargli piacere. Giriamo vari negozi, guardiamo su internet, parliamo con lui per capire meglio senza farci scoprire, scriviamo un biglietto mettendoci il cuore, prepariamo una confezione regalo che dia subito la gioia del dono e poi? Poi gli consegniamo il dono, aspettiamo che lo apra, speriamo che gli piaccia, che ne capisca l'utilità e che ci ringrazi. Mi sembra legittimo e normale.
    Ma tutto ciò da solo non basta e non sempre il dono è gradito o capito.
    Da buon genitore si deve essere vicino al figlio per insegnargli ad apprezzare il dono che ha ricevuto e saperlo utilizzare al meglio senza che lo rovini o si faccia male. Non sarebbe da buon papà o buona mamma consegnare e poi dire "se ti piace bene, altrimenti chi se ne importa". Ed allora con pazienza, talvolta con fatica dopo una giornata di duro lavoro, ci si mette a giocare con lui, si usano termini a lui conosciuti per spiegargli la bellezza del dono che ha ricevuto, ed ogni volta che fa un passo nella direzione giusta per noi è un momento di grande gioia, ma quando sbaglia sappiamo che per riuscire dovrà tentare e ritentare più volte, cadere per poi rialzarsi, magari ferirsi e spetterà a noi medicarlo ed incoraggiarlo a ritentare, anche quando lo sconforto avrà preso su di lui il sopravvento.
    Non fa così Dio con noi?
    Ci ha fatto un grandissimo dono, la vita eterna ed il Suo desiderio più grande è quello di vederci felici in Paradiso con Lui, ma per poterci arrivare bisogna capire le regole della vita su questa terra, i principi che ci ha insegnato, le regole del gioco.
    Dopo averci fatto il dono della vita ci ha scritto un bellissimo biglietto pieno di amore, la Bibbia, per dirci quanto siamo importanti per Lui. Poi ha confezionato il tutto con una bellissima carta regalo dandoci un mondo intero pieno di colori, suoni, odori, gusti da assaporare.
    Ma tutto questo non bastava perché noi potessimo assaporare in pieno il dono che ci aveva fatto, così è venuto in mezzo a noi per spiegarci i valori ed i principi su cui si basa il gioco della vita. Da allora non ci ha mai abbandonato, ci è sempre stato vicino, ci ha dato con il Vangelo il manuale di istruzioni da seguire e meditare, pronto a rispondere a tutte le nostre domande e i nostri dubbi durante la partita. Il bello di questo gioco è che tutti possiamo vincere, ogni persona che arriva al traguardo è un vincitore e merita lo stesso premio di tutti gli altri, ma purtroppo non tutti vinciamo, qualcuno perde di vista lo scopo del gioco e pensa che la carta regalo sia il dono, pensa che le cose terrene siano le uniche cose che possano dare la felicità e si inebria del luccichio di quella bellissima carta regalo, senza accorgersi poi che l'uomo ha provveduto a sciuparla e a sostituirla con una carta che all'apparenza può sembrare ugualmente bella, ma che è viscida, oleosa, nociva. Sono i piaceri della vita costruiti dall'uomo per l'uomo: la droga, il sesso, il potere, il denaro.
    Ritroviamo nel cassetto la carta regalo che ci ha donato Dio, la natura, il profumo del mare, la gioia di un refolo di vento primaverile e gioiamo del grande dono della vita che il Signore ci ha fatto mettendocela tutta per vincere, senza sopravanzare nessuno, ma con la certezza di un bellissimo premio se arriveremo puliti alla fine del percorso, fiduciosi nel Padre che ci aiuterà a rialzarci e ripulirci se cadremo, anche se ciò accadesse mille e mille volte.

  37.  

    Addì 7 marzo 2013

    Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle rimasero meravigliate.
    Ma alcuni dissero: «E' in nome di Beelzebùl, capo dei demoni, che egli scaccia i demoni».
    Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo.
    Egli, conoscendo i loro pensieri, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull'altra.
    Ora, se anche satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni in nome di Beelzebùl.
    Ma se io scaccio i demoni in nome di Beelzebùl, i vostri discepoli in nome di chi li scacciano? Perciò essi stessi saranno i vostri giudici.
    Se invece io scaccio i demoni con il dito di Dio, è dunque giunto a voi il regno di Dio.
    Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, tutti i suoi beni stanno al sicuro.
    Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via l'armatura nella quale confidava e ne distribuisce il bottino.
    Chi non è con me, è contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde

    Luca 11,14-23

  38.  

    Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare

    In molti parlano a vanvera, fanno promesse che poi non mantengono, giurano eterno amore e dopo un po' si lasciano. E certamente non è una cosa che non va bene, ma solitamente ogni opposto è errato, così anche il silenzio, il non parlare, il non dire mai "ho sbagliato" per orgoglio, il non intervenire quando si vede che una cosa non va bene, il non dialogo con i propri figli in crescita è un qualcosa che può fare grande danno.
    Nel Vangelo si narra che Gesù ha scacciato un "demonio che era muto" come a voler dire che il restare in silenzio, il non esporre la propria idea anche se scomoda o dolorosa ad altri è comunque un peccato che possiamo sconfiggere chiedendo aiuto al Signore con la preghiera, magari affinché ci mandi qualcuno che ci solleciti a parlare.
    Una volta sconfitto questo male sarà bello condividere con gli altri ciò che proviamo.
    In molte riunioni ci sono persone che parlano, ed altri che stanno in silenzio. A volte è bene ascoltare, ma non sempre, non ad ogni riunione. Anche coloro che parlano tanto hanno bisogno di ricevere una parola, un po' di considerazione, un pensiero dall'esterno, fosse anche un dubbio, una domanda perché, come diceva Lacordaire "Ciò che veramente mi importa non è convincere di errore chi la pensa diversamente da me. Quanto unirmi a lui in una verità più alta".
    Nel dialogo dobbiamo imparare ad usare mitezza e rispetto per l'altro. Se uno ci dice una cosa che non ci piace l'errore più grande che si possa fare è quello di arrabbiarsi perché si allontana da noi quella persona, rinunciando di fatto ad uno scambio che potrebbe portare ad una crescita, ad un miglioramento personale e del gruppo di cui si fa parte. Ascoltare non significa accettare passivamente ma cercare di interpretare le parole dell'altro guardando la realtà dal suo punto di vista, altrimenti ci chiudiamo in noi stessi, creiamo le nostre verità e godiamo della nostra insicurezza scambiandola per forza. La vera forza è quella che si mette nel cercare di migliorarsi e questo può passare attraverso un dolore, un momento di difficoltà, ma poi ci renderà gioiosi e consapevoli di un miglioramento.
    Quando i ragazzi che sono passati da casa nostra, ormai uomini e donne, vengono a trovarci e vedono il nostro comportamento con i ragazzi di oggi ci dicono "con noi eravate molto più severi". Se abbiamo cambiato comportamento è frutto di un cammino lungo, lento e a volte doloroso legato al dialogo tra noi e con altri, all'ascolto di critiche e apprezzamenti, allo scambio di opinioni con altre realtà.
    E' chiaro che se una persona ha una ferita e non la cura questa farà infezione ed ogni tanto uscirà da essa un bel po' di marcio, che poi pian piano si riformerà. Se arriva un amico e cerca di curarla, appena l'avrà toccata provocherà dolore. Le alternative sono due, o si lascia che la ferita continui ad infettarsi con grave danno per l'incolumità propria e di chi ci è vicino impedendo a chiunque di curarci, oppure si accetta che un amico ci faccia del male con l'intento di sanare la ferita. La prima soluzione è da codardi ed orgogliosi e non porta a nulla di buono, solo ad una sempre maggior infezione e dolore; la seconda è certamente dolorosa perché si va a toccare la carne viva, l'anima di una persona, ma con il tempo ci libererà da un dolore e da una preoccupazione, magari salvandoci la vita.
    Non smetterò mai di dire la mia e cercherò di farlo sempre con mitezza e rispetto, e spero di avere sempre attorno persone che non si stanchino dei miei errori e mi critichino, purché lo facciano con mitezza e rispetto, senza puntare il dito giudicandomi, pur giudicando gli errori commessi. Voglio crescere e per farlo ho bisogno anche di coloro che hanno dubbi su di me. Non che i complimenti non facciano piacere, ma le critiche sono più costruttive.

  39.  

    Addì 8 marzo 2013

    Allora si accostò uno degli scribi che li aveva uditi discutere, e, visto come aveva loro ben risposto, gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
    Gesù rispose: «Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l'unico Signore;
    amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza.
    E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c'è altro comandamento più importante di questi».
    Allora lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità che Egli è unico e non v'è altri all'infuori di lui;
    amarlo con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso val più di tutti gli olocausti e i sacrifici».
    Gesù, vedendo che aveva risposto saggiamente, gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo

    Marco 12,28b-34

  40.  

    Non sei lontano dal regno di Dio

    Telegiornali, radio, internet, carta stampata ci propinano ogni giorno miriadi di brutte notizie che ci abbattono non facendoci credere nel genere umano. Tendiamo a generalizzare e se sentiamo che un ragazzo ubriaco con la sua auto ha ucciso un bambino, allora tutti i ragazzi sono ubriaconi e irresponsabili; se viene fuori che un prete ha abusato di un suo piccolo parrocchiano, allora tutti i preti sono pedofili; se un extracomunitario si macchia di qualche crimine, ecco che vogliamo rimandare indietro tutti gli stranieri. Ma pensate a quanti bravi ragazzi ci sono che studiano, lavorano, vanno in parrocchia, accudiscono i genitori ed i fratelli minori; quanti sacerdoti lavorano ogni giorno, spesso a rischio anche della propria vita, per il bene del prossimo; quanti stranieri fanno lavori umili, aiutano la nostra economia e con grandi sacrifici mantengono la famiglia nel loro paese di origine.
    Quando viene ucciso qualcuno vengono fatte interviste strappalacrime ai parenti e solitamente si ascoltano parole di odio, rancore, rabbia. Ieri è stata intervistata la mamma della ragazza uccisa dalla follia di un uomo che è entrato nel palazzo della Regione Umbria. Toni pacati, nessun odio, solo interrogativi, ma la cosa che più mi ha colpito è stata quando l'intervistatrice le ha detto "sappiamo che il padre le ha chiesto scusa per suo figlio". La donna ha trattenuto un attimo il fiato e ha detto "lui non ha colpa, in fin dei conti ha perso anche lui un figlio".
    Quanta bontà, quanta umanità in questa donna alla quale hanno ucciso la figlia. Il pensiero è andato alla sofferenza di quel babbo che ha perso suo figlio.
    Che bella lezione di vita che ha dato a tutti noi.

  41.  

    Addì 9 marzo 2013

    Disse ancora questa parabola per alcuni che presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altri:
    «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano.
    Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, e neppure come questo pubblicano.
    Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo.
    Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore.
    Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell'altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato»

    Luca 18,9-14

  42.  

    Chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato

    Tante volte ci sarà capitato di fare dei paragoni guardando agli sbagli degli altri e giudicandoli, ringraziando per non essere genitori snaturati che picchiano, zingari che rubano o semplicemente umili e non boriosi come il nostro interlocutore. Già il solo fatto di sentirsi migliori di un altro è un grandissimo errore. Chi ci dice che siamo migliori? Migliori forse in una cosa, ma in tutto il resto? Non certo migliori nel non giudicare, non certo migliori nel non saper vedere i pregi del prossimo piuttosto che i difetti, nemmeno migliori nel guardare ai nostri peccati anziché guardare quelli degli altri.
    Se andate ad una cena e vi mettete ad uno dei posti migliori perché reputate che vi spetti per la brava persona che siete, ma poi viene il padrone di casa e molto cortesemente vi chiede di spostarvi un po' più lontano che quel posto è riservato ad altri, come ci rimanete? Non è forse più opportuno mettersi all'ultimo posto e semmai dovesse venire il padrone di casa e chiederci di spostarsi più avanti riceverne grande gioia per la considerazione che ci viene donata?
    Pensate alla politica di oggi. Tutti dicono di aver vinto, tutti vogliono il primo posto e la gente assiste allibita a questa lite per chi deve comandare, e intanto l'Italia va a rotoli, sempre maggiore disoccupazione, aziende che falliscono, persone che devono vendere la propria casa e non sanno come andare avanti. Ed intanto loro litigano, non si mettono d'accordo per il bene comune, paventano nuove elezioni con 350 milioni di costo da aggiungere al bilancio in rosso per creare ancora caos. Fino a quando?
    Eppure basterebbe molto poco. Basterebbe un po' di umiltà da parte di tutti, la ricerca del dialogo con ognuno, unire le forze e capire quale sia la strada migliore da perseguire.
    Tutti accusano tutti di sbagliare, di non capire. Ognuno pensa che la sua ricetta sia la migliore in assoluto. E intanto l'Italia va a rotoli.

  43.  

    Addì 10 marzo 2013

    Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo.
    I farisei e gli scribi mormoravano: «Costui riceve i peccatori e mangia con loro».
    Allora egli disse loro questa parabola:
    Disse ancora: «Un uomo aveva due figli.
    Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze.
    Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto.
    Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno.
    Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci.
    Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava.
    Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame!
    Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te;
    non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni.
    Partì e si incamminò verso suo padre. Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò.
    Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio.
    Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi.
    Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa,
    perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa.
    Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze;
    chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò.
    Il servo gli rispose: E' tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo.
    Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo.
    Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici.
    Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso.
    Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo;
    ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato»

    Luca 15,1-3.11-32

  44.  

    Il ritorno del figliol prodigo

    Per parlare del figliol prodigo niente di meglio di una bella lettera scritta in più momenti da uno dei ragazzi che a diciotto anni è uscito da casa nostra per avere maggior libertà.

    Così scriveva nel 2010, dopo 7 anni che era venuto via
    Dott. Ripoli......... com'è?
    non fare caso a gli errori.. ormai mi conosci. io e l'italiano non andiamo d'accordo... c mq come và li? Roby?? io qua è una vera....... se ti avevo ascoltato a quei tempi era meglio... sono voluto tornare a casa. Però ho trovato un casino..... Qualunque cosa succedesse era colpa mia... mi madre come sai è fuor di testa... io non riesco a ragionarci.. forse perché ho avuto una educazione diversa..... te e Roberta siete 2 genitori da sogno.. quei 5 anni passati li con voi mi hanno cambiato la vita.. cresciuto.. e avere la testa che ho oggi è grazie alla severità che avevate.
    Oggi sono un ragazzo forte, però nello stesso tempo mi manca l'affetto dei genitori che non ho... Riccardo mia madre se non sa fare la madre non doveva fare 3 figli.. per me non è niente.. solo una malata di mente.. non esiste un comportamento come lei... cmq cmq il famoso C.zizzi oggi è questo.... non ve la prendete se non mi sentite ne vengo a trovarvi.. ho mille problemi per tribunali. e mio padre.. stava morendo per aneurisma cerebrale... emorragia devastante al cervello.. è salvo per miracolo, però è in sedia a rotelle e non vede.. e sai cosa mi sono sentito dire da mia madre? che la colpa è nostra perché è cosi...... ;-( è una vitaccia te lo assicuro.... PERO' VI PENSO SEMPRE. VI AMO DA MORIRE. PER ME RESTERETE SEMPRE I MIGLIOR GENITORI AQUISTATI. GRZ A VOI SONO QUELLO CHE SONO OGGI... RICCA A PRESTO TVTB SCS DEL MESSAGGIO TROPPO LUNGO
    Grz papà........................... la vita è fatti di errori. sbagliando si impara.... io purtroppo sono nato in una famiglia sbagliata........ che ogni giorno mi danno problemi e mi fanno passare per quello che non sono... non riesco a trovare un lavoro e starci, perché il nervoso e i problemi mi fanno incasinare. e così lo perdo.. i soldi che prendevo li davo a loro e mai un grz è tutto dovuto... per problemi di casa ho perso pure una ragazza cha amavo più di me stesso. ci sono stato 3 anni insieme. e cosi ora sono qui... devo solo a voi per quello che sono, la vostra determinazione, il vostro essere duri.......... a qualcosa le punizioni servivano. anche se noi si vedevano male..... lo pure con la scema della assistente sociale di qui. L. ricordi? non riesce a fare il suo lavoro....... cmq vengo tranquillo. Appena torno in me... sono forte grz a voi... boh vedremo come và a finire. inutile di parlare di mia madre. chiamarla madre è troppo perché non si comporta da tale..... mi chiedo cosa ha fatto a fare i figli? mah....... grz 1000 tvtb .

    Ciao Babbo Riccardo.. si mercoledì era il mio compleanno come sai dal primo novembre inizio a fare il conto alla rovescia. Ti dirò.. da quando ho fatto i 18 anni li con voi non lo più festeggiato... non ha più senso.. con i miei genitori se così si possono chiamare non gli interessa.. cmq.. lavoro al... siamo vicini.. ma sai i padroni nn mi lasciano. vorrei vivere a Livorno, ma non ho le possibilità purtroppo.. vivo a... ma non mi sento a mio agio.. quando sono a Livorno tutti i ricordi affiorano.. l'altro giorno ero alla casa dell'architetto a montargli la pensilina.. e ha la casa all'Ardenza... Ricordo i miei giorni alla fermata del bus, tante volte avrei voluto chiamarti.. per un conforto.. un aiuto.. per aiutarmi a collocarmi li.. ai problemi non sono riuscito ancora a prendere la patente.. ho 27 anni e non riesco a dare una svolta alla mia vita.. l'errore mio più grande è essere venuto via di li.. per mia madre non esisto.. siamo due poli opposti purtroppo.. e a far tutto sono da solo.. ogni decisione...

    vi penso pure io.. li siamo protetti.. pensavate a tutto voi.. ora invece penso a tutto io. nn ho nessuno per parlare.. entro in casa come uno sconosciuto. cosi mi sento. ma sorrido e vado avanti. mi avete insegnato ad essere forte e cosi sono.. un grazie va a voi che mi avete insegnato i veri valori della vita..

    Ciao buongiorno.. sai si a 18 anni volevo tornare a casa e stare con i miei genitori. Solo che nn mi rendevo conto quanto si era diversi... mia madre non mi ha mai accettato. E tutto ora mi butta schifo addosso. E rovinato la vita. Protesti ecc. Quindi tutt'oggi penso se questa è famiglia. Il punto interrogativo è. Era meglio nn averla cm altri?? Sono andato più volte all'ospedale solo come un cane. Chiedevano dei famigliari ed ero solo. Sono stato forte in tutto. Da solo ho superato tante cose. A volte ho ceduto e fatto cavolate.. voi mi avete dato la forza che ho. Stavo malissimo e non avevo una spalla dove piangere.

    Sono il C. che si vede forte fuori ma dentro sono pieno di ferite.
    Vorrei scappare da questa casa.. ma non so dove andare.. vorrei darmi una seconda opportunità ma non ci riesco.
    Cmq Ricca vi amo pure io. Penso sempre a nonno Ripoli che all'inizio non gli ero simpatico. Ma poi si era istaurato un bel rapporto.

  45.  

    Addì 11 marzo 2013

    Trascorsi due giorni, partì di là per andare in Galilea.
    Ma Gesù stesso aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella sua patria.
    Quando però giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero con gioia, poiché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme durante la festa; anch'essi infatti erano andati alla festa.
    Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l'acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafarnao.
    Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e lo pregò di scendere a guarire suo figlio poiché stava per morire.
    Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete».
    Ma il funzionario del re insistette: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia».
    Gesù gli risponde: «Và, tuo figlio vive». Quell'uomo credette alla parola che gli aveva detto Gesù e si mise in cammino.
    Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i servi a dirgli: «Tuo figlio vive!».
    S'informò poi a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un'ora dopo mezzogiorno la febbre lo ha lasciato».
    Il padre riconobbe che proprio in quell'ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive» e credette lui con tutta la sua famiglia.
    Questo fu il secondo miracolo che Gesù fece tornando dalla Giudea in Galilea

    Giovanni 4,43-54

  46.  

    Se non vedete segni e prodigi, voi non credete

    Quante volte mi sono trovato a parlare ai ragazzi per far loro capire cose chiare alla mente di un adulto. L'esperienza di un genitore, gli anni di differenza, gli sbagli fatti ci portano a vedere se la strada intrapresa dai nostri figli porti a qualcosa di buono.
    Con l'amore che abbiamo per loro vorremo evitare che inciampassero, ma non è possibile difenderli da loro stessi più di tanto. I nostri consigli sono presi con spavalderia, con l'effimera certezza che a loro certe cose non possono capitare, che loro sono più furbi degli altri e così molti genitori devono assistere passivamente alle corse in macchina dei figli e purtroppo talvolta al loro ferimento o addirittura alla loro morte.
    E' andato via da poco da casa nostra un ragazzo che da diversi anni rubava e non nascondeva il fatto, anzi se ne vantava dicendo "non mi prendono perché sono più furbo e più svelto di tutti, se mi prendono so come convincerli" ed il giochino è andato bene per anni, anche quando chiedevamo che fosse denunciato perché avesse un po' di paura e smettesse di rubare. Ma aveva un bel faccino, faceva un piantino falso e calcolato e tutti lo perdonavano. Questo almeno finché è rimasto in casa con noi, finché era minorenne.
    Mi auguro che abbia smesso di rubare, ma aveva troppo il vizio e troppa la voglia di aver di più per poter smettere senza l'aiuto di nessuno dall'oggi al domani e prima o poi lo prenderanno e con tutte le segnalazioni che ha avuto da minorenne prima o poi la pagherà cara.
    Ne sono addolorato perché ci siamo sgolati in tutti i modi per fargli capire il suo sbaglio, che la vita deve essere conquistata con il sudore e la fatica, ma purtroppo non ha mai creduto alle nostre parole, ed incurante del pericolo cui andava incontro, si è incamminato su una brutta strada.
    Quanti ragazzi fanno così. Ma anche noi adulti ci comportiamo nello stesso modo e non crediamo fin tanto che non vediamo, fin tanto che non sbattiamo la testa nel muro. Eppure sarebbe tanto facile ascoltare la voce della nostra coscienza, il parere degli altri.
    Non dico che dobbiamo prendere per oro colato ciò che ci viene detto, ma almeno dovremmo ascoltare e metterci in una condizione di cercare di capire ciò che ci viene detto e magari tentare una strada che ci viene indicata, anche se non siamo convinti, per il solo fatto che a farlo sia qualcuno che nutre affetto per noi e di cui ci fidiamo.

  47.  

    Addì 12 marzo 2013

    Vi fu poi una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.
    V'è a Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, una piscina, chiamata in ebraico Betzaetà, con cinque portici,
    sotto i quali giaceva un gran numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici.
    Un angelo infatti in certi momenti discendeva nella piscina e agitava l'acqua; il primo ad entrarvi dopo l'agitazione dell'acqua guariva da qualsiasi malattia fosse affetto.
    Si trovava là un uomo che da trentotto anni era malato.
    Gesù vedendolo disteso e, sapendo che da molto tempo stava così, gli disse: «Vuoi guarire?».
    Gli rispose il malato: «Signore, io non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l'acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, qualche altro scende prima di me».
    Gesù gli disse: «Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina».
    E sull'istante quell'uomo guarì e, preso il suo lettuccio, cominciò a camminare. Quel giorno però era un sabato.
    Dissero dunque i Giudei all'uomo guarito: «E' sabato e non ti è lecito prender su il tuo lettuccio».
    Ma egli rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: Prendi il tuo lettuccio e cammina».
    Gli chiesero allora: «Chi è stato a dirti: Prendi il tuo lettuccio e cammina?».
    Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato, essendoci folla in quel luogo.
    Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: «Ecco che sei guarito; non peccare più, perché non ti abbia ad accadere qualcosa di peggio».
    Quell'uomo se ne andò e disse ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo.
    Per questo i Giudei cominciarono a perseguitare Gesù, perché faceva tali cose di sabato

    Giovanni 5,1-16

  48.  

    Mentre infatti sto per andarvi, qualche altro scende prima di me

    Quando eravamo all'inizio della nostra vita come Associazione distribuivamo diversi pacchi alimentari alle persone povere. La segnalazione ci arrivava dalla nostra amica Olimpia, la Madre Teresa di Livorno, e dai servizi sociali.
    Con il tempo ci accorgemmo che c'erano alcune famiglie, più intraprendenti di altre, con maggior capacità di muoversi che prendevano un pacco da noi, un sussidio dai servizi sociali ed il pacco della Caritas e forse altro ancora. Cercammo, senza riuscirci, a trovare un accordo con Caritas e servizio sociale per poter distribuire al meglio le fin troppo esigue risorse alimentari, in modo che si potessero aiutare, seppur con poco, tutte le persone che avevano bisogno di un supporto. Decidemmo così di andare a giro per i vari quartieri più poveri a cercare le persone sconosciute ai servizi e alla Caritas per portare loro un po' di aiuto.
    Ci sono persone che per umiltà, per orgoglio, per incapacità o impossibilità non chiedono aiuto, non si propongono, non cercano il primo posto ed aspettano. Non lo fanno maledicendo chi ha più di loro, ma semplicemente aspettando che qualcuno li veda, si accorga di loro, della loro sofferenza. Ma persone così ci sono in ogni situazione. Non è forse un pensiero comune che in Italia non esista la meritocrazia? Che ai primi posti, specie nella politica e nel pubblico, siedano coloro che hanno gridato più forte, che hanno maggior visibilità per altro che hanno fatto, che hanno più soldi e più potere, che sono attaccati alla poltrona e non lasciano il posto a chi abbia nuove idee e maggior forza?
    Andiamo a cercare non tanto chi merita di più, quanto chi merita e non viene considerato. Non chi ha maggior bisogno, ma chi ha bisogno e non viene aiutato.
    Anche così faremo giustizia, non con le guerre, non affiancandosi ai ricchi e potenti per godere delle briciole che cadono a terra, ma dando risalto a chi resterebbe nell'ombra, nella disperazione, nella fame.
    Quanti bambini sarebbero da prendere in affidamento perché le loro famiglie li picchiano, li maltrattano, ed invece solo pochissimi di loro vengono tutelati perché i servizi sociali non vanno a bussare, per scarse risorse, per pigrizia o per politica, alle porte delle case dei quartieri più malfamati. Vige il pensiero "chi non ha denti non mangia", ma vi sembra giusto che colui che ha già la disgrazia di non avere denti, debba anche morire di fame? Un bambino che nasce in una famiglia disgraziata ha maggior aiuto se i suoi genitori interagiscono con i servizi di un altro dove i genitori invece restano nell'ombra e si comportano male nei suoi confronti.
    Andiamo a bussare alle porte, andiamo a cercare chi abbia bisogno di noi.

  49.  

    Addì 13 marzo 2013

    Ma Gesù rispose loro: «Il Padre mio opera sempre e anch'io opero».
    Proprio per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo: perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio.
    Gesù riprese a parlare e disse: «In verità, in verità vi dico, il Figlio da sé non può fare nulla se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa.
    Il Padre infatti ama il Figlio, gli manifesta tutto quello che fa e gli manifesterà opere ancora più grandi di queste, e voi ne resterete meravigliati.
    Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi vuole;
    il Padre infatti non giudica nessuno ma ha rimesso ogni giudizio al Figlio,
    perché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato.
    In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita.
    In verità, in verità vi dico: è venuto il momento, ed è questo, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio, e quelli che l'avranno ascoltata, vivranno.
    Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso al Figlio di avere la vita in se stesso;
    e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell'uomo.
    Non vi meravigliate di questo, poiché verrà l'ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno:
    quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna.
    Io non posso far nulla da me stesso; giudico secondo quello che ascolto e il mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato

    Giovanni 5,17-30

  50.  

    Il Padre mio opera sempre

    In questo periodo leggiamo ogni giorno di suicidi per la disperazione di essere rimasti senza lavoro, per la crisi che attanaglia tutti ed è tristezza infinita.
    La morte di una persona è già di per sé una notizia che stringe il cuore, ma non è tanto per questo che soffro quando leggo di un suicidio, in fin dei conti è espressione di una volontà e sono molto più addolorato quando sento di bambini morire di fame o uccisi, quanto per la mancanza di speranza che ha preso quella persona.
    Ci sono passato a ventun anni subito dopo la morte della mia mamma, e quando tutto è nero, quando vedi che nessuno ti aiuta o se lo fanno non ti basta mai, quando pensi che il tuo futuro è radicalmente cambiato e non potrà mai tornare ad essere roseo vedi alla morte come ad una liberazione pensando che sia meglio il nulla di quell'insieme di aspetti negativi senza un filo di speranza.
    Ecco, un filo di speranza.
    La Fede è un raggio di luce fine fine che si insinua nelle mille nubi della nostra esistenza e illumina la strada da seguire, ci da conforto, ci ricorda che dietro alle nuvole il sole c'è sempre. Bisogna solo aspettare che le nubi passino e la luce prenda il sopravvento sul buio.
    Quante volte anche nel corso del cammino dell'Associazione cui ho dedicato la vita ho avuto momenti bui, momenti di grande dolore, preoccupazione, problemi da risolvere più grandi di me, eppure la soluzione è sempre arrivata. Quel raggio di luce inviato da Dio per dirci "tranquillo, io sono con te". La pioggia, i temporali sono necessari alla nostra vita per fortificarci e apprezzare maggiormente la vita. Resistere, tentare ogni strada per risolvere i problemi è come un canto continuo al nostro Creatore, un esempio agli altri che stringendo i denti si può fare un altro passo e poi un altro ancora e arrivare alla meta, alla fine dei nostri giorni con la consapevolezza di non aver mai mollato, una scommessa con noi stessi prima ancora che con gli altri, una scommessa che possiamo vincere e come premio avremo pace e serenità eterne.
    Chi rinuncia alla vita fa un atto di grande egoismo perché ognuno di noi ha la sua importanza nel mondo, anche il più povero dei poveri, il più reietto di tutti ha il suo grande valore che è quello di farci capire ogni giorno come siamo fortunati ad avere quello che abbiamo, per quanto poco ci possa sembrare.
    Pensate a chi non ha mai avuto una casa, a chi sin da bambino passava da un'abitazione all'altra occupata abusivamente vedendo continuamente violenze, depravazioni, alcolismo, droga. La perdita della posizione raggiunta, del lavoro, della casa, del coniuge, del figlio non bastano a giustificare il rifiuto del dono della vita. Non giudico il suicida, giudico l'atto perché credo fermamente che ci sia sempre una soluzione, un adattarsi ad una nuova vita, anzi penso che le cose negative debbano servire a darci la forza di cambiare radicalmente la nostra vita. Un giorno ci sveglieremo felici del nostro presente, avendo alle spalle il passato che tanto ci ha impaurito e addolorato.
    La morte della mia mamma è stata un dolore enorme, ma oggi posso dire che senza quella morte oggi avrei un'altra vita e quella che ho oggi è la migliore che mai avessi potuto immaginare. Quel momento difficile non è dimenticato, anzi è ancora un dolore pungente nel mio cuore, ma è alleviato da quella luce che Dio ogni giorno mi manda attraverso i sorrisi dei tanti bimbi che ho intorno, mediante gli abbracci delle persone che mi vogliono bene e che mi stimano e mi seguono in questa difficile, ma bellissima avventura che è la vita.