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      CommentAuthornonparte
    • CommentTime24 Jan 2013
     

    Brava Bebe, ciao Paolo.

    • CommentAuthorlisbeth
    • CommentTime24 Jan 2013
     

    ecco ci sono di nuovo..leggo spesso ma non mi soffermo molto a commentare anche per mancanza di tempo, ma quando una cosa mi fa proprio arrabbiare non riesco a non dire la mia.
    Ho amici africani, cinesi, olandesi, rumeni e chi più ne ha più ne metta, ho ogni angolo del mondo nel mio cuore, mi piace conoscere persone diverse, anche che non hanno niente in comune con me. Mi ritrovo molto di più con loro che con tanti altri veronesi.
    La cosa bella dei miei amici è che non hanno pregiudizi, parlerebbero allo stesso modo al ricco imprenditore così come al barbone che chiede la carità.
    I miei amici non si arrabbiano quasi mai alle cattiverie che le persone dicono per una maglietta diversa, gli occhi a mandorla o la pelle nera; sorridono soltanto e dimostrano con la cortesia e l'indifferenza che non risponderanno all'ignoranza con altra ignoranza. Dentro lo so che qualche volta ci soffrono, non puoi passare la vita ad essere giudicato per l'involucro.I miei amici hanno più voglia di studiare e di lavorare di tanti italiani che vanno avanti a pedate nel di dietro e con papino che paga l'università e l'appartamento con gli amici, pure se non passi gli esami e cazzeggi tutto l'anno. La cosa che più mi fa arrabbiare è che per la società partono sempre svantaggiati e un passo indietro: spesso per ottenere qualcosa devono fare il doppio, come se dovessero dimostrare che si sono adattati a fare gli italiani. Cercare un posto in una società che ti giudica a prescindere non è facile per un italiano, per uno straniero diventa quasi impossibile. Verona è spaccata in due per questo fatto; è una citta di destra e razzista principalmente per quanto riguarda gli adulti. Mi spiace dirlo ma è così; trovo molti più pregiudizi in anziani e uomini maturi e vaccinati, magari laureati, che nei ragazzi. Forse perchè alla fine tutta questa varietà di culture ai tempi dei miei nonni non c'era, non c'erano così tanti immigrati, è una cosa nuova e come tutte le cose nuove spaventa. Ma non è una giustificazione.

    Reby è stata una grande, soprattutto perchè ha avuto il coraggio di esporsi, quando tutti le andavano contro. Non siamo tutti uguali è innegabile, ma perchè esserlo? Razzismo è una parola che non esiste nel mio vocabolario. Il mio sogno sarebbe non dover mai spiegare ai miei figli o ai miei nipoti il significato di questa parola che indirettamente mi ha fatto tanto soffrire, ma non credo sarà mai possibile.

    • CommentAuthorElen
    • CommentTime24 Jan 2013
     

    Non sempre occorre spiegare...ai figli, ai nipoti, agli amici...l'esempio che si da è molto più importante delle parole...
    Tu Giada in questi ultimi anni hai testimoniato ampiamente come l'amicizia e l'amore non abbiano colore, o classe sociale o cultura e di quanto poco sia importante l'apparenza e i vestiti che si indossanno. Grazie!!!E' stato un messaggio importante
    Brava anche a Reby continua così, non aver paura di far vedere la bellezza del tuo cuore e la delicatezza dei tuoi sentimenti. Un abbraccio a te e a tutta la famiglia

  1.  

    Addì 25 gennaio 2013

    Gesù disse loro: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura.
    Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato.
    E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove,
    prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno»

    Marco 16,15-18

  2.  

    Nel mio nome

    Spesso sentiamo parlare alla televisione di attentati in nome di Dio, gente che uccide delle persone in nome di una Fede.
    Come si può essere tanto scellerati da compiere azioni così cattive verso il nostro prossimo, e per di più fregiarsi del titolo di "seguaci di Dio". Chiaramente sono indottrinamenti, ma anche da un punto di vista logico sono stupidaggini perché è impensabile che si possa convincere qualcuno ad abbracciare Dio utilizzando la violenza. Chi potrebbe mai avvicinarsi a un Dio che apprezzasse l'omicidio, l'insulto della persona, la mancanza di rispetto per la vita umana?
    Dio è amore, pazienza, perdono, accettazione, attesa paziente e nulla ha a che vedere con l'odio, la violenza, la guerra, l'omicidio, gli attentati e chi li perpetra riesce solo ad allontanare le persone dalla Fede riuscendo soltanto a radunare persone arrabbiate e invasate.
    Gesù nel Vangelo ci dice "chi crederà potrà compiere grandi prodigi se lo farà nel mio nome"
    Alla base di tutto c'è il credere, credere in Dio, nel Suo amore incondizionato, nell'accettare il bene ed il male, nel perdonare chiunque. Ogni persona ha un suo percorso nella vita e ci sono traguardi che qualcuno raggiunge prima, altri che vengono tagliati in tarda età, altri ancora che non vedono mai la luce. Credere è per molti un traguardo al quale si guarda da lontano, talvolta con sospetto, altre volte con tenerezza, altre ancora con disprezzo, ma tutti siamo alla ricerca di qualcosa, di Qualcuno più grande di noi in cui credere, senza Fede in Qualcuno, senza ideali si vive una vita da sbandati, si vive alla giornata. Molti ragazzi sono contenti di vivere giorno per giorno delle belle cose che incontrano sul loro cammino, ma prima o poi si stancano e con un po' di maturità cominciano ad interrogarsi sul senso della vita, sul loro futuro, sulla morte, sena magari accorgersi di aver iniziato un percorso verso Dio.
    Un cammino ad ostacoli nel quale siamo messi a dura prova dai problemi legati alla nostra condizione umana e non tutti ce la fanno ad affrontare le difficoltà, così cascano nella droga, nell'alcolismo, nella bella vita fatta di luci, sesso e discoteche, incuranti di chi hanno intorno. Sono scelte che porteranno solo a rimandare il tempo degli interrogativi.
    Una volta raggiunta la Fede saremo talmente innamorati di Dio da essere pronti a fare tutto nel Suo nome, ed è Lui a dirci "Andate e predicate il Vangelo" ovvero fate conoscere ad altri i miei insegnamenti, aiutateli a camminare verso di me. Ed aggiunge "chi crederà potrà fare grandi prodigi nel mio nome e da questi saranno riconosciuti come credenti" e quindi ascoltati da chi voglia intraprendere un percorso verso il Signore.
    Non guerre, non violenza, non plagio o vessazioni, ma amore, esempio, rispetto, attesa.
    Chi ha Fede ha il compito di andare per il mondo a fare del bene ed il Signore gli consentirà di farlo, da queste azioni saranno riconosciuti ed ascoltati da chi si avvicinerà a loro.

    Vi aspettiamo a Livorno oppure ad Orentano (PI), sarà bello condividere un momento di quotidianità, fare qualche passo insieme sui sentieri della vita

    Molti dei commenti fatti in un anno sono diventati un libro LACRIME SILENZIOSE che potrà essere acquistato via internet scrivendo a info@zizzi.org, pensatelo come un bel momento di riflessione per voi e per i vostri amici
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  3.  

    Addì 26 gennaio 2013

    Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.
    Diceva loro: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe.
    Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né bisaccia, né sandali e non salutate nessuno lungo la strada.
    In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa.
    Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi.
    Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l'operaio è degno della sua mercede. Non passate di casa in casa.
    Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo dinanzi, curate i malati che vi si trovano, e dite loro: Si è avvicinato a voi il regno di Dio

    Luca 10,1-9

  4.  

    Restate in quella casa

    Quanta superficialità c'è nelle persone. Un giorno un ragazzo di trent'anni venne a conoscerci, passò qualche giorno con noi e poi disse "Voglio restare con voi, è una scelta di vita che sento forte". Passò un mese estivo non facendo praticamente niente e pensammo che si dovesse adattare, anche se era difficile dover lavorare ogni giorno e vedere lui che ti guardava sdraiato sull'amaca al fresco del boschetto di acacie. Passò un altro mese nel quale si sentiva padrone di casa, invitava i suoi amici del nord, dormiva fino alle undici, stava sveglio fino a tardi. Poi un giorno mi disse "torno a casa mia". Domandai il perché e mi disse "ho fatto una scelta di vita venendo da voi, adesso ne faccio un'altra".
    Storie come questa che ci sono capitate da quando siamo nati come Associazione potrei raccontarvene tantissime, dove purtroppo il comune denominatore è l'incostanza. Quando si entra in una casa la prima volta si vede tutto bello, pulito, ordinato, le persone tirate per accogliere un ospite e ci si innamora di quella casa, di quella realtà, di quelle persone. Se poi capita di starci a vivere qualche giorno, allora si che tutto è perfetto, così diverso da casa mia, così nuovo, così eccitante e stimolante. Ma in ogni casa, in ogni associazione, in ciascuna realtà ci sono i doveri ed i piaceri, le cose che ci piacciono e quelle che critichiamo, così come in ogni persona, comprese quelle di cui ci innamoriamo.
    Il difficile viene il giorno dopo, quello in cui ci svegliamo e siamo immersi, per nostra scelta, nella quotidianità. Facciamo i paragoni, critichiamo le scelte, ci infastidiscono le più piccole cose e tutto acquista una luce diversa. E' quello il momento più difficile, l'attimo in cui si vorrebbe essere ovunque meno che in quel luogo. Quante coppie divorziano perché non hanno la capacità di andare oltre.
    Se abbiamo scelto una realtà, se siamo entrati in una casa, se abbiamo scelto di sposare una persona o una causa significa che nel nostro cuore c'è tanto amore, ed è mai possibile che questo svanisca come neve davanti al primo sole primaverile? E' quello il momento in cui dovremmo fermarci a riflettere, a cercare di capire il perché di certi comportamenti, ad osservare ogni gesto cercando in essi la luce che ci ha folgorato il primo giorno. la quotidianità, è una triste realtà, non piace a nessuno. A tutti piacerebbe divertirsi, provare sempre nuove emozioni, fare nuove esperienze, ma questo va bene in un ragazzino, poi la maturità deve prendere il sopravvento. Quando si è giovani e spensierati possiamo dormire per mesi dentro una tenda, bivaccando da un posto ad un altro, visitando città diverse, ma arriva un momento in cui è necessario cominciare a costruire una casa dove abitare, un tetto che ci ripari dalle intemperie e possa accogliere una famiglia, la nostra famiglia, con i suoi lati positivi e quelli negativi.
    Così è quando si decide di entrare in una realtà come un'Associazione che ha uno scopo. Se si decide che i suoi scopi ci piacciono, se riteniamo di camminare con essa, dobbiamo essere in grado di essere costanti nel tempo, essere presenti alle iniziative, collaborare, crescere insieme.
    Purtroppo oggigiorno l'incostanza è generalizzata ed è difficile poter fare affidamento su qualcuno fino in fondo.
    Il Signore indica tre punti, tre tappe
    - Entrate in una casa e date la vostra pace, se sarà accolta entrate. Vale a dire, andate a vedere le varie realtà che vi circondano e se rispecchiano i vostri principi entrate e collaborate.
    - Mangiando e bevendo di quello che hanno. Ovvero, accettate il bene ed il male perché la cosa principale sono i principi che animano quella situazione, tutto il resto sono sfumature che cambiano con il passare del vento
    - Curate i malati che vi si trovano. Aiutate le persone che hanno bisogno di voi in quella realtà, siano essi volontari che persone accudite dall'Associazione.
    - Dite loro: si è avvicinato a voi il regno di Dio. Portate cioè le vostre idee, i vostri principi e condivideteli con chi vi trovate donando loro il vostro cuore e la vostra esperienza.

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  5.  

    Addì 27 gennaio 2013

    Poiché molti han posto mano a stendere un racconto degli avvenimenti successi tra di noi,
    come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni fin da principio e divennero ministri della parola,
    così ho deciso anch'io di fare ricerche accurate su ogni circostanza fin dagli inizi e di scriverne per te un resoconto ordinato, illustre Teòfilo,
    perché ti possa rendere conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.
    Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito Santo e la sua fama si diffuse in tutta la regione.
    Insegnava nelle loro sinagoghe e tutti ne facevano grandi lodi.
    Si recò a Nazaret, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere.
    Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto:
    Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi,
    e predicare un anno di grazia del Signore.
    Poi arrotolò il volume, lo consegnò all'inserviente e sedette. Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui.
    Allora cominciò a dire: «Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi»

    Luca 1,1-4.4,14-21

  6.  

    Fare ricerche accurate su ogni circostanza

    Quando ero bambino mi domandavo come mai si leggesse il Vangelo ripetutamente, come mai certe letture venissero fatte più volte durante l'anno e come mai ogni tre anni venisse letto tutto il Vangelo per poi ricominciare. Non bastava leggerlo, magari studiarlo al catechismo, per poi saperlo e non doverlo più leggere?
    Non capivo ma mi adeguavo e ogni volta che leggevo un brano che già conoscevo le mie riflessioni erano ogni volta diverse, lo scenario si arricchiva di particolari e vedevo sempre più nessi con la realtà. Capii con il passare del tempo che una stessa cosa letta in un periodo della tua vita acquista un'altra dimensione ed importanza se letta in un momento successivo.
    Il mio nonno, ad ottantasei anni, quando stava per morire, disse "peccato che debba andarmene, tutta colpa della carta d'identità, quante cose avevo ancora da imparare" e vi assicuro che era un pozzo di scienza. Un po' come Socrate che diceva "io so una cosa sola, di non sapere niente".
    Ogni cosa, non solo il Vangelo, deve essere letta più volte, studiata, meditata, discussa con chi la pensa diversamente da te ed allora si arricchirà di mille sfaccettature rinnovandosi nella gioia.
    Pensate ad un rapporto sentimentale. Ci piacciamo, ci innamoriamo, ci sposiamo ed in molti casi ci sediamo, non rinnoviamo il nostro amore. In un rapporto, sia esso di amicizia, di matrimonio, di genitore-figli non ci si deve mai stancare di riscoprirsi, di trovare nell'altro nuovi stimoli e nuovi spunti per crescere insieme. Solo così un rapporto durerà e crescerà, solo così l'amore sarà sempre più forte tanto da smuovere intere montagne.

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  7.  

    Addì 28 gennaio 2013

    Ma gli scribi, che erano discesi da Gerusalemme, dicevano: «Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demòni per mezzo del principe dei demòni».
    Ma egli, chiamatili, diceva loro in parabole: «Come può satana scacciare satana?
    Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non può reggersi;
    se una casa è divisa in se stessa, quella casa non può reggersi.
    Alla stessa maniera, se satana si ribella contro se stesso ed è diviso, non può resistere, ma sta per finire.
    Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire le sue cose se prima non avrà legato l'uomo forte; allora ne saccheggerà la casa.
    In verità vi dico: tutti i peccati saranno perdonati ai figli degli uomini e anche tutte le bestemmie che diranno;
    ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito santo, non avrà perdono in eterno: sarà reo di colpa eterna».
    Poiché dicevano: «E' posseduto da uno spirito immondo»

    Marco 3,22-30

  8.  

    Se una casa è divisa in se stessa, quella casa non può reggersi

    Se prendo un pezzo di legno, un listello robusto di cinquanta centimetri, non ci faccio un gran che, posso magari usarlo per girare la vernice nel barattolo. Se prendo anche un chiodo posso mettere il listello al muro e farne un porta foto o una bacheca per gli avvisi. Ma se prendo altri tre listelli e li metto insieme posso cominciare a costruire le basi per una sedia e dare grande utilità a quei pezzi di legno. Mettere insieme quattro listelli di per sé stesso non crea però il manufatto, occorrono due cose basilari, il lavoro e la colla. Così per diventare famiglia non basta che due persone si mettano insieme e facciano un paio di figli, è necessario che ci sia unione tra loro, complicità, consapevolezza che c'è un fine comune da perseguire, che la felicità di uno, così come la sofferenza, è la felicità di tutta la famiglia. Affinché tutto questo si compia ci vuole del lavoro, dove il falegname che costruisce la sedia è Gesù, ma noi siamo la sua manodopera più o meno specializzata a seconda del grado di maturità che abbiamo raggiunto, ma ognuno è chiamato a fare il suo lavoro perché la famiglia resti unita. Il legno ed il lavoro non bastano a creare una sedia, occorre anche una certa dose di buona colla che tenga insieme i pezzi, e questa è data dai principi, valori, insegnamenti, dialogo costante, interesse di ognuno per le cose degli altri.

  9.  

    Addì 29 gennaio 2013

    Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, lo mandarono a chiamare.
    Tutto attorno era seduta la folla e gli dissero: «Ecco tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle sono fuori e ti cercano».
    Ma egli rispose loro: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?».
    Girando lo sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli!
    Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre»

    Marco 3,31-35

  10.  

    Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre

    Mi capita spesso di raccogliere lamentele sui figli da parte dei genitori. Il dispiacere più grande che in molti hanno è quello di non capire dove possano aver sbagliato "abbiamo cercato di dargli tutto" dicono "ma lui si è perso, allontanato". Rispondere male, disubbidire continuamente, rientrare tardi nella notte ubriachi, dormire fino a mezzogiorno e passare il pomeriggio a giro con gli amici, non aver voglia di lavorare o studiare, fino a problemi più seri come cattive frequentazioni, furti, droga. Questi genitori si domandano come sia possibile che con la stessa educazione impartita ai figli uno cresca bene ed uno si perda. "Dove abbiamo sbagliato?" si ripetono in continuazione senza darsi pace con enorme disperazione.
    Che dovremmo dire allora dell'umanità? I principi base che regolano il mondo sono uguali per tutti: solidarietà verso chi ha meno, mantenimento della pace, perdono reciproco per gli errori fatti. Eppure molte persone si perdono, rincorrono facili guadagni calpestando il prossimo, distruggono ciò che altri hanno costruito, si allontanano da qualsivoglia riflessione che riguardi i valori della vita, sono pronti a fare guerre per imporre le loro idee. Sono tutti figli di questo mondo, sono tutti figli di Dio ed allora perché si allontanano? Il dono più grande che il Signore ci ha concesso è la libertà, ed è ciò che ogni genitore, pur mettendo regole e paletti, regala ai propri figli. Spesso abusiamo di questa libertà, ma è proprio il suo utilizzo, indiscriminato o ragionato e parsimonioso, che fa di ognuno di noi un bravo figlio o un figlio che si perde. Difficilmente un genitore ripudierà il figlio, ma a volte occorre avere il coraggio di allontanarlo, di recidere il cordone ombelicale che ancora lo tiene legato a noi. Occorre a volte fargli vedere che non sempre si può fare ciò che si vuole e che non si può pensare di avere sempre le spalle coperte con qualcuno pronto a proteggerti per ogni errore che fai. Questa distanza che taluni genitori prendono dai figli è spesso dettata dalla stanchezza di aver fronteggiato le peggiori situazioni per anni ed anni, ma è certamente una doccia fredda che potrebbe risvegliare il figlio dal torpore in cui era precipitato. Così fa Dio con noi, ci aiuta, ci protegge, ci consiglia, ci indica il cammino da seguire, per anni ed anni, ma poi, anche per il nostro bene, si mette in disparte e ci lascia fare a modo nostro. I genitori non abbandonano il figlio, ma si mettono in finestra aspettando e sperando che faccia ritorno, cambiato dopo aver capito i propri errori, pronto a ricominciare a ricostruire una famiglia con le persone che gli hanno dato la vita. Ugualmente Dio non ci abbandona, ma aspetta che noi capiamo che la nostra vita senza di Lui è priva di quell'amore che solo chi ci ama potrà mai darci.

  11.  

    Addì 30 gennaio 2013

    Di nuovo si mise a insegnare lungo il mare. E si riunì attorno a lui una folla enorme, tanto che egli salì su una barca e là restò seduto, stando in mare, mentre la folla era a terra lungo la riva.
    Insegnava loro molte cose in parabole e diceva loro nel suo insegnamento:
    «Ascoltate. Ecco, uscì il seminatore a seminare.
    Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada e vennero gli uccelli e la divorarono.
    Un'altra cadde fra i sassi, dove non c'era molta terra, e subito spuntò perché non c'era un terreno profondo;
    ma quando si levò il sole, restò bruciata e, non avendo radice, si seccò.
    Un'altra cadde tra le spine; le spine crebbero, la soffocarono e non diede frutto.
    E un'altra cadde sulla terra buona, diede frutto che venne su e crebbe, e rese ora il trenta, ora il sessanta e ora il cento per uno».
    E diceva: «Chi ha orecchi per intendere intenda!».
    Quando poi fu solo, i suoi insieme ai Dodici lo interrogavano sulle parabole. Ed egli disse loro:
    «A voi è stato confidato il mistero del regno di Dio; a quelli di fuori invece tutto viene esposto in parabole,
    perché: guardino, ma non vedano, ascoltino, ma non intendano, perché non si convertano e venga loro perdonato».
    Continuò dicendo loro: «Se non comprendete questa parabola, come potrete capire tutte le altre parabole?
    Il seminatore semina la parola.
    Quelli lungo la strada sono coloro nei quali viene seminata la parola; ma quando l'ascoltano, subito viene satana, e porta via la parola seminata in loro.
    Similmente quelli che ricevono il seme sulle pietre sono coloro che, quando ascoltano la parola, subito l'accolgono con gioia,
    ma non hanno radice in se stessi, sono incostanti e quindi, al sopraggiungere di qualche tribolazione o persecuzione a causa della parola, subito si abbattono.
    Altri sono quelli che ricevono il seme tra le spine: sono coloro che hanno ascoltato la parola,
    ma sopraggiungono le preoccupazioni del mondo e l'inganno della ricchezza e tutte le altre bramosie, soffocano la parola e questa rimane senza frutto.
    Quelli poi che ricevono il seme su un terreno buono, sono coloro che ascoltano la parola, l'accolgono e portano frutto nella misura chi del trenta, chi del sessanta, chi del cento per uno»

    Marco 4,1-20

  12.  

    Ecco, uscì il seminatore a seminare

    Più di 500 i bambini aiutati in questi anni, quasi 50 quelli che hanno vissuto con noi in affidamento e a tutti abbiamo insegnato, donato amore, seminato i nostri principi nei loro cuori. Ce l'abbiamo messa tutta, ma proprio tutta, per donare loro un futuro, una famiglia, valori per i quali essere apprezzati. Pensate che siamo riusciti con tutti? Magari. Nostro compito è seminare, dove poi vada il seme non sta a noi giudicarlo. Ogni persona, bambini compresi, potrà far crescere la pianta o farla morire. I semi dell'amore, della famiglia, dei buoni valori germoglieranno nell'animo di chi sarà ben predisposto ad accoglierli. Non crucciatevi se vi affannate tanto per insegnare e non vedete i frutti. Se avete ben seminato i frutti verranno se la terra è buona, ma se non vedete i frutti o se vedrete perdersi coloro che avete cercato di aiutare, figli compresi, al di là del dolore, umano e comprensibile, dovete pensare che ogni persona ha la sua libertà, il libero arbitrio per decidere quale strada seguire. Il compito di ciascuno di noi è quello di mettere il massimo impegno nel seminare.

    Per un altro commento sul tema vedi pagina 346 del libro Lacrime Silenziose

  13.  

    Addì 31 gennaio 2013

    Diceva loro: «Si porta forse la lampada per metterla sotto il moggio o sotto il letto? O piuttosto per metterla sul lucerniere?
    Non c'è nulla infatti di nascosto che non debba essere manifestato e nulla di segreto che non debba essere messo in luce.
    Se uno ha orecchi per intendere, intenda!».
    Diceva loro: «Fate attenzione a quello che udite: Con la stessa misura con la quale misurate, sarete misurati anche voi; anzi vi sarà dato di più.
    Poiché a chi ha, sarà dato e a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha»

    Marco 4,21-25

  14.  

    Si porta forse la lampada per metterla sotto il moggio o sotto il letto?

    Quando vi siete diplomati o laureati, quando vi siete sposati, quando vi è nato un figlio o un nipote, quando avete conosciuto l'uomo o la donna dei vostri sogni, quando avete vinto un premio, quando avete ritirato un'analisi che vi ha dichiarati sani ... non avevate forse in petto la voglia di gridare al mondo la vostra esultanza? Non avreste voluto che il mondo si fermasse per condividere con voi la gioia che provavate? Non è forse vero che qualunque cosa avessero fatto gli altri per distrarvi da quel momento di felicità sarebbe stato inutile?
    Chi è colui che possegga una lampada accesa e, trovandosi in una stanza buia, nasconda la luce sotto il letto?
    Nella stanza buia della nostra vita gioiamo ogni volta che entra un po' di luce e chiamiamo gli altri a far festa con noi, a condividere quella luce.
    A volte dicono che sono troppo euforico, troppo entusiasta, ma se vediamo la cosa dalla parte opposta forse sono gli altri ad essere troppo tristi. Ci sono persone che passano la vita tenendo la faccia seria perché qualcosa li ha rattristati, delusi, feriti, ma non vedono la bellezza di tutto il resto. Io non riesco a non gioire di ogni piccolo successo e vorrei gridarlo al mondo, condividerlo con tutti coloro che incontro e per ogni raggio di luce che ricevo sono migliaia le ombre che si dissipano. Problemi e preoccupazioni, delusioni ed amarezze, piccole o grandi che siano, ne abbiamo tutti, ma se passiamo la vita a piangerci addosso, a vedere sempre il bicchiere mezzo pieno, a rattristarci per qualsiasi cosa ci venga detta, fosse anche per scherzo, ad essere scontrosi con tutti anche se solo una persona ci ha danneggiato, a dare sempre una nostra spiegazione negativa alle parole o agli atteggiamenti del nostro prossimo ... come potremo vivere godendo della luce che ci arriva? Abbiamo quasi tutti le gambe per camminare, le braccia per accogliere, una testa per ragionare, gli occhi per ammirare le bellezze del mondo, organi vitali che funzionano come orologi, e di cosa ci lamentiamo? Di una parola intesa male? Di un atteggiamento non capito? Di un rapporto voluto diverso?
    Dico sempre ai miei ragazzi di crescere, ma vedo sempre più che loro crescono e tanti adulti restano bambini, permalosi, chiusi nelle loro paure e insicurezze, pronti ad arrabbiarsi per ogni refolo di vento che scompigli loro i capelli.
    La vita è vita, vivila, diceva Madre Teresa. Oserei aggiungere Vivila con gioia.
    Coloro che hanno Fede dovrebbero avere un motivo in più per gioire per la consapevolezza che Dio ci è sempre vicino, ci ama e ci protegge ed è Lui la nostra luce eterna che non mancherà mai di splendere nei nostri cuori.

  15.  

    Addì 1 febbraio 2013

    Diceva: «Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra;
    dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa.
    Poiché la terra produce spontaneamente, prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga.
    Quando il frutto è pronto, subito si mette mano alla falce, perché è venuta la mietitura».
    Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo?
    Esso è come un granellino di senapa che, quando viene seminato per terra, è il più piccolo di tutti semi che sono sulla terra;
    ma appena seminato cresce e diviene più grande di tutti gli ortaggi e fa rami tanto grandi che gli uccelli del cielo possono ripararsi alla sua ombra».
    Con molte parabole di questo genere annunziava loro la parola secondo quello che potevano intendere.
    Senza parabole non parlava loro; ma in privato, ai suoi discepoli, spiegava ogni cosa

    Marco 4,26-34

  16.  

    La terra produce spontaneamente

    Ci affanniamo ogni giorno, ogni istante pensiamo a cosa dobbiamo fare l'istante successivo, programmiamo il nostro futuro e spesso anche quello delle persone a noi vicine, specie dei figli, vogliamo avere tutto sotto controllo e guai a demandare ad altri.
    Illusi che siamo, pensiamo così di poter gestire la nostra vita, decidere la direzione che dovrà prendere, quali e quanti angoli svoltare e sopratutto quando, ma non ci rendiamo conto che la vita procede inesorabile senza che noi possiamo fare nulla per modificarla nei suoi tratti salienti. Ciò che possiamo cambiare, talvolta, sono le sfumature, ma non siamo noi a decidere quale sia il momento in cui lasceremo questa terra, se un matrimonio andrà bene o male, se ci ammaleremo o se nostro figlio prenderà una buona strada o frequenterà brutte compagnie. Ciò non vuol dire che non dobbiamo avere una meta cui tendere. E' giusto lottare per i valori in cui si crede, cercare di incamminarsi verso certi traguardi, sperare e sognare un futuro migliore, ma bisogna smetterla di affannarsi troppo, di pensare di poter controllare tutto, di stare male se le cose non vanno come si vorrebbe. Non significa essere fatalisti, né tantomeno accettare le disgrazie che ci colpiscono senza opporsi, ma nemmeno inveire contro il mondo o contro Dio se ciò che ci eravamo prefissati diventa irraggiungibile. Spesso è solo una questione di punti di vista di angoli dai quali si guarda una stessa realtà. Pensate ad una coppia che si è prefissata di avere un figlio e questo non viene, magari si scopre che non potrà mai venire in modo naturale. Ritengo che il progetto non vada abbandonato, nulla è infatti impossibile, ma se una cosa non si può raggiungere attraverso un certo percorso, la si raggiunge passando da un'altra strada. Un figlio non viene? Ce ne sono tanti che hanno bisogno di noi. Un figlio è un figlio, chi lo abbia generato non conta, la cosa importante è poter dare il nostro amore ad un piccolo cucciolo d'uomo che ha bisogno di amore e di crescere in una famiglia sana. C'è l'adozione, c'è l'affidamento, ma sopratutto ci deve essere la volontà di non accanirsi verso un muro che la vita ci ha posto dinanzi, significherebbe perdere tempo, quel tempo che non abbiamo e che non ci appartiene, per amare, per donare quelle risorse che oggi abbiamo e domani potremmo non possedere più.

  17.  

    Addì 2 febbraio 2013

    Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la Legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore,
    come è scritto nella Legge del Signore: ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore;
    e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombi, come prescrive la Legge del Signore.
    Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d'Israele;
    lo Spirito Santo che era sopra di lui, gli aveva preannunziato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore.
    Mosso dunque dallo Spirito, si recò al tempio; e mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per adempiere la Legge,
    lo prese tra le braccia e benedisse Dio:
    «Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola;
    perché i miei occhi han visto la tua salvezza,
    preparata da te davanti a tutti i popoli,
    luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele».
    Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui.
    Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione
    perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima».
    C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto col marito sette anni dal tempo in cui era ragazza,
    era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere.
    Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
    Quando ebbero tutto compiuto secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazaret.
    Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui

    Luca 2,22-40

  18.  

    E anche a te una spada trafiggerà l'anima

    O Dio esiste o Dio non esiste. Per quale di queste due ipotesi volete scommettere? diceva Pascal, il filosofo che aveva un grandissimo rispetto sia per coloro che credevano che per coloro che non credevano, ma detestava chi restava indifferente al problema.
    Resta comunque indifferente colui che per praticità dice di credere o di non credere. Vagliare le due ipotesi per poi scommetterci sopra tutta la propria vita ha un senso, altro è indifferenza è opportunismo.
    Vittorio Messori nel suo bellissimo libro Ipotesi su Gesù ci fa un esempio emblematico. La nostra vita è come quella di un tale che venga prelevato durante il sonno senza che si accorga di nulla e posto sulla carrozza di un treno. Quando si sveglia si ritrova in uno scompartimento che viaggia molto velocemente nella notte e dai finestrini vede tutto buio. Non sa da dove sia partito e dove sta andando e le altre persone che trova hanno subito la stessa sorta.
    Questo individuo ha due opzioni. La prima è quella di valutare il suo scompartimento, analizzare la realtà che lo circonda per poi adagiarsi e "subire" il viaggio nella comodità della carrozza. Nella seconda cerca di capire da dove il treno sia partito e dove vada, si interroga, parla con gli altri passeggeri, ipotizza varie tesi, si fa un'opinione.
    Chi vive nell'indifferenza cerca mille altre occupazioni per non pensare al senso della vita, alla morte, a Dio. Eppure viviamo in un mondo, dice sempre Pascal, dove l'infinito è ovunque. E' prima ed è dopo, e noi siamo solo un minuscolo attimo nella vita dell'universo, come è possibile non prendere in considerazione tutto ciò che ci circonda, vivere alla giornata per non pensare a ciò che sicuramente avverrà? La morte è cosa certa, eppure è da sempre un tabù per molti. Non ci vogliamo pensare per non soffrire, ma poi quando questa ci tocca soffriamo perché non siamo preparati ad affrontarla, abbiamo riso e scherzato e non ci siamo chiesti dove andremo, cosa troveremo, non avremo dato una motivazione alla nostra vita. Vivere alla giornata, distogliere lo sguardo dai tanti bambini che soffrono, dalle miserie umane, rinchiudersi nel proprio mondo dorato ci fa convincere che la sofferenza non potrà mai toccarci, ma tutti noi sappiamo che è solo illusione.
    Tante volte ho pensato alla figura di Simeone, colui che disse a Maria "E anche a te una spada trafiggerà l'anima" come ad un uccellaccio del malaugurio. Mi dicevo da ragazzino "Ma perché Simeone dice alla Madonna che dovrà soffrire? Se anche fosse vero, come è stato, perché dirglielo, farla soffrire?"
    Oggi ne capisco il senso. Non era cattiveria o cattivo presagio, ma amore perché voleva prepararla ad affrontare questa sofferenza che Maria non ha mai rifiutato. La vediamo sempre gioiosa e sorridente al fianco di Gesù, incurante delle pene che dovrà affrontare, tassello importante perché la Volontà del Signore si compia.
    Anche noi siamo delle pedine di questa grande scacchiera che è la vita, che è il grande mistero di Dio. Anche noi siamo avvertiti che dovremo soffrire, e non poco. Più faremo e maggiormente soffriremo, ma è per questo che siamo nati, è per questo che siamo stati messi su questo treno che corre velocissimo verso l'infinito, meta del nostro brevissimo viaggio.
    Non siate indifferenti, non abbiate paura di soffrire, uscite dal vostro scompartimento, dialogate con le persone che incontrate, consolate le più deboli, accudite i bambini spaventati che si ritrovano a viaggiare senza nessuno che li accompagni o, peggio, con qualcuno che fa loro del male, altrimenti saremo solo "pacchi campione senza valore che l'ostetrico spedisce al becchino".

  19.  

    Addì 3 febbraio 2013

    Allora cominciò a dire: «Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi».
    Tutti gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è il figlio di Giuseppe?».
    Ma egli rispose: «Di certo voi mi citerete il proverbio: Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafarnao, fàllo anche qui, nella tua patria!».
    Poi aggiunse: «Nessun profeta è bene accetto in patria.
    Vi dico anche: c'erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese;
    ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova in Sarepta di Sidone.
    C'erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo, ma nessuno di loro fu risanato se non Naaman, il Siro».
    All'udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno;
    si levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio.
    Ma egli, passando in mezzo a loro, se ne andò

    Luca 4,21-30

  20.  

    Nessun profeta è bene accetto in patria

    Ma come mai chi ti è più vicino cerca di allontanarti, osteggiarti e fa di tutto per sminuirti?
    Non solo chi è vicino a noi territorialmente, ma anche chi dovrebbe avere i nostri stessi ideali.
    Mi sono sempre domandato il motivo. Penso che possa essere una sorta di invidia e gelosia, quasi a voler preservare gelosamente la propria riserva di caccia. Un po' come dire di certe cose me ne occupo io che ne ho titolo, tu chi sei per parlare di queste cose? Pensiamo ai partiti, a certi sacerdoti, ai servizi sociali e alle varie formazioni. Non c'è, sin dai tempi di Gesù, un'apertura verso chi non ha la tesserina di appartenenza ad un certo gruppo, così i farisei guardavano con sospetto Gesù perché osava parlare di Dio, ma che scandalo, Lui figlio di un falegname, come si permette! Qualche cattolico mi ha criticato per queste mie quotidiane riflessioni sul Vangelo, per il libro scritto come a dire che non è mio compito parlare di Gesù e dei valori che Egli insegna nel Vangelo. Credo invece che il Signore risponderebbe come rispose ai discepoli che, indignati perché altri scacciavano i demoni e guarivano i malati in nome Suo, volevano che Gesù li fermasse "Chi non è contro di me, è con me" ed anche "E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, imporranno le mani ai malati e questi guariranno".
    Credo che se una persona ha un obiettivo che sia buono, sia giusto che faccia tutto ciò che sia lecito per perseguirlo. Se il suo modo di operare sia lecito o meno sarà compito di Dio deciderlo, non certo dell'uomo. Se il fine che si persegue è accolto dal Signore, state certi che lo raggiungerete.
    Quanti bastoni tra le ruote nel nostro percorso che dura da oltre ventisei anni dell'Associazione "Amici della Zizzi", quante persone che hanno provato con le buone e con le cattive a dissuaderci dall'andare avanti, altri che han provato a inglobarci ed usarci, altri ancora che ci hanno ignorato e ferito con l'arma della derisione e dello scherno, ma siamo forti della Parola di Dio, siamo fieri che in ventisei anni molti ostacoli si sono sgretolati davanti a noi come neve al sole, siamo felici che i risultati raggiunti con i tanti ragazzi che abbiamo aiutato parlino da soli e che molte persone che prima ci osteggiavano oggi ci corteggiano.
    Nessun profeta è ben accetto in patria, ma Gesù ci ha dimostrato con la Sua vita che non dobbiamo scoraggiarci e siamo chiamati a parlare, insegnare, aiutare nel modo che possiamo, fosse anche un po' goffo e ridicolo, ma in nome di Dio con il cuore pieno di amore per gli altri.

  21.  

    Addì 4 febbraio 2013

    Intanto giunsero all'altra riva del mare, nella regione dei Gerasèni.
    Come scese dalla barca, gli venne incontro dai sepolcri un uomo posseduto da uno spirito immondo.
    Egli aveva la sua dimora nei sepolcri e nessuno più riusciva a tenerlo legato neanche con catene,
    perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma aveva sempre spezzato le catene e infranto i ceppi, e nessuno più riusciva a domarlo.
    Continuamente, notte e giorno, tra i sepolcri e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre.
    Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi,
    e urlando a gran voce disse: «Che hai tu in comune con me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!».
    Gli diceva infatti: «Esci, spirito immondo, da quest'uomo!».
    E gli domandò: «Come ti chiami?». «Mi chiamo Legione, gli rispose, perché siamo in molti».
    E prese a scongiurarlo con insistenza perché non lo cacciasse fuori da quella regione.
    Ora c'era là, sul monte, un numeroso branco di porci al pascolo.
    E gli spiriti lo scongiurarono: «Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi».
    Glielo permise. E gli spiriti immondi uscirono ed entrarono nei porci e il branco si precipitò dal burrone nel mare; erano circa duemila e affogarono uno dopo l'altro nel mare.
    I mandriani allora fuggirono, portarono la notizia in città e nella campagna e la gente si mosse a vedere che cosa fosse accaduto.
    Giunti che furono da Gesù, videro l'indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto dalla Legione, ed ebbero paura.
    Quelli che avevano visto tutto, spiegarono loro che cosa era accaduto all'indemoniato e il fatto dei porci.
    Ed essi si misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio.
    Mentre risaliva nella barca, colui che era stato indemoniato lo pregava di permettergli di stare con lui.
    Non glielo permise, ma gli disse: «Va nella tua casa, dai tuoi, annunzia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ti ha usato».
    Egli se ne andò e si mise a proclamare per la Decàpoli ciò che Gesù gli aveva fatto, e tutti ne erano meravigliati

    Marco 5,1-20

  22.  

    Nessuno più riusciva a domarlo

    Quando non sappiamo come affrontare una situazione diciamo "non ci riesco", ma cosa significa "non ci riesco"?
    Significa rinunciare, significa abbandonare la lotta.
    Ricordo una mia amica che si innamorò di un ragazzo, lei abitava al nord e lui al sud. Non so come lo avesse conosciuto, fatto sta che nacque un'amicizia e lei decise che quello avrebbe dovuto essere il suo uomo. Lui però era fidanzato e tutte le lusinghe di lei non servivano a niente. Passò un po' di tempo ed il ragazzo iniziò i preparativi per sposarsi, comprò casa, fissò la data delle nozze, arrivarono i regali e mancavano pochi giorni per coronare il suo sogno. Ma la mia amica non si era data per vinta ed un giorno si presentò a casa sua, a pochissimi giorni dallo sposalizio, e lo portò via alla rivale. Come abbia fatto non so, lascio a Dio ogni giudizio sulla moralità o sulla liceità dell'accaduto, ma una cosa è certa, questa ragazza non ha mai desistito, nemmeno davanti all'ineluttabile perché quando si ama non ci sono ostacoli che non si possano superare, non ci dolori che non si possano sopportare.
    Quando si ha un obiettivo si guarda a quello e non si vede altro, ci si lascia scivolare addosso tutto il male che in tanti cercano di buttarti addosso.
    Dal mio punto di vista non ritengo che il fine giustifichi i mezzi e sono certo che debbano esserci dei limiti di ordine morale e legale, ma solo quelli, non altri.
    Pensate che tantissimi affidamenti e adozioni falliscono perché chi dovrebbe accogliere questi bambini li ospita e basta. Cosa significa accoglienza di un bambino? Vuol dire amare senza riserve anche se la persona che amiamo ci detesta; vuol dire educare con parole, esempi, soluzione alternative, premi e punizioni; vuol dire soffrire insieme, gioire insieme, camminare insieme; vuol dire esserci sempre anche quando ti vengono gridati addosso improperi di ogni genere e grado, anche quando vengono messi in atto comportamenti aberranti, anche quando con intenzione la persona che tu hai accolto mira a farti male.
    Ospitalità significa solo dare una casa, da mangiare, dei vestiti e quando iniziano i problemi rifiutarsi di affrontarli e mettere fuori dalla porta quel ragazzo allorquando non si ha più voglia di subire.
    Capita spesso che bambini piccoli vengano presi in affidamento o in adozione e poi mandati via dopo pochi anni o pochi mesi di convivenza.
    Anche molte comunità che dell'accoglienza hanno fatto il loro lavoro, la loro professione tendono a risolvere il problema passando la patata bollente a qualcun'altro. Ci sono arrivati spesso bambini distrutti da questi comportamenti, ragazzi che a tredici anni hanno fatto in cinque anni un percorso costellato di abbandoni: madre che picchiava, due adozioni fallite, separazione dalla sorella, nove comunità di accoglienza ed alla fine noi. Bambini che sono arrivati senza valori, senza amore, senza speranza e se ne sono andati con qualche principio in tasca da spendere nel modo che riterranno migliore.
    E questo solo per citare casi concreti vissuti sulla nostra pelle, ma quanti ce ne sono di bambini rifiutati per la paura di lottare, per la paura di soffrire, per la paura di doversi mettere ogni giorno in discussione. Fatica? Si, tanta, ma come si può mettere alla porta un bambino perché ha delle difficoltà caratteriali? Siamo adulti o ragazzini anche noi? Da che mondo è mondo, l'adulto si prende cura del bambino e sa come deve fare e laddove non sa si ingegna, studia, prova, chiede consiglio, ma non esiste che molli la presa, perché se lasciamo la mano di quel bambino per il quale il Signore ha chiesto il nostro aiuto, è come condannarlo a morte certa, ad una vita di stenti, di problemi, di carcere, droga, prostituzione. E la colpa sarà nostra. "Nostra" di chi non ha accolto un bambino se avesse potuto, "nostra" di chi lo ha mandato via dalla propria casa e del proprio cuore, "nostra" di chi poteva fare e non ha fatto per supportare quella famiglia in difficoltà con quel bambino.
    Se vediamo un drogato per la strada, ricordatevi che è quel bambino che qualche anno prima voi non avete aiutato. Non è sua la colpa se è drogato, se è sbandato, se è una prostituta, ma è di tutti coloro che niente hanno fatto per lui quando avrebbero potuto.
    Non bisogna demordere, per amore di Dio bisogna stringere i denti, affrontare le nostre paure, portare sulle spalle il peso della loro sofferenza, alleviare i loro disagi, scacciare i loro incubi, ma sopratutto creare le basi per la serenità dando quell'amore che da bambini ci è stato donato.

  23.  

    Addì 5 febbraio 2013

    Essendo passato di nuovo Gesù all'altra riva, gli si radunò attorno molta folla, ed egli stava lungo il mare.
    Si recò da lui uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, vedutolo, gli si gettò ai piedi
    e lo pregava con insistenza: «La mia figlioletta è agli estremi; vieni a imporle le mani perché sia guarita e viva».
    Gesù andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.
    Or una donna, che da dodici anni era affetta da emorragia
    e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza nessun vantaggio, anzi peggiorando,
    udito parlare di Gesù, venne tra la folla, alle sue spalle, e gli toccò il mantello. Diceva infatti:
    «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita».
    E subito le si fermò il flusso di sangue, e sentì nel suo corpo che era stata guarita da quel male.
    Ma subito Gesù, avvertita la potenza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi mi ha toccato il mantello?».
    I discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che ti si stringe attorno e dici: Chi mi ha toccato?».
    Egli intanto guardava intorno, per vedere colei che aveva fatto questo.
    E la donna impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità.
    Gesù rispose: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Và in pace e sii guarita dal tuo male».
    Mentre ancora parlava, dalla casa del capo della sinagoga vennero a dirgli: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?».
    Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, continua solo ad aver fede!».
    E non permise a nessuno di seguirlo fuorchè a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.
    Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava.
    Entrato, disse loro: «Perché fate tanto strepito e piangete? La bambina non è morta, ma dorme».
    Ed essi lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della fanciulla e quelli che erano con lui, ed entrò dove era la bambina.
    Presa la mano della bambina, le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico, alzati!».
    Subito la fanciulla si alzò e si mise a camminare; aveva dodici anni. Essi furono presi da grande stupore.
    Gesù raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e ordinò di darle da mangiare

    Marco 5,21-43

  24.  

    Non temere, continua solo ad aver fede!

    Davanti ad eventi che vanno al di là della nostra comprensione o di quelli innanzi ai quali siamo impotenti come un terremoto che distrugge tutto, il crollo di una casa, una malattia incurabile, la morte di una persona cara in molti sono portati alla rassegnazione, alla disperazione, all'imprecazione. la vita è piena di lati che ci appaiono negativi, che ci fanno del male, per i quali soffriamo. La forza della Fede è quella di non perdersi mai d'animo, di essere sempre forti davanti alle avversità.
    D'altra parte siamo pratici, davanti a cose di questo genere abbiamo la possibilità di un duplice comportamento: o ci disperiamo piangendoci addosso o reagiamo non lasciandoci sopraffare da ciò che è capitato addosso. La vita per noi continua, anche se in maniera diversa perché la morte di un figlio, il crollo di una casa, una brutta malattia ci segnano a vita, marchiano a fuoco anima e cuore. Ma se la vita continua dobbiamo cercare di viverla al meglio, soffrire il meno possibile e quindi disperarsi non solo non serve a nulla, ma ci fa chiudere in noi stessi, fa allontanare le persone, ci fa vedere il mondo in maniera negativa ed ogni cosa che faremo sarà senza quell'entusiasmo che produce benefici effetti.
    Affrontare il problema significa invece trovare altre strade, gioire di altre cose, cimentarsi in altre imprese.
    Ed allora questo spirito ci porterà ad avere sempre più amici intorno, persone cui donare la tua forza ed il tuo esempio, riuscire in ogni azione intrapresa.
    Ho conosciuto tante persone che hanno visto la morte negli occhi, che ogni giorno devono affrontare una brutta malattia, che hanno vicino un figlio che li fa disperare, ed alcuni di loro sono forti ed hanno tramutato la forza distruttrice di un evento in potenza per costruire qualcosa di bello, per dare più vigore alla propria famiglia, per trovare unioni ed alleanze tra i cuori, per dare speranza a chi si è abbattuto davanti al male. La loro sofferenza non è minore, ma aggiungono ad essa una grande gioia che compensa ed in certi casi sopravanza la sofferenza.
    Non passa giorno in cui non soffra per la perdita di mia madre, non poter condividere con lei ogni istante, non avere consigli, non potermi confrontare con lei sui problemi della vita, non poterle presentare i miei ragazzi, ma la nascita dell'Associazione, la vicinanza dei miei bimbi e di tante persone che camminano con me mi rende questo dolore meno lancinante e a volte riesco a non pensarci e non soffrirne.
    Quando la mia mamma è stata chiamata in Paradiso il Signore mi ha detto "Non temere, continua solo ad aver fede!" così è stato e la ricompensa è la grande gioia che dall'Associazione deriva a me e a quanti ne beneficiano. Così dice il Signore ad ognuno di noi, non temete, continuate ad avere Fede e vedrete il vostro dolore trasformarsi in gioia.

  25.  

    Addì 6 febbraio 2013

    Partito quindi di là, andò nella sua patria e i discepoli lo seguirono.
    Venuto il sabato, incominciò a insegnare nella sinagoga. E molti ascoltandolo rimanevano stupiti e dicevano: «Donde gli vengono queste cose? E che sapienza è mai questa che gli è stata data? E questi prodigi compiuti dalle sue mani?
    Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?». E si scandalizzavano di lui.
    Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua».
    E non vi poté operare nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi ammalati e li guarì.
    E si meravigliava della loro incredulità. Gesù andava attorno per i villaggi, insegnando

    Marco 6,1-6

  26.  

    E si meravigliava della loro incredulità

    Non passa giorno che non assistiamo a qualche miracolo. Oggigiorno diamo per scontate mille cose senza renderci conto che sono prodigi, veri e propri miracoli. A quasi tutto diamo una spiegazione scientifica, ma non ci rendiamo conto che tutto l'ingranaggio che fa grande la nostra vita qualcuno deve pur averlo ideato. Nulla si crea dal nulla, è una nozione che gli scienziati conoscono bene ed applicano ad ogni avvenimento, come può essere accaduto allora che si siano create le prime forme di vita? Per chi ha Fede la spiegazione è in Dio, per coloro che non hanno Fede resta un mistero da scoprire, fatto sta che ci sono tantissimi prodigi che avvengono ogni giorno sotto i nostri occhi: la nascita di un bambino, la nostra respirazione, un cervello che muove il nostro corpo, l'alternarsi delle stagioni in un ballo continuo di astri lontani di noi milioni di chilometri, giganti che si muovono con la leggiadria di una ballerina nell'immenso universo formato da milioni di altri loro fratelli, e quanti altri ancora. Miracoli ai quali siamo abituati, ma non per questo meno prodigiosi.
    Nonostante questo, nonostante ciò che accade sotto i nostri occhi, nonostante che non sappiamo dare una spiegazione scientifica a molti di essi, nonostante non conosciamo l'origine della nostra vita, restiamo increduli.
    Gesù, nel compiere miracoli, si meravigliava della loro incredulità e tale stupore da parte di Dio è rimasto. L'umanità è progredita in tante cose, ma in duemila anni l'ottusità è rimasta tale e quale.

  27.  

    Addì 7 febbraio 2013

    Allora chiamò i Dodici, ed incominciò a mandarli a due a due e diede loro potere sugli spiriti immondi.
    E ordinò loro che, oltre al bastone, non prendessero nulla per il viaggio: né pane, né bisaccia, né denaro nella borsa;
    ma, calzati solo i sandali, non indossassero due tuniche.
    E diceva loro: «Entrati in una casa, rimanetevi fino a che ve ne andiate da quel luogo.
    Se in qualche luogo non vi riceveranno e non vi ascolteranno, andandovene, scuotete la polvere di sotto ai vostri piedi, a testimonianza per loro».
    E partiti, predicavano che la gente si convertisse,
    scacciavano molti demòni, ungevano di olio molti infermi e li guarivano

    Marco 6,7-13

  28.  

    E ordinò loro che, oltre al bastone, non prendessero nulla per il viaggio

    Ogni cosa la si può sempre vedere da almeno due punti di vista, ed ogni oggetto può servire per almeno due scopi.
    Il buongiorno di stamani è arrivato ascoltando il telegiornale mentre mi vestivo. La prima notizia è stata quella dell'arresto di tifosi della Lazio e della Roma per l'assalto al pub della capitale per aggredire dei ragazzi inglesi, colpevoli di essere supporter della loro squadra di calcio.
    "Un gruppo di persone, con volti mascherati, armati di coltelli, spranghe e bastoni avevano fatto irruzione nel pub di Campo de' Fiori e avevano aggredito sette tifosi inglesi, ferendone uno in modo grave" - R. ''irrompeva nel pub come un lupo in cerca della sua preda, colpiva con calci e pugni chiunque gli venisse a portata di mano'' - L'irruzione al pub fu preceduta da un lancio di gas asfissianti per facilitare l'azione e neutralizzare la reazione delle vittime''.
    Il bastone è un segno di guida, di appoggio, indicato da Gesù come l'unica cosa che gli apostoli devono avere nel loro viaggio di apostolato. Il bastone usato da questi ragazzi per punire, picchiare, magari uccidere.
    Quale lo scopo di questa follia omicida? La fede nel calcio, la mancanza di valori e di principi, l'insegnamento che un bastone serve per picchiare e non per appoggiarvisi durante il cammino verso il prossimo.
    mai generalizzare, per ogni ragazzo che picchia, ce ne sono molti altri che sono bravi, ma come tutte le cose non hanno un significato soltanto bianco o nero e possiedono mille sfumature, credo che sia il caso di interrogarsi su quale sia la direzione che noi genitori, educatori, insegnanti, media indichiamo alle nuove generazioni.
    Il Signore ci indica un cammino di fratellanza, accoglienza, amore e pace al punto da dirci che se non saremo ricevuti ed accolti non dovremo far altro che andarcene da quella casa per portare il nostro amore a qualcun'altro.
    Se, come è ovvio, la maggior parte delle famiglie non insegnano la violenza ai loro ragazzi, siamo sicuri che la maggior parte insegni loro la pace? Quante volte sento parlare gli adulti e dire "quello lo ammazzerei" o "quella persona la metterei in galera e butterei via la chiave, ci vorrebbe la pena di morte" oppure a quanti litigi per futili motivi di precedenza, condominio, eredità, discussioni che sfociano spesso in forti litigate. Questo è l'esempio che diamo ai nostri figli che magari da una nostra parola detta in un momento di rabbia del tipo "prenderei un bastone e lo dari sul capo a quella carogna" ne traggono un insegnamento e magari un giorno prendono davvero quel bastone per picchiare qualcuno.
    Il Signore ci insegna a non giudicare, non giudichiamo gli altri, ma limitiamoci ad andarcene quando ci viene impedito il dialogo, lasciando a Dio il compito di aiutare quella persona a capire i suoi errori. Insegniamo ai nostri ragazzi ad andare verso il prossimo, a dialogare, a portare un messaggio pace.
    Il nostro mondo è come un piatto succulento fatto di valori e principi preparatoci da Dio e tutti noi, anziché assaporarlo, ci improvvisiamo cuochi provetti pronti a criticare ogni aspetto, così ci sarà chi aggiunge sale, chi il pepe ed il peperoncino, chi alzerà la fiamma o aggiungerà il brodo.
    Ma non sarebbe meno complicato mangiare ciò che il Signore ci ha messo su un piatto d'argento ed invitare tutti coloro che incontriamo a fare festa con noi?

  29.  

    Addì 8 febbraio 2013

    Il re Erode sentì parlare di Gesù, poiché intanto il suo nome era diventato famoso. Si diceva: «Giovanni il Battista è risuscitato dai morti e per questo il potere dei miracoli opera in lui».
    Altri invece dicevano: «E' Elia»; altri dicevano ancora: «E' un profeta, come uno dei profeti».
    Ma Erode, al sentirne parlare, diceva: «Quel Giovanni che io ho fatto decapitare è risuscitato!».
    Erode infatti aveva fatto arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, che egli aveva sposata.
    Giovanni diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello».
    Per questo Erodìade gli portava rancore e avrebbe voluto farlo uccidere, ma non poteva,
    perché Erode temeva Giovanni, sapendolo giusto e santo, e vigilava su di lui; e anche se nell'ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri.
    Venne però il giorno propizio, quando Erode per il suo compleanno fece un banchetto per i grandi della sua corte, gli ufficiali e i notabili della Galilea.
    Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla ragazza: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò».
    E le fece questo giuramento: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno».
    La ragazza uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista».
    Ed entrata di corsa dal re fece la richiesta dicendo: «Voglio che tu mi dia subito su un vassoio la testa di Giovanni il Battista».
    Il re divenne triste; tuttavia, a motivo del giuramento e dei commensali, non volle opporle un rifiuto.
    Subito il re mandò una guardia con l'ordine che gli fosse portata la testa.
    La guardia andò, lo decapitò in prigione e portò la testa su un vassoio, la diede alla ragazza e la ragazza la diede a sua madre.
    I discepoli di Giovanni, saputa la cosa, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro

    Marco 6,14-29

  30.  

    Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò

    Quante volte abbiamo sentito questa promessa. Al momento di sposarsi si fa la promessa che sarà per sempre, ma poi in tantissimi divorziano; politici che in campagna elettorale fanno dichiarazioni sui progetti futuri che in moltissimi casi non manterranno; volontari che promettono mari e monti alle associazioni e poi si allontanano per incoerenza. E quanti altri esempi potremmo fare. Eppure ci fidiamo, votiamo chi ci promette una vita migliore, sposiamo chi ci giura eterno amore, facciamo affidamento su chi promette di esserci sempre vicino e molto spesso restiamo delusi, ma continuiamo a fidarci. Perché? Semplicemente perché abbiamo bisogno di credere in qualcosa, in qualcuno. Ogni promessa che ci viene fatta crea in noi un'aspettativa che nel nostro immaginario diviene certezza perché vogliamo aggrapparci ad essa per migliorare la nostra vita. Sbagliato? Non saprei, forse bisognerebbe cercare di capire meglio prima di fidarsi, ma è anche vero che abbiamo bisogno di avere un sostegno e non è difficile farsi ingannare, senza considerare che in tanti casi al momento della promessa c'è la buona fede e la voglia di mantenerla, ma siamo uomini e veniamo travolti dai fatti, dalle situazioni e siamo facili prede dell'errore.
    E' buffo però come abbiamo fiducia nell'uomo che molto spesso ci tradisce e non riusciamo ad avere fiducia in Dio che ci ha fatto la promessa di darci tutto ciò che chiederemo con la preghiera. A volte le persone si sentono tradite dal Signore perché, dicono, non ha esaudito le loro preghiere, specie quando una persona muore dopo una malattia. Dio esaudisce le nostre preghiere, ma è anche vero che guarda al bene dell'uomo al di là della vita terrena.
    Quanto ho pregato Gesù affinché non facesse morire la mia mamma ammalata di tumore, eppure non mi ha esaudito in quella richiesta, ma non ho perso la fiducia in Lui perché sapevo che se non aveva dato seguito alla mia richiesta era per una buona ragione, ed ecco che è nata l'Associazione. Nei Suoi piani evidentemente c'era il Paradiso per la mia mamma ed una maturazione per me in vista di far del bene ad un po' di bambini. Chi crede, e chi prega Dio affinché gli faccia una grazia si spera che creda veramente in Lui e non siano solo parole dettate dal "proviamo anche questa", deve aver fiducia e vedere la propria vita proiettata in una dimensione che va al di là della vita su questa terra ed accettare l'idea che Cristo sappia cosa è buono per noi adeguandosi alla Sua volontà.
    E' stato bellissimo ieri sera quando uno dei mie ragazzi, avevo chiesto loro come mai Gesù diceva di prendere un bastone per il proprio cammino, aveva semplicemente e spontaneamente detto "perché ce lo dice Gesù". Un ragazzo di diciotto anni che accetta la volontà di Dio è una cosa che mi da, specie al giorno d'oggi, una gioia immensa. A volte le preghiere non servono perché il Signore sa quello di cui abbiamo bisogno e certamente la Fede che vedo crescere nei miei ragazzi ogni giorno mi da forza e speranza.

  31.  

    Addì 9 febbario 2013

    Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e insegnato.
    Ed egli disse loro: «Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un pò». Era infatti molta la folla che andava e veniva e non avevano più neanche il tempo di mangiare.
    Allora partirono sulla barca verso un luogo solitario, in disparte.
    Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città cominciarono ad accorrere là a piedi e li precedettero.
    Sbarcando, vide molta folla e si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise a insegnare loro molte cose

    Marco 6,30-34

  32.  

    Gli riferirono tutto quello che avevano fatto e insegnato

    Durante il giorno ogni persona interagisce con altre, si trova a trattare certi argomenti, risolvere problematiche, ascoltare lo sfogo di qualcuno, incontrare un amico che non vedeva da tempo, ricevere un'offesa e tanto altro ancora. La nostra natura di uomini ci porta a mangiare più volte al giorno del cibo che fa bene al nostro organismo, ma che produce anche scorie che devono essere eliminate. Così è nelle relazioni con il prossimo, è bellissimo interagire e ci gratifica, ma sarebbe necessario, al pari del cibo, espellere quotidianamente le scorie che da tali interazioni si producono con il dialogo, semplicemente raccontando ciò che si è fatto durante la giornata a qualcuno che con interesse ti ascolti, ti faccia domande, si ricordi che in quel giorno avevi un appuntamento importante o che dovevi prendere una decisione e ti domandi come sia andata. Non possiamo pretendere che tutti gli amici o i familiari siano per te un punto di appoggio e di ascolto, ma almeno una persona, la moglie, il marito, il figlio, i genitori, un amico, un sacerdote dovrebbe esserci, altrimenti si rischia di tenersi tutto dentro e quel cibo potrebbe creare più danno che altro. A volte nelle famiglie manca il dialogo, magari per stanchezza e non per cattiveria o scarsa volontà, ma il risultato è lo stesso.
    Spesso nel Vangelo gli apostoli raccontavano a Gesù ciò che avevano fatto e Lui li ascoltava con affetto, non già perché non lo sapesse, ma per dar loro la possibilità di raccontarsi, di condividere le emozioni e le tristezze provate durante la giornata e magari ricevere consigli sul come agire in futuro.
    Dialogate con i vostri figli, chiedete loro come è andata a scuola, cercate di capire se la loro tristezza è causata da un amore deluso, da un brutto voto, da una paura. Dialogate con le persone che avete vicino, chiedete loro come è andata la giornata e se vi dicono domani avrò da fare questo legatevi un cordino al cuore come promemoria ed il giorno dopo chiedetegli come è andata. Non pensate che gli altri siano talmente forti da non aver bisogno delle vostre attenzioni. Non è possibile farlo con tutti, ma almeno fatelo con le persone che vivono sotto il vostro stesso tetto.

    • CommentAuthorCarmen
    • CommentTime9 Feb 2013
     

    E' bello poter raccontarsi con qualcuno così come hanno fatto gli apostoli con Gesù coinvolgendolo in ciò che hanno fatto o insegnato così come è gratificante essere ascoltati o ascoltare facendosi trascinare nelle vicende o esperienze altrui.
    Proprio in questi giorni mi è capitato di scrivere ad una persona che mi sta molto a cuore dicendogli che avevo bisogno di qualcuno con cui parlare, di aprirmi senza veli, di essere ascoltata senza giudizi affrettati, ma non ho chiesto a quella persona "e tu ...?".
    Penso che il "raccontare" come il "chiedere" non debba essere un "raccontare o un chiedere tanto per...", altrimenti tutto diventa una routine, un formalismo e col tempo si perde l'interesse per l'altro fino ad accorgersi che si mangia l'uno accanto all'altro, ma si diventa l'uno estraneo per l'altro.
    Molto significativa questa espressione "riunirsi attorno ... e riferirono".
    Riunirsi è unirsi di nuovo per mangiare dello stesso pane. E se quel pane rappresenta la propria giornata, i propri sentimenti, le proprie emozioni, i propri insegnamenti diventa cibo anche per l'altro che ne mangia insieme a te.
    Il riferire o raccontare è importante come e quanto il chiedere o l'ascoltare. Se chi ti chiede lo fa perchè è interessato a te fa più che piacere, ma quando chi parla lo fa a cuore aperto coinvolgendoti in ciò che dice è come vivere un pò le stesse emozioni sentendoti veramente parte di quella persona o di quell'esperienza vissuta o di quella giornata passata.
    Mi è capitato giorni fa di parlare con una persona che non sempre esprime apertamente ciò che sente o le proprie emozioni. E' stato più che bello ascoltare non ciò che diceva, ma il suo cuore che parlava.
    Quando parliamo con Dio Lui sa sempre se lo facciamo "tanto per" o se ciò che diciamo è espressione sincera della nostra anima.

  33.  

    Addì 10 febbraio 2013

    Un giorno, mentre, levato in piedi, stava presso il lago di Genèsaret
    e la folla gli faceva ressa intorno per ascoltare la parola di Dio, vide due barche ormeggiate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti.
    Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedutosi, si mise ad ammaestrare le folle dalla barca.
    Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e calate le reti per la pesca».
    Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti».
    E avendolo fatto, presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano.
    Allora fecero cenno ai compagni dell'altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche al punto che quasi affondavano.
    Al veder questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontanati da me che sono un peccatore».
    Grande stupore infatti aveva preso lui e tutti quelli che erano insieme con lui per la pesca che avevano fatto;
    così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini».
    Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono

    Luca 5,1-11

  34.  

    Sulla tua parola getterò le reti

    L'ignoranza, il non capire il senso della vita non è una colpa, non si nasce con la scienza infusa.
    Ci sono cose che pian piano conosceremo e capiremo, ma non tutto. Un bambino, nella sua crescita, fa mille domande, scruta la realtà che lo circonda, cerca di guardare sempre più avanti e pian piano si fortifica nelle sue conoscenze, ma quando non capisce si affida ai suoi genitori, ha fiducia in loro, sa che non lo tradiranno perché gli vogliono bene ed anche se una cosa non parrà giusta ai suoi occhi, non dubiteranno che i genitori abbiano ragione. Tanto più deve essere così per noi nei confronti di Dio. I genitori sono uomini e donne capaci di sbagliare e facili a cattive valutazioni, ma il Signore, padre buono che ci ha dato la vita, non sbaglia e noi dobbiamo fidarci quando ci chiede qualcosa. Vedere un bambino che è maltrattato dalla sua stessa famiglia è una richiesta di Gesù affinché ci occupiamo di lui, un povero che muore di fame è il Signore che ce lo mostra per dargli del cibo e la possibilità di sfamarsi ogni giorno, un drogato sul ciglio della strada è una richiesta di Dio per aiutarlo a disintossicarsi. Ognuno ha la sua strada, ogni persona è chiamata da Cristo a compiere qualcosa e spesso queste richieste sono per noi incomprensibili, ma non capire non vuol dire che non sia cosa giusta e se è il Signore a chiedercela significa che dobbiamo farla, anche per il nostro bene.
    E' facile restare indifferenti alla miseria umana, basta distogliere lo sguardo, basta non pensarci buttandosi in mille attività divertenti, non ascoltare gli appelli di chi da voce alle lacrime silenziose di tanti bambini e adulti che soffrono.
    Indifferenza! Avete mai sperimentato la brutta sensazione di essere invisibili agli occhi di tutti coloro che incontrate? Vi è mai capitato che qualcuno attraversi la strada per non incontrarvi? Vi è mai successo di arrivare ad una riunione dove tutti vi conoscono e sentirvi chiedere "chi è lei?" A me tante volte. Spesso quando cerco di parlare dei bambini da prendere in affido le persone si allontanano, fischiettano, si mettono a fare altro.
    L'indifferenza è un'arma che fa tantissimo male a chi la subisce, ma è un'arma a doppio taglio perché crea ignoranza, egoismo, opportunismo, e quando il treno della vita vi avrà recapitato a destinazione e Qualcuno vi dirà "ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato" forse non capirete nemmeno a cosa Dio si stia riferendo perché pre tutta la vita siete stati indifferenti o, peggio, avete combattuto per non ascoltare.
    Da quando è nata l'Associazione "Amici della Zizzi" mi batto in prima persona per dare voce ai tanti bambini maltrattati e cerco ogni strada per farmi ascoltare. Scrivo ovunque mi capiti, vado a parlare ovunque mi chiamino, invento ed organizzo iniziative per attirare persone e poi far loro vedere che esiste un mondo parallelo fatto di miseria ed abbandono. Quante porte chiuse in faccia, quanti gruppi mi hanno chiuso l'accesso su internet, quante persone hanno gridato il loro diritto alla privacy, il tutto per non ascoltare.
    Diceva Pascal di avere un profondo rispetto per coloro che davanti al mistero di Dio scommettevano sulla Sua esistenza e prendevano una posizione a riguardo, ma detesteva chi restava nell'indifferenza e non prendeva una posizione.
    Tutti noi abbiamo criticato Don Abbondio, vaso di terracotta in mezzo a vasi di ferro. E noi cosa siamo? Quanti Don Abbondio ci sono che pur di vivere una vita senza preoccupazioni si tappano gli occhi davanti ai problemi e non prendono una posizione. Critichiamo i politici, ma alla fine sono espressione della nostra società.

  35.  

    Addì 11 febbraio 2013

    Compiuta la traversata, approdarono e presero terra a Genèsaret.
    Appena scesi dalla barca, la gente lo riconobbe,
    e accorrendo da tutta quella regione cominciarono a portargli sui lettucci quelli che stavano male, dovunque udivano che si trovasse.
    E dovunque giungeva, in villaggi o città o campagne, ponevano i malati nelle piazze e lo pregavano di potergli toccare almeno la frangia del mantello; e quanti lo toccavano guarivano

    Marco 6,53-56

  36.  

    Appena scesi dalla barca, la gente lo riconobbe

    Olimpia è una signora, ormai anziana e non più autosufficiente, ma è stata colei che mi ha preso per mano per guidare i primi passi verso le famiglie ed i bambini che avevano bisogno di sostegno. Don Luigi ed io eravamo soliti chiamarla "la Madre Teresa di Livorno" perché ha donato tutta la sua vita al prossimo. Ha aiutato tutte le famiglie della mia città che le chiedevano aiuto e se non aveva nulla da dare loro contraeva debiti su debiti, chiedeva favori, telefonava nel cuore della notte, andava dal vescovo a piangere e tutto sempre con umiltà, con semplicità, tanto che era impossibile dirle di no. Insegnava e quando a fine mese le veniva dato lo stipendio, in ventiquattro ore lo aveva già speso tutto in parte per sanare i debiti che le famiglie povere avevano fatto in alcuni negozi a suo nome (su sua indicazione), ed in parte per pagare le bollette altrui. Chiaramente passava poi un mese rinunciando spesso anche a mangiare. Molte persone quando la vedevano la assalivano letteralmente perché vedevano in lei la loro unica ancora di salvezza e quando Olimpia non aveva nulla da dare loro, talvolta veniva anche picchiata da chi non capiva perché avesse aiutato altri e non potesse aiutare loro. Andava a giro con biciclette scassatissime che trovava ai cassonetti o che le regalavano, ma che puntualmente le rubavano.
    In Olimpia rivedo Gesù, penso a come si sentisse quando, arrivando in un posto nuovo, veniva riconosciuto e tutti lo "assalivano" per ottenere da Lui un bene materiale come la guarigione.
    Olimpia, seguendo le orme di Gesù, dava denaro e cibo a chi le chiedeva aiuto e non faceva preferenze o distinzioni e supportava tutti coloro che poteva. In cambio dava il suo amore, la sua parola, gli insegnamenti del Vangelo in un modo così naturale e spontaneo che le persone rimanevano affascinate da lei, dalla sua bontà, dalla sua dedizione verso il prossimo. Una volta diventata vecchia e inutile ai loro scopi è stata abbandonata e in pochi oggi la vanno a trovare nell'ospizio ove i suoi parenti l'hanno collocata.
    Quando ci vediamo ha sempre il sorriso, mai una polemica, mai una critica, sempre e solo amore verso il prossimo.
    In questo momento tutti staranno indignandosi perché questa donna, che tanto ha fatto del bene, è stata abbandonata come una scarpa vecchia che non serve più, ma anche noi facciamo così nei confronti di Dio, chiediamo che ci doni tutto ciò di cui crediamo di aver bisogno e una volta ottenuto chiediamo ancora di più, ma appena Gesù ha bisogno di noi, quando ci chiede di donare un po' di amore al prossimo, di accogliere un bambino in affido, di curare le piaghe di un ammalato, di sopportare un parente noioso, di dare una parte di ciò che abbiamo a chi abbia meno di noi ci tiriamo indietro, facciamo finta di non aver sentito o addirittura ci ribelliamo come se ciò che abbiamo ci sia dovuto e chi ha meno si arrangi.
    Vi è dovuta la salute? E perché è un vostro diritto più di quanto non lo sia per coloro che sono ammalati?
    Vi è dovuto un lavoro? E perché è un vostro diritto più di quanto non lo sia per coloro che muoiono di fame?
    E' giusto che vostro figlio sia accudito, amato, rispettato, ben vestito? E perché è un suo diritto più di quanto non lo sia per tanti altri bambini che sono picchiati ogni giorno, vittime di abusi e di pedofili, mandati a spacciare droga a cinque anni oppure a rubare e costretti a procurarsi il cibo nei cassonetti?
    Se voi avete ottenuto tutto questo non è perché siate più bravi di altri, ma solo perché il Buon Dio vi ha fatto nascere in un paese dove tutto sommato si sta bene, in una famiglia che vi ha amato e accudito, con un fisico che per tanti anni ha ben risposto agli stimoli del vostro ottimo cervello.
    Ed allora guardatevi intorno, accendete la televisione, fatevi un giro nei quartieri malfamati delle vostre città e poi ditemi se non siete più fortunati di tanti altri. A casa mia non si chiama "fortuna", ma aiuto divino, provvidenza, amore di Dio e come possiamo essere così ipocriti da continuare a chiedere per noi quando altri hanno mille volte meno di ciò che abbiamo noi?
    Quando eravamo piccini ci veniva insegnato a dividere ciò che avevamo con i nostri fratelli e sorelle. Gli insegnamenti ricevuti da bambini sono preziosi, ma tendiamo a dimenticarcene perché vogliamo sempre più di quanto abbiamo e non solo non ringraziamo Dio per i doni che ci ha elargito, ma spesso bestemmiamo contro di Lui perché non ci concede tutto quello che serve per appagare i nostri desideri.
    Quando morì la mia mamma guardai indietro nella mia vita di ventunenne e mi accorsi di aver avuto tantissimo, che alcuni miei amici avevano perso un genitore anni prima, che alcune loro famiglie erano divise, che alcuni di loro non mangiavano regolarmente o non si potevano permettere tutto ciò che io avevo ed allora capii quanto il Signore era stato buono con me, e se la sofferenza della morte mi aveva colpito non potevo far altro che ringraziare per quello che avevo avuto, che era molto, ma molto di più di quanto non avessero ricevuto moltissime altre persone.
    Andate a trovare Gesù in ospizio, non abbandonatelo, vi ha dato tanto ed oggi è Lui a chiedere qualcosa a voi, non siate sordi alle Sue richieste di aiuto e di amore.

  37.  

    Addì 12 febbraio 2013

    Allora si riunirono attorno a lui i farisei e alcuni degli scribi venuti da Gerusalemme.
    Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani immonde, cioè non lavate -
    i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavate le mani fino al gomito, attenendosi alla tradizione degli antichi,
    e tornando dal mercato non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, stoviglie e oggetti di rame -
    quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani immonde?».
    Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto: Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me.
    Invano essi mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini.
    Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini».
    E aggiungeva: «Siete veramente abili nell'eludere il comandamento di Dio, per osservare la vostra tradizione.
    Mosè infatti disse: Onora tuo padre e tua madre, e chi maledice il padre e la madre sia messo a morte.
    Voi invece andate dicendo: Se uno dichiara al padre o alla madre: è Korbàn, cioè offerta sacra, quello che ti sarebbe dovuto da me,
    non gli permettete più di fare nulla per il padre e la madre,
    annullando così la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte»

    Marco 7,1-13

  38.  

    Siete veramente abili nell'eludere il comandamento di Dio, per osservare la vostra tradizione

    Ci sono nella vita delle cose che sono per noi pietre miliari, capisaldi, dogmi ai quali non si può e non si deve contravvenire.
    Stamani vedevo il titolo di un giornale non propriamente cattolico che diceva "il mondo sotto choc", un cardinale che critica la decisione del Papa dicendo che "dalla croce non si scende". In molti alla notizia delle dimissioni del Papa hanno avuto un tracollo, un dispiacere, un forte dolore, ma quanti di questi hanno pensato a Joseph Ratzinger, alla persona, all'uomo stanco, all'uomo che ha la consapevolezza di non farcela più a fare bene il suo dovere. La Chiesa, forse avrà pensato, ha bisogno di una guida energica, che sappia coinvolgere i giovani. Ottantasei anni per molti sono tanti per andare a cena fuori dai figli, per sopportare le discussioni dei nipotini, per stare sveglio davanti alla tv, pensiamo a quest'uomo cosa sia stato richiesto, quante fatiche, quanti incontri, quante decisioni, quante sofferenze, quante cose nuove da imparare. Lui che è uomo di preghiera, studioso che ha accettato di guidare la Chiesa perché gli è stato richiesto. Non so a quanti sia piaciuto questo Papa, quanti abbiano sentito empatia con lui, specie i giovani, ma sono certo che oggi in molti lo guardano con tenerezza, come un nonno stanco che ha il coraggio di mettersi da parte per il bene dei figli e dei nipoti, che ha la fiera e dolce consapevolezza di non essere al passo con i tempi e per amore del prossimo, della sua stessa Chiesa, decide di lasciare ad altra persona, sicuramente più giovane, questo incarico che per una persona della sua età è assai gravoso.
    Ognuno sa di sé stesso, bene fa lui a lasciare e bene ha fatto Giovanni Paolo Secondo a restare perché le persone erano diverse, perché le condizioni erano diverse. Giovanni Paolo Secondo è stato più amato dai ragazzi quando ha fatto il nonno, quando ha messo a nudo le sue debolezze, quando dava la sua carezza ai tanti giovani accorsi per abbracciarlo e ben volentieri godeva delle loro attenzioni e del loro tifo da stadio.
    Inorridiamo se le tradizioni non vengono rispettate, trasliamo se qualcuno, specie una persona che abbia una carica importante, fa un passo indietro, cambia il corso della storia, ci fermiamo all'apparenza e non guardiamo quale sia il bene per le persone, per il nostro prossimo.
    Che questo grane gesto di amore verso il suo popolo sia di esempio a chi resta ancorato alla poltrona del potere a tutti i costi, che sia per la Chiesa un momento di riflessione e di rinnovamento. Ricordo con affetto il Presidente Ciampi, un uomo che ha fatto il suo dovere di guida in maniera corretta e con tanto affetto per tutti specie per i giovani (a noi è stato molto vicino in una contesa con un ente prendendo le nostre difese), ed alla fine del suo mandato tutti i partiti e buona parte dell'Italia gli ha chiesto di restare, ma lui ha preferito ritirarsi perché le sue forze si erano ridotte lasciando ad altri la guida.
    Ci vuole coraggio a rompere le tradizioni, specie se così radicate, specie da parte di coloro che hanno gli occhi del mondo addosso, ma a volte è giusto e necessario. Ogni tradizione, ogni idea, ogni convinzione deve essere rivista alla luce del rinnovamento, della crescita, del bene comune.

  39.  

    Addì 13 febbraio 2013

    Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli.
    Quando dunque fai l'elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini. In verità vi dico: hanno gia ricevuto la loro ricompensa.
    Quando invece tu fai l'elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra,
    perché la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
    Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno gia ricevuto la loro ricompensa.
    Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
    E quando digiunate, non assumete aria malinconica come gli ipocriti, che si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. In verità vi dico: hanno gia ricevuto la loro ricompensa.
    Tu invece, quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto,
    perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo tuo Padre che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà

    Matteo 6,1-6.16-18

  40.  

    Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati

    Ogni cosa può essere fatta per diverse motivazioni. Se si ha a cuore il bene del prossimo ogni buona opera è praticata non per ricevere ma per dare. Penso che ognuno di noi abbia piacere a sentirsi dire "grazie" o a ricevere un sorriso, ma il ricevere non deve essere mai la motivazione che ci spinge a fare.
    Quante persone lavorano nell'ombra e non ricevono nulla, nemmeno la più piccola delle gratificazioni, anzi sembra quasi che non allearsi ad un partito politico o a qualche ente religioso sia sinonimo di inadeguatezza e tutti ti scansano. In questi giorni stanno venendo a farci visita, su nostro invito, i candidati politici dei vari schieramenti ed in essi cerchiamo l'umanità che è in loro, cerchiamo di vedere al di là della facciata politica che necessariamente devono avere. Ci piace esserci per far conoscere al loro cuore, prima che al loro cervello, le problematiche di tanti bambini maltrattati e non amati, far loro toccare con mano la nostra realtà nella quale i ragazzi sono cresciuti attorniati dall'amore e dall'accudimento a dimostrazione che se si vuole si può fare tanto per gli altri con il minimo sforzo.
    Non è tanto quello che ognuno di noi fa, ma è come lo fa. I politici, come tutti coloro che vengono a conoscerci, hanno tutti le stesse parole di compiacimento e grandi sorrisi, promesse di aiuto laddove sia possibile, propositi di grande affetto ma che a nulla valgono se non vengono messi in pratica. Le motivazioni del loro comportamento e delle loro parole le conosce Dio e sarà Lui a giudicare, a noi spetta accogliere ed invitare tutti per condividere e far conoscere, non altro, il resto spetta a loro. A loro il compito di restare colpiti o meno dalla nostra realtà e prendere spunto per fare qualcosa di concreto per i bambini a qualunque livello possano adoperarsi, dal venire una volta ogni tanto a portarci una carezza al cambiare la legge sull'affido, dalla promozione dell'affidamento familiare alla costruzione di Casa Zizzi.

  41.  

    Addì 14 febbraio 2013

    Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.
    Diceva loro: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe.
    Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi;
    non portate borsa, né bisaccia, né sandali e non salutate nessuno lungo la strada.
    In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa.
    Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi.
    Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l'operaio è degno della sua mercede. Non passate di casa in casa.
    Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo dinanzi,
    curate i malati che vi si trovano, e dite loro: Si è avvicinato a voi il regno di Dio

    Luca 10,1-9

  42.  

    Vi mando come agnelli in mezzo a lupi

    "Agnelli in mezzo ai lupi", quante verità, attuali anche oggi, sono racchiuse in questa frase.
    Innanzitutto la parola "agnelli" ci ricorda come dovrebbe essere una persona che parla a nome del Signore, che semina i Suoi principi, che coltiva la Sua vigna: umile, dolce, tenero, indifeso, consapevole che il suo pastore saprà proteggerlo da ogni pericolo al momento opportuno.
    Ed invece quante volte noi cattolici, io per primo, siamo arroganti, superbi, accidiosi, belligeranti. Quante volte cerchiamo di imporre le nostre idee e se qualcuno non la pensa come noi ci arrabbiamo, chiudiamo il dialogo forti che la nostra verità sia l'unica davanti alla quale tutti devono inginocchiarsi.
    Diciamo che sarebbe un comportamento non giusto, ma tutto sommato umano, ma allora come potremmo attirare verso Gesù chi non crede se ci comportiamo allo stesso modo di coloro ai quali andiamo a parlare? Dio ci chiede di essere umili e dovremmo esserlo già solo per il fatto che sia Lui a dircelo, ma anche per far vedere a chi non crede che Fede significa amore e non guerra, compassione e non disprezzo, perdono e non condanna, dialogo e non monologo, ascolto e non chiusura, accoglienza e non esclusione.
    Chi sono i lupi? Ormai abbiamo capito che il lupo non è cattivo, è una persona che è fiera della sua natura umana, che agisce con l'istinto del predatore nato per cacciare e conquistare. Non cattiveria in lui, ma istinto primordiale, il non aver conosciuto la purezza di quello stesso agnello che vorrebbe mangiarsi, l'Agnello fatto uomo.
    Non dobbiamo insegnare nulla, ma dobbiamo condividere con il lupo il cibo che ci è stato donato, avvicinarsi a lui pian piano senza farci sbranare, con umiltà, riconoscendogli i suoi meriti di forza e di fierezza affinché possano diventare la sua forza non già per avanzare nella catena alimentare, ma per proteggere un bambino, togliere dalla strada un drogato, dare serenità ad un immigrato, proteggere una donna da chi voglia sopraffarla.
    Ricordate il film "Nemo" dove Bruto, lo squalo bianco, cerca di diventare buono, alla fine riuscendoci? Ecco non è impossibile, basta non arrendersi e così molti malavitosi potrebbero redimersi, la storia è piena di persone che hanno commesso crimini orrendi divenute poi grandi santi, San Paolo ne è un grande esempio.
    Compito di ciascun cristiano, come ci chiede il Signore, è quello di farci agnelli e di andare in mezzo ai lupi. Ci avverte che il lavoro è tanto ed agnelli che accettino di calarsi nella tana di chi vorrebbe mangiarli ce ne sono pochi, ma ci rassicura che ci proteggerà e con la nostra Fede non possiamo far altro che accettare l'incarico.
    Non statevene in un angolo, prendete coraggio dalle parole del Vangelo e andate per le strade ad accudire chi abbia bisogno di voi, combattete con la forza della parola e dell'amore le cose che in questo mondo non funzionano, non lasciatevi abbattere se troverete un lupo che vorrà sbranarvi, il Signore lo impedirà.
    Nel nostro cammino di Associazione che dura ormai da ventisei anni abbiamo incontrato tanti lupi che hanno provato ad azzannarci, ma siamo ancora in piedi, ancora vivi, ancora pieni di entusiasmo e molti lupi sono diventati agnelli, molte persone che hanno criticato oggi sono amici che ci aiutano. E' un cammino che non avrà mai fine perché la mamma dei lupi è sempre incinta, ma è un cammino che ogni persona che ha Fede deve compiere durante la breve permanenza su questa terra, nessuno è escluso, tutti siamo chiamati a rimboccarci le maniche per contrastare l'indole famelica del lupo.

  43.  

    Addì 15 febbraio 2013

    Allora gli si accostarono i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché, mentre noi e i farisei digiuniamo, i tuoi discepoli non digiunano?».
    E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto mentre lo sposo è con loro? Verranno però i giorni quando lo sposo sarà loro tolto e allora digiuneranno

    Matteo 9,14-15

  44.  

    Gli si accostarono i discepoli di Giovanni

    Spesso capita che le critiche al nostro operato provengano dalla nostra stessa famiglia, non tanto da chi vive con noi nel quotidiano, ma da chi è vicino a nostro "cugino", ovvero da coloro che si prodigano con amore al prossimo, ma con metodologie diverse dalle nostre, ma non per questo meno efficaci. Di solito le critiche sono relative a quelle situazioni dove chi biasima ha maggiori difficoltà e vede l'altro che arriva d un risultato con meno sacrifici.
    Ecco, il "risultato" è questo e solo questo che dovrebbe contare. Bisognerebbe andare al di là della metodologia se questa è nei limiti dei valori morali comunemente riconosciuti e nel rispetto della legge.
    Ognuno parla della propria esperienza perché è quella che conosce meglio, così nei confronti dell'Associazione che ho fondato e dirigo si sono levate spesso delle critiche, non già dalla "popolazione", nemmeno dalle famiglie i cui bambini sono con noi, bensì da chi opera per il bene, così come cerchiamo di fare noi. Disapprovazioni su aspetti di facciata che per nulla incidono sul buon esito del lavoro svolto, su modalità di approccio e la nostra storia è lì a dimostrarlo, in quanto dopo ventisei anni abbiamo aiutato più di 500 bambini, ne abbiamo attualmente otto in affido che sono bravissimi, altri in diurno, scuole che ci propongono progetti da realizzare insieme, interlocutori attenti alla nostra voglia di migliorare la legge.
    Ai tempi di Gesù, non sapendo dove attaccarlo, lo criticavano sul fatto che i Suoi discepoli non digiunassero, al contrario di quelli di Giovanni.
    Così avviene oggi, si viene criticati per aspetti marginali che per nulla incidono sul buon lavoro svolto dagli uni dagli altri, ma è uno sport nazionale quello di attaccare per il gusto di trovare qualcosa che non va anziché collaborare serenamente per il bene del prossimo.
    Sulla nostra strada abbiamo trovato tante persone che non la pensavano come noi, qualcuno si è allontanato, ma altri hanno cercato un dialogo sui punti che potevamo avere in comune, l'amore per i bambini ad esempio, e su quei valori abbiamo camminato insieme.
    Impariamo tutti a cercare il bene nel prossimo e non il male che spesso è solo secondario. Tutti abbiamo dentro qualcosa di buono da condividere, cerchiamo nell'altro questo qualcosa e valorizziamolo, anziché criticarlo per altri aspetti magari per invidia o gelosia.

  45.  

    Addì 16 febbraio 2013

    Dopo ciò egli uscì e vide un pubblicano di nome Levi seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi!».
    Egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì.
    Poi Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa. C'era una folla di pubblicani e d'altra gente seduta con loro a tavola.
    I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: «Perché mangiate e bevete con i pubblicani e i peccatori?».
    Gesù rispose: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati;
    io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi»

    Luca 5,27-32

  46.  

    Perché mangiate e bevete con i pubblicani e i peccatori?

    Madre Teresa diceva che le nuove missioni sono nell'occidente perché l'uomo si sta allontanando sempre più rapidamente da valori e principi. Sarebbe più facile, per coloro che cercano di aiutare il prossimo, andare in Africa piuttosto che rimanere nella nostra Europa, nella nostra Italia. Dovunque ti giri vedi qualcosa che non va, accendi la televisione e senti parlare di violenze, rapine, omicidi anche per futili motivi. La nostra società ha più attenzione per gli animali che per i bambini, gli anziani vengono messi da parte, gli stranieri trattati come fossero zerbini, molti di coloro che arrivano al potere sono bramosi di avere sempre di più e non si fanno problemi a calpestare chiunque pur di ottenere, la corruzione dilaga ad ogni livello e se non hai delle amicizia importanti non vai avanti, non vengono valutati i meriti ma la forma e quanto altro ancora in questa nostra società malata.
    Si, malata di potere, di soldi, di sesso, di violenza, di razzismo.
    Una malattia legata alla disidratazione da principi. E' difficile ormai trovare qualcuno che in una conversazione parli di amore, rettitudine, meritocrazia, amicizia, solidarietà, altruismo, solidarietà, valori che pian piano vanno scomparendo e di cui cominciamo a perdere memoria come se l'egoismo fosse l'unico principio ispiratore della nostra vita. Tutto è lecito pur di arrivare ad una propria e sempre più esasperata esaltazione della propria persona, ad avere sempre di più e non saper gioire di ciò che abbiamo. Stiamo diventando un popolo di arrabbiati, sospettosi verso tutti, incapaci di dialogare con coloro che non la pensano esattamente come me.
    Siamo malati, ma il problema più grande è che in molti non se ne accorgono e continuano a camminare alla vana ricerca della felicità senza fatica, così si assiste a divorzi, furti, concussioni dove i miei diritti devono essere difesi e quelli degli altri calpestati.
    Malati di un male che non è incurabile e la medicina ha un dolcissimo sapore, quel gusto che si prova quando si comincia a capire che si riceve molto più nel dare che nel pretendere, più nell'amare che nell'essere amati.
    Chi ha ben radicati questi principi non li nasconda agli altri, se ne faccia portavoce, ma non come un censore, uno che punta il dito e urla nelle piazze la sua rabbia verso il mondo, ma come un amico, una pecora in mezzo ai lupi.
    Ecco perché Gesù mangiava e beveva con i pubblicani ed i peccatori, per guarirli e donare loro valori e principi.
    Ecco perché Madre Teresa accettava l'aiuto di malavitosi, per cercare di redimerli chiedendo loro di fare qualcosa per gli altri, in modo che si rendessero conto quanto migliore sarebbe stata la loro vita nel dedicarsi agli altri con amore.
    Ogni giorno è una lotta per chi con onestà voglia aiutare gli altri, chi ti dice che che rubi perché è impossibile che tu voglia dedicare la tua vita al prossimo senza riceverne un guadagno, chi ti dice che maltratti i bambini senza averli nemmeno visti una volta o aver parlato con loro, chi ti dice di andare a lavorare come se l'unica occupazione per vivere fosse quella che porta ad una busta paga o ad una notula, chi ti dice occupati di animali e non di bambini perché sono già senza speranza e saranno sicuramente futuri delinquenti, e quanto altro ancora, quanti insulti, porte chiuse in faccia perché non fai parte del loro "circolo", non sei uno che si conforma all'idea dominante.
    Sarebbe molto più facile andare altrove ad aiutare il prossimo, ma non sono i sani ad aver bisogno del medico, ma i malati.