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  1.  

    Una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci

    Quanta gente incontriamo nella nostra vita, quante persone varcano la soglia delle nostre case, quanti si fermano a dormire con noi con le quali condividiamo pezzi di strada o l’intero nostro cammino. E’ un po’ come andare a pescare con la rete, la caliamo in mare e attendiamo e tanti saranno i pesci che in essa vi entreranno, ma soprattutto saranno di varie specie e diverse dimensioni. Il compito che ci viene richiesto, da Dio per chi ha Fede, dalla natura delle cose per chi non sia credente è quello di catturare l’attenzione del nostro prossimo, parlare loro delle nostre esperienze, dei valori e principi in cui crediamo con lo scopo di propagandarli, condividerli per migliorarsi a vicenda, trasmetterli a chi non li conosca, insegnarli alle generazioni future.
    E’ bellissimo quando due realtà si incontrano, due realtà, come sta avvenendo da noi in questi giorni, che vengono da esperienze molto diverse tra loro nella forma, ma che hanno alla base identici principi, seppur applicati in ambiti e situazioni differenti. Stasera avremo con noi un terzo gruppo, una parrocchia che il Signore ha fatto in modo che incontrassimo in circostanze fortuite e, ne sono certo, ritroveremo gli stessi valori di solidarietà, amicizia, altruismo. E’ con noi da qualche giorno anche un ragazzo musulmano che partecipa molto volentieri ed attivamente alle nostre riunioni ed è bellissimo vedere anche con lui questa identità di vedute perché se noi pesci siamo di forme e colori diversi, siamo tutti pesci che vivono in questo grande mare che è la vita, tutti impegnati a procurarci quel cibo spirituale di cui sentiamo fortemente la necessità per sopravvivere. Chi è razzista, chi pensa che siamo dissimili solo perché abbiamo la pelle di un altro colore, o perché ci piace vestire in un modo piuttosto che in un altro è solo un povero stolto che della vita non ha capito nulla.

  2.  

    Addì 2 agosto 2013

    E venuto nella sua patria insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove mai viene a costui questa sapienza e questi miracoli?
    Non è egli forse il figlio del carpentiere? Sua madre non si chiama Maria e i suoi fratelli Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda?
    E le sue sorelle non sono tutte fra noi? Da dove gli vengono dunque tutte queste cose?».
    E si scandalizzavano per causa sua. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua».
    E non fece molti miracoli a causa della loro incredulità

    Matteo 13,54-58

  3.  

    Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua

    Ci sono persone che vengono chiamate a tenere conferenze, sono considerati grandi uomini e donne, politici di grande fama, ma capita spesso che in seno alla propria famiglia o ad un ristretto gruppo siano addirittura disprezzati, denigrati, talvolta persino odiati per le stesse cose che in altre circostanze li portano a ricevere consensi. Perché accade questo? Perché chi ci è vicino non sempre apprezza le nostre capacità? Perché una moglie o un marito non vedono le doti del coniuge, oppure un figlio quelle dei genitori o i papà e le mamme non sanno riconoscere gli aspetti positivi della propria prole? Credo che la risposta sia dentro di noi, nella nostra natura umana, nell’incapacità a saper apprezzare il bene quando lo abbiamo dinanzi, offuscati dalle piccole cose negative che ritroviamo in ciascuna persona. Chi ci vede dall’esterno riesce ad essere obiettivo e valutare l’aspetto complessivo, tralasciando dettagli che nella quotidianità assumono maggior rilevanza. Non è facile la convivenza, non è facile saper andare oltre certe piccolezze, non è facile far tacere la parte di noi che invidia l’altro. Quanti grandi uomini sono stati uccisi nel corpo o nell’anima da chi più era loro vicino, a partire da Gesù che fu ucciso per le sue idee e tradito da uno dei suoi apostoli, San Francesco odiato dal padre e considerato un pazzo dai suoi conterranei, Padre Pio che a lungo è stato osteggiato dalla stessa Chiesa nella quale era inserito.
    Quanto si soffre di queste situazioni, essere capiti e ascoltati da tanti, ma non essere capiti ed ascoltati da quei pochi che vivono accanto a noi e che amiamo.
    Quanti genitori si ritroveranno in questa situazione, con figli adolescenti pronti a far loro la guerra per delle piccolezze, incapaci di vedere il bene che un genitore vuole loro. Ma anche quanti figli apprezzati dai propri amici, trattati male in casa per un modo di vedere le cose più giovane e senz’altro diverso, ma quasi mai errato.
    Quando ci odieranno, ci perseguiteranno, si scandalizzeranno per quello che facciamo, pensiamo che il bene, prima o poi, troverà un suo sfogo dal quale venir fuori e l’arma sarà sempre e comunque il dialogo, non la lite, l’amore e non l’odio o la vendetta. Se Padre Pio si fosse ribellato, se San Francesco avesse inveito, se Gesù avesse combattuto con la spada, non sarebbero stati grandi uomini capaci di illuminare il cammino di milioni di persone. Lottare per le proprie idee è giusto, ma bisogna farlo con amore, pazienza, serenità, come la goccia che pian piano scava nella roccia

  4.  

    Addì 3 agosto 2013

    In quel tempo il tetrarca Erode ebbe notizia della fama di Gesù.
    Egli disse ai suoi cortigiani: «Costui è Giovanni il Battista risuscitato dai morti; per ciò la potenza dei miracoli opera in lui».
    Erode aveva arrestato Giovanni e lo aveva fatto incatenare e gettare in prigione per causa di Erodìade, moglie di Filippo suo fratello.
    Giovanni infatti gli diceva: «Non ti è lecito tenerla!».
    Benché Erode volesse farlo morire, temeva il popolo perché lo considerava un profeta.
    Venuto il compleanno di Erode, la figlia di Erodìade danzò in pubblico e piacque tanto a Erode
    che egli le promise con giuramento di darle tutto quello che avesse domandato.
    Ed essa, istigata dalla madre, disse: «Dammi qui, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista».
    Il re ne fu contristato, ma a causa del giuramento e dei commensali ordinò che le fosse data
    e mandò a decapitare Giovanni nel carcere.
    La sua testa venne portata su un vassoio e fu data alla fanciulla, ed ella la portò a sua madre.
    I suoi discepoli andarono a prendere il cadavere, lo seppellirono e andarono a informarne Gesù.

    Matteo 14,1-12

  5.  

    Dammi qui, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista

    Di tante cose che possiamo chiedere dalla vita spesso domandiamo il male per altri, ormai con talmente tanta nonchalance da non farci più nemmeno caso. Gli "accidenti a te" si sprecano, "vai a morire te e chi sei" non si contano più, ma spesso siamo proprio lì a desiderare il male per qualcun altro, per il ladro che ci ha rubatola macchina, per l'amante della moglie, per un numero infinito di persone che hanno il torto di aver fatto qualcosa di male ai nostri occhi o, peggio, contro di noi. Non sarebbe meglio vivere in positivo perdonando chi ci ha fatto del male e lasciare a Dio il giudizio su chi e come punire? Non si vivrebbe forse meglio ingoiando un po' di rospi ed evitando di farsi il fegato amaro?
    Erode promise alla figlia di Erodiade, che tanto bene aveva danzato, qualsiasi cosa le avesse chiesto, persino metà del suo regno. Ma ci pensate quanta ricchezza poteva pretendere quella ragazza dal vecchio re? Quanto bene avrebbe potuto fare con tutto quel denaro? Invece cosa chiese? La testa di un sant'uomo come Giovanni Battista, un uomo che aveva l'unica colpa di dire ciò che pensava, senza paura, convinto delle sue idee, un uomo di pace e non di guerra che tanto del bene avrebbe fatto.
    Anche noi spesso perdiamo il lume della ragione e chiediamo a Dio che riservi ad altri tutto il male possibile.
    I ragazzi che arrivano da noi sono spesso pieni di rabbia contro chi ha fatto loro del male, contro la polizia che ha messo i genitori in prigione, contro giudici ed assistenti sociali rei di averli strappati dalle loro famiglie. La prima cosa che cerchiamo di insegnare loro è la pace, la tolleranza, il perdono, indipendentemente dalla Fede perché è solo con l'amore che si può costruire un mondo di pace e un futuro di speranza. Guerra e odio porteranno alla distruzione del mondo esterno e della nostra stessa esistenza.

  6.  

    Addì 4 agosto 2013

    In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di' a mio fratello che divida con me l'eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?».
    E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell'abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».
    Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: "Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così - disse -: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e divertiti!". Ma Dio gli disse: "Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?". Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio»

    Luca 12,13-21

  7.  

    Anche se uno è nell'abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni

    Quanta rabbia mi fa vedere la gente ricca che non divide con gli altri nemmeno le briciole. Non è invidia, ma dispiacere perché se avessi tanto denaro sarebbe per me giusto dividerlo con chi non ne ha, magari gestendolo in modo che non lo sprechino e la sua azione possa essere amplificata la massimo. Forse comprerei degli appartamenti per accogliere tanti bambini, magari una casa grande dove mettere barboni che trovo per strada. Come si fa ad avere dieci, venti, venticinque ville per il gusto di tenerle lì a consumare denaro, per il gusto di aver raggiunto uno status symbol. Avete presente quelle interviste fatte alle persone alle quali chiedono "se vincesse lei il superenalotto, come spenderebbe i tanti soldi del primo premio?" E le risposte sono tutte del tipo "andrei a fare il giro del mondo, smetterai di lavorare, mi comprerei una villa, una barca grandissima, e poi vestiti, gioielli e qualunque altro capriccio mi venga in mente". Mai che abbia sentito dire "ah che bello se vincessi, quanta gente aiuterei, farei questo progetto per i bambini, questo per gli anziani, aiuterei i profughi".
    Ci affanniamo tanto per avere sempre più denaro, e più ne abbiamo e più ne vorremmo. Non c'è limite alla sete di cose materiali da comprare.
    Cosa ne ricaviamo? Sempre maggiori preoccupazioni, ma più che altro la falsa illusione di poter raggiungere la pace, la tranquillità. Ma avete mai visto voi il denaro impedire ad una persona di ammalarsi? Oppure evitare una disgrazia dove un nostro caro muoia? Avete mai osservato il denaro consolarvi quando siete tristi e vi manca un amico, un figlio, un compagno?
    E' un po' come se il denaro fosse lo smog e noi, ormai assuefatti a questa cortina, ci immergiamo sempre più in esso, senza renderci conto che se ci allontanassimo da esso ci avvicineremmo all'aria più pulita. Destinando il nostro denaro alle persone che più ne hanno bisogno traiamo ossigeno per noi oltre che per loro, ripuliamo l'aria della nostra anima e potremo un giorno presentarci con le vesti meno sporche davanti a Dio.

  8.  

    Addì 5 agosto 2013

    In quel tempo, avendo udito [della morte di Giovanni Battista], Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte.
    Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati.
    Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui».
    E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla.
    Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini

    Matteo 14,13-21

  9.  

    Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte

    Spesso veniamo vinti dalla stanchezza e l'unica cosa che desideriamo è quella di isolarci e prenderci un attimo di pausa. Quando mi capita mi sento egoista perché le cose da fare sono tantissime e le persone attorno a me continuano a correre e lavorare, ma per far bene una cosa occorre riprendere fiato per essere in ottima forma al fine di affrontare ogni difficoltà, impegno e fatica.
    Ma non sempre riposarsi è possibile, a volte quando ti isoli c'è sempre qualcuno che viene a cercarti, a chiederti qualcosa, a prendere un po' di affetto o di attenzioni, a sfogarsi con te.
    Mi viene a mente l'immagine delle leonesse nel deserto, vinte dalla fatica dopo la caccia, accaldate dal sole africano che si riposano sotto uno dei pochi alberi, ma il relax dura poco perché i loro cuccioli reclamano attenzioni e vanno a mordere quando un orecchio, quando una zampa o saltano sulle pance. E' un momento bellissimo quando la madre realizza che non è possibile riposarsi e acconsente a giocare con loro.
    Dobbiamo prendere esempio da quello sguardo, cogliere la gioia che i nostri ragazzi ci danno ed anche se una sera ci viene da piangere o, come diceva la mia mamma "rotolarsi per la terra", raccogliere le forze e andare avanti.
    Facile? No davvero, ma questo ci richiede la vita, questo necessitano i nostri figli.
    Quanti papà e mamme abbandonano i figli per seguire i propri interessi, stanchi della routine, della quotidianità, in cerca di un po' di riposo, ignari del dolore che provocano ai propri bambini.

  10.  

    Addì 6 agosto 2013

    In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare.
    Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme.
    Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui.
    Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che diceva.
    Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!».
    Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto

    Luca 9,28-36

  11.  

    Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto

    Carlo Carretto, il fondatore della comunità di Spello, diceva che dobbiamo fare deserto dentro noi. Ci sono dei momenti nella vita in cui è necessario fermarsi un attimo, che siano pause nella giornata o periodi nella nostra esistenza. Attimi di riflessione, di dialogo con Dio per coloro che hanno Fede, di riscoperta di sé stessi. Siamo presi da una vita frenetica che non ci permette di capire a volte nemmeno la direzione verso la quale siamo lanciati, episodi della vita che cambiano il nostro modo di pensare talvolta ci sfuggono solo perché non siamo in grado di fermarci per capirli in pieno. Non occorre avere il tempo di fermarsi, si può fare deserto dentro noi anche nella frenesia della quotidianità. Quante volte abbiamo dei tempi morti, mentre in autobus o metropolitana andiamo sul posto di lavoro, momenti in cui ci sentiamo costretti a impiegare il tempo in qualche modo, leggendo il giornale, ascoltando la musica, consultando il tablet o il cellulare, momenti in cui potremmo guardare dentro di noi o, per chi ha Fede, pregare. Se ci capita di farlo il nostro pensiero viene subito distratto dallo zingaro che chiede l’elemosina, magari destinandogli una pesante critica, o dalla donnina accanto a noi che racconta i fatti di casa sua. Dobbiamo imparare a fare deserto, ad evitare che ciò che ci circonda, almeno ogni tanto nella giornata, possa distrarci dai nostri pensieri ed eventualmente dalle nostre preghiere. Madre Teresa, che di tempo libero non ne aveva per aver dedicato la sua vita al prossimo, amava raccontare che quando si recava in visita a qualcuno lo faceva andandoci a piedi, sia perché nel camminare faceva ginnastica tenendo in forma il suo fisico, sia perché aveva il tempo di pregare, tanto che quando le domandavano quanta distanza ci fosse tra un posto ed un altro rispondeva che c’erano tot rosari. Se vogliamo troviamo sempre il tempo di fare tutto, ma purtroppo spesso evitiamo sia di pregare, sia di guardare dentro di noi o perché troppo difficile o troppo doloroso e preferiamo andare avanti senza pensare troppo, senza pregare, senza farci troppi problemi e viviamo spesso una vita di superficialità, o almeno un’esistenza chiusa nel nostro piccolo mondo costituito dalla cerchia di amici e familiari che ciò siamo costruiti, ignari del mondo esterno, se non osservando il semplice strato esteriore, un po’ come i telegiornali che danno la notizia di una strage e tre secondi dopo parlano del festival della canzone delle nozze del tal giocatore. Impariamo a fermarci, a fare deserto dentro di noi, a riflettere e la qualità della nostra vita e di coloro che incontreremo sul nostro percorso ne trarrà un grandissimo vantaggio. Chi ha Fede in Dio trovi il momento, anche mentre gioca, lavora, viaggia di pregare, di chiedere al Signore la forza per affrontare le difficoltà che ognuno di noi è chiamato a sopportare

  12.  

    Addì 7 agosto 2013

    Partito di là, Gesù si diresse verso le parti di Tiro e Sidone.
    Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quelle regioni, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide. Mia figlia è crudelmente tormentata da un demonio».
    Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i discepoli gli si accostarono implorando: «Esaudiscila, vedi come ci grida dietro».
    Ma egli rispose: «Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele».
    Ma quella venne e si prostrò dinanzi a lui dicendo: «Signore, aiutami!».
    Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini».
    «E' vero, Signore, disse la donna, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni».
    Allora Gesù le replicò: «Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri». E da quell'istante sua figlia fu guarita

    Matteo 15,21-28

  13.  

    Davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri

    Nel massimo rispetto per chi non crede in Dio, devo dire che devo qualunque cosa io abbia fatto nella vita di positivo l'ho fatta per Fede. Questo non significa non sbagliare, ma vuole anche dire tenacia anche davanti ai problemi che possano apparire insormontabili perché so che dove non arrivo io, ci pensa Dio.
    Non è la ricerca di assistenzialismo, bensì il gettarsi in un'impresa con tutte le nostre forze sapendo di avere come alleato il Signore. Per qualcuno chi ha Fede è un pazzo scatenato che parla con un amico immaginario, ma i pazzi che hanno Fede riescono laddove molti falliscono. Ovviamente non parlo di me o dell'Associazione, fondarla e portarla avanti non è stata cosa difficile, parlo di uomini e donne che hanno dato la loro vita per salvare qualcuno, penso a Madre Teresa che con la Fede sgretolava i muri di una cultura arcaica, a papa Woytila che ha abbattuto il muro di Berlino, a Papa Francesco che sta cambiando il volto della Chiesa.
    Basta pregare per ottenere, purché non ci si stanchi, non si smetta mai di chiedere con l'umiltà di chi sa di avere tanti limiti che possono essere facilmente superabili da Dio, ma anche con la gioia per un insuccesso con la consapevolezza che se non siamo stati esauditi c'è comunque un motivo.

  14.  

    Addì 8 agosto 2013

    In quel tempo, essendo giunto Gesù nella regione di Cesarèa di Filippo, chiese ai suoi discepoli: «La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?».
    Risposero: «Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti».
    Disse loro: «Voi chi dite che io sia?».
    Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».
    E Gesù: «Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli.
    E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa.
    A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».
    Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.
    Da allora Gesù cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno.
    Ma Pietro lo trasse in disparte e cominciò a protestare dicendo: «Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai».
    Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!»

    Matteo 16,13-23

  15.  

    Voi chi dite che io sia?

    Due sere fa ho chiesto ai ragazzi chi fosse per loro Gesù. Le prime risposte sono state "Creatore", "Maestro", "Padre", ma poi si è fatta larga fra tutte la parola "Amico" e si è aperta la discussione serale. In questo periodo abbiamo tanti bambini piccoli e preadolescenti e non sempre è facile creare interesse, ma alla parola "Amico" i loro occhi si sono illuminati. Non un Dio severo e serio, ma una "Persona" con la quale possiamo anche ridere e scherzare, condividere momenti di gioia, lasciarsi consolare e perdonare, arrabbiarsi per poi fare pace, camminare insieme. Una domenica siamo stati ad una messa di una parrocchia vicina alla nostra, da un sacerdote africano che avevamo conosciuto qualche mese fa. I ragazzi sono tornati allibiti ed entusiasti perché hanno visto una celebrazione strana, fatta di canti con i tamburelli suonati dalle donnine anziane, di coinvolgimento durante l'omelia con battute e domande, interessamento e spiegazioni per chi non avesse capito, una celebrazione lontana dagli stereotipi tradizionali, gli stessi che allontanano tanti giovani. Papa Giovanni Paolo II ci ha fatto capire che se vogliamo che i ragazzi si avvicinino a Dio si deve parlare il loro linguaggio fatto di suoni, colori, allegria. Dio è un amico e con un amico si ride e si scherza, così come si parla di cose serie. Oggi purtroppo in molte parrocchie si fa fatica ad allontanarci dal carattere serioso, ma credo che si debba tutti quanti camminare in altra direzione se vogliamo far conoscere Dio ai giovani.

  16.  

    Addì 9 agosto 2013

    Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo.
    Cinque di esse erano stolte e cinque sagge;
    le stolte presero le lampade, ma non presero con sé olio;
    le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell'olio in piccoli vasi.
    Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono.
    A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro!
    Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade.
    E le stolte dissero alle sagge: Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono.
    Ma le sagge risposero: No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene.
    Ora, mentre quelle andavano per comprare l'olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa.
    Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, aprici!
    Ma egli rispose: In verità vi dico: non vi conosco.
    Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora

    Matteo 25,1-13

  17.  

    Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora

    Quando andiamo a cena la sera in campagna non è mai prima delle 22.oo e presto rinfresca. I bimbi arrivano sempre in pantaloncini corte e magliettina, ma durante il pasto si lamentano che hanno freddo. Quante volte diciamo loro prima di cena di prendere una felpa o una maglietta a maniche lunghe, ma loro sentono caldo e non riescono ad immaginare che potrebbero avere freddo entro poco. Nemmeno l'esperienza del giorno prima li porta ad essere previdenti.
    Sono bambini, ma così facciamo anche noi. Sappiamo che il denaro non fa la felicità, che sono ben altri i valori, da accumulare per avere un Tesoro nel cuore delle persone e, per chi ha Fede, in Paradiso nel cuore di Dio, ma pensiamo che questa volta sia diverso, che quei soldi mi possano servire per essere più felice, ed ogni volta ci sbattiamo la testa. Quante liti per questioni di denaro, anche tra parenti ed amici, davanti ai soldi non esiste altro per tantissime persone.
    Perché continuiamo a sbagliare come fanno i bambini? Perché non essere previdenti e portare a cena una felpettina nel caso poi facesse freddo? Perché non dare risalto a valori come la solidarietà, l'altruismo, la pace, l'accoglienza, il rispetto, l'amore, la tolleranza, il perdono? Perché siamo stolti, perché pensiamo di essere superiori, di poter gestire la nostra vita.
    Ogni nostra azione avrà un risvolto e se ci comportiamo da egoisti troveremo tante porte chiuse un giorno, se saremo intolleranti o razzisti qualcuno ci metterà da parte, se non daremo amore ed abuseremo del prossimo troveremo chi prenderà in giro noi. Lo sappiamo, ma facciamo finta di nulla.
    Ai miei ragazzi ogni sera ripeto "prendete la felpina", così Dio ogni giorno ci ripete "comportatevi bene che il la vita potrebbe cambiare da un momento all'altro o anche finire in un attimo. Non stanchiamoci di ripetere ai nostri figli di essere previdenti, di studiare, di non fare stupidaggini troppo grosse di cui si pentiranno per tutta la vita, e cerchiamo noi per primi di ascoltare la voce di Dio e camminare sulla strada dell'amore verso il prossimo.

  18.  

    Addì 10 agosto 2013

    In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.
    Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna.
    Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà

    Giovanni 12,24-26

  19.  

    Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto

    Ogni cosa che ci accade può essere vista da due lati, quello positivo e quello negativo. Se infatti arrivano degli ospiti in casa si può pensare al lavoro in più che ci aspetta, ma si può anche vedere la condivisione e l’arricchimento che quell’incontro produce. Se ci donano uno strumento che non ci necessita possiamo pensare che è un oggetto inutile e metterlo da parte, così come invece cercare di capirne il funzionamento ed imparare qualcosa di nuovo. Se arriva un bimbo in più per le vacanze estive in casa nostra potremmo pensare alla fine della tranquillità raggiunta, oppure alla gioia di essere chiamati a dare amore ad un bambino in più. Ai ragazzi ho sempre cercato di insegnare che la strada più difficile solitamente quella più giusta e la migliore per il futuro nostro e degli altri, infatti saremmo liberi di non accogliere ospiti o bambini, ma rimarremmo chiusi in noi stessi, non potremmo condividere le gioie della vita, non daremmo agli altri ciò che di buono abbiamo dentro, non potremmo sperare di cambiare il mondo. Restare nella tranquillità, non prender un bambino in affido significa non avere troppi problemi, ma parimenti ci impedisce di provare gioie ed emozioni che non potremo provare in nessun altro modo. Se andate a giocare alla roulette e puntate sul rosso o sul nero avete il cinquanta per cento di possibilità di avere successo, ma guadagnerete molto poco, se invece puntate il numero pieno potrete vincere tantissimo. Nella vita il rosso o il nero rappresentano il poco interagire con le persone, il sacrificarsi il meno possibile, il lasciarsi poco coinvolgere dai sentimenti. Il numero pieno può essere l’accoglienza di un ragazzo molto problematico o cerebroleso, oppure il partire per una missione lasciando ogni cosa. Non siamo forse tutti pronti a fare scelte così radicali, ma potremmo cominciare a puntare sulla colonna, o magari sulla sestina dove il rischio di insuccesso non è altissimo ed il guadagno abbastanza soddisfacente, ovvero accogliere un bambino in affido, dedicare un po’ del proprio tempo o delle proprie ferie agli altri, donare una parola gentile a chi incontriamo per la strada. Magari non andremmo mai a giocare alla roulette, ma qualche volta ci viene richiesto di giocare ed allora non tiriamoci indietro, facciamo la scelta giusta, abbandoniamo un pochino della nostra egoistica tranquillità e diamo un po’ di energia a chi troviamo sul tavolo verde della vita

  20.  

    Addì 11 agosto 2013

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
    «Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno.
    Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.
    Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito.
    Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!
    Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
    Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?».
    Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi.
    Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli.
    Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche.
    A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più»

    Luca 12,32-48

  21.  

    A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto

    A volte alcuni ragazzi e taluni volontari che entrano in contatto con noi ci chiedono come mai siamo più severi con un bimbo piuttosto che con un altro. Non è usare un peso e due misure perché taluni sono in grado di apprendere prima di altri e dispiace vedere che chi ha tante capacità, chi ha ricevuto un grande dono lo sprechi in maniera sconsiderata. Il bambino che non studia perché non ne ha voglia pur avendone le capacità fa più arrabbiare di colui che, pur mettendo impegno nello studio, non riesce a prendere buoni voti. Ci sono dei bambini che capiscono benissimo cosa significhi essere generosi perché quando li guardi fanno passare avanti gli altri e sono disponibili ad aiutare il prossimo, ma appena distogli lo sguardo da loro devono primeggiare ed avere il meglio per sé stessi. Questi bimbi fanno maggiormente arrabbiare rispetto a chi invece non ha nulla dalla vita e magari viene da noi solo per un breve periodo di vacanza, cercando di ottenere per sé più cose ed affetto possibile. E’ un po’ come avere delle responsabilità importanti in un’azienda ed un alto stipendio, per un suo errore gli sarà comminata una pena severa, specialmente perché lo sbagliare è causa di danno a molte persone, come nel caso di fallimento dell’azienda stessa con molte persone che perdono il lavoro. A chi invece ha poche responsabilità, poco verrà richiesto.

  22.  

    Addì 12 agosto 2013

    Mentre si trovavano insieme in Galilea, Gesù disse loro: «Il Figlio dell'uomo sta per esser consegnato nelle mani degli uomini
    e lo uccideranno, ma il terzo giorno risorgerà». Ed essi furono molto rattristati.
    Venuti a Cafarnao, si avvicinarono a Pietro gli esattori della tassa per il tempio e gli dissero: «Il vostro maestro non paga la tassa per il tempio?».
    Rispose: «Sì». Mentre entrava in casa, Gesù lo prevenne dicendo: «Che cosa ti pare, Simone? I re di questa terra da chi riscuotono le tasse e i tributi? Dai propri figli o dagli altri?».
    Rispose: «Dagli estranei». E Gesù: «Quindi i figli sono esenti.
    Ma perché non si scandalizzino, va al mare, getta l'amo e il primo pesce che viene prendilo, aprigli la bocca e vi troverai una moneta d'argento. Prendila e consegnala a loro per me e per te»

    Matteo 17,22-27

  23.  

    Essi furono molto rattristati

    Con i ragazzi siamo costretti a ripetere le cose diverse volte prima che le capiscano e ne comprendano il valore. Ogni volta che diamo loro una punizione non ne sono felici, ma pian piano iniziano a capire e ad accettare. Vediamo che quando un bambino arriva da noi per la prima volta, spesso si hanno reazioni anche aggressive o esagerate davanti ad una regola non rispettata, ma pian piano le cose cambiano e cominciano ad accettare per fiducia ciò che viene loro richiesto. Questo non vuol dire cambiare, ma iniziare a capire e sopratutto ad accettare un modo di vedere le cose diverso da come erano abituati.
    Molti bambini, diventati grandi, ridono insieme a noi su dei comportamenti negativi che avevano in passato e osservano i nuovi con i loro piccoli errori, provano anche loro a parlarci, a spiegare quanto sarebbe facile accettare da subito e che ciò che viene detto è per il loro bene. Ma la crescita è un qualcosa di lungo e spesso doloroso, un filtro attraverso dobbiamo passare tutti.
    Anche un adulto deve essere pronto a mettersi continuamente in discussione, a vedere il mondo da più posizioni.
    Così è un cammino di Fede, dove è giusto rattristarsi per i nostri errori, ma parimenti accettare un modo diverso di vedere la vita, un modo che ci porta a gioire della morte terrena, a non pensare a noi, a perdonare anche coloro che si sono macchiati di un qualche crimine.

  24.  

    Addì 13 agosto 2013

    In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli?».
    Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse:
    «In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli.
    Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli.
    E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me.
    Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli.
    Che ve ne pare? Se un uomo ha cento pecore e ne smarrisce una, non lascerà forse le novantanove sui monti, per andare in cerca di quella perduta?
    Se gli riesce di trovarla, in verità vi dico, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite.
    Così il Padre vostro celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli

    Matteo 18,1-5.10.12-14

  25.  

    Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me

    I più deboli, i feriti, gli abbandonati, i maltrattati, i violentati sono le persone che hanno bisogno del nostro aiuto, comprensione, affetto, accudimento, ma quando è un bambino ad essere violentato dai propri genitori, abbandonato a sé stesso, maltrattato ogni giorno l’aiuto che dobbiamo dargli non deve essere a scappa tempo ma totale perché un bambino è indifeso, non ha ancora sviluppato l’esperienza necessaria per spiegarsi certi comportamenti, non ha fatto delle scelte che lo hanno portato in brutte situazioni. L’accoglienza di un bambino in affido non solo è necessaria per evitare drammi e il perpetrarsi di brutte situazioni di generazione in generazione, ma è un dovere di tutti noi che oggi, qualunque sia stato il nostro passato, possiamo gioire perché la nostra vita è grossomodo tranquilla. Un dovere verso l’umanità e per chi ha Fede verso Dio.
    Una frase bellissima del Vangelo dice “Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli” e non accogliere significa disprezzare perché ci si priva della felicità di apprezzare un bambino, di dargli quello di cui i nostri figli possono godere a piene mani ogni giorno, spesso in situazioni di abbondanza eccessiva e di vizio perenne. Ci sono tanti modi di accogliere e di apprezzare poiché esistono tante situazioni diverse, come la presenza di figli piccoli o di altri problemi familiari che possano impedire un’accoglienza fisica di un ragazzo, ma anche promuovere l’affido pur non praticandolo, far conoscere certe realtà ognuno utilizzando i propri mezzi e le conoscenze a disposizione è un grande aiuto a tanti bambini che oggi soffrono per i tanti abusi o privazioni che devono subire quotidianamente. Anche chi oggi non è in grado di aprire le porte della propria casa fisicamente, dovrebbe comunque mettersi in cammino verso l’affidamento e puntare all’accoglienza. Ho conosciuto tante persone che non immaginavano nemmeno che nella nostra bella Italia potessero esistere situazioni di così grande degrado e men che mai capivano l’idea dell’affidamento, ma una volta toccata con mano una certa realtà hanno aperto gli occhi e hanno cominciato a pensare ad un aiuto più concreto di questi bambini mettendo da parte paure, incertezze ed egoismo per aprire le porte del cuore a questi piccoli i cui angeli vedono sempre la faccia di Dio.

  26.  

    Addì 14 agosto 2013

    Se il tuo fratello commette una colpa, và e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello;
    se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni.
    Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all'assemblea; e se non ascolterà neanche l'assemblea, sia per te come un pagano e un pubblicano.
    In verità vi dico: tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo.
    In verità vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà.
    Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro»

    Matteo 18,15-20

  27.  

    Se il tuo fratello commette una colpa

    Non siamo chiamati a giudicare le persone, ma siamo tenuti a criticare le azioni che secondo noi non vanno bene.
    Una critica costruttiva, fatta con amore, ma una critica che sia come una goccia che possa scavare la roccia. Una critica fatta innanzitutto in un dialogo a due dando la possibilità all'altro di spiegarsi. Se poi ognuno resta delle proprie posizioni è bene cercare aiuto da altri che ci conoscano bene e possano dire la loro. Se anche così non si addiviene ad un accordo è opportuno parlarne alla comunità cui si appartiene, sia essa la famiglia allargata, piuttosto che una serie di volontari più assidui in un'associazione, oppure nel contesto parrocchiale o altri gruppi dove alla base si presume debba esserci amore e dialogo. Se davanti alla stessa critica ripetuta da più persone, il nostro fratello non si convince dell'errore dobbiamo trattarlo come uno che sbaglia perché evidentemente le nostre parole non sono servite a molto. Questo non significa abbandonarlo a sé stesso, ma cercare una strada nuova per aiutarlo, una strada che abbini al dialogo qualche altro strumento. Con i ragazzi che non vogliono capire la critica fatta con amore da un genitore, che non ascoltino nemmeno gli amici, che non accettino il rimprovero nemmeno dagli altri parenti, scattano le punizioni perché per noi sanare l'errore di un nostro fratello, di un nostro figlio, deve essere fondamentale e, come Gesù non perde mai la speranza nei nostri confronti, nemmeno noi possiamo lasciar perdere un nostro fratello, amico, figlio fin tanto che non abbia capito dove stia sbagliando

  28.  

    Addì 15 agosto 2013

    In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda.
    Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta.
    Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo
    ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!
    A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?
    Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo.
    E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore».
    Allora Maria disse: «L'anima mia magnifica il Signore
    e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
    perché ha guardato l'umiltà della sua serva.
    D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
    Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente
    e Santo è il suo nome:
    di generazione in generazione la sua misericordia
    si stende su quelli che lo temono.
    Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
    ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili;
    ha ricolmato di beni gli affamati,
    ha rimandato a mani vuote i ricchi.
    Ha soccorso Israele, suo servo,
    ricordandosi della sua misericordia ».
    come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre».
    Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua

    Luca 1,39-56

  29.  

    L'anima mia magnifica il Signore

    Non passa giorno in cui non ringrazi Dio per tutto ciò che mi ha donato e spesso ripeto ai miei ragazzi di guardarsi intorno. Purtroppo siamo sempre annebbiati da quello che hanno gli altri per poter assaporare ciò che abbiamo, troppo tristi per i problemi che incombono per accorgersi di quanta gioia possediamo, troppo impegnati per essere grati a Dio o alla vita (se non credete) per capacitarsi di quanto ci è stato donato.
    I problemi ci sono e talvolta sono grandi, come la morte di una persona cara, una malattia, la perdita della casa o del lavoro, ma se pensiamo che la morte fa parte della vita, che le malattie arrivano a tutti prima o poi, che nella maggior parte del mondo la povertà è talmente grande che pensare di avere una casa è come per noi sperare di andare un giorno su Marte. Avremo comunque sempre un motivo per piangerci addosso perché il bicchiere della vita lo possiamo vedere mezzo pieno o mezzo vuoto. E allora perché non godersi quello che di bello abbiamo, o abbiamo avuto? Se sorridiamo alla vita, anche la vita ci sorriderà. Se prendiamo con filosofia ogni nostro pensiero tornerà la gioia nei nostri cuori che, seppur provati, trafitti, feriti, sono sempre il centro dei nostri sentimenti. Se vi muore una persona cara pensate a quanto vi abbia dato e a quanto le sue parole ed insegnamenti vi saranno utili nella vita. Se mi avessero chiesto "cosa preferisci, avere una mamma per ventuno anni e poi perderla, oppure non averla per non soffrire della sua mancanza?" Avrei scelto di averla perché la vita è fatta di momenti vissuti e momenti da ricordare e rivivere attraverso gli altri. E' il principio dell'affido. In molti scelgono di mettere la testa sotto la sabbia ed evitare di accogliere un bambino per la paura di una sofferenza quando il bimbo tornerà a casa, ma io dico a gran voce che è meglio gioire un giorno e patire una vita intera, piuttosto che non gioire. Non c'è bimbo di coloro che ho avuto in affido che non ricordi con amore, anche quelli più difficili, perché cerco nella memoria la parte bella del rapporto, la gioia che ci ha dato, l'amore che ha provato, i cambiamenti che ha fatto, la nuova strada che anche grazie a noi ha potuto intraprendere e questo mi da tanta felicità. La parte triste di ogni esperienza umana la metto da parte ed è ogni volta superata dalla parte gioiosa. Così davanti alla perdita di un lavoro dico che per un po' ho lavorato e che avrò più tempo libero per aiutare il prossimo (quante associazioni sarebbero felici di dare vitto e alloggio in cambio di lavoro) nell'attesa di trovare un altro impiego; davanti alla perdita di una persona cara dico che ho gioito per la sua presenza; dinanzi alla malattia dico che sono stato comunque sano fino ad oggi e che in molti nascono con problemi di salute già molto gravi ed hanno comunque sempre un bel sorriso stampato sul volto.
    La Madonna quando seppe della nascita di Gesù fu felice e gioì grata a Dio per il grande dono che le aveva fatto, al pari di ogni donna al quale nasce un figlio, ed accettò sin dall'inizio la volontà del Signore, qualunque essa fosse, al pari di ogni donna che mette al mondo un bambino, consapevole che prima o poi potrebbe morire, ammalarsi, prendere una brutta strada, ma non per questo rinuncerà alla sua maternità, non per questo dovremmo rinunciare ad accogliere un bambino in casa anche se sappiamo che potrebbe un giorno andarsene, al pari di ogni nostro figlio.

  30.  

    Addì 16 agosto 2013

    Allora gli si avvicinarono alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: «E' lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?».
    Ed egli rispose: «Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse:
    Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola
    Così che non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi».
    Gli obiettarono: «Perché allora Mosè ha ordinato di darle l'atto di ripudio e mandarla via?».
    Rispose loro Gesù: «Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così.
    Perciò io vi dico: Chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato, e ne sposa un'altra commette adulterio».
    Gli dissero i discepoli: «Se questa è la condizione dell'uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi».
    Egli rispose loro: «Non tutti possono capirlo, ma solo coloro ai quali è stato concesso.
    Vi sono infatti eunuchi che sono nati così dal ventre della madre; ve ne sono alcuni che sono stati resi eunuchi dagli uomini, e vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca»

    Matteo 19,3-12

  31.  

    Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola

    Quando cresciamo e da ragazzi ci trasformiamo in uomini e donne abbiamo il desiderio di creare una nostra famiglia, una realtà che ci appartenga ed alla quale appartenere, trovare quell'amore che sia diverso dal bene che proviamo per papà, mamma, fratelli, un amore grande. In molti pensano che questo amore sia necessariamente per un partner, per una persona sola con la quale poi fare dei figli e vivere fino alla vecchiaia. Purtroppo l'esperienza ci insegna che questo sogno spesso si trasforma in incubo e le separazioni sono sempre più numerose con figli che soffrono e situazioni che talvolta arrivano a toccare limiti orribili.
    Ci sono però amori e scelte di vita che, pur non essendo canonici e usuali, sono meravigliosi.
    Ventisette anni fa ho fatto la mia scelta, ho abbracciato "anima e core" l'Associazione che insieme a Roberta ho fondato. Abbiamo camminato tanto, fatto sacrifici, pianto lacrime amare, sorriso con gusto, gioito per tanti successi e sofferto per le sconfitte, al pari di qualsiasi altra famiglia, solo un po' più allargata.
    Sono passati dalle nostre braccia tanti bambini, tanti figli. Nostri? Non nostri? E quale è la differenza? Una persona non ci appartiene, nemmeno se a generarla è stato il nostro ventre. Figli che il Signore, in un modo o in un altro ci ha voluto inviare, che hanno riempito i nostri cuori con le loro risate. Bambini che sono cresciuti, che hanno fatto le loro scelte, che hanno preso la loro strada, che hanno lasciato il posto ad altri che bussavano alle porte del nostro cuore.
    Si può essere famiglia sia che siamo in due, sia che siamo in cento, l'importante è amarsi, costruire un rapporto basato sulla fiducia, sull'amore, sul rispetto, sulla solidarietà.
    In casa nostra questo si respira e sono tante le persone che ce lo dicono, ma non è merito di nessuno in particolare, se non di tutti nel loro insieme perché famiglia significa essere uniti, essere una cosa sola, condividere e questo da noi accade.
    Sono felice della mia scelta fatta tanti anni fa e non la cambierei per niente al mondo perché nonostante la stanchezza, nonostante i pensieri e le preoccupazioni, tutto il resto è amore.

  32.  

    Addì 17 agosto 2013

    Allora gli furono portati dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li sgridavano.
    Gesù però disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, perché di questi è il regno dei cieli».
    E dopo avere imposto loro le mani, se ne partì

    Matteo 19,13-15

  33.  

    I discepoli li sgridavano

    A volte perdiamo di vista le cose importanti e di sostanza per inseguire una correttezza che spesso è solo formale. Molte persone si sposano, mettono su famiglia, un bambino, due bambini. Lavoriamo per mantenere questo nuovo nucleo, poi pian piano si inizia a lavorare sempre più per inseguire sogni più ampi, si cerca di trovare il tempo per fare più cose, tutto in nome della famiglia. Ci mettiamo al computer per scrivere una relazione e lavoriamo anche da casa, e quando i figli si avvicinano li sgridiamo perché ci lascino finire in pace il lavoro che stiamo facendo che è una cosa importante. E’ questo il momento in cui dovremmo domandarci cosa sia davvero importante nella vita. Il lavoro è necessario, ma davvero conta più di un figlio che vuole giocare, che ha bisogno di una carezza, della nostra presenza? Davvero lavorare così tanto è fondamentale? Davvero avere più soldi per andare in vacanza, comprare abiti più belli per i bambini, avere leccornie succulente e gustose è vitale per i figli?
    Sono certo che ognuno di noi sia in buona fede quando si mette a lavorare a testa bassa e non vede nulla e nessuno, sono certo che la grande fatica che facciamo è per dare sempre più alla nostra famiglia, ma siamo certi che questo sia quello di cui i bambini hanno bisogno? Non sarebbe meglio lavorare di meno per dedicare più tempo a giocare con i nostri ragazzi, parlare con loro, condividere uno sport?
    Gesù stesso nel Vangelo ci insegna a non mandare via i bambini, a cercare la loro compagnia, a dare loro carezze e sorrisi e che nulla e nessuno è più importante di un bambino.
    Accogliete i vostri figli, aprite loro la porta del vostro cuore rinunciando ad un po’ di lavoro o ad un po’ del vostro tempo libero, accogliete in casa quei bambini i cui genitori hanno allontanato perché troppo presi dai propri problemi per accorgersi del grande valore che questi cuccioli d’uomo rappresentano.

  34.  

    Addì 18 agosto 2013

    Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse gia acceso!
    C'è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto!
    Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione.
    D'ora innanzi in una casa di cinque persone
    si divideranno tre contro due e due contro tre; padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera»

    Luca 12,49-53

  35.  

    C'è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto!

    Quando ci caliamo in un'impresa importante, quando crediamo in quello che facciamo e con costanza decidiamo di portarlo a termine siamo tesi e preoccupati perché vorremmo che tutto fosse perfetto, desiderosi di vedere il risultato finale, ansiosi per i sacrifici che dovremo sopportare. A me capita per ogni iniziativa che facciamo con l'Associazione e paradossalmente ogni volta non vedo l'ora che tutto sia finito.
    Quanta ansia nel mettere su famiglia, nel portare avanti un'Associazione, nel gestire un'azienda quando si fa tutto con il cuore, pensando ai figli, alle persone che accudiamo, ai dipendenti che contano su di noi per vivere. Abbiamo un peso, una responsabilità e non vogliamo esserne privati, è la nostra scelta di vita, ma pensiamo al futuro, viviamo con il timore che qualcosa possa danneggiare l'ingranaggio che abbiamo pazientemente costruito giorno dopo giorno, con la paura che qualcosa possa incepparsi e danneggiare le persone alle quali abbiamo donato la nostra vita, quelle stesse persone che hanno bisogno di noi per crescere, per camminare, per creare una propria famiglia. Quanti ho visto trasformarsi da ragazzi scavezzacollo, capaci di pensare solo a divertirsi, a papà e mamme responsabili il cui unico scopo di vita sia soltanto il bene dei propri figli e della propria famiglia, ma pini di ansie e preoccupazioni per il futuro, tanto da aspettare trepidanti il momento in cui i figli si sposino, si sistemino, acquisiscano quella tranquillità economica per poter camminare con le proprie gambe. Anzi, di più, pensano a lasciar loro un'eredità, rinunciando anche in vecchiaia a spendere un euro di troppo. Dove è amore più grande di questo? Dedicare la nostra vita alle persone che il Signore ha voluto donarci.
    Gesù stesso era parte di un disegno per lasciare a tutta l'umanità una grande eredità. Si può credere che sia Figlio di Dio, oppure un uomo qualsiasi, ma è certo che è morto donandoci un modo diverso di affrontare la vita. La morale comunemente accettata deriva dal Vangelo e prima della venuta di Gesù non esisteva. Pensate alla vendetta, all'amore per i bambini, alla solidarietà verso chi soffriva e tanto altro ancora. Tutto è cambiato per noi figli grazie al sacrificio di Gesù

  36.  

    Addì 19 agosto 2013

    Ed ecco un tale gli si avvicinò e gli disse: «Maestro, che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?».
    Egli rispose: «Perché mi interroghi su ciò che è buono? Uno solo è buono. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti».
    Ed egli chiese: «Quali?». Gesù rispose: «Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso,
    onora il padre e la madre, ama il prossimo tuo come te stesso».
    Il giovane gli disse: «Ho sempre osservato tutte queste cose; che mi manca ancora?».
    Gli disse Gesù: «Se vuoi essere perfetto, và, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi».
    Udito questo, il giovane se ne andò triste; poiché aveva molte ricchezze

    Matteo 19,16-22

  37.  

    Ho sempre osservato tutte queste cose; che mi manca ancora?

    Ci domandiamo spesso quale ricetta dobbiamo adottare per mangiare bene, quale per avere successo, quale per avere un bel fisico, ma poco ci preoccupiamo di cosa dovremmo fare essere brave persone. Ci accontentiamo di quello che siamo e ci culliamo sul fatto che esista qualcuno peggiore di noi, che i nostri errori sono piccola cosa rispetto a quelli degli altri e spesso ci ergiamo come giudici supremi. Puntiamo il dito su coloro che sbagliano, ma non ci preoccupiamo di cambiare noi. Sarebbe opportuno se riempissimo la nostra vita di specchi e guardassimo gli altri attraverso di essi sovrapponendo la nostra immagine alla loro. Ci accorgeremmo che se diciamo ad uno "stupido" la nostra parte di scemenza sarebbe maggiore, così se diciamo "brutto" oppure "grasso" o "casinista". Se anche fosse che uno abbia alcune doti meno di noi, state certi che nel complesso vedremmo che non ci sarebbe differenza, se non addirittura che l'ago della bilancia penda a nostro sfavore. Ci riteniamo migliori, ci auto aduliamo, parliamo dei successi e nascondiamo i fiaschi, ci facciamo grandi con le nostre poche doti e nascondiamo i nostri tanti difetti. Che mondo migliore sarebbe se ognuno di noi imparasse l'autocritica, confidando negli altri, specie in coloro che abbiamo vicino e che ci vogliono bene, e cominciasse a cambiare anche e specialmente nei punti dove non reputa di essere in torto, quegli stessi punti che però altri ci indicano come sbagliati.
    Non possiamo dire io sono onesto, non uccido nessuno, non tradisco il coniuge, sono un bravo genitore o un bravo figlio e quindi sono "bravo" anche se poi non amo il prossimo come me stesso, se vado in cerca della ricchezza, del lusso, del mangiare bene e abbondante. Se una persona ha fatto mille sacrifici, dove è scritto che sia "arrivata", che non debba fare più sforzi per migliorarsi?
    Siamo tutti in cammino e tutti dobbiamo innanzitutto fermarsi un attimo a riflettere, prendere le persone di cui abbiamo fiducia e chiedere loro "cosa c'è che non va in me?" ed accettare il loro aiuto, il loro stimolo a cambiare.
    Non sarà facile, ma è necessario per essere più belli dentro, per dare di più agli altri, per essere maggiormente apprezzati, stimati, amati e sopratutto per dare il buon esempio a coloro che guardano a noi come una luce da seguire, come i nostri figli.
    Per essere bravi genitori dobbiamo continuamente migliorarci, e se pur non arriveremo alla perfezione faremo vedere lo sforzo concreto e continuo che mettiamo nel cambiare, i sacrifici che dobbiamo affrontare. Che senso ha dire ad un ragazzo "dimagrisci" se siamo i primi a ingrassare? Oppure ad un altro sii fedele alla tua ragazza se siamo i primi a flirtare con ogni donna che conosciamo?
    Molte persone si sono allontanate dalla religione cristiana proprio per questo, perché noi cattolici, io per primo, diciamo tante belle cose, predichiamo valori e principi meravigliosi, ma raramente facciamo ciò che diciamo.
    Ghandi diceva "se voi cristiani metteste in pratica il Vangelo, saremmo tutti cristiani"

  38.  

    Addì 20 agosto 2013

    Gesù allora disse ai suoi discepoli: «In verità vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli.
    Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli».
    A queste parole i discepoli rimasero costernati e chiesero: «Chi si potrà dunque salvare?».
    E Gesù, fissando su di loro lo sguardo, disse: «Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile».
    Allora Pietro prendendo la parola disse: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne otterremo?».
    E Gesù disse loro: «In verità vi dico: voi che mi avete seguito, nella nuova creazione, quando il Figlio dell'uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele.
    Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna.
    Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi»

    Matteo 19,23-30

  39.  

    Noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne otterremo?

    Tutti i giorni sperimentiamo che per ottenere bisogna rinunciare a qualcosa. Se compri del cibo ti devi privare del denaro, se vuoi andare bene a scuola devi rinunciare a trascorrere del tempo con gli amici, se vuoi avere una famiglia devi rinunciare a parte della tua libertà, se vuoi un figlio devi rinunciare a diverse serate a cena fuori. E' facile quando si tocca dal vivo, quando con una mano diamo qualcosa e con l'altra prendiamo, ma spesso la vita ci richiede un salto nel buio, ci richiede di dare, e non poco talvolta, senza avere la prova di poter ricevere. In questi casi, ci si deve fidare del nostro istinto, ma si cammina a tentoni, spaventati ed insicuri perché per quanto possiamo essere forti e decisi, il dubbio se tutto andrà bene resta forte in noi perché siamo imperfetti. Pensate a chi decide di lasciare un buon posto di lavoro per fondare una sua azienda investendo i risparmi di una vita. Quanti direbbero "mi tengo il mio posto sicuro che mi permette poco, ma mi garantisce un futuro, una sopravvivenza", ma coloro che invece decidono di rischiare avranno la possibilità di avere grandissime soddisfazioni. In questi frangenti la forza della Fede è fortissima. Ho visto persone abbandonare tutte le agiatezze per seguire il Vangelo, per andare in missione in paesi del terzo mondo mosse da una promessa che Gesù ci fa "Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna"
    Se più persone avessero il coraggio di buttarsi senza troppi tentennamenti, avremmo un mondo migliore. Penso in particolar modo all'affido, ma non solo, anche all'aiuto verso chiunque necessita del nostro supporto, della nostra solidarietà. Quante volte infatti siamo tentati di dare una mano a qualcuno, ma prontamente ci tiriamo indietro per timore che la nostra vita possa cambiare, che quella persona possa darci qualche problema, che un bambino accolto possa sconvolgere la nostra vita in senso negativo. Ed allora è meglio non fare, non prendere un bambino in affido, non fermarsi a parlare con il barbone, non fare un sorriso ad uno zingaro al semaforo, non andare a trovare un anziano in ospedale, non fare una telefonata a chi ha perduto una persona cara.
    Il rischio è il sale della vita e chi ha il coraggio di rischiare vedrà centuplicati i suoi sforzi.
    Io e Roberta siamo un esempio di questa grazia che Dio ci concede. Siamo andati contro le nostre famiglie, contro i nostri amici per seguire un'idea. Abbiamo rinunciato alla nostra bella vita non sapendo cosa ci aspettasse, ma fidandoci ciecamente delle parole pronunciate dal Signore, ed oggi abbiamo un'altra vita, più bella di quella precedente, con tanti più amici, amici veri che si avvicinano a noi non perché abbiamo una bella casa o conosciamo persone importanti, non perché siamo ricchi o vestiamo alla modo, ma perché condividono i nostri ideali e vogliono fare un pezzo di strada insieme a noi.
    Pensate che sia tutto rose e fiori? No, è una battaglia continua, una grande stanchezza, un dolore costante, ma è niente in confronto a ciò che riceviamo. Basta un successo, un ragazzo che ti dice "grazie per il bene che mi vuoi", il vedere che gli insegnamenti sono stati recepiti e tutto il resto si dissolve come neve al sole, pronti a ricominciare con più lena di prima.
    Rinunciate a ciò che avete ed otterrete molto, ma molto di più.

  40.  

    Addì 21 agosto 2013

    «Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna.
    Accordatosi con loro per un denaro al giorno, li mandò nella sua vigna.
    Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano sulla piazza disoccupati
    e disse loro: Andate anche voi nella mia vigna; quello che è giusto ve lo darò. Ed essi andarono.
    Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre e fece altrettanto.
    Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano là e disse loro: Perché ve ne state qui tutto il giorno oziosi?
    Gli risposero: Perché nessuno ci ha presi a giornata. Ed egli disse loro: Andate anche voi nella mia vigna.
    Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: Chiama gli operai e dà loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi.
    Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro.
    Quando arrivarono i primi, pensavano che avrebbero ricevuto di più. Ma anch'essi ricevettero un denaro per ciascuno.
    Nel ritirarlo però, mormoravano contro il padrone dicendo:
    Questi ultimi hanno lavorato un'ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo.
    Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse convenuto con me per un denaro?
    Prendi il tuo e vattene; ma io voglio dare anche a quest'ultimo quanto a te.
    Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?
    Così gli ultimi saranno primi, e i primi ultimi»

    Matteo 20,1-16a

  41.  

    Non posso fare delle mie cose quello che voglio?

    Invidia, gelosia sono lo smog della nostra vita inquinano i nostri sentimenti e la capacita di ragionare in maniera obiettiva.
    Ci facciamo prendere da quello che gli occhi ci suggeriscono, da ciò che elaboriamo al primo istante.
    Vi è mai capitato di incontrare una persona per la strada, squadrarla e averla già giudicata? Io lo facevo spesso quando ero ragazzo e mi basavo, logicamente, solo su aspetti esteriori, su stereotipi, come la lunghezza dei capelli, il modo di vestire, la camminata, la parlata, l'orecchino o il tatuaggio. Nel corso della vita ho anche io subito molte volte il giudizio del prossimo legato alla prima impressione, e ci ho sofferto molto. Pian piano ho capito che la cosa era sbagliata e come dispiaceva a me subire certi apprezzamenti, sicuramente dispiaceva anche ad altri. Ho cominciato così a valutare le persone, non a giudicarle, per quello che avevano dentro, per le loro idee, sentimenti, principi.
    Se forse in molti, maturando, arrivano a capire che certi giudizi superficiali non sono giusti, purtroppo in tanti si lasciano guidare dall'invidia. Quante volte le persone pretendono la primizia dall'altro, vogliono a tutti i costi essere al primo posto, avere di più di quanto viene dato loro. Se un nostro amico esce con me, non deve uscire con altri. Non voglio dividerlo con nessuno, ma sopratutto non voglio che altri ricevano più di me, magari perché io c'ero prima, oppure perché mi aveva promesso di venire in vacanza e porta con sé qualcuno conosciuto da poco. Si chiama invidia, gelosia e rovina i rapporti, distrugge quanto di bello si è costruito in un rapporto, è un tarlo che riduce pian piano la nostra anima ad un colabrodo.
    Se un genitore promette al figlio che se prenderà tutti otto a scuola lo porterà in vacanza in un posto meraviglioso, poi promette ad un altro che lo porterà nello stesso posto se prenderà tutti sette, e ad un terzo prometterà di portarlo nel medesimo luogo se dovesse prendere tutti sei. Il giorno che partiranno per le vacanze il primo potrebbe pensare di dover avere qualcosa di più degli altri che sono stati promossi con voti minori, ma questo si chiama gelosia e invidia. Se due persone rispettano i patti perché guardare agli accordi che quella persona ha preso con altri? E' un po' come se passando per la strada vedeste un povero che chiede l'elemosina e gli date un euro, poi ne vedete un altro e gli date cinque euro, un altro ancora e gli donate dieci euro. Con ciò che è vostro potete fare ciò che volete, avrete avuto le vostre ragioni, eppure quanta invidia perché uno ha ricevuto più degli altri.
    Guardiamo sempre a chi ha più di noi e pensiamo sempre che non sia giusto perché noi c'eravamo prima, perché siamo più meritevoli, perché abbiamo lavorato di più, perché siamo più belli, più divertenti, più sportivi e la lista potrebbe continuare.

  42.  

    Addì 22 agosto 2013

    Gesù riprese a parlar loro in parabole e disse:
    «Il regno dei cieli è simile a un re che fece un banchetto di nozze per suo figlio.
    Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non vollero venire.
    Di nuovo mandò altri servi a dire: Ecco ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e i miei animali ingrassati sono gia macellati e tutto è pronto; venite alle nozze.
    Ma costoro non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari;
    altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero.
    Allora il re si indignò e, mandate le sue truppe, uccise quegli assassini e diede alle fiamme la loro città.
    Poi disse ai suoi servi: Il banchetto nuziale è pronto, ma gli invitati non ne erano degni;
    andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze.
    Usciti nelle strade, quei servi raccolsero quanti ne trovarono, buoni e cattivi, e la sala si riempì di commensali.
    Il re entrò per vedere i commensali e, scorto un tale che non indossava l'abito nuziale,
    gli disse: Amico, come hai potuto entrare qui senz'abito nuziale? Ed egli ammutolì.
    Allora il re ordinò ai servi: Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti.
    Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti»

    Matteo 22,1-14

  43.  

    Molti sono chiamati, ma pochi eletti

    Chi nella vita non ha mai trovato nella cassetta della posta un volantino o una lettera di una qualche associazione che si occupa di bambini, tossicodipendenti, missioni in Africa? Chi non ha mai visto una pubblicità in televisione o sui muri della propria città nella quale venissero cercati volontari per aiutare il prossimo? Chi non ha mai conosciuto almeno una persona che dedichi parte del proprio tempo a soccorrere i più sfortunati? Ogni sollecitazione in tal senso, ogni volta che ci troviamo di fronte un povero, un bambino abbandonato, un immigrato in cerca di un posto dove stare è come se venisse richiesto il nostro aiuto. Per chi ha Fede questo qualcuno si chiama Dio, per chi non crede è la vita, il destino. Chiamatelo un po' come vi pare, ma una cosa è certa, ogni sollecitazione è una chiamata. Non parlo di richieste di soldi, parlo di richieste di mettersi in gioco, di rimboccarsi le maniche per operare sul campo. Come ci rimanete voi se chiamate vostro figlio e questi non risponde? Come vi sentite se lo chiamate per educarlo, per indicargli un percorso utile e buono per la sua vita e lui, pur sentendo, fa l'indifferente?
    Ecco, chiunque sia a chiamarci, si sentirà così ogni volta che faremo orecchie da mercante. Il Signore (la vita o il destino per chi non crede) ci ha donato tanto, sicuramente di più di quanto abbiano coloro che si rivolgono a noi, e con quale coraggio possiamo voltar loro le spalle? Eppure è una cosa quotidiana. Non passa giorno che rifiutiamo di aiutare qualcuno. Le richieste sono tantissime e non possiamo dar retta a tutti, ma almeno una persona, almeno un'associazione, almeno una causa abbiamo il dovere morale di seguirla.
    Non siate sordi alle richieste di aiuto che arrivano oggi perché domani per qualcuno potrebbe essere troppo tardi. Basta ascoltare il telegiornale per capire quante siano le tragedie legate alla disperazione alla quale si abbandonano le persone che non sono aiutate da nessuno.

  44.  

    Addì 23 agosto 2013

    Allora i farisei, udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme
    e uno di loro, un dottore della legge, lo interrogò per metterlo alla prova:
    «Maestro, qual è il più grande comandamento della legge?».
    Gli rispose: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente.
    Questo è il più grande e il primo dei comandamenti.
    E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso.
    Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti»

    Matteo 22,34-40

  45.  

    Amerai il prossimo tuo come te stesso

    Mi ha colpito una frase di Richter “Donare a chi ci ama è gioia, ma donare a chi ci odia è amore”, e quale dono c’è più grande se non quello di donare sé stessi per il prossimo? Spesso sento dire “non sono portato per fare il missionario, per prendere un bambino in affido, per fare volontariato, per accudire un anziano, per andare in ospedale a trovare un malato”. Posso capire che una persona si possa sentire più motivata verso una certa categoria di persone piuttosto che verso un’altra, ma purtroppo in molti con il dire “non sono portato” si creano una scusa per non fare. Quanti bambini sono venuti in estate da noi, la maggior parte non sapeva nuotare e quando provavo ad insegnare loro si mettevano a piangere o dicevano “non sono portato per il nuoto”. E’ bastato insistere un poco, magari con il gioco, oppure suscitando in loro il naturale spirito si competizione, per vederli, entro poco tempo, restare a galla nell’acqua alta e persino, in certi casi, andare sott’acqua e chiedere di fare il sub.
    Non siamo portati è una frase che non dovrebbe esistere nel nostro vocabolario perché per nostra stessa natura siamo in grado di fare tutto. Non siamo ipocriti e diciamoci piuttosto la verità “questa cosa non mi piace” oppure “non mi importa e non la voglio fare”, sarebbe almeno un vagito di onestà. Quante coppie potrebbero prendere un bambino in affido perché ne hanno buone competenze genitoriali, una buona famiglia, dei figli ai quali insegnare l’accoglienza, una casa, un reddito, eppure “non si sentono portati”verso l’affido, non se la sentono di avere un bambino in casa che faccia parte di un’altra famiglia, non sono in grado di gestire il lutto dovuto ad un rientro nella famiglia naturale, non sono pronti a interagire con i servizi sociali o con i genitori del bambino. Non sono portati, o piuttosto non vogliono prendersi la briga di dover affrontare certe situazioni, di complicarsi la vita, di affrontare qualche problema ed un po’ di sofferenza, come poi se l’affido si riducesse solo a questo, come se non ci fosse l’amore dei ragazzi, la soddisfazioni di vederli crescere e sperare per loro in un futuro migliore da quello che avevano davanti prima di conoscere noi, la gioia di dare un esempio forte e concreto a quelle coppie che ancora tentennano. La verità è che in molti pensano a sé stessi, pensano a difendere la propria tranquillità. Pensate al Davide di Michelangelo o a qualsiasi altra bellissima scultura che da secoli delizia i nostri occhi e fa palpitare il cuore di molti, pensate se Michelangelo avesse guardato quel pezzo di marmo e avesse detto “troppo lavoro, chi me lo fa fare, lasciamo le cose come stanno”, quel marmo ora sarebbe uno dei tanti pezzi, magari ancora attaccato alla montagna originaria, oppure ridotto in polvere, pensate come l’amore di Michelangelo l’abbia trasformato. Ecco, ognuno di noi è chiamato a prendere martello e scalpello, armarsi di pazienza e amore e lavorare sulla pietra grezza trasformandola in un’opera d’arte. E se non tutti possono essere bravi scultori, almeno siano bravi pittori capaci di creare un bel quadro, falegnami intenti a produrre bellissime strutture, idraulici in grado di creare giochi d’acqua nelle fontane, elettricisti apprezzati per il susseguirsi di luci colorate predisposte per una grande festa. Non tutti possiamo scolpire un bambino, ma ognuno può fare con la propria arte un capolavoro e accudire un anziano, far visita ad un carcerato, dare da man giare ad un povero, basta volerlo. Il problema è che siamo spesso troppo infingardi per rimboccarci le maniche e iniziare a far uscire dai nostri cuori la nostra arte, peccato perché ognuno di noi potrebbe fare molto e lasciare al mondo opere assai più belle del Davide di Michelangelo, più belle perché andrebbero a scolpire i cuori di tanti per farli diventare persone in grado a loro volta di amare.

  46.  

    Addì 24 agosto 2013

    Filippo incontrò Natanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazaret».
    Natanaèle esclamò: «Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi».
    Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c'è falsità».
    Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto il fico».
    Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d'Israele!».
    Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto il fico, credi? Vedrai cose maggiori di queste!».
    Poi gli disse: «In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell'uomo»

    Giovanni 1,45-51

  47.  

    Vedrai cose maggiori di queste!

    A volte ci stupiamo se vediamo un qualcosa di strano o di grande, pensiamo che non ci possa essere nulla di maggiore. I bambini nei confronti dell'adulto sono un po' come noi nei confronti di Dio, piccoli e incapaci di capire oltre la nostra statura, la nostra limitata esperienza di vita. Se un bambino lo porti su un canotto a fare un giro davanti allo stabilimento balneare sarà meravigliato e felice per quel giro, magari però il padre ha già programmato per lui una gita su un bellissimo yacht di un amico per fare il giro delle Antille. La meraviglia del bambino sul canotto è simile al nostro stupore davanti ai miracoli della vita, quei miracoli per i quali giustamente ringraziamo Dio per il dono che ci ha fatto, ma questa Fede, questo essere grati, questa gioia ci porteranno a vedere cose ben più grandi, cose che nemmeno possiamo immaginare lontanamente, basta avere fiducia e restare in attesa.
    Quando io e Roberta abbiamo fondato l'Associazione "Amici della Zizzi" lo si fece per dare un vestito alle attività che già facevamo con i ragazzi, una credibilità per poterci presentare a chi voleva dare una mano ai bambini e alle famiglie che accudivamo e mai avremmo pensato che sarebbe cresciuta così come è oggi. Ma abbiamo lasciato fare al Signore, non abbiamo messo limiti alla Provvidenza, abbiamo pianto per gli insuccessi e riso per le tante gioie, ma non ci siamo mai arresi, nemmeno quando la stanchezza prendeva il sopravvento. Non mi stancherò mai di ripetere ai miei ragazzi che nulla è impossibile, basta solo avere Fede e se ciò che desideriamo è cosa giusta sarà Dio a metterla in atto. Ancora oggi, dopo ventisette anni di attività con l'Associazione, ancora mi stupisco di ogni successo, di ogni momento di crescita, di ogni persona che viene a darci un aiuto o una carezza, mi stupisco e ne provo un'enorme gioia perché è la continua conferma della presenza di Gesù nella nostra vita.
    Gioite anche voi di ciò che vi viene dato, prendete ogni giorno, ogni respiro, ogni camminata come un dono ed esultate guardando verso l'alto.
    Non c'è stanchezza che non sarà ripagata, desiderio che non verrà appagato, tristezza che non verrà trasformata in gioia.
    Non so quale futuro il Signore ci abbia riservato, se crescere ancora e aiutare tanti altri bambini, oppure interrompere il nostro cammino un giorno. Quello che so per certo è che mi impegnerò con tutte le forze ad andare avanti, con costanza e determinazione, ma certo che se l'Associazione è opera di Dio andrà avanti e produrrà molto frutto, nonostante i miei mille difetti e limiti.

  48.  

    Addì 25 agosto 2013

    Passava per città e villaggi, insegnando, mentre camminava verso Gerusalemme.
    Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Rispose:
    «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno.
    Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: Signore, aprici. Ma egli vi risponderà: Non vi conosco, non so di dove siete.
    Allora comincerete a dire: Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze.
    Ma egli dichiarerà: Vi dico che non so di dove siete. Allontanatevi da me voi tutti operatori d'iniquità!
    Là ci sarà pianto e stridore di denti quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio e voi cacciati fuori.
    Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio.
    Ed ecco, ci sono alcuni tra gli ultimi che saranno primi e alcuni tra i primi che saranno ultimi»

    Luca 13,22-30

  49.  

    Alcuni tra gli ultimi che saranno primi e alcuni tra i primi che saranno ultimi

    Quanta competizione c’è tra i bambini, tra i ragazzi. Quando giocano li osservo spesso da lontano e vogliono primeggiare su tutto, persino chi arriva primo a tavola, o chi si lava per primo, o chi ha una tal cosa migliore dell’altro. Cercano di primeggiare per farsi vedere dagli altri, spesso dagli adulti, dalle maestre. Si mettono in mostra indossando un vestito piuttosto che un altro e rivaleggiano su aspetti poco importanti per l’adulto. Quale insegnante darà un bel voto ad un ragazzo perché ha il vestito più costoso, quale genitore premierà un figlio perché ha vinto una partita a monopoli con il fratello, quale allenatore farà entrare in partita il bambino con le scarpe da gioco più nuove? Un adulto guarda a ben altre cose, non alla forma, ma alla sostanza, allo studio, al comportamento, all’allenamento, però il bimbo continua imperterrito nella sua gara legata all’esteriorità. Perché? Sostanzialmente perché è un bambino e non ha l’esperienza di vedere oltre, quindi preferisce cercare la compagnia degli amici piuttosto che studiare poiché ne trae maggior soddisfazione nell’immediato. Compito dell’adulto è insegnare al bimbo che deve guardare più avanti, deve costruire il suo futuro non tralasciando il divertimento, ma ritagliandosi una fetta importante di tempo per imparare. Non si impara rivaleggiando, non si impara cercando sempre di essere primi, di sorpassare il prossimo, altrimenti saremo troppo presi dalla gara, dalla competizione per poter fare bene un percorso di vita. E’ come se guidando pigiassimo sempre sull’acceleratore per sorpassare tutti, perdendo così la possibilità di imparare a guidare bene tralasciando il bel paesaggio che un lungo viaggio può regalarci.
    Noi siamo come bambini davanti a Dio che ci dice di non rivaleggiare tra noi, di guardare alle cose di sostanza e non alle forme, di curarci del nostro futuro, delle nostre anime. Però noi preferiamo essere primi, preferiamo primeggiare su tutto, avere la macchina più bella, il cellulare appena uscito, persino il figlio più intelligente e sventoliamo queste nostre presunte doti a tutti.
    Non vi risulta antipatico il bambino che vi dice in continuazione “il mio disegno è il più bello”, “vinco sempre io a qualunque gioco”, ah come so far bene io questa cosa”? Non vi da fastidio il bambino che quando c’è da prendere una fetta di cocomero a cena deve essere il primo, oppure quello che spinge gli altri bambini per salire sempre per primo sullo scivolo, o quello che si vanta con voi tingendosi di ridicolo? Pensate che anche Dio ci vede un po’ antipatici quando anche noi ci comportiamo nello stesso modo cercando di essere sempre primi, quando siamo egoisti, quando siamo incapaci di rinunciare a qualcosa per favorire qualcun altro.
    Il Signore ci avverte “beati gli ultimi perché saranno primi”, in quanto il Suo giudizio sarà ben diverso da quello al quale ci siamo abituati e chi per tutta la vita è stato nell’ombra con umiltà, lasciando passare avanti gli altri verrà messo ai primi posti. Chi invece ha cercato sempre di essere un passo avanti agli altri, verrà posto nell’ultima fila. Quando siamo invitati ad una cena con tante persone a quale posto ci sediamo? Nei posti migliori, o nell’ombra? Immaginatevi che vergogna se sedendovi al primo posto vi venga richiesto dal padrone di casa di spostarvi; mentre se scegliete il posto peggiore, pensate che soddisfazione se il padrone di casa vi faccia alzare per darvi un posto migliore. Agli occhi di Dio è primo chi è ultimo e ultimo chi sia primo. Ritroviamo Gesù nel povero, nell’emarginato, nel bisognoso, nel bambino abbandonato, persone alle quali nulla importa se sei ricco, se hai una bella macchina, una villa, uno yacht, bei vestiti, o se godi dell’amicizia di politici potenti o personaggi famosi. Per loro conta la tua capacità di amarli, di mettersi al loro livello, di servirli, di aiutarli nelle piccole cose quotidiane. Per loro sarà molto più importante il povero disoccupato che li accudisce, piuttosto che il ricco manager che passa da una riunione all’altra senza avere il tempo neppure per uno sguardo

  50.  

    Addì 26 agosto 2013

    Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti agli uomini; perché così voi non vi entrate, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrarci .
    Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo proselito e, ottenutolo, lo rendete figlio della Geenna il doppio di voi.
    Guai a voi, guide cieche, che dite: Se si giura per il tempio non vale, ma se si giura per l'oro del tempio si è obbligati.
    Stolti e ciechi: che cosa è più grande, l'oro o il tempio che rende sacro l'oro?
    E dite ancora: Se si giura per l'altare non vale, ma se si giura per l'offerta che vi sta sopra, si resta obbligati.
    Ciechi! Che cosa è più grande, l'offerta o l'altare che rende sacra l'offerta?
    Ebbene, chi giura per l'altare, giura per l'altare e per quanto vi sta sopra;
    e chi giura per il tempio, giura per il tempio e per Colui che l'abita.
    E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi è assiso

    Matteo 23,13-22