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  1.  

    Genealogia

    Le radici di ognuno di noi sono importantissime per capire chi siamo da dove veniamo, per darci un'identità che ci distingua dagli altri, per un senso di appartenenza. Come è bello avere i nonni che ti raccontano dei loro genitori e dei loro nonni trasportandomi in una parte della storia che appartiene solo a te, alla tua famiglia. E' meraviglioso sentir parlare i genitori di quando erano piccoli, dei giochi che facevano, guardare le vecchie foto di famiglia. In occasioni particolari, come a Natale, è stupendo riunirsi, ritrovare quel calore che solo la famiglia può darti. Ricordo i pranzi nella casa della zia Rachele con lo zio Emanuele e la zia Rosanna ed il cugino Edoardo, i biscugini da Roma, nonno Vincenzo e nonna Bianca a tavola con noi e nonna Rosina nella stanza vicina che pur malata faceva sentire la sua presenza con la zia Rachele che l'accudiva costantemente con tanto amore. Ognuno di noi ha le sue radici, radici importanti per noi perché ci appartengono.
    Immaginate un bambino che non abbia una famiglia alle spalle, o che abbia solo cose da dimenticare, una mamma o un babbo che lo violentavano, fratelli che sparivano in affidamento o in adozione, tanti uomini o donne nel letto dei genitori, polizia in casa, Natali come giorni qualsiasi tutti da dimenticare, nonni inesistenti in lite continua con i genitori. Come si può crescere bene senza radici? Senza esempi positivi, senza racconti attorno ad una tavola imbandita, senza sane discussioni e serene rappacificazioni per amore della famiglia.
    Eppure ci sono tanti, tantissimi bambini che vivono questa situazione tutti i giorni, bimbi che nel giro di pochi anni saranno a loro volta genitori che violenteranno i propri figli, li picchieranno, non li ameranno.
    Non vi ribolle il sangue al pensiero che voi avete un passato, con alti e bassi, una famiglia alle spalle che vi ama, vi sostiene e tanti altri non hanno nemmeno un sorriso per anni e anni?
    Se le radici non ci sono, si possono però creare, possiamo essere noi il primo capostipite per questi ragazzi, far vedere loro che le famiglie buone esistono e si comportano in un certo modo, i nostri nonni possono essere i loro nonni, gli zii, i cugini si possono condividere con loro. Dare un passato ai ragazzi, far sì che si sentano parte di un progetto li renderà migliori, darà loro la possibilità di crescere pensando ad una famiglia da costruire sulle fondamenta che gli abbiamo dato. Anche i loro veri genitori sono visti con gli occhi del perdono, come una fetta malata del loro passato, ma una fetta che può essere guarita, sanato o al limite accettata perché anch'essa facente parte di quelle radici sulle quali costruire la grande casa per il loro futuro, almeno per tenere in considerazione le cose negative da non ripetere.
    L'affidamento è tutto questo, accogliere un bambino in casa, dargli solide basi, donargli nonni, zii, cugini e tanto amore e coccole per passare Natali sereni, Pasque gioiose, vacanze estive divertenti e spensierate, una quotidianità all'insegna dell'accudimento e della crescita, aiutandoli a recuperare la parte sana della loro famiglia nella speranza di riuscire a rinsaldare i rapporti tra loro, in modo che abbiano alle spalle un insieme di persone, tra la famiglia naturale e quella affidataria, che gli vogliano bene e che alberghino nei ricordi di quando grandi ripenseranno ai momenti felici della loro vita da bambini.

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  2.  

    Addì 18 dicembre 2012

    Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo.
    Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto.
    Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo.
    Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
    Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
    Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi.
    Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa

    Matteo 1,18-24

  3.  

    Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore

    Le nostre giornate sono composte da ore di sonno ed ore di veglia, così anche la nostra vita è costellata da momenti di assopimento ed altri di risveglio. Come è normale dormire durante una giornata, è umano trascorrere momenti della nostra vita in cui ci rilassiamo, non affrontiamo i problemi, pensiamo alle soluzioni più semplici perché più rapide e meno dolorose, ma in questi momenti di relativo relax c'è sempre una vocina che ci punzecchia, che ci richiama al nostro dovere che ci incita a fare la cosa giusta, che ci suggerisce soluzioni inimmaginabili un attimo primo, che ci mostra quale sarà lo scenario possibile per il nostro futuro. Per chi ha Fede quella vocina è Dio, altri possono chiamarla coscienza o intuizione, ma la sostanza non cambia: siamo chiamati a fare la cosa giusta.
    Quante volte vi sarà capitato di fare qualcosa già sapendo che non sarebbe stato un bene, dal passare con il rosso all'abortire, dal litigare con una persona al chiedere il divorzio. Scelte che una volta fatte non ti permettono di tornare indietro. Se passi con il rosso causando un incidente, se abortisci uccidendo la tua creatura, se litighi creando un dissapore, se divorzi ferendo i tuoi figli avrai un peso sulla coscienza a vita, un marchio indelebile che proverai in tutti i modi a rimediare, ma sarà sempre un tatuaggio scolpito a fuoco nella tua anima. A volte basta un attimo per sbagliare, l'impulso di arrivare prima, l'idea di una vita difficile con un figlio in più, la rabbia per una banalità, la non sopportazione di alcune insignificanti abitudini, ma basta anche un attimo per non sbagliare. Sarebbe sufficiente contare fino a dieci prima di litigare, riflettere un secondo per capire che un minuto di ritardo non cambia la vita di nessuno, un po' di riflessione per comprendere che uccidere una vita non risolve nessun problema, che un abbandono è una perdita ed un dolore per tanti.
    Ascoltiamo la nostra vocina, la coscienza che ci chiama al rispetto delle regole e dei principi, ascoltiamo Dio che ci consiglia sulla strada da intraprendere e non avremo rimorsi che possono farci del male ogni giorno.

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  4.  

    Addì 19 dicembre 2012

    Al tempo di Erode, re della Giudea, c'era un sacerdote chiamato Zaccaria, della classe di Abìa, e aveva in moglie una discendente di Aronne chiamata Elisabetta.
    Erano giusti davanti a Dio, osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore.
    Ma non avevano figli, perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano avanti negli anni.
    Mentre Zaccaria officiava davanti al Signore nel turno della sua classe,
    secondo l'usanza del servizio sacerdotale, gli toccò in sorte di entrare nel tempio per fare l'offerta dell'incenso.
    Tutta l'assemblea del popolo pregava fuori nell'ora dell'incenso.
    Allora gli apparve un angelo del Signore, ritto alla destra dell'altare dell'incenso.
    Quando lo vide, Zaccaria si turbò e fu preso da timore.
    Ma l'angelo gli disse: «Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, che chiamerai Giovanni.
    Avrai gioia ed esultanza e molti si rallegreranno della sua nascita,
    poiché egli sarà grande davanti al Signore; non berrà vino né bevande inebrianti, sarà pieno di Spirito Santo fin dal seno di sua madre
    e ricondurrà molti figli d'Israele al Signore loro Dio.
    Gli camminerà innanzi con lo spirito e la forza di Elia, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto».
    Zaccaria disse all'angelo: «Come posso conoscere questo? Io sono vecchio e mia moglie è avanzata negli anni».
    L'angelo gli rispose: «Io sono Gabriele che sto al cospetto di Dio e sono stato mandato a portarti questo lieto annunzio.
    Ed ecco, sarai muto e non potrai parlare fino al giorno in cui queste cose avverranno, perché non hai creduto alle mie parole, le quali si adempiranno a loro tempo».
    Intanto il popolo stava in attesa di Zaccaria, e si meravigliava per il suo indugiare nel tempio.
    Quando poi uscì e non poteva parlare loro, capirono che nel tempio aveva avuto una visione. Faceva loro dei cenni e restava muto.
    Compiuti i giorni del suo servizio, tornò a casa.
    Dopo quei giorni Elisabetta, sua moglie, concepì e si tenne nascosta per cinque mesi e diceva:
    «Ecco che cosa ha fatto per me il Signore, nei giorni in cui si è degnato di togliere la mia vergogna tra gli uomini»

    Luca 1,5-25

  5.  

    La tua preghiera è stata esaudita

    Tante sono le cose che vorremmo accadessero a noi e alla nostra famiglia, tante quelle che chiediamo a Dio di concederci.
    Spesso ci abbattiamo perché non otteniamo quello che desideriamo, ma ne siamo proprio certi? Siamo sicuri di non ottenerlo? E se fosse invece che il Signore vuole mettere alla prova la nostra Fede? Se fosse che Dio vuole vedere in noi quanto veramente crediamo, quanta fiducia riponiamo nella preghiera? Sarebbe facile se tutto ciò che chiediamo lo ottenessimo all'istante, tutti sarebbero amici di Gesù, ma sarebbe in buona parte per convenienza, per opportunismo. Se i vostri figli vi chiedessero cose importanti per loro non vorreste dargliele? A volte però dite di no, oppure prendete tempo? E' cattiveria? E' giusto che i figli si ribellino? No certamente, ma a volte i no o l'attesa di un si è per educarli, fortificarli, insegnar loro il valore dei sentimenti, che non è giusto usare le persone e fare grandi sorrisi donando immensi abbracci a chi ci da quello che vogliamo, mettendo però il muso, finanche a scatenare guerre in famiglia se la risposta alle nostre richieste tarda ad arrivare.
    Dio ci insegna la pazienza, ci insegna a saper aspettare, ad aver fiducia in Lui che ci vuole bene, che ci è Padre. Ci insegna che se abbiamo Fede potremo ottenere tutto ciò che desideriamo se è giusto. Non smettete mai di credere, non interrompete mai la vostra supplica verso il Signore. La pazienza e l'attesa serena e fiduciosa saranno ricompensate al momento in cui Dio riterrà opportuno donarvi ciò che chiedete.

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  6.  

    Addì 20 dicembre 2012

    Nel sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret,
    a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria.
    Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te».
    A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto.
    L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio.
    Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.
    Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre
    e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
    Allora Maria disse all'angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo».
    Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio.
    Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile:
    nulla è impossibile a Dio».
    Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». E l'angelo partì da lei

    Luca 1,26-38

  7.  

    Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio

    A volte i miei ragazzi si domandano cosa ci guadagnano a comportarsi bene. Vedono nel mondo esterno che coloro che rubano, sono maleducati, egoisti vanno avanti lo stesso, anzi, a volte vanno avanti meglio di coloro che hanno riguardo per il prossimo e preferiscono sani principi ad una vita senza regole. In casa nostra ci sono sempre stati ragazzi che si sono adeguati alle regole per poi capirle e farle proprie, tanto da venir loro naturale non rubare, essere generosi verso chi sta loro vicino, sensibili nei confronti delle persone che li circondano e che li hanno cresciuti con amore. Questa sensibilità purtroppo non è da tutti, così come imparare regole e principi ed alcuni di loro prendono un'altra strada, talvolta cruenta come rubare e picchiare, altre volte semplicemente menefreghista e con lo sguardo rivolto soltanto al loro bene personale senza nemmeno lontanamente pensare che un loro comportamento possa ferire le persone attorno a lui.
    Con il passare del tempo, con il ripetersi per anni di certi comportamenti, in contrapposizione a coccole, bacini, pensieri gentili, interessamento e sorrisi è umano che se dobbiamo scegliere a chi dare una caramella in più la diamo a coloro che hanno sempre dimostrato affetto per noi.
    Questo non riguarda l'amore, che è grande, enorme per tutti, anzi il nostro tempo, la nostra mente, le nostre forze sono tutte per coloro che sono più deboli, quelli che si perdono, quelli che si comportano male. Ma se dobbiamo dare un incarico a qualcuno, un ruolo diverso di rappresentanza, un premio perché uno solo ne abbiamo, lo doniamo a chi da sempre ti è stato vicino, a chi ti aspetta fuori della porta di casa, a chi si attarda per non lasciarti indietro, a chi gioisce con te, a chi condivide le tue stesse passioni, a chi desidera passare le feste con te per la gioia di condividere un momento di serenità.
    I ragazzi a volte non pensano quanto possano ferire, quanto a volte basti poco per accarezzare un cuore che ha mille pensieri ogni giorno, un'anima che cerca ogni spiraglio per educarli e farli stare bene. Quando in estate è il momento di andare in piscina, alcuni corrono verso l'acqua, nemmeno si preoccupano di attendere gli altri per condividere ogni istante di gioia, altri aspettano chi ritarda per andare insieme. Così nella quotidianità quando si esce di casa, o quando partecipiamo ad una bella iniziativa.
    Così facciamo noi con Dio, ragazzi del Signore, quando tutto va bene, quando ci sono cose che ci piacciono non ci preoccupiamo di ringraziare con un sorriso, con una preghiera, con un gesto di altruismo il Padre che ce le ha concesse, anzi spesso le diamo per scontate e pretendiamo di più, sempre di più, persino arrabbiandoci se non ci vengono elargite subito e a piene mani. Il Signore ci vuole bene lo stesso, ci perdona, ci scusa, ci protegge e ci aiuta anche per farci capire che stiamo sbagliando, ma se deve dare un premio in più, un dono impensabile lo darà a coloro che si sono dimostrati più sensibili nei Suoi confronti, desiderosi di passare con Lui i momenti di gioia, il Natale, la Pasqua, il giorno del compleanno.
    In questo periodo di Natale l'angelo Gabriele dice a Maria "Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio", il suo affetto verso il Signore, la sua devozione ha portato Dio a farle questo grande dono, il dono della maternità.

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  8.  

    Addì 21 dicembre 2012

    In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda.
    Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta.
    Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo
    ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!
    A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?
    Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo.
    E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore»

    Luca 1,39-45

  9.  

    Il bambino le sussultò nel grembo

    Per noi uomini è una gioia ascoltare i primi movimenti dei nostri figli provenienti dal grembo materno, ma penso che per una donna ogni singola mossa del bambino nel proprio ventre per quei nove mesi sia una delle gioie più grandi che si possano immaginare. Dono più bello alle donne non poteva essere fatto da Dio, il dono della maternità.
    Nell'accoglienza di un bambino che non è tuo, nell'affidamento di un bimbo che proviene da situazioni familiari di disagio la gioa dell'attesa vale quanto una maternità, ogni singola informazione è accolta e interiorizzata, fervono i preparativi per la sua entrata in famiglia, lo si comincia a chiamare per nome e se ne parla agli amici sottovoce, quasi a non voler disturbare il suo ingresso nella nostra vita. Poco importa se questa "nascita" è a tempo, poco importa se ha già due genitori, poco importa se ha un passato burrascoso, poco importa se dovremo confrontarci con altri per la sua educazione, è comunque un nuovo arrivo, una rinascita di questo bambino, l'inizio di un percorso nuovo e pieno di sorprese, speranze, attese. Non c'è donna o uomo che non sia capace di fare il genitore, e non c'è donna o uomo che non sia capace di accogliere un bambino in affidamento. Essere papà o mamma non ti viene insegnato a scuola, basta metterci tutto l'amore di cui siamo capaci, lasciarsi consigliare da chi ha già vissuto l'esperienza di genitori, aspettarsi di fare degli errori ed imparare pian piano a rimediare e sbagliare sempre meno. La stessa cosa vale per l'affidamento. I bambini che arrivano sono pulcini scarruffati, come i neonati. Sono desiderosi di amore e di coccole, come i neonati. Necessitano di attenzioni e di monitoraggio continuo ma in dissolvenza, come i neonati. Devono imparare a camminare sulla strada della vita, come i neonati. Devono imparare le regole, l'educazione, farsi una cultura, come i neonati. prenderanno la loro strada una volta che le loro ali saranno in grado di sostenere il loro volo, come i neonati. Un bambino in affidamento non ci appartiene, proprio come un figlio nato dal nostro ventre perché appartiene a Dio e per entrambi siamo affidatari in nome Suo, uno Padre.

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  10.  

    Addì 22 dicembre 2012

    Allora Maria disse:
    « L'anima mia magnifica il Signore
    e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
    perché ha guardato l'umiltà della sua serva.
    D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
    Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente
    e Santo è il suo nome:
    di generazione in generazione la sua misericordia
    si stende su quelli che lo temono.
    Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
    ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili;
    ha ricolmato di beni gli affamati,
    ha rimandato a mani vuote i ricchi.
    Ha soccorso Israele, suo servo,
    ricordandosi della sua misericordia ».
    come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre».
    Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua

    Luca 1,46-56

  11.  

    Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente

    Guardiamo la vita di Gesù, quella della Madonna, le gesta dei santi e diciamo "un altro mondo, inarrivabile".
    Gesù si è fatto uomo come noi per farci vedere le nostre debolezze ed insegnarci a superarle.
    Maria era una ragazza come ce ne sono tante. I santi sono stati anche peccatori più di noi prima di trovare una strada che li ha condotti alla gloria degli altari. Dio fa grandi cose in ognuno di noi, a tutti ci dona il Suo amore, i Suoi insegnamenti, i Suoi rimproveri. Non è raro il caso in cui grandi peccatori siano diventati grandi esempi per tutti noi, questo significa che ognuno di noi, anche coloro che si sono macchiati dei più gravi reati, possano diventare santi agli occhi di Dio, non necessariamente gente che fa miracoli o appare dopo la propria morte o guarisce i malati con il tocco della mano, ma santi perché capaci di mettere in pratica gli insegnamenti del Vangelo rinunciando al peccato, facendo di tutto per non sbagliare e non avere tentazioni.
    I ragazzi che accogliamo vedono gli altri che hanno una marcia in più, che studiano e vanno bene a scuola, portano bei vestiti, vanno in vacanza almeno due volte l'anno, hanno la macchina subito ai diciotto anni e nasce una sorta di invidia, di richiesta verso sé stessi di raggiungere tali obiettivi. Alcuni di loro arrivano persino a rubare pur di assomigliare, almeno nell'aspetto, a quel branco di bravi ragazzi, altri invece rinunciano da subito pensando che mai potranno arrivare ad essere bravi a scuola, avere un lavoro regolare, una famiglia canonica. Due atteggiamenti opposti e parimenti errati che portano a perdersi. Quello che quotidianamente cerchiamo di far capire loro è che valgono per quello che sono, che ai nostri occhi sono i migliori ragazzi che ci siano, che nella vita non è importante avere belle macchine, grandi case, mogli e mariti come fotomodelli, figli perfetti. Cerchiamo di insegnar loro che la vita è imperfetta e proprio questa imperfezione ci rende diversi dagli altri ed unici, ed è questa unicità che ci fa andare avanti, ognuno con i propri limiti, ma sopratutto ciascuno con i propri pregi. Non c'è ragazzo, non c'è persona che non abbia tanto da dare e dobbiamo imparare a cogliere dal nostro prossimo l'essenza positiva che emana e a nostra volta donare agli altri quel poco o tanto di buono che possediamo. Quando parlo in teoria i miei ragazzi non mi credono perché pensano di essere gli ultimi degli ultimi ed allora faccio vedere loro gli aspetti positivi che portano nel mondo che loro danno per scontati, ma che scontati non lo sono affatto.
    Se una si abbatte quando, dopo aver tanto studiato, porta a casa una pagella con tante insufficienze, le ricordo che l'impegno lo ha messo e che è questione di metodo, ma sopratutto sottolineo il fatto che on c'è giorno in cui non sia piena di attenzioni verso di noi, pronta a correre per tutta la città per andare a prendere un bimbo o fare una qualsiasi commissione, quasi litigiosa la sera perché nonostante la stanchezza vuole mettersi a stirare.
    Ognuno di loro ha valori e principi, educazione e amore che tanti genitori, specie di ragazzi adolescenti, invidiano perché non li vedono nei loro figli, e questo è il più bel regalo che i miei ragazzi possono farci. La scuola è importante perché è il loro "lavoro", quello in cui devono cimentarsi con gioia e passione, ma non è tutto, è una parte della vita. Fuori dalle aule scolastiche c'è un mondo dove le capacità intellettive e la cultura sicuramente aiutano, ma non bastano a fare di una persona un uomo o una donna, un papà o una mamma bravi.
    Il Signore ha fatto grandi cose in ognuno di noi, a volte il difficile è saperle riconoscere perché è più facile fustigarsi, criticarsi, piangersi addosso piuttosto che cercare la parte buona di noi e farla emergere, ma quella parte c'è, in ognuno, tiratela fuori e la vostra vita e quella di chi vi sta vicino migliorerà a dismisura.

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  12.  

    Addì 23 dicembre 2012

    In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda.
    Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta.
    Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo
    ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!
    A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?
    Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo.
    E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore»

    Luca 1,39-45

  13.  

    In quei giorni Maria si mise in viaggio

    A Maria era appena stato annunziato che aspettava un Figlio, Gesù. Le era stato detto che era il Figlio di Dio e Lei aveva creduto all'annuncio dell'Angelo.
    Chiunque al suo posto, per timore, per gioia o per superbia non si sarebbe mosso da casa. Sarebbe rimasto ferma ad attendere anziché mettersi in camino rischiando di incontrare i briganti lungo la via o di stancarsi e magari perdere il bambino.
    Maria non pensa a sé, senza indugio, appena sa che anche Elisabetta, sua cugina, è in dolce attesa, va ad aiutarla incurante della sua gravidanza, ma non per incoscienza, ma per amore e fiducia nei confronti di Dio.
    Quando qualcuno ha bisogno, quando vediamo o sentiamo che c'è una persona che ha delle difficoltà e noi possiamo aiutarla a superarle, o almeno possiamo solo bagnare le labbra a chi ha sete alleviando per un attimo le sue sofferenze, è nostro dovere precipitarsi a portare loro sollievo.
    Che bello quando i nostri nonni raccontavano della solidarietà tra vicini, quando c'era una partoriente tutto il quartiere si stringeva attorno a quella famiglia, se una persona andava in ospedale c'era una gara a chi teneva i figli o preparava da mangiare.
    Oggi ognuno pensa per sé, guai anche a chiedere aiuto perché c'è da vedersi rispondere male.
    Ma noi questo stato di cose lo possiamo cambiare. Spetta a noi, soltanto a noi. Due sono le cose che cambiano il mondo, due cose che la Madonna ci ha ben insegnato da subito: l'esempio ed essere una buona mamma.
    Con la testimonianza si mostra alle persone che le cose che diciamo sono possibili, basta volerlo.
    Essere una buona mamma significa trasmettere ai propri figli quei valori che oggi si stanno perdendo.
    Avete mai visto il film "la storia infinita"? Il nulla divora pian piano tutti i sogni perché la gente non crede più agli ideali, ai valori, ai principi. Basta un bambino che ricominci a sognare perché questi ideali non muoiano e riprendano vita riportando i sogni nel mondo.
    Troppi i pensieri che si affollano nella nostra mente anche quando abbiamo il desiderio di fare qualcosa per gli altri: ma se aiuto quella ragazza, poi la gente pensa che...; se do da mangiare a quella persona, poi questa mi chiede...; se vado a trovare quel malato, poi rischio di prendermi una malattia...; se vado in carcere, chi mi vede pensa che io...; se faccio questo o quello, poi non ho tempo di andare dal parrucchiere, a pescare, al cinema con gli amici.
    Ed allora lasciamo che la nostra parte egoistica prenda il sopravvento, che il nulla divori i nostri sogni e i nostri ideali, per poi ritrovarci in un mondo sempre più cupo.
    I momenti difficili nella vita del mondo ci sono sempre stati e oggi tocca a noi affrontarne uno, ma le crisi si sconfiggono non con le tasse o con le multe, ma con la solidarietà, con l'amore. La crisi sparirebbe se chi ha soldi li investisse non in case approfittando del momento buono per comprare, ma in attività che stanno fallendo; se chi ha tempo libero lo impiegasse per aiutare chi è in difficoltà senza chiedere nulla in cambio.
    Cambiare il mondo si può, basta cominciare ad andare contro corrente, combattere il nulla che dentro di noi avanza felice e contento perché sta vincendo una guerra annientando la nostra voglia di fare qualcosa per il prossimo. Cominciamo dal cambiare noi stessi, iniziamo a dare il buon esempio, diamo ai nostri figli dei valori, diciamo no a ciò che non riteniamo giusto anche se la società lo ha accettato.
    Quanti criticano i reality dove più una persona dice le parolacce o si comporta male e più è ammirato. Così facendo contribuiamo ad alimentare questa cultura. Cominciamo nel non guardare certe trasmissioni, denunciamo le cattive abitudini, ma sopratutto impediamo ai nostri figli di guardarle trasmettendogli i valori sani che ben conosciamo ma che abbiamo timore di tirare fuori.
    Quando parliamo di terzo mondo pensiamo alla loro arretratezza rispetto alla nostra società. Sottosviluppo? Ma siete sicuri? Laddove c'è solidarietà, laddove si fanno chilometri a piedi nella polvere per andare a trovare un malato, laddove i bambini sono figli di tutti non c'è inciviltà.
    Che pena vedere che ci sono migliaia e migliaia di bambini che hanno bisogno di tutto, sopratutto dell'amore di una famiglia, e tantissime famiglie dove un piatto in più non sarebbe un costo ma per evitare problemi o future eventuali sofferenze si voltano dall'altra parte per non guardare. E riescono pure a dormire.
    Oggi, non aspettate domani, andate dal vicino, andate a chiedergli se ha bisogno di qualcosa e domani raccontate cosa avete fatto. Non per vantarsi, ma per dare l'esempio, per dire io ho iniziato, adesso fatelo anche voi. Combattiamo il nulla che sta divorando il nostro cuore e la nostra anima, vedrete che grande consolazione ne deriverà.
    Non è vanagloria, o mettersi in mostra, è l'arma necessaria a sconfiggere l'indifferenza.
    Se il mondo va male è anche colpa di chi non fa perché ritiene di aver di meglio da fare.
    Sapeste in ventisei anni quante stupide critiche abbiamo ricevuto come "i bambini che aiutate sono e resteranno figli di,", ma se conosceste i nostri ragazzi avreste invidia di come sono bravi, oppure "spendete soldi per aiutare un gruppetto di bambini, godeteveli finché potete" e quante altre.
    Ma che importa? Riceviamo anche tanti sorrisi, carezze, pacche sulle spalle e quelle sono le cose che ci mandano avanti che non ci faranno mai smettere di aiutare i bambini che hanno bisogno di amore

    Buon Natale da tutti noi dell'Associazione "Amici della Zizzi". Veniteci a trovare nelle vacanze di Natale fino al 6 gennaio, vi aspettiamo ad Orentano (PI)

    Molti dei commenti fatti in un anno sono diventati un libro LACRIME SILENZIOSE che potrà essere acquistato via internet scrivendo a info@zizzi.org, pensatelo come un bel regalo di Natale per far conoscere l'affidamento e le sue problematiche.
    http://www.zizzi.org/index.php/libro

    • CommentAuthorCarmen
    • CommentTime23 Dec 2012
     

    Mettersi in viaggio è incamminarsi per altre vie senza sapere chi o cosa si potrà incontrare lungo il tragitto.
    E' partire da un luogo per raggiungerne un altro.
    E' muoversi da una situazione di stabilità dando inizio a un cambiamento.
    E' attraversare altri sentieri, altre città, altre montagne e altri oceani con tutti i rischi o i piaceri che il viaggio potrebbe comportare.

    Quante volte ci sarà capitato di chiuderci in noi stessi o agli altri rinunciando o facendo fatica a muoverci?
    Anche Maria avrebbe potuto scegliere di non muoversi, di non lasciare la sua casa per raggiungere Elisabetta, ma si è messa in viaggio senza pensare a se stessa.
    Il suo esempio è un invito a metterci in viaggio per uscire da noi stessi quando siamo presi dall'egoismo o dall'apatia o dalla non curanza verso chi chiede il nostro aiuto. Il suo gesto è un invito a lasciare abitudini, certezze ... che a volte ci fanno solo illudere.
    A volte questo viaggio attraverso noi stessi può farci scontrare con sensazioni, emozioni, stati d'animo che ci scombussolano dentro perchè qualcosa cambia, ma cambia in meglio per noi e per gli altri.
    Così mettersi in viaggio per uscire da... e andare verso ... è anche per noi accogliere e far crescere nel proprio grembo quella parte che Dio ha voluto donarci di Se e che si trasforma in quei valori che dovremmo trasmettere e vivere in mezzo agli altri.

  14.  

    Bellissimo Carmen.
    Mettersi in viaggio non solo in un cammino interiore, che è certamente la parte più importante della nostra vita, ma anche un viaggio fisico, da un luogo ad un altro, dalla propria casa con le agiatezze, dai propri cari con le sicurezze, dalle proprie amicizie con lo svago quotidiano per andare dove c'è bisogno. Essere missionari non significa solo andare nei paesi del terzo mondo, significa portare un fiore a chi ha bisogno di una parola gentile in un momento di tristezza.
    C'è chi riesce a farlo, c'è chi ha questo coraggio, c'è chi torna indietro, ma c'è anche chi guarda avanti e fa del suo viaggio una scelta di vita.
    Carmen, grazie per il tuo coraggio

  15.  

    Addì 24 dicembre 2012

    In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra.
    Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio.
    Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città.
    Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme,
    per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta.
    Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto.
    Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo.
    C'erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge.
    Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento,
    ma l'angelo disse loro: «Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo:
    oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore.
    Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia».
    E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste che lodava Dio e diceva:
    «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama»

    Luca 2,1-14

  16.  

    Vi annunzio una grande gioia

    Non c'è gioia più grande della nascita di un figlio. Ogni volta che un bambino entra in casa nostra per trascorrere un periodo della sua vita con noi, la mia gioia è tale e tanta da volerlo gridare ai quattro venti, far sapere a tutti che la nostra famiglia si è arricchita di una perla in più. Il bambino un giorno se ne andrà, tornerà dai suoi genitori o da grande prenderà la sua strada, ma quella gioia, quell'arricchimento che ci ha donato non verrà mai meno. Il suo amore per lui resterà nelle nostre anime anche se a diciotto anni se ne è andato sbattendo la porta, anche se per anni ha rubato e si è comportato male, anche se lontano si diverte e non da più notizie di sé perché l'amore per lui è amore per Dio, per la vita, per il futuro. Averlo potuto amare, avergli potuto dare dei valori e dei principi che un giorno potrà utilizzare ripaga di ogni aspetto negativo.
    L'angelo annuncia l'imminente nascita di Gesù non ai potenti, ai ricchi, ai politici, ai media, l'annuncia ai pastori, a gente umile che nella maggior parte dei casi nemmeno sapeva leggere già a sottolineare che, pur venendo il Signore per tutti, nasceva sopratutto per loro.
    Ecco perché ritengo che l'accoglienza di un bambino sia una delle forme di amore più grande, perché l'umiltà di un bimbo che non conosce tanti aspetti della vita, che ha dovuto combattere per sopravvivere è ciò che più dovremmo amare.
    Natale è la festa di tutti, ma sopratutto dei bambini, ma lasciatemi aggiungere, sopratutto dei bambini che soffrono perché è in loro che ritrovo il Signore più che in mille altri luoghi o persone, e far sorridere uno di questi bimbi è far sorridere Dio, accogliere uno di questi piccoli è accogliere l'Amore nelle nostre case.

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    • CommentAuthorCarmen
    • CommentTime25 Dec 2012
     

    A volte si sente dire che non si avverte e non si vive più il vero spirito natalizio.
    E' proprio così?
    Eppure si vedono occhi speranzosi, mani tese e braccia aperte verso chi è solo o cerca solo un pò di calore e niente altro. Che cos'è questo?
    La disponibilità a prendere per mano chi non sa ancora camminare come un bambino che sta appena imparando a muovere i primi passi ;
    l'accoglienza di un nascituro, di un anziano, di un povero, di un vicino, di un ubriaco, di un passante, di un nostro caro o di chiunque cerca un sorriso o una parola buona in un momento di sconforto;
    la capacità di coinvolgere gli altri in ciò che si fa non per se ,ma per chi ha bisogno;
    la gioia di vivere e di stare insieme;
    l'allegria di chi altro non sa fare che mantenere allegri tutti gli altri;
    la capacità di chi non cerca e desidera sempre il meglio delle cose, ma sa trarre il meglio da ogni cosa che esperisce e la sa donare anche agli altri;
    la forza d'animo di andare sempre avanti nonostante le pene e le difficoltà;
    la determinazione nel portare avanti i propri progetti;
    l'amore di una mamma e di un papà;
    la capacità di sognare ancora e di coinvolgere anche chi non lo sa o non vuole più farlo;
    la capacità e il forte desiderio di lottare per la verità e per chi si è arreso troppo presto davanti alle ingiustizie;
    la voglia di sperare nonostante tante bastonate per vivere e costruire una vita migliore non solo per se, ma anche per gli altri;
    il coraggio di amare anche chi è difficile o combina guai;
    Che cos'è tutto ciò?
    In tante persone che ho incontrato e conosciuto ho riconosciuto una o più di queste qualità e altre ancora. Qualità e valori che hanno saputo e voluto trasmettermi senza la presunzione di volere nulla in cambio.
    E sono proprio queste qualità che si traducono nell'annunzio di una grande gioia.
    "L'annunzio..." solenne della nascita di un Bambino che si è fatto uomo per l'umanità intera senza fare alcuna differenza e senza discriminare o escludere alcuno, ma amando anche i propri persecutori.
    Chi si fa coinvolgere da questo spirito di disponibilità, accoglienza, solidarietà ... ascolta e accetta nel prorpio animo questo grande annuncio e diventa egli stesso parte di un miracolo che ogni giorno può manifestarsi.

    Auguri di un sereno Natale a tutti voi con la speranza che ognuno possa vivere questo annuncio come testimone ovunque e in ogni momento.

    • CommentAuthorElen
    • CommentTime25 Dec 2012
     

    Grazie Carmen per queste tue belle parole..
    Quest'anno sento anch'io di non aver sentito lo spirito del Natale, nè il vero spirito natalizio, nè quell'aria di festa che di solito si attribuisce a questa ricorrenza religiosa ma che non ha niente a che fare con la gioia per la nascita di Gesù. Come tutti gli anni , anche quest'anno ho lavorato , ma a differenza degli altri anni , quest'anno ho visto poca gioia negli altri, poco entusiasmo per questa festa e questo mi ha intristito.
    ....eppure anche io Carmen penso di essere una delle tante persone che dici tu...:
    ho sempre avuto disponibilità ad accogliere, la gioia di vivere e la capacità di trasmetterla agli altri, la forza d'animo per andare avanti e per affrontare le difficoltà, la capacità di sognare e di coinvolgere anche gli altri a farlo, la determinazione , l'ottimismo di chi vede sempre il bicchiere mezzo pieno e sa trarre sempre il meglio dalle situazioni...
    ....eppure a volte , come oggi, come in questo ultimo periodo, la forza e il coraggio talvolta lasciano il posto alla sconsolatezza e alla paura di non essere sempre adeguata alle situazioni e in grado di fronteggiare le difficoltà.
    Ecco che a fine giornata, nel momento in cui si tirano le somme e nel mio caso ci si rilassa dopo una giornata abbastanza faticosa, il messaggio del Natale è un messaggio di speranza, perchè il Natale non è solo oggi...e quindi se oggi è andata così...non è detto che domani non possa essere migliore.
    Quindi Buon natale a tutti e buon Natale anche a me :face-smile:

  17.  

    Addì 25 dicembre 2012

    In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.
    Egli era in principio presso Dio:
    tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste.
    In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini;
    la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta.
    Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni.
    Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui.
    Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce.
    Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo.
    Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe.
    Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto.
    A quanti però l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome,
    i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.
    E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità.
    Giovanni gli rende testimonianza e grida: «Ecco l'uomo di cui io dissi: Colui che viene dopo di me mi è passato avanti, perché era prima di me».
    Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia.
    Perché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
    Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato

    Giovanni 1,1-18

  18.  

    La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta

    Natale. Quanti luci che adornano le nostre città e le nostre case, vetrine illuminate a giorno, alberi di Natale ovunque. Luce in ogni dove, eppure manca negli occhi di tanti perché quella grande illuminazione non è ciò che dovremmo guardare, non è quello da cui prendere forza. La vera luce è data dalla gioia di una nascita, un bambino che duemila anni fa ha portato la luce nel mondo, ci ha donato parole ed esempi di speranza, di amore, di solidarietà, di fratellanza. Oggi sembra che per le strade questi valori siano scomparsi, sembra che ci sia tanto egoismo, paura, disperazione, pessimismo, che le persone non sappiano dove camminare, in quale direzione andare, a quali ideali ambire. Tutto questo perché sono su sentieri privi della luce vera, quella che Gesù nascendo ha infuso nei nostri cuori, ma noi la rifiutiamo, neghiamo i valori di amore che Dio ci ha insegnato perché ci vanno stretti, perché ci fa comodo evitarli come la peste per non fare sacrifici, ed allora non brontoliamo se brancoliamo nel buio, se prendiamo brutte strade. Oggigiorno purtroppo siamo al buio, tante le guerre, le preoccupazioni, i tumori che mietono vittime in ogni casa, una crisi economica a livello mondiale, ma ci ostiniamo a non guardare quale sia il sentiero illuminato, siamo come aerei che vorrebbero atterrare in un porto sicuro, ma abbiamo paura di andare a finire fuori pista e schiantarci. Vediamo una pista illuminata, ma è troppo lontana da noi e continuiamo a cercare una pista sotto la nostra carlinga, giriamo a vuoto alla disperata ricerca di un atterraggio, ma è tutto buio e rischiamo di finire il carburante e precipitare. Non è troppo tardi rivolgere il muso dell'aereo verso quella lontana pista illuminata, troverete ad attendervi capaci controllori di volo che sapranno farvi atterrare dolcemente, senza scossoni. Dovrete fare solo il primo passo, dare una virata decisa alla vostra cloche per cambiare rotta, tutto il resto lo farà la torre di controllo.
    Anche fare affidamento è così. Tutti vediamo quella pista in lontananza, tutti capiamo l'importanza di prendere un bambino in affido perché mentre noi consumiamo il nostro sontuoso pasto di Natale, ci sono oltre un milione di bambini che vivono nella sofferenza, denutriti, privi di amore nella nostra bella e lussureggiante Italia. Ma ne abbiamo paura, il nostro egoismo ci frena, ci impedisce di capire che continuare a svolazzare lontani da quella pista ben tracciata farà morire tanti passeggeri. Noi che abbiamo la cloche della nostra vita in mano, rendiamoci conto che siamo anche coloro che possono decidere tra la vita e la morte di un bambino, tra una vita di sofferenza ed un'esistenza buona. Possiamo fare la differenza per tanti ragazzi, se solo fossimo meno ottusi perché atterrare su quella pista illuminata sarà anche per noi una gioia immensa ed un riposo per il nostro cuore, stanco di tanto egoismo.

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  19.  

    Addì 26 dicembre 2012

    Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai loro tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe;
    e sarete condotti davanti ai governatori e ai re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani.
    E quando vi consegneranno nelle loro mani, non preoccupatevi di come o di che cosa dovrete dire, perché vi sarà suggerito in quel momento ciò che dovrete dire:
    non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi.
    Il fratello darà a morte il fratello e il padre il figlio, e i figli insorgeranno contro i genitori e li faranno morire.
    E sarete odiati da tutti a causa del mio nome; ma chi persevererà sino alla fine sarà salvato.

    Matteo 10,17-22

  20.  

    Chi persevererà sino alla fine sarà salvato

    Immagino il mondo come una grande ragnatela, fatta di mille fili, ognuno dei quali collegato all'altro. Diceva Karen Blixen "la vita e la morte sono due scrigni serrati, ognuno dei quali contiene la chiave dell'altro". Una persona, un ragazzo che mi sta molto a cuore porta dentro sé il dolore della perdita della sua mamma, come me, ma a differenza mia che ho avuto la fortuna di conoscerla, di apprezzarla, di essere amato, cresciuto, di conservare mille ricordi di lei e dei suoi insegnamenti, non ha mai visto la sua mamma, non ha potuto abbracciarla una sola volta, non è riuscito ad avere un'intesa con lei, né la complicità, né essere difeso, amato, vestito, lavato, rimproverato perché la sua mamma è morta nel darlo alla luce. In questi giorni di Natale ho pensato molto a lui, a questa sua sofferenza che è innegabile, ma non vedo atto più bello da parte di una mamma che dare la propria vita per mettere al mondo la propria creatura. Questo ragazzo deve essere fiero della sua mamma, del suo coraggio, di aver partorito comunque anche se forse già sapeva che la sua vita poteva essere in pericolo, ma non ha badato a spese, non ha chiesto sconti, non ha cercato la via più facile per vivere. Ha scelto lui. Ha scelto di dare vita, fiato al suo bimbo ed in questo modo lo ha amato una sola volta, ma lo ha amato con tale e tanta intensità che questo amore investe tutti noi, ci dona un esempio da seguire.
    Mi fanno rabbia le donne che abortiscono, che rinunciano a dare alla luce un bambino, così come coloro che abortiscono un bambino in affidamento rinunciando ad accogliere un bimbo nella propria casa, d fatto condannandolo a morte. C'è un filo che lega il dolore alla gioia, ma a volte non vogliamo vederlo, a volte lo recidiamo per paura. Così il dolore per la perdita di un bambino che torna alla sua famiglia naturale ci frena nel prendere un ragazzo in affido, oppure la paura di una vita con un figlio ci impedisce di farlo nascere. Dal dolore nasce sempre la gioia, così come nel giorno del primo martire, c'è un filo che lega la morte violenta di Stefano ad opera di un giovane fariseo, Saulo. Quella morte darà nuova vita a San Paolo, è come se Stefano avesse passato il testimone a Saulo che reggeva i mantelli. Si può uccidere la persona buona, ma non si può uccidere la bontà, il suo messaggio di amore, anzi, un atto di cattiveria tanto cruento altro non è che un solo atto, mentre il seme dell'amore che viene sparso ricadrà sul terreno e nei cuori di molti e produrrà frutto.

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    Molti dei commenti fatti in un anno sono diventati un libro LACRIME SILENZIOSE che potrà essere acquistato via internet scrivendo a info@zizzi.org, pensatelo come un bel regalo di Natale per far conoscere l'affidamento e le sue problematiche.

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  21.  

    Addì 27 dicembre 2012

    Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!».
    Uscì allora Simon Pietro insieme all'altro discepolo, e si recarono al sepolcro.
    Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro.
    Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò.
    Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra,
    e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte.
    Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette

    Giovanni 20,2-8

  22.  

    Vide e credette

    Un giorno mi telefonano i servizi sociali per chiedermi di accogliere un bambino di tredici anni. Per valutare la nostra capacità di poterlo aiutare e la compatibilità con gli altri bambini presenti all'interno della nostra famiglia, chiedo sempre una relazione che mi faccia capire quali problemi potremmo incontrare nell'accudimento del nuovo arrivato. La relazione era un campo di battaglia, tolto a otto anni alla famiglia che lo picchiava e forse ne abusava, aveva al suo attivo, in appena cinque anni, nove case famiglia e due adozioni finite male, una delle quali durata due anni e dove avevano preso la sorella e mandato via lui. Era già muscoloso e picchiava tutti, mandando all'ospedale più di un educatore, motivo fondamentale dei suoi tanti allontanamenti. Avevamo all'epoca quasi tutti bambini piccoli e non ce la sentimmo di accoglierlo, troppo difficile per le nostre capacità e risorse. Prendeva inoltre psicofarmaci e non eravamo preparati a tale eventualità. Per due mesi abbiamo rifiutato le richieste dei servizi che invece insistevano costantemente, fino al giorno in cui mi dissero "o viene da voi o saremo costretti a mandarlo in una comunità terapeutica". Ce ne sono di buone, ma la maggior parte sono veri e propri manicomi per minori, quindi a quelle parole abbassai il capo e accettai di accoglierlo. Arrivò già arrabbiato, già consapevole della fine che avrebbe fatto anche in quella ennesima esperienza. La prima cosa che gli dissi fu che era entrato in una famiglia e che già gli volevamo bene, che eravamo diversi dalle strutture dove era stato in precedenza. La cosa gli venne ribadita da un altro ragazzo di sedici anni che gli disse "io sono stato in cinque comunità, qui ti vogliono bene veramente". S. poteva crederci, ma a tredici anni, dopo che ti hanno tolto alla tua famiglia che ti maltrattava, dopo che due famiglie ti hanno chiamato figlio e poi ti hanno dato uno spintone per mandarti via, dopo che nove case famiglia che dovrebbero quantomeno proteggerti ti hanno messo la valigia in mano, non puoi credere alle parole di nessuno. Passò due mesi relativamente calmo a d ispezionare il luogo, a cercare di capire dove si trovasse, ma poi alzò le mani, dapprima con me, ma fu una piccola scaramuccia, uno spintone che mi presi andando a finire contro un mobile e poi a gambe levate, ma lì finì. Qualche giorno dopo, quando non ero in casa, mise le mani addosso a Roberta e quasi la strangolò, se on era per il ragazzo di sedici anni forse oggi Roberta non sarebbe più con noi. Fu la prima ed unica volta che dovemmo chiamare la polizia perché non riuscivamo a placarlo, infatti la sua furia del momento lo portò a spaccare tutti i mobili della sua camera. Io ero fuori città ed il giorno dopo quando rientrai andai a parlarci. Era in camera sua, seduto sul letto, con gli abitini buoni e la valigia con quattro cose riempita e chiusa accanto a sé. Allora gli chiesi "dove vai? Parti per un viaggio?" Mi rispose "ovunque abbia fatto una cosa del genere mi hanno sempre mandato via". Replicai "Ti ho detto che qui non è come in altri posti, questa è una famiglia e ti vogliamo bene e nessuno ti manda via. Certo è che se rifai una cosa del genere saremo costretti a prendere provvedimenti seri, forse anche facendoti uscire da casa per entrare in una struttura dove ti curino, ma noi ti saremo vicini e ti raccoglieremo in casa a cure finite". Quel giorno S. toccò con mano la realtà, vide e credette.
    Noi tutti siamo un po' così, dobbiamo toccare con mano, sbattere il muso per capire l'amore, dobbiamo perdere la persona che amiamo per capire quanto le volevamo bene. Così è capitato a me con la mia mamma. Si può sempre rimediare, anche davanti alla morte, perché ci sono tante forme di amore, ma uno solo è Amore vero, in qualunque forma lo esplicitiamo.
    A volte sarebbe bello però credere senza bisogno di vedere. Ci risparmieremmo liti, cattivi pensieri, notti insonni, ma siamo uomini e dobbiamo toccare con mano.
    Chi ha paura dell'affidamento potrebbe credere alle nostre parole e capire che ci sono aspetti talmente belli che non trovi in nessun altro rapporto umano, ma proprio perché non crediamo se non vediamo, diamo la possibilità a chiunque di venire a trovarci, vivere con noi un'ora, un giorno, una settimana o il tempo che desidera per rendersi conto di quanto sia bello accogliere un bambino, per vedere e credere all'affido.
    Il problema, purtroppo, è spesso un altro, è l'egoismo, la paura di soffrire, la pigrizia di affrontare qualche altro problema, ma quanto bene potreste fare se abbandonaste questi cattivi pensieri e vi metteste in cammino. Parafrasando Ferradini "Non esistono leggi in amore, basta essere quello che sei, lascia aperta la porta del cuore un Bambino è già in cerca di te".

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  23.  

    Addì 28 dicembre 2012

    Essi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo».
    Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto,
    dove rimase fino alla morte di Erode, perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Dall'Egitto ho chiamato il mio figlio.
    Erode, accortosi che i Magi si erano presi gioco di lui, s'infuriò e mandò ad uccidere tutti i bambini di Betlemme e del suo territorio dai due anni in giù, corrispondenti al tempo su cui era stato informato dai Magi.
    Allora si adempì quel che era stato detto per mezzo del profeta Geremia:
    Un grido è stato udito in Rama, un pianto e un lamento grande; Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più

    Matteo 2,13-18

  24.  

    Mandò ad uccidere tutti i bambini

    Tutti noi ci scandalizziamo quando nel Vangelo leggiamo che Erode mandò ad uccidere tutti i bambini pur di eliminare Gesù. Giuriamo e spergiuriamo che se fossimo stati al posto di Erode mai e poi mai avremmo compiuto una strage di innocenti. Baggianate. Cambiano i tempi, cambiano le modalità, ma la sostanza è la stessa. Ci sono centinaia, migliaia di bambini nella Betlemme di casa nostra, nelle città vicine a noi, nei quartieri accanto a dove abitiamo che muoiono ogni giorno, muoiono di fame, muoiono per mancanza di amore e di una famiglia, muoiono nella disperazione di un abuso. Muoiono perché noi li abbiamo condannati a morte. Noi, novelli Erode, siamo i loro carnefici. Noi che non li accogliamo nelle nostre case siamo come Erode che per paura fa uccidere centinaia di bambini. Paura, ecco come si chiama la nostra reticenza a salvare la vita ad un bambino. Nessuno vi chiede di rinunciare alla vostra vita, nessuno pensa che dobbiate fondare un'associazione ed accogliere dieci ragazzi adolescenti e problematici. Ma da voi ci si aspetterebbe un piccolo atto di amore, quello di aprire le porte ad un bambino che sta morendo per colpa vostra. Come Erode avete paura del nulla, lui che sentiva minacciato il suo potere, pensava che sarebbe stato limitato nelle sue azioni, reputava che Gesù avrebbe rovesciato il suo regno. Paure inesistenti, come le nostre. Di cosa avete timore? Che un bambino in affidamento possa togliervi pace e serenità? Che possa nuocere alla vostra vita? Avete paura di dover affrontare i servizi sociali, i tribunali dei minori, le famiglie naturali? Avete paura di soffrire quando sarete riusciti a salvare quel bambino?
    Erode per le sue paure infondate sparse sangue innocente.
    Voi state facendo lo stesso, lasciate che tanti bambini si perdano e muoiano perché avete paura, timore di perdere qualcosa che avete, qualcosa che egoisticamente non volete dividere con altri, neppure con un bambino, neppure in piccola percentuale.
    Riflettete. Pensate a quanto male state facendo, non facendo niente.
    Ostacoli ce ne sono tanti, spesso anche da parte dei servizi sociali, ma un bambino sta morendo per colpa vostra, mi sembra un buon motivo per lottare. Noi saremo al vostro fianco se deciderete di fare un passo nella direzione giusta, cercheremo di guidarvi e consigliarvi, non vi lasceremo soli e insieme salveremo tanti bambini.

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  25.  

    Addì 29 dicembre 2012

    Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la Legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore,
    come è scritto nella Legge del Signore: ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore;
    e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombi, come prescrive la Legge del Signore.
    Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d'Israele;
    lo Spirito Santo che era sopra di lui, gli aveva preannunziato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore.
    Mosso dunque dallo Spirito, si recò al tempio; e mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per adempiere la Legge,
    lo prese tra le braccia e benedisse Dio:
    «Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola;
    perché i miei occhi han visto la tua salvezza,
    preparata da te davanti a tutti i popoli,
    luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele».
    Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui.
    Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione
    perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima»

    Luca 2,22-35

  26.  

    Mosso dunque dallo Spirito, si recò al tempio

    Nella nostra vita ci facciamo mille film, pensiamo al nostro futuro cercando di condizionarlo, di poter pianificare ogni singolo avvenimento, di sapere esattamente come si svolgerà la nostra esistenza, dal fidanzamento al matrimonio, dal lavoro alla carriera, dal numero dei figli e persino al numero di nipoti. Che stupidotti che siamo. Ma non ci rendiamo conto che dopo ogni curva, dietro ad ogni angolo la vita ci riserva sorprese, a volte piacevoli, a volte dolorose, che non avremmo mai immaginato un istante prima, ed ogni cosa cambia, tutta la pianificazione che ci eravamo fatti crolla come un castello di carte. Ieri una delle mie bimbe mi chiedeva “cosa possiamo fare noi oggi per aiutare un bambino o chiunque abbia bisogno?” La risposta la troviamo dentro noi seguendo lo Spirito, seguendo la parola di Dio, ascoltando i suggerimenti che ci vengono mostrati, talvolta anche con avvenimenti forti e spesso dolorosi, di quelli che ti fanno cambiare visione della vita, come è avvenuto a me con la morte della mia mamma. Alla mia bimba ho risposto che per lei, oggi adolescente, è un momento di attesa, un momento di fortificazione nei valori e nei principi, di conquista di una sempre maggior indipendenza da una parte, ma con la possibilità già oggi di agire verso chi è più debole di lei per quanto le sue condizioni di ragazza le possano consentire e, soprattutto, insinuare nei suoi amici il tarlo della solidarietà, dell’affido, dell’altruismo. Oggi molti ragazzi si comportano male, ma spesso ciò accade perché nessuno ha insegnato loro valori e principi, spesso per colpa di famiglie disgregate con genitori che pensano alla loro carriera e alla bella vita incuranti dell’educazione dei figli. Se io o un altro adulto entrassimo un giorno in classe e tenessimo una lezione sul vivere secondo certi valori, difficilmente saremmo ascoltati, ma se un ragazzo come loro, giorno dopo giorno, con parole, esempi e racconti di vita quotidiana parla loro, usando lo stesso linguaggio, e discutesse su cosa è giusto e cosa non lo sia, l’effetto a lungo termine sarà quello di aver donato a questi ragazzi qualcosa che farà parte del loro bagaglio, principi cui attingere nel momento del bisogno, parole da ricordare quando si troveranno dinanzi a scelte da compiere, e quelle parole dette da un ragazzo potranno fare la differenza nella loro vita, potranno far pendere l’ago della bilancia verso il bene o verso il male.
    I miei ragazzi a volte pensano di non avere voce, di essere solo tronchi di legno in crescita, ma sono invece alberi, senz’altro che devono maturare, ma già capaci di cambiare le sorti di una persona.
    Lasciamo che lo Spirito operi in noi, lasciamo che sia Dio a guidare le nostre parole e andiamo nella direzione che vorrà indicarci e certamente sarà un bene per la nostra vita e per quella delle persone che il Signore vorrà mettere sulla nostra strada

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  27.  

    Addì 30 dicembre 2012

    I genitori di Gesù si recavano tutti gli anni a Gerusalemme per la festa di Pasqua.
    Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono di nuovo secondo l'usanza;
    ma trascorsi i giorni della festa, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero.
    Credendolo nella carovana, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti;
    non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.
    Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava.
    E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte.
    Al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo».
    Ed egli rispose: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?».
    Ma essi non compresero le sue parole.
    Partì dunque con loro e tornò a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore.
    E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini

    Luca 2,41-52

  28.  

    Tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo

    Ogni tanto qualche ottuso ci dice che non siamo famiglia. Cosa significa oggi essere famiglia? Due omosessuali che convivono insieme sono considerati famiglia, due genitori separati che vivono in de case diverse con i rispettivi nuovi compagni sono considerati famiglia, fra poco qualcuno chiederà di essere considerato famiglia se convive con un cane ed un gatto. Ma cosa significa realmente essere famiglia? Famiglia è dove ci sia un papà ed una mamma, dove ci sia amore, dove ci sia dialogo, dove ci sia la volontà ed il forte desiderio di accogliere, allevare, accudire, amare i figli che il Signore, o la Natura se preferite, vorrà mandarci. Famiglia significa piangere e ridere insieme, bisticciare e poi fare pace, avere un sogno, un ideale e costruirlo insieme, significa ricominciare da capo quando le nostre speranze in un certo futuro si infrangono, essere di supporto gli uni agli altri, accettare le scelte dei figli con amore, ma non con rassegnazione. Non devo dirvi io se siamo famiglia o meno, se avere sei, oppure otto, oppure dodici figli in affidamento è essere famiglia, posso però dirvi che in casa nostra c'è un dialogo continuo, la televisione resta spenta mentre ceniamo scherzando o parlando, le pene e le gioie di uno sono le pene e le gioie di tutti, i grandi imparano ad accudire i più piccoli iniziando a prendersi le loro responsabilità ed alleviano le fatiche della quotidianità dei genitori. Un tempo le famiglie numerose erano tantissime, forse che non erano famiglie? Un tempo il mondo andava meglio, forse il merito era delle famiglie numerose. Un tempo se un vicino aveva un problema i suoi figli entravano a far parte di quella casa e si univano alla famiglia, erano affidamenti veri e propri, taciti, legati alla necessità reale del momento ed era famiglia, ancora più famiglia.
    Venite a conoscerci, venite a fare famiglia con noi, ognuno avrà un suo ruolo, sarà zio, sarà amico, sarà parente alla lontana, ma chi entrerà in casa nostra non riuscirà più a recidere quel filo di gioia con il quale, in pochi attimi, saremo riusciti a legare l'anima di uno a quella degli altri.
    Essere famiglia significa avere il diritto di avere un figlio, ma oserei dire il "dovere" di avere un figlio. Se i figli non arrivano, se Dio, o se preferite la Natura, non li manda, perché accanirsi con mille terapie quando ci sono migliaia di bimbi che aspettano voi. Non è forse un segnale per intraprendere una strada che sia di accoglienza di un bimbo che soffre? E perché andare a cercarselo lontano, pagando tanti soldi, riempiendo le tasche di tanti intermediari più o meno legalizzati, strappandolo dalla propria cultura e tradizione quando nel nostro paese ci sono tantissimi bimbi che aspettano a braccia aperte di essere amati e accuditi? Perché la stragrande maggioranza di persone predilige l'adozione piuttosto che l'affidamento? Per una egoistica sensazione di possesso, possedere un figlio, farlo mio, renderlo uguale a me. Ma i figli sono essere umani e nessuno possiede un essere umano. Hanno la loro indipendenza, la loro volontà, il loro desiderio di scoprire cose nuove, il diritto di sbagliare e farsi male per fortificarsi ed imparare. Noi dobbiamo esserci, ogni volta che cadono, ogni volta che piangono, ogni volta che bocciano, ma dobbiamo lasciarli liberi.
    Fate famiglia, non abbiate paura ad accogliere un bambino solo perché un domani potrebbe andarsene, proponetevi per l'affidamento che abbiate già un figlio oppure no. Riceverete da loro molto di più di quanto nemmeno possiate immaginare.

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  29.  

    Addì 31 dicembre 2012

    In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.
    Egli era in principio presso Dio:
    tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste.
    In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini;
    la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta.
    Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni.
    Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui.
    Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce.
    Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo.
    Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe.
    Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto.
    A quanti però l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome,
    i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.
    E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità.
    Giovanni gli rende testimonianza e grida: «Ecco l'uomo di cui io dissi: Colui che viene dopo di me mi è passato avanti, perché era prima di me».
    Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia.
    Perché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
    Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato

    Giovanni 1,1-18

  30.  

    Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia

    Ci lamentiamo ogni giorno perché l'economia va male, non si trova lavoro, però i ristoranti sono pieni, per le barche non si trova un ormeggio, nelle vacanze tutti partono almeno una volta l'anno, ci vestiamo bene con abiti costosi. Certo meno di prima, qualcuno avrà abbandonato certe abitudini, ma per fortuna in molti hanno in disparte un po' di risparmi cui attingere e la vita procede. Ci lamentiamo ma siamo in piedi, ci vestiamo e laviamo ogni giorno, abbiamo l'affetto delle nostre famiglie, un piatto di pasta riusciamo sempre a rimediarlo, un tetto sotto cui dormire non è privilegio di pochi. Ci lamentiamo perché abbiamo ricevuto cento, volevamo mille e oggi ci ritroviamo con ottanta o novanta. Cosa dovrebbero dire coloro che non mangiano quando sentono altri lamentarsi perché al ristorante dove vanno le porzioni sono più piccole, oppure perché l'ormeggio della barca è aumentato, o perché il golfino d'angora costa troppo e si devono fare dei sacrifici per comprarlo?
    Vediamola su un altro lato. Abbiamo ricevuto cultura, educazione, valori e principi in quantità industriale. Abbiamo stimoli dai media, dalla scuola, dalle conversazioni persino nei negozi, ma ciò che abbiamo ricevuto lo critichiamo, vorremmo qualcosa di diverso, incanaliamo la nostra cultura in programmi spazzatura, ci prodighiamo per aiutare quelle associazioni che ci danno maggior visibilità, seguiamo per fede il tal calciatore o la tal cantante. Coloro che hanno avuto pochi input dai propri genitori, dalla società in cui vivono, chi non è potuto andare a scuola perché troppo distante ed in casa c'era bisogno della forza lavoro come pensate posa sentirsi nel vedere sciupare tante possibilità?
    Ai miei ragazzi dico sempre che sono stati fortunati rispetto a tantissimi altri, che non manca loro nulla, hanno una casa, da mangiare in abbondanza, di che vestirsi, la possibilità di andare a scuola, stimoli in grande quantità, eppure sono sempre a lamentarsi, a vedere ciò che vorrebbero, ciò che manca loro. Hanno dieci e vorrebbero venti, raggiungono venti e vorrebbero quaranta, sempre insoddisfatti, sempre alla ricerca di qualcosa di più. Sbagliato? No, devono crescere, devono capire, devono maturare, devono sperimentare, devono sbattere il muso contro il muro, cadere ed imparare a rialzarsi per fortificarsi. No, per loro non è sbagliato. Per loro però, non per noi. Gli adulti dovrebbero capire che ciò che hanno, anche il più povero dei poveri nella nostra bella Italia, ha molto di più della stragrande maggioranza delle persone in tanti altri paesi, sia in termini di cose materiali, sia in stimoli e cultura.
    Abbiamo avuto un grande dono da Dio, quello di ricevere in abbondanza tutto e più di tutto, eppure continuiamo a lamentarci, a volere di più, a brontolare se le cose vanno peggio di prima, come se la colpa fosse esterna a noi. Certo è che non è una colpa diretta, sono i governi, ma noi li abbiamo eletti; sono le brutte abitudini, ma noi non sappiamo rinunciarvi; sono i sogni impossibili, ma dobbiamo realizzarli per forza. Vediamo il male in tante persone, ma di chi è la colpa se non di chi non abbia voluto, seppur potendo, accogliere quella persona quando bambino aveva bisogno della nostra famiglia, della nostra casa, del nostro amore, dei nostri stimoli, della nostra cultura. No, se vediamo un bambino per la strada andiamo oltre; sappiamo che ci sono quartieri malfamati, ma giriamo alla larga; conosciamo la situazione di povertà di tanti bambini, ma spendiamo centinaia di euro ciascuno per il cenone di Natale o di capodanno, ma badiamo bene a risparmiare un euro non dandolo a chi soffre.
    Un euro l'anno è certamente una provocazione, non basta a risolvere la fame nel mondo, ma se ogni persona, tolti gli indigenti, desse un euro l'anno - pensate a quanto sia un euro l'anno, quanto potrebbe incidere sul vostro budget familiare - quanti milioni ricaveremmo per aiutare qualcuno, per finanziare un progetto, per sostenere le famiglie povere, per essere vicino alle associazioni che lottano per i diritti delle persone.
    Abbiamo ricevuto in abbondanza e anziché dividerlo con gli altri ci lamentiamo di quello che non abbiamo. Io credo che Qualcuno, prima o poi, ci darà una bella tirata di orecchie non per cattiveria, ma per amore, per farci capire quanto stiamo sbagliando.

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