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  1.  

    Da Il Sole 24 Ore del 19 marzo 2012

    La ricostruzione del rapporto genitori-figli può passare attraverso il provvisorio affidamento dei minorenni ai servizi sociali con contestuale collocamento presso un parente.

    Lo sostiene la Corte d'appello di Caltanissetta (presidente Perriera, relatore Tona) in un'ordinanza depositata il 6 marzo 2012, resa in sede di reclamo in base all'articolo 708, comma 4, del Codice di procedura civile.
    I giudici arrivano a questa decisione nell'ambito di un giudizio di separazione di coniugi. Nei fatti, i figli minorenni delle parti rifiutano qualunque contatto con la madre, accusata di averli abbandonati e di nutrire sentimenti di avversione nei confronti del loro padre; questi, a sua volta, è descritto dal consultorio familiare come persona che non ha saputo adeguatamente tutelare i figli, i quali, in una sorta di capovolgimento di ruoli, sono divenuti suoi difensori invece che soggetti da proteggere.
    La situazione rende quindi impossibile un affidamento condiviso per l'incapacità dei coniugi di darvi ordinato corso, ma palesa anche l'inopportunità di collocare i figli presso l'uno o l'altro dei coniugi in lite per il rischio di irreversibili fratture nel recupero di un sereno rapporto con entrambi i genitori.
    Inoltre, la corte siciliana rifiuta l'idea che, in caso di separazione dei coniugi, il giudice si trovi di fronte all'alternativa secca dell'affidamento condiviso o esclusivo dei figli minorenni; e la via d'uscita in situazioni ritenute ancora recuperabili, come quella di cui si discute, è rinvenuta nella norma di chiusura (definita "clausola atipica") contenuta nell'ultima parte dell'articolo 155, comma 2, del Codice civile, che attribuisce al giudice il potere di adottare «ogni altro provvedimento relativo alla prole» in aggiunta a quelli indicati dalla norma (affidamento, determinazione di tempi e modalità della presenza dei figli presso ciascun genitore, misura e modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento dei figli).
    Tale disposizione è letta in stretta relazione con l'articolo 155, comma 1, per il quale, anche in caso di separazione personale dei genitori, i figli minorenni hanno il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi; sicché – così si conclude il ragionamento – nella prospettiva della concreta realizzazione di quel diritto il giudice può (atipicamente) disporre che i figli siano provvisoriamente affidati a terzi e collocati presso soggetti diversi dai loro genitori.
    Da ciò consegue che l'assegno posto a carico del genitore per mantenere i figli va versato nelle mani del soggetto con il quale i minorenni convivono, essendo quello a dover provvedere alla loro cura quotidiana.

  2.  

    Interessante notare che il concetto che gli assegni familiari vanno alla famiglia affidataria è pacifico.
    Chiunque abbia un bambino in affidamento deve richiedere per sè gli assegni familiari che vengono versati dallo Stato per il mantenimento del minore. Se il minore non abita più in casa con i genitori naturali, è ovvio che tali assegni non debbano andare a loro ma a chi ospita il bambino.

  3.  

    La regola dell’affido condiviso è da derogare nel caso in cui manchi dialogo tra i genitori.
    I figli sempre al primo posto. E' da questo presupposto che la Corte di Cassazione ha ritenuto legittima la revoca dell'affido condiviso. La vicenda è quella che ha riguardato due genitori separati che, a causa delle loro conflittualità, costringevano la figlia a pressioni e tensioni eccessive.
    In sede di separazione, il giudice aveva stabilito l'affidamento condiviso. Decisione ribaltata dal Tribunale di Roma, nel gennaio 2009, che aveva disposto l'affidamento in via esclusiva alla madre, attribuendole anche l'esercizio esclusivo della potestà genitoriale e regolando il diritto del padre di frequentazione della bambina.

    Secondo i giudici di merito, infatti, il comportamento dei genitori stava comportando “pressioni e tensioni eccessive” sulla minorenne, in quanto i due ex, ignorandosi del tutto e non scambiando tra loro neanche una parola, decidevano autonomamente le attività della figlia, costretta a fare, ad esempio, due turni a scuola, due diverse attivita’ sportive e persino due diete alimentari.
    Un affidamento condiviso del genere era stato dunque ritenuto “nocivo per la minore e possibile fonte di future patologie, in quanto generante ansia, confusione e tensione“.
    Dello stesso avviso la Corte di Cassazione che nella sentenza 5108 ha confermato i verdetti precedenti.
    “In tema di separazione personale, la regola prioritaria dell’affidamento condiviso dei figli a entrambi i genitori, prevista dall’articolo 155 Cc, è, ai sensi dell’art. 155 bis Cc, derogabile solo ove la sua applicazione risulti contraria all’interesse del minore, interesse che costituisce esclusivo criterio di valutazione in rapporto alle diverse e specifiche connotazioni dei singoli casi dedotti in sede giudiziaria” hanno sottolineato i giudici .
    “La mera conflittualità esistente tra coniugi non preclude il ricorso” al regime dell’affidamento condiviso “solo se si mantenga nei limiti di un tollerabile disagio per la prole“; – afferma la Suprema Corte. La conflittualità tra genitori “assume invece connotati ostativi alla relativa applicazione ove si esprima in forme atte ad alterare e a porre in serio pericolo l’equilibrio e lo sviluppo psico-fisico dei figli, e dunque tali da pregiudicare il loro superiore interesse“.

  4.  

    Mediante l’affidamento condiviso, un giovane di 11 anni potrà vivere sia con la madre che con il padre in Comuni diversi e perciò, essendo inesistente una domiciliazione principale, avrà anche la doppia residenza.

    Fa discutere la decisione presa dal tribunale di Firenze (la prima del genere) riguardante un bambino, figlio di due persone divorziate che risiedono in due Comuni differenti. E’ chiaro che la decisione farà sorgere molti problemi, soprattutto per le amministrazioni interessate, che dovranno risolverli, in quanto, attualmente la legge italiana non contempla la doppia residenza.

    In pratica non esiste più un genitore affidatario, dove il figlio vive e risiede abitualmente, e un altro genitore considerato esterno alla vita del ragazzo.

    Il giudice Domenico Paparo, ha anche spiegato i vari passi della sentenza, sottolineando che la decisione è stata presa soprattutto per tutelare il ragazzo che, con il doppio domicilio, potrà usufruire del doppio dei vantaggi.

    Anche i genitori, con la doppia residenza del figlio, potranno riscontrare agevolazioni fino ad ora negate, la presenza del nominativo del minore sullo stato di famiglia di entrambi, potrà essere motivo di agevolazioni fiscali, per quanto riguarda contributi e sovvenzioni pubbliche e, anche per il calcolo dell’Isee, dove lo stato di famiglia è il documento fondamentale.

    Con questa decisione, il giudice Paparo ha anche stabilito che, tutte le comunicazioni riguardanti il ragazzo siano riportate ad entrambi i genitori, ponendoli così alla pari.

    In alcuni paesi europei, la doppia residenza è già possibile, mentre in Italia sono anni che se ne discute, questa decisione del Tribunale di Firenze, potrebbe essere la spinta giusta per far sì che anche qui sia possibile.