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      CommentAuthorJamin
    • CommentTime23 Oct 2008
     

    Lettera scritta dall'assessore al Welfare e Lavoro della Regione Piemonte e pubblicata su La Stampa del 22 Ottobre 2008.

    Un esercito di bambini assistiti

    di TERESA ANGELA MIGLIASSO*

    Gentile direttore,
    mi riferisco all’articolo «L’esercito dei bambini senza famiglia» (La Stampa di lunedì 20), sull’abbandono in cui verserebbero decine di migliaia di minori in Italia per il presunto «fallimento» della Legge 149/2001, dovuto anche allo scarso impegno delle istituzioni. Penso sia utile delineare la situazione della Regione Piemonte, anche per documentare l’impegno dei servizi preposti e delle associazioni. La nostra regione, per ragioni storiche e sociali, ha sempre dimostrato particolare sensibilità alle tematiche familiari ed è impegnata in un’incisiva azione a difesa dei diritti di bambini e bambine con interventi a sostegno delle famiglie in difficoltà, ponendosi l’obiettivo, dagli Anni 80, del graduale superamento degli istituti, creando comunità alloggio, promuovendo l’affido familiare e l’adozione anche di casi molto difficili. I servizi socio-sanitari attuano interventi d’aiuto per assicurare a bambini e bambine il diritto di crescere nella propria famiglia: circa 30 mila minori ogni anno vengono seguiti assieme ai rispettivi nuclei familiari con assistenza economica, sostegno educativo, assistenza domiciliare, inserimenti in centri diurni, progetti d’accompagnamento al lavoro, interventi di mediazione familiare. Talvolta, tuttavia, si rende necessario un allontanamento dal nucleo familiare: al 31.12.2006 i minori «fuori dalla famiglia d’origine» erano 3.799 nella Regione: 2.645 in affidamento familiare e 1.154 in comunità.

    L’affido interessa tutte le età, con una prevalenza degli adolescenti, che rappresentano il 36% del totale. Rimane costante l’impegno dei servizi per assicurare l’accoglienza da parte di una famiglia affidataria dei minori disabili (circa 400 minori in affido nel 2006). Significativo è l’aumento dei minori stranieri (tra i quali vengono considerati anche i minori rom), passati dal 12% dei minori in affido nel 2005 al 14% del 2006. Rispetto ai minori tuttora ospiti in strutture residenziali, già da molti anni nella nostra Regione non esistono più gli «istituti»: a seguito dell’entrata in vigore della Legge 149/2001, il nostro sistema di accoglienza residenziale si articola in diverse tipologie rispondenti alle esigenze dei minori: dalle comunità di pronta accoglienza, alle comunità familiari, dalle socio-educative, a quelle per gestanti e madri con figli. I minori ospiti in comunità sono comunque al centro della nostra attenzione e dei servizi e, grazie alle progettualità specifiche di sostegno realizzate, ogni anno, un buon numero di minori lascia le comunità per rientrare nella famiglia di origine (circa 350 nel 2006), oppure per essere accolto presso una famiglia affidataria.

    La situazione dei minori fuori famiglia, oltre che dai servizi, è all’attenzione delle autorità giudiziarie: alla Procura presso il Tribunale per i minorenni semestralmente le strutture riferiscono sulle condizioni dei minori ospiti, con modalità operative definite in un lavoro congiunto a livello regionale. Abbiamo così rinnovato il nostro impegno per una sempre maggiore diffusione dell’affidamento familiare, creando sul territorio le condizioni di disponibilità e sensibilità all’accoglienza, sostenendo gli affidi e le adozioni difficili con fondi finalizzati allo scopo. Sono stati assegnati contributi specifici ai Servizi socio-assistenziali per la realizzazione di attività di sensibilizzazione e informazione sull’affidamento familiare, di sostegno professionale degli affidamenti e di definizione di risorse d’intervento alternative all’inserimento in comunità: nel 2006, 2007 e 2008, destinando ai Consorzi socio-assistenziali 1.100.000 di euro ciascun anno per la realizzazione delle attività. Il quadro testimonia l’impegno di istituzioni e associazioni che si occupano dei minori fuori famiglia e l’esperienza che la Regione ha messo a disposizione di altre amministrazioni come noi impegnate nelle politiche di accoglienza a favore dei minori in difficoltà.

    *assessore al Welfare e Lavoro della Regione Piemonte

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      CommentAuthorJamin
    • CommentTime23 Oct 2008
     

    Questo l'articolo cui la lettera fa riferimento. Pubblicato su La Stampa del 20 Ottobre 2008.

    INFANZIA A RISCHIO: ASSISTENZA E DIRITTI NEGATI
    L'esercito dei bambini senza famiglia

    La Chiesa: bisogna riaprire gli orfanotrofi. Sempre più difficili le adozioni di minori italiani
    GIACOMO GALEAZZI
    INVIATO A POMPEI (NAPOLI)

    Oggi in Italia gli orfanotrofi ancora attivi sono solo nove. La campagna della Chiesa per riaprire gli orfanotrofi e contro la legge 149 parte dal santuario di Pompei, culla dei centri di accoglienza per l'infanzia abbandonata ed epicentro ieri della «mobilitazione mariana» per la visita di Benedetto XVI. Nel mirino la legge 149 del 2001. La Chiesa è preoccupata per i 46 mila bambini (di cui 34 mila italiani) che secondo l’Istat sono senza una famiglia, spesso vagano sulle strade, vittime dell’accattonaggio, della povertà estrema, del lavoro nero, della droga.

    La legge fu varata per combattere l’abbandono dei minori disponendo la chiusura degli istituti entro il 31 dicembre 2006 e il ricorso all’affidamento a una famiglia o, qualora non fosse possibile, all’inserimento in una comunità d’accoglienza di tipo familiare. Bambini abbandonati dai genitori per svariate, a volte indecifrabili, ragioni. Bambini allontanati dal tribunale da famiglie problematiche. Eppure era stato fatto un accordo con le Regioni per fissare le tipologie di strutture che devono accogliere i minori che escono dagli istituti e non trovano famiglie affidatarie. Le Regioni avrebbero dovuto fornire i dati al governo ma non è stato fatto. Inoltre la legge prevede che le nuove strutture debbano fare una relazione, ogni sei mesi, alla procura presso il Tribunale per i minori, il quale può a sua volta ordinare ispezioni per verificare l’attuazione della legge. Sulla carta la legge voleva privilegiare l’affido rispetto all’inserimento in strutture di tipo familiare. Ma l’affido non è mai decollato.

    Attualmente, circa 26 mila bambini senza una famiglia sono divisi a metà tra comunità e affido. Altri ventimila, devono badare a loro stessi. Tanto più che gli italiani per l’86% non ritengono «abbandonati» i minori ospitati in istituti, nonostante il fenomeno coinvolga in Italia circa decine di migliaia di bambini e ragazzi. Intanto l’assistenza di un bambino in istituto costa allo Stato più del doppio dell’accoglienza in famiglia tramite l’affido, mentre le adozioni nazionali sono sempre più difficili. Di fronte a questo quadro, secondo il j’accuse ecclesiale, le istituzioni sono assenti, quando non addirittura d’ostacolo, e anche la scuola si dimostra impreparata ad affrontare il problema.

    Lo Stato in media per un bambino in assistenza (in istituto) investe 10.695 euro all’anno a fronte dei 5.200 investi per singolo minore in affidamento. Ma la spesa pubblica su questo fronte varia significativamente da regione a regione: in Lombardia, ad esempio, si spendono in media oltre 15mila euro all’anno per un bambino in istituto e 3.457 euro per un bambino in affido, nel Lazio in media per un bambino assistito nel comune di Roma occorrono 18 mila euro l’anno, mentre l’affido richiede 3.098 euro.

    Nel frattempo cala il numero di procedimenti inviati ai tribunali minorili per dichiarare «adottabile» un bambino. Dai 3.200 procedimenti avviati nel 1995 si arriva ai 2694 del 2002, mentre le dichiarazioni di adottabilità sono passate da circa 1.500 nel 1997 a 1.080 del 2002. Nel 2003 dell’intera popolazione in centri socio-assistenziali stimata intorno ai 20 mila minori (dati Istat) solo 869 erano bambini o adolescenti adottabili, pari al 4,3% del totale, e 342 con l’iter di adottabilità non ancora concluso. Nel corso dell’anno sono stati accolti nelle strutture 8.855 minori, mentre ne sono usciti 9.833: di questi, solo il 4,2% (415) è stato adottato.
    Un’emergenza stigmatizzata anche dall’Aibi, l’associazione Amici dei bambini, sotto l’egida dell’Unione Europea.