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      CommentAuthorLory80
    • CommentTime20 Oct 2008
     

    Da La stampa 20/10/08

    La Chiesa: bisogna riaprire gli orfanotrofi. Sempre più difficili le adozioni di minori italiani
    GIACOMO GALEAZZI
    INVIATO A POMPEI (NAPOLI)
    Oggi in Italia gli orfanotrofi ancora attivi sono solo nove. La campagna della Chiesa per riaprire gli orfanotrofi e contro la legge 149 parte dal santuario di Pompei, culla dei centri di accoglienza per l'infanzia abbandonata ed epicentro ieri della «mobilitazione mariana» per la visita di Benedetto XVI. Nel mirino la legge 149 del 2001. La Chiesa è preoccupata per i 46 mila bambini (di cui 34 mila italiani) che secondo l’Istat sono senza una famiglia, spesso vagano sulle strade, vittime dell’accattonaggio, della povertà estrema, del lavoro nero, della droga.

    La legge fu varata per combattere l’abbandono dei minori disponendo la chiusura degli istituti entro il 31 dicembre 2006 e il ricorso all’affidamento a una famiglia o, qualora non fosse possibile, all’inserimento in una comunità d’accoglienza di tipo familiare. Bambini abbandonati dai genitori per svariate, a volte indecifrabili, ragioni. Bambini allontanati dal tribunale da famiglie problematiche. Eppure era stato fatto un accordo con le Regioni per fissare le tipologie di strutture che devono accogliere i minori che escono dagli istituti e non trovano famiglie affidatarie. Le Regioni avrebbero dovuto fornire i dati al governo ma non è stato fatto. Inoltre la legge prevede che le nuove strutture debbano fare una relazione, ogni sei mesi, alla procura presso il Tribunale per i minori, il quale può a sua volta ordinare ispezioni per verificare l’attuazione della legge. Sulla carta la legge voleva privilegiare l’affido rispetto all’inserimento in strutture di tipo familiare. Ma l’affido non è mai decollato.

    Attualmente, circa 26 mila bambini senza una famiglia sono divisi a metà tra comunità e affido. Altri ventimila, devono badare a loro stessi. Tanto più che gli italiani per l’86% non ritengono «abbandonati» i minori ospitati in istituti, nonostante il fenomeno coinvolga in Italia circa decine di migliaia di bambini e ragazzi. Intanto l’assistenza di un bambino in istituto costa allo Stato più del doppio dell’accoglienza in famiglia tramite l’affido, mentre le adozioni nazionali sono sempre più difficili. Di fronte a questo quadro, secondo il j’accuse ecclesiale, le istituzioni sono assenti, quando non addirittura d’ostacolo, e anche la scuola si dimostra impreparata ad affrontare il problema.

    Lo Stato in media per un bambino in assistenza (in istituto) investe 10.695 euro all’anno a fronte dei 5.200 investi per singolo minore in affidamento. Ma la spesa pubblica su questo fronte varia significativamente da regione a regione: in Lombardia, ad esempio, si spendono in media oltre 15mila euro all’anno per un bambino in istituto e 3.457 euro per un bambino in affido, nel Lazio in media per un bambino assistito nel comune di Roma occorrono 18 mila euro l’anno, mentre l’affido richiede 3.098 euro.

    Nel frattempo cala il numero di procedimenti inviati ai tribunali minorili per dichiarare «adottabile» un bambino. Dai 3.200 procedimenti avviati nel 1995 si arriva ai 2694 del 2002, mentre le dichiarazioni di adottabilità sono passate da circa 1.500 nel 1997 a 1.080 del 2002. Nel 2003 dell’intera popolazione in centri socio-assistenziali stimata intorno ai 20 mila minori (dati Istat) solo 869 erano bambini o adolescenti adottabili, pari al 4,3% del totale, e 342 con l’iter di adottabilità non ancora concluso. Nel corso dell’anno sono stati accolti nelle strutture 8.855 minori, mentre ne sono usciti 9.833: di questi, solo il 4,2% (415) è stato adottato.
    Un’emergenza stigmatizzata anche dall’Aibi, l’associazione Amici dei bambini, sotto l’egida dell’Unione Europea.

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      CommentAuthorJamin
    • CommentTime5 Nov 2008
     

    Cara Lory, quello che riporto è un articolo che può esser considerato come risposta alla proposta della riapertura degli orfanotrofi.
    Vorrei sapere che cosa ne pensate, perché l'argomento mi sembra interessante. Il seguente articolo è stato pubblicato su Superando

    No alla riapertura degli orfanotrofi
    «Si deve applicare nel migliore dei modi la legge che ha stabilito la chiusura degli istituti per minori, non pensare alla riapertura di questi ultimi»: è il commento del CNCA (Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza) alle recenti dichiarazioni dell'arcivescovo di Pompei Carlo Liberati

    «Abbiamo letto con una certa sorpresa le dichiarazioni dell'arcivescovo di Pompei Carlo Liberati, apparse sul quotidiano "La Stampa" [uscito il 20 ottobre 2008, N.d.R.], riguardanti il presunto "fallimento" della Legge 149/01 (che ha stabilito la chiusura degli istituti per minori) e la necessità di riaprire gli orfanotrofi».
    Lo dichiara in una nota ufficiale don Armando Zappolini, vicepresidente del CNCA (Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza), aggiungendo che tali dichiarazioni vanno intese come una presa di posizione ascrivibile solo a colui che le ha rilasciate e non possono essere considerate come la posizione dell'intera Chiesa Cattolica italiana».

    «Per parte sua - continua il comunicato - il CNCA esprime la propria totale contrarietà a riportare in vita istituti che non rispondono in alcun modo agli interessi dei bambini di cui si preoccupa giustamente proprio l'arcivescovo di Pompei. I dati reali riguardanti la consistenza numerica del fenomeno degli abbandoni, dei minori che vivono fuori famiglia e degli affidamenti familiari sono poi più confortanti rispetto a quelli dichiarati da monsignor Liberati. Negli ultimi dieci anni, ad esempio, sono cresciuti gli affidamenti familiari e diminuiti complessivamente i minori che vivono fuori dalla famiglia. Mentre è stabile il numero di bambini in condizione di abbandono».

    Il problema, secondo don Zappolini, sta invece nella necessità di migliorare proprio la citata Legge 149/01. «Bisogna implementare appieno quella norma, facendo bene le cose giuste che essa ha previsto: realizzando ad esempio la banca dati nazionale dei bambini in stato di abbandono, destinando le risorse che occorrono agli Enti Locali affinché possano essere valorizzate al meglio le soluzioni che la legge ritiene più adeguate per questi bambini e ragazzi, come gli affidamenti familiari e le comunità residenziali, potenziando i servizi sociali dei Comuni, investendo sulla formazione e la qualificazione degli educatori, valorizzando le esperienze dei centri affidi, stimolando le Regioni che non lo hanno ancora fatto a predisporre l'anagrafe delle strutture e dei bambini accolti e a svolgere procedure di verifica e vigilanza. Invece, né le famiglie di origine né le famiglie affidatarie, né le comunità residenziali, né i servizi e gli operatori hanno potuto contare sulle risorse che sarebbe stato necessario mettere in campo per offrire opportunità di crescita e di benessere a tanti minori in difficoltà».

    «Proprio perché abbiamo a cuore i bambini e i ragazzi che sono costretti a lasciare le loro famiglie - conclude don Zappolini - crediamo che loro stessi abbiano diritto a spazi che assicurino il più possibile un'atmosfera e una vita di tipo familiare e non vadano perciò accolti in istituti che non sono in grado, per la loro stessa natura, di offrire un progetto individualizzato e forme di cura adeguati».
    (S.B.)

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      CommentAuthorcassandra
    • CommentTime5 Nov 2008
     

    Ciao,
    pur considerando inamissibile l'idea di tornare a riaprire gli orfanotrofi non posso che condividere la preoccupazione che la legge 149 del 2001 alla fine faccia più gli interessi di amministratori e giudici che dei minori. Temo che l'affido famigliare, utile e indispinsabile nelle situazioni "transitorie", venga utilizzato quale situazione di comodo per evitare scelte difficili ma talvolta indispensabili. A che pro decidere di affidare un bambino molto piccolo quando già si sà che non sarà mai possibile reintegrarlo nella famiglia di origine o, ancora peggio, quanto si fanno i suoi interessi quando lo si costringe a incontrare genitori che lo hanno maltrattato e la cui sola vista gli crea problemi.
    Quanto il suo percorso di crescita è tutelato quando i genitori affidatari non sono adeguatamente preparati ad aiutarlo ? Talvolta l'amore non basta.

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      CommentAuthorcassandra
    • CommentTime5 Nov 2008
     

    Vi propongo a tal proposito questo intervento che ho trovato in :
    http://amicideibambini.org/cervia/2008/08/29-agosto-luzzatto-affidi-sine-die-come-adozioni-mascherate/
    (spero di essere riuscita a scrivere l'indirizzo giusto - si dice così ?-

    Luzzatto: affidi sine die come adozioni mascherate
    by ufficio_stampa ~ August 29th, 2008. Filed under: News da Cervia

    Gli affidamenti familiari che si protraggono per anni, fino a quando il minore diventa maggiorenne, costituiscono delle vere e proprie “adozioni mascherate”, senza averne le caratteristiche a lui favorevoli. E’ questa la critica mossa da Leonardo Luzzatto, psicologo e presidente del Centro Aiuto Adozione.

    Gli affidamenti familiari che fin dall’inizio non prevedono una conclusione rappresentano una forma di disattenzione verso il bambino e, di fatto, sono in contrasto anche con la legge 149 che stabilisce un tempo massimo di due anni per l’affido.

    In queste situazioni al bambino è negato un suo stato giuridico personale. Il minore non si sente mai accolto come figlio, né mai veramente abbandonato, non riesce a sciogliere i vecchi legami, trasformandoli da attualità in ricordo, per poterne costruire dei nuovi.
    I processi di evoluzione psichica e di costruzione della personalità sono quindi rimandati a un momento successivo, che pare sempre vicino, ma mai davvero raggiungibile.

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      CommentAuthorJamin
    • CommentTime6 Nov 2008
     

    Ciao Cassandra,
    grazie per la tua segnalazione.
    Purtroppo queste situazioni sono reali, ed è vero, sono spesso delle adozioni mascherate, in cui il bambino può ricevere poca stabilità.
    Risolvere il problema significa cercare di capire quali siano le difficoltà che si incontrano durante il percorso dell'affido, capire il ruolo di tutte le figure coinvolte e capire perché ci siano così tanti affidi sine die.
    Non è semplice, ma è uno sforzo che bisogna saper e volere fare.
    A presto